PINOCCHIO: IL MITO DEL BURATTINO SECONDO FOLCO QUILICI

PINOCCHIO: IL MITO DEL BURATTINO SECONDO FOLCO QUILICI

  1. NSA) – ROMA, 15 OTT – «C’è ancora molto, molto da scoprire su d i lui», con questa frase si chiude il bel Viaggio nel mondo di Pinocchio di Folco Quilici (durata circa 50 minuti) che Raitre proporrà domenica alle 23.10. Realizzato da un’idea di Paolo Fabbri e prodotto da Raitre con Arte Geie, Ex Nihilo, F.Q.P.E. e Avro Tv, il film documentario attraversa il mito di Pinocchio in ogni sua forma. Si va dalla vita di Lorenzini di cui si sfatano alcune leggende («Non era Massone come qualcuno ha detto, nè donnaiolo e giocatore», ci tiene a dire Quilici) alle mille versioni di Pinocchio che sono state date in tutto il mondo.  Si visita poi la fondazione di Carlo Collodi che raccoglie centinaia di edizioni del libro, si vedono sequenze del primo film a lui dedicato nel 1911 fino al Pinocchio di Comencini e a quello di Disney. Ma ci sono anche due rari cartoni animati: uno russo, ‘Buratinò e l’inedito Pinocchio di Enzo D’Alo ancora in produzione per la Rai. E anche, infine, un omaggio alla singolare lettura del mito Pinocchio che ne ha dato Carmelo Bene. E il Pinocchio di Benigni? Risponde candidamente Folco Quilici a margine della proiezione stampa a Viale Mazzini: «Non l’ho ancora visto. Il fatto è che devo mettere insieme tutti i miei nipotini per andarlo a vedere».  Per il resto dal documentarista anche una sua lettura del mito Pinocchio: «Pochi sanno che Collodi non ha avuto padre e forse il suo Pinocchio alla ricerca del babbo non è che una sua proiezione e anche un qualcosa che in un modo o nell’altro riguarda ognuno di noi». Sulla messa in onda in seconda serata del film documentario interviene il direttore di Raitre Paolo Ruffini: «non è vero che è un orario penalizzante – dice il direttore -. In fondo non è un programma per i ragazzi, ma chissà si potrebbe anche pensare a una replica in un altro orario più agevole».
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L’UNIONE CHE CI SERVE

L’UNIONE CHE CI SERVE

di Maurizio Ferrera | 15 giugno 2024

Le divisioni e le prospettive per l’Europa. Per riacquistare il proprio carattere motivante, la visione europeista deve riaprirsi all’orizzonte delle possibilità e delle speranze

La maggioranza europeista ha tenuto, ma le destre hanno fatto un balzo in avanti. Il nuovo Parlamento europeo non rischia il temuto rovesciamento di alleanze (i popolari con Meloni e Le Pen invece che con i socialisti e i liberali). A livello nazionale l’avanzata delle destre ha tuttavia provocato forti turbolenze, azzoppando sia Macron sia Scholz. E a Bruxelles si confronteranno sempre più esplicitamente due diversi progetti strategici sulla Ue: uno di tipo federativo (quello della maggioranza) e uno di tipo confederativo (quello dell’opposizione).

Le destre propongono un incisivo ridimensionamento dei poteri Ue, circoscrivendoli il più possibile alle cosiddette competenze esclusive (unione doganale, concorrenza, moneta e commercio estero). Non potendo, nell’immediato, riformare i Trattati, in tutti gli altri ambiti ci sarà uno sforzo sistematico di ostacolare ogni misura che interferisca con qualche interesse nazionale. Ciascuna bocciatura (si tratta pur sempre della minoranza) fornirà una cassa di risonanza per accusare l’Europa burocratica e insistere sulla necessità di tornare alle «nazioni». Dal punto di vista politico, il progetto confederativo va preso sul serio per almeno tre ragioni.
Fa leva su valori e promesse di protezione che rassicurano alcuni ceti sociali. Anche se guarda principalmente al passato, è percepito come «nuovo», alimentando speranze di cambiamento positivo in un clima di grande incertezza. Infine, il progetto non prevede uscite unilaterali come la Brexit e dunque non suscita più la paura di salti nel buio.

Il progetto concorrente, quello federativo, prende di petto le grandi sfide di oggi (il clima, le minacce di Putin, la concorrenza della Cina, la transizione digitale, la formazione dei giovani e le pari opportunità) e delinea soluzioni comuni. In termini politici, il progetto ha una debolezza: rischia di suonare «tecnocratico». Il messaggio che arriva ai cittadini è un po’ il seguente: se non rafforziamo l’integrazione, saranno guai, l’Europa diventerà meno sicura e meno competitiva. È l’approccio che durante la Brexit si rimproverava ai «remainers», ossia i leader contrari all’uscita dalla Ue: il vostro è un «project fear», ci dite che dobbiamo accettare le limitazioni imposte da Bruxelles altrimenti staremo peggio. Ma noi stiamo già male, vogliamo un «project hope», un’agenda nuova che prometta più benessere e libertà.

Le visioni svolgono un ruolo cruciale in politica. La loro capacità di attrazione e motivazione tende però a diminuire con il passaggio dal mondo delle possibilità astratte e future a quello delle realizzazioni concrete nel presente. Il progetto federativo soffre oggi di questa sindrome: sta perdendo trazione ideale, in particolare agli occhi dei giovani.
Per i Padri Fondatori, l’integrazione era un «project hope», non mirava a scongiurare il peggio, ma a costruire il meglio. Per leader come De Gasperi, Schuman, Adenauer, l’unione sempre più stretta fra Paesi era veicolo di pace e prosperità: due miraggi nell’Europa devastata del dopoguerra. Rispetto a quel punto di partenza, si può senz’altro dire: missione compiuta. Il fatto è che il mondo di oggi ci ripropone la stessa coppia di sfide. Il traguardo raggiunto (la creazione dell’Unione europea e di un modello economico sociale che il mondo ci invidia) è esposto a nuove minacce di sicurezza e la nostra prosperità è insidiata da cambiamenti epocali.

Nell’ultimo quinquennio il progetto federativo ha fatto giganteschi passi in avanti. Il Green Deal, l’agenda per una transizione «giusta» e il Next Generation Eu hanno dato prova che le politiche comuni sono il miglior strumento per assicurare la resilienza delle nostre economie. Al tempo stesso queste politiche hanno confermato, per dirla con Mario Draghi, che «per noi europei il mantenimento di livelli elevati di protezione sociale e ridistribuzione è un punto non negoziabile». Pur con molta timidezza, è stato anche avviato un percorso di condivisione nella difesa comune. Opportunamente riformulato, Il binomio pace-prosperità si presta ad essere ancora il perno di una ambiziosa visione orientata al futuro. Le riforme vanno però giustificate all’interno di un quadro volto a preparare una nuova stagione di progresso. E perché ciò sia credibile occorrono proposte e sperimentazioni concrete sui tempi più vicini ai cittadini: lavoro, inclusione, opportunità.

Questa visione non è stata adeguatamente comunicata nella campagna elettorale. E c’è il rischio che la competizione con il progetto confederativo incentivi ora una rincorsa al ribasso e persino uno smantellamento delle acquisizioni (come il debito comune a sostegno, appunto, della prosperità collettiva). Per riacquistare il proprio carattere motivante, la visione europeista deve riaprirsi all’orizzonte delle possibilità e delle speranze. Se il futuro è presentato come una fonte di guai che richiedono solo sacrifici per «rimanere dove siamo», la regressione verso il grembo materno della patria è destinata ad essere sempre più seducente.

15 giugno 2024

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LONTANI DALLA RUSSIA II

LONTANI DALLA RUSSIA II
mito dell’espansione della Nato e la forza democratica dei popoli
Kaspar Sõukand

La retorica delle sfere di influenza appartiene all’epoca dei due blocchi. Continuare a usarla significa violare il diritto alla sovranità dei Paesi dell’est Europa, che consapevolmente e democraticamente hanno aderito (o desiderano aderire) alle organizzazioni sovranazionali e internazionali occidentali
AP/Lapresse

Durante l’autunno del 1990 ebbe luogo uno storico incontro tra i leader degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. Quel vertice che avrebbe dovuto segnare un nuovo decennio di relazioni tra America e Russia è apparentemente diventato tossico e viene usato dal Cremlino per giustificare l’invasione della Georgia e dell’Ucraina. Secondo questa teoria, la Nato non avrebbe mantenuto la promessa di non espandersi nell’Est Europa, costituendo così una minaccia per Mosca.
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Il primo a portare avanti questa tesi fu nel 1993 l’allora presidente russo Boris Yeltsin, il quale ha trovato sostenitori anche all’estero. Molti esperti, infatti, hanno ribadito che l’ostilità russa nei confronti dell’Occidente, e dunque la guerra in Ucraina e Georgia, sia conseguenza diretta dell’espansione della Nato. Tuttavia, questi esperti trascurano il fatto che la Russia non ha mai rinunciato alle sue pretese sui Paesi dell’ex sfera di influenza sovietica durante la Guerra Fredda, a dispetto della volontà dei popoli. Già nel 1993, la Russia era coinvolta in conflitti di questo tipo in Cecenia, Georgia, Moldova e Tagikistan.

Questo dimostra che nella mente dei russi non è mai esistito il diritto di sovranità dei Paesi dell’est Europa, e se le promesse della Nato possono essere oggetto di dibattito, siamo tutti d’accordo che per i russi una concezione democratica di indipendenza da Mosca non è mai esistita. Se gli Stati Uniti avessero promesso di non allargare la Nato, non si tratterebbe di un tradimento nei confronti della Russia, ma nei confronti della volontà di sovranità di questi Paesi.

Questo tipo di mentalità è un ricordo della Guerra fredda, un’era nella quale sia le potenze occidentali sia l’Urss hanno fatto cose imperdonabili in altri Paesi, con la pretesa di avere un mandato su altre nazioni.

Dividere il mondo in due sfere di influenza senza la volontà dei popoli non dovrebbe essere accettato come normale, specialmente da Paesi orgogliosi della propria integrità politica. Il fatto che esistano questi dibattiti su qualche promessa passata serve solo ad alimentare la propaganda russa riguardo la sfera di influenza di Mosca, come dimostra il fatto che molti in Occidente pensano che la Nato si sia allargata aggressivamente verso la Russia.

L’ingresso dell’est Europa nella Nato non è e non può essere una decisione degli Stati Uniti, ma una decisione dei popoli di Estonia, Lettonia, Lituania, e di tutti gli altri. Allontanarsi dalla Russia è stata una decisione unicamente loro.

A differenza del Patto di Varsavia, un’alleanza imposta con la forza sull’Europa orientale, l’adesione alla Nato è stata attivamente richiesta da quei Paesi, per paura dell’espansione russa.

Allo stesso modo, il possibile accesso nella Nato o nell’Unione europea dell’Ucraina, della Georgia o di qualsiasi altro Paese non può essere visto come pedina di scambio. Qualsiasi pace con la Russia non deve essere fatta a tavolino, dividendo i territori come nel 1944, altrimenti il futuro dell’Europa sarà danneggiato per sempre.

Democrazia e sfere di influenza possono coesistere in Europa, ma se il controllo sulle altre nazioni diventasse una prassi, come è successo dopo la Seconda guerra mondiale, prima o poi la violenza diventerebbe il modo per fermare la democrazia. Da parte russa abbiamo visto in Ucraina e Georgia, come in Ungheria nel 1956 e in Cecoslovacchia nel 1968, ma anche l’Occidente non si è risparmiato, come è stato evidente in molti Stati del Sud America o dell’Asia.

Se vogliamo che la Nato sia un’alleanza di eguali e che l’Occidente superi la retorica della Guerra fredda usata dalla Russia per conquistare impunemente parti d’Europa, non dobbiamo più usare il concetto di sfere di influenza come strumento di negoziato. Dobbiamo dare maggiore importanza alla sovranità e alle scelte democratiche delle nazioni, anche di fronte a manovre geopolitiche sempre più complesse.
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L’INCREDIBILE STORIA DEI GIAPPONESI CL’INCREDIBILE STORIHE LIBERARONO LIVORNO

A DEI GIAPPONESI CL’INCREDIBILE STORIHE LIBERARONO LIVORNO
Mentre i loro familiari erano internati in patria come nemici dello Stato, un pugno di soldati nippo-americani combatteva in Italia in Toscana contro i nazifascisti
Ugo Barbàra
20 luglio 2024
AFP – Veterani nippo-americani
seconda guerra mondiale
usa
giappone
3 minuti
di lettura

AGI – Mentre i loro familiari erano internati in patria come nemici dello Stato, un pugno di giapponesi combatteva in Italia per liberare la Toscana dall’occupazione nazifascista. Ottanta anni dopo lo sbarco di Anzio, l’esercito americano ha celebrato un capitolo poco conosciuta della storia della Seconda Guerra Mondiale, onorando l’unità nippo-americana dell’esercito che fu fondamentale per liberare parti dell’Italia e della Francia.
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I discendenti dei soldati “Nisei” di seconda generazione sono arrivati in Italia da tutti gli Stati Uniti – California, Hawaii e Colorado – per visitare i luoghi in cui hanno combattuto i loro avi e partecipare a una commemorazione presso la base militare americana di Camp Darby in occasione dell’80esimo anniversario della liberazione di Livorno, avvenuta il 19 luglio 1944. Tra i partecipanti c’erano i cugini Yoko e Leslie Sakato, i cui padri prestarono servizio nel 442esimo Regimental Combat Team, che divenne l’unità più decorata nella storia dell’esercito americano per dimensioni e anzianità di servizio.
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“Volevo seguire le sue orme, scoprire dove ha combattuto, dove si trovava, magari vedere i territori di cui non ha mai parlato”, ha detto Yoko Sakato, il cui padre, il sergente Henry Sakato, faceva parte del 100esimo Battaglione, Compagnia B, che contribuì a liberare la Toscana dal dominio nazifascista. Il 442esimo reggimento di fanteria, compreso il 100esimo battaglione di fanteria, era composto quasi interamente da soldati americani di seconda generazione di origine giapponese, che combatterono in Italia e nel sud della Francia. Conosciuto per il suo motto “Go For Broke”, 21 dei suoi membri sono stati insigniti della ‘Medal of Honor’, la medaglia d’onore.

Il reggimento fu organizzato nel 1943, in risposta alla richiesta di volontari del Dipartimento della Guerra per formare un’unità di combattimento dell’esercito nippo-americano. Migliaia di Nisei – giapponesi americani di seconda generazione – risposero alla chiamata. Alcuni di loro combatterono mentre i loro parenti venivano internati nei campi istituiti nel 1942, dopo l’attacco di Pearl Harbor, per ospitare i giapponesi americani considerati un “pericolo pubblico” per gli Stati Uniti. In totale, circa 112.000 persone, di cui 70.000 cittadini americani, furono trattenute in questi “centri di ricollocamento” fino alla fine della guerra.

Yoko Sakato ha deposto fiori sul monumento in memoria del soldato Masato Nakae, uno dei 21 membri Nisei insigniti della medaglia d’onore. “Mi sentivo vicina a mio padre, mi sentivo vicina agli altri uomini che conoscevo da piccola, gli altri veterani, perché avevano prestato servizio, e sentivo davvero una certa affinità con loro”, ha detto alla ‘Abc’. Sakato ricordava che suo padre nominava alcune delle zone e delle città della Toscana dove aveva combattuto. “Erano giovani, deve essere stato spaventoso, ma non ne hanno mai parlato, nè lui nè i suoi amici”, ha detto Sakato di suo padre, morto nel 1999.

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LA MELATONINA

LA MELATONINA
di
Giuseppe Cecere
La melatonìna è un ormone prodotto dalla ghiandola pineale. Ricerche e studi effettuati su animali indicano che la melatonina aumenta la concentrazione dell ‘acido amminobutirrico e della serotonina nel Inesencefalo e nell’ipotalamo e l’attività del PIRIDOSSALCINASI, un enzima coinvolto nella sintesi dell ‘ acido amminobutirrico, della dopamina e della serotonina.
La melatonina è coinvolta nella inibizione dello sviluppo delle gonadi e nel controllo dell’estro mestruale. La melatonina è anche coinvolta nel cambio di colore della pelle. Il ritmo giornaliero della secrezione della melatonina si accentua nelle ore notturne ed influenza i ritmi del sonno.
Per il suo possibile ruolo nell’influenzare il ritmo circondiano, la melatonina è stata sperimentata nell’ alleviare l’ insonnia e i disordini causati dai cambiamenti del fuso orario.
La melatonina è studiata come trattamento per numerose patologie fra cui: jet-lag, disordini emotivi stagionali, depressione e cancro.
E’ stato anche dimostrato che l’ estratto polipeptidico pineale (che contiene un largo spettro di altri ormoni pineali a base proteica), inibisce lo sviluppo dell ‘ arteriosclerosi, riduce il livello di trigliceridi nel sangue, migliora l’ immunità cellulare, aumenta la durata della vita animale.
La ghiandola pineale funziona come un orologio biologico secernendo, di notte, melatonina (così come molti altri polipeptidi).
In normali persone giovani e in buono stato di salute, i livelli di melatonina raggiungono il massimo intorno alle due di notte mentre in persone più anziane ciò avviene un ‘ora più tardi. Inoltre la quantità massima di melatonina liberata nel circolo sanguigno di persone anziane è solo la metà di quella liberata in persone più giovani. I livelli di melatonina si abbassano durante il giorno. Al tramonto la diminuizione della luce influisce sui segnali neuronali che a loro volta stimolano la ghiandola pineale al rilascio di melatonina.
L’innalzamento del livello di melatonina continua per ore, raggiungendo, come abbiamo già sottolineato, il picco massimo nelle ore notturne, dopodiché diminuisce fino a raggiungere livelli minimi alla mattina. Il ritardo di rilascio di melatonina e la diminuizione di intensità sono manifestazione dei processi di invecchiamento.
[l rilascio di melatonina regola varie funzioni neuroendocrine.
Quando il tempo di rilascio della melatonina o l’intensità, sono variati (come avviene con la vecchiaia, lo stress, il jet-lag, o la sindrome di jet-lag artificiale), molte funzioni psicologiche e mentali sono fortemente colpite. L’abilità di pensare in modo lucido, ricordare fatti chiave e prendere importanti decisioni possono essere profondamente disturbati da questi sconvolgimenti dell ‘ orologio biologico.
Se queste sono le premesse quali possono essere gli usi della melatonina’?
La melatonina può essere utilizzata per alleviare i disturbi del jet-lag. Il jet-lag è un disturbo causato dalla desincronizzazione circondiana e in particolare dei cicli sonno – veglia come accade attraversando zone con differenti fusi orari. Il jet-lag è caratterizzato da fatica, insonnia, insonnia, mal di testa. La melatonina, assunta alla sera (considerando l’ora locale) è in grado di alleviare i sintomi del jet-lag. Allo stesso modo molte persone riposano bene dopo l’ Assunzione di melatonina per cui essa viene utilizzata per alleviare l’insonnia. I livelli di melatonina infatti, abbassati durante la notte, riducono la qualità del sonno per cui la melatonina può aiutare a ristabilire l ‘ equilibrio e regolare il proprio “orologio biologico
E’ altrettanto vero che se non si riposa bene l’ acutezza mentale subisce delle conseguenze e diminuisce fino a creare depressione e stanchezza. Ciò spiega l’uso della melatonina nel miglioramento delle performances mentali e sulla prontezza di soggetti che la assumono.
Dunque, la melatonina è importante nel regolare le funzioni cognitive. Queste ultime come è noto sono legate anche all ‘età. La mancanza di triptofano può causare insufficienza di melatonina di cui queste ultimo è il precursore, mancanza legata al ridotto metabolismo delle persone anziane.
Poiché la produzione e secrezione di melatonina diminuisce con il passare degli anni, molti ricercatori credono che essa può aiutare a prevenire i danni al cervello collegàti all ‘ età. Studi recenti hanno infatti ridotti livelli di melatonina in pazienti affetti da morbo di ALTZAINŒR rispetto a soggetti sani della stessa età. Non ci rimane, a questo punto, che esaminare quali sono i dosaggi della melatonina e come si somministra. Di solito i dosaggi variano da 0,1 mg a 200 mg. Il modo migliore di utilizzare la melatonina è di iniziare ad assumere 2 mg al giorno alle ore 10 di sera. Se si dovesse notare che pur riposando bene l’esigenza di dormire continua al mattino, sarebbe opportuno dimezzare la dose. Viceversa, in caso di nessun effetto induttore del sonno, occorre aumentare gradualmente la dose di 2 mg ogni sera fino al raggiungimento dell’effetto desiderato. Le differenze individuali di assorbimento e di metabolizzazione della melatonina possono spiegare le differenze di quantità e di tempo di rilascio della melatonina stessa, In commercio non ci sono specialità per cui le forme farmaceutiche di melatonina si devono acquistare in farmacia come galenico su prescrizione medica.
Gli sciocchi immaginano che le grosse dimensioni dei fenomeni sociali costituiscano un’ottima occasione per penetrare più addentro nell’anima umana; al contrario, dovrebbero capire che è calandosi nel profondo di un’individualità che avrebbero maggiori probabilità di comprendere quei fenomeni.
Marcel Proust

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L’UOMO E LA GNOSI

L’UOMO E LA GNOSI
(L’esigenza di spiritualità tra miti, leggende e superstizioni)
di
Silvio Nascimben
Nel vasto panorama dei piccoli e grandi misteri, nell’antica Grecia, il mondo del magico rivestiva un molo certamente principale perché, a quel tempo. si tendeva all’accettazione ed alla codificazione di tutto ciò che appariva meraviglioso. Ogni possibilità di verifica approfondita era scartata e, com’era logico fosse, tutto il panorama del mondo dell ‘inspiegabile e del fenomenico, diede origine ad una miriade di credenze, di miti e d’ angosciose superstizioni.
Da Eraclito a Socrate, da Platone ad Aristotele, nel percorso evolutivo culturale dell’Ellade, la magia era tenuta in alta considerazione tanto da essere considerata appartenente al mondo della realtà, così come gli eventi, le leggende, gli incubi e le credenze ad essa riconducibili.
Le cronache dell’ insolito di quel tempo, raccontavano che Aristotele e Platone fossero soliti parlare della combustibilità di salamandre e grilli, allorquando venivano a contatto del fuoco, e che Socrate fosse invece costantemente in rapporto con un daimon, che spesso si rendeva visibile ai suoi discepoli.
Di Platone, era noto che parlasse spesso di una misteriosa sorgente di vita che alimentava tutti gli esseri viventi: I ‘Anima del Mondo, presente in ogni cosa del Creato e che gli alchimisti, attraverso lo studio del simbolismo, ricercarono freneticamente nei laboratori alchemici per risalire alla “materia prima’
La “creazione del mondo”, per la scuola pitagorica, era il risultato di una serie di formule numeriche, di misteriose e impenetrabili combinazioni di parole note solo a coloro che, dopo il superamento delle prove rituali dell’iniziazione, pervenissero alla personale conoscenza dell’effettivo valore numerico, e della verità in esso celata.
Lc conoscenze intrasmissibili della scuola pitagorica influenzarono, com’è noto, l’universo magico-esoterico occidentale, fino ai giorni nostri. I discepoli di Pitagora non solo studiavano e praticavano la magia ma l’attuavano anche pubblicamente, tant’è vero che Empedocle esorcizzava le calamità atmosferiche mediante pratiche arcane. riuscendo perfino a resuscitare i morti.
L’esoterismo orientale, in verità, influì notevolmente sulle religioni e la magia greca, tanto da poter affermare che proprio lo stadio esasperato di misteriose dottrine, spesso legate alla demonologia, a cui pervennero gli ultimi filosofi del decadentismo ellenico, abbia alimentato lo stesso Cristianesimo, trasmigando in esso anche l’enorme bagaglio di credenze, superstizioni, di miti e incubi.
Quanti simboli della tradizione magico-esoterica greca riaffiorano nell’ iconografia religiosa del Medioevo!
L’ossessione dell’occulto e l’atteggiamento della Chiesa
L’ossessione dell’ occulto, alimentato dalla contrapposizione esasperata d’ impeti religiosi e credenze demonologiche di memoria antica, prese sempre più corpo: maghi, streghe ed ermetisti, si trasformarono in bersagli da contrastare, e lottare. Le riaffioranti credenze antiche divennero le testimonianze concrete dell’operato del Maligno. Persino Apuleio, suo malgrado, con I • Asino d’Oro e le Metamorfosi, contribuì ad alimentare la campagna demonizzatrice del “mondo del magico”. Nelle Metamorfosi, ad esempio, Aristomene, in viaggio con un amico. si fermò a dormire in un luogo equivoco. ln sogno. vide due streghe, entrare di soppiatto nella stanza. Le due megere, dopo aver accoltellato a morte il suo amico, recitando alcune formule magiche, strapparono dal petto del malcapitato il cuore che ancora pulsava. Terminato il crudele rito, raccolto il sangue che sgorgava copiosamente in un otre, ebbero cura di sostituire l’organo espiantato con una spugna. Il mattino seguente, Aristomene, che nulla ricordava del sogno vissuto, e l’ amico ripresero il cammino. Giunti in prossimità di un ruscello, l’ amico si fermò per bere la fresca acqua che scorreva. Non ebbe il tempo di chinarsi: dalla ferita, improvvisamente apertasi sul petto, fuoriuscì una spugna che venne trascinata via dalla corrente. E con essa, il corpo dell’uomo privo di vita.
L’incubo vissuto da Aristomene, sebbene sfruttato per fini facilmente collegabili ai pericoli derivanti da pratiche di stregoneria, evidenzia, altresì, il culto del sogno che era diffusissimo in Grecia. Si riteneva, infatti, che gli dei si servissero dei sogni per inviare moniti e suggerimenti agli uomini.
Le interpretazioni dei sogni, codificate ed elencate per avvenimenti e circostanze, furono raccolte da Artemidoro in un libro che incontrò, a quel tempo, notevole successo. Non vi era condottiero o marinaio che non attendesse dai sogni l’indicazione divina per operare delle scelte. Anche allora, colne oggi, gli interpreti dei sogni, e dell’insolito riconducibile al divino, erano tenuti in gran considerazione e, come i mercanti dell’ occulto contemporaneo, spesso ricompensati con ricchi doni e lauti compensi.
Il culto degli eroi
Un’altra pratica molto diffusa nell’antica Grecia, era il culto degli eroi. Essi erano venerati come semidei ed i resti mortali dei personaggi che si distinguevano in vita per ardite operazioni belliche. o per coraggio, non venivano arsi, com’era allora consuetudine, ma conservati quasi fossero preziose reliquie. A quel tempo. era convinzione comune, la sola presenza della reliquia di un eroe, bastava a calamitare le forze benefiche e positive dell’ astrale. che si diffondevano nell’ ambiente circostante.
Le reliquie degli eroi, nascoste in posti segreti per timore che qualcuno potesse sottrarle, erano oggetto di particolari cerimonie. secondo rituali segreti che venivano eseguiti nottetempo.
Chi praticava la magia, in Grecia, aveva due opportunità per officiarla: seguire quella benefica, per il bene del prossimo, oppure quella nera, per produrre malefici. A tale proposito, Platone racconta, la condanna a morte era la pena inflitta a colui che venisse sorpreso a tessere sortilegi nei confronti di qualcuno.
La divinazione del futuro. come le diverse arti divina toriera la pratica magica più seguita in Grecia tanto che vennero promulgate apposite leggi per disciplinarla.
Dalla lettura del fegato degli animali uccisi, consigliata da Platone, si passava a magie più potenti come il sacrificio umano. Apollonio di Tiana, un grande e potente mago che nei suoi tanti viaggi si era spinto perfino nelle Indie. lasciò traccia di terribili sortilegi rituali. Venne processato. secondo l’ accusa. per aver sacrificato un bambino con lo scopo di ottenere un importante oracolo.
L’ afte del la divinazione, coinvolgendo tutti, nessuno escluso, incuteva re e rispetto nei confronti di coloro che, prescelti dagli dei, la potevano officiare. Socrate. sebbene condannato a morte, si offrì spontaneamente di leggere il futuro ai suoi nemici perché, era convinzione diffusa a quel tempo, che le capacità di veggenza si potenziassero nell ‘ imminenza del trapasso.
Il misterioso rito di Demetra ad Eleusi
Era il tempo in cui fiorirono culti segreti e pratiche iniziatiche riservate a pochi eletti, tassativamente interdette ai profani. Ad Eleusi. Demetra ritrovò la figlia perduta, dopo lunghe peregrinazioni in tanti paesi. Proprio ad Eleusi. la dea instaurò il suo credo iniziatico, ricco di misteri riconducibili. per buona parte. alle pratiche dionisiache ed orfiche, e così potente da inserirsi nella tradizione delle dottrine segrete, tanto da influenzare persino Ie religioni. Il rito d’iniziazione. poi, era spettacolare e ricco di coreografie allegoriche: dopo la purificazione, i bussanti venivano fatti immergere nelle acque del mare e, successivamente, mediante l’interpretazione di scene simboliche mimate, dovevano penetrare i primi aspetti della verità che cercavano. Tra queste, quella mitologica del rapimento della figlia di Demetra e il lungo peregrinare della dea. molto simile a quello di Orfeo. I neofiti, dopo aver bevuto particolari pozioni, pervenivano. durante i rituali segreti di Demetra, a stadi superiori di conoscenza che consentivano l’ accesso al regno delle ombre. Poco si conosce dei misteri di Eleusi. salvo gli ostacoli che dovevano essere superati in oscuri sotterranei, compiendo gesti simbolici come quello di tenere serrata sulla bocca una chiave d’oro. Chiaro ed inequivocabile invito al segreto. Quando i popoli vennero a più stretto contatto tra loro, sia per l’intensificarsi dei commerci che a causa di guerre e di relative conquiste. le diverse religioni dovettero confrontarsi tra loro. Il concetto dell ‘ esistenza di una realtà unica, comune in ogni religione rivelata, avviò la nascita della Gnosi. che significa conoscenza, ovverosia la ricerca esoterica di questa verità che traeva origine da miti antichi, e dalla tradizione. Sorsero così numerose sette, e tutte. con un comune denominatore: la segretezza. Furono in tanti ad essere attratti dalla Gnosi. intere masse di adepti salutarono con un entusiasmo senza pari il movimento che si prefiggeva di penetrare i concetti più suggestivi e profondi della conoscenza suprema. Malgrado ciò, venne aspramente avversata perché giudicata nociva per la religione rivelata. Eppure, la Gnosi attingeva stimoli introspettivi dai misteri orfici, dal culto di Mithra, dalla tradizione mistica dell’ antica Caldea, dalle rivelazioni di Ermete Trismegisto, dal buddismo, dalla religione egizia c, non da meno, dallo stesso Cristianesimo. Sebbene San Paolo mettesse in guardia i credenti dalla Chiesa di Efeso, furono in tanti del Cristianesimo ad accogliere, e propagandare, i concetti gnostici. Anche nell’ antica Roma [a magia. e tutto quanto ad essa si legava, venne avversata in quanto ritenuta malefica per l’ umanità. Nei libri dedicati all’imperatore Tito, Plinio il Vecchio, pur riconoscendo la potenza della magia, elenca una serie di sortilegi c pratiche magiche, tra cui i tentativi falliti di Nerone, evidenziando I ‘ottusità e la stupidità dei maghi di quel tempo.
La leggenda di Simon Mago
Il più celebre ed emblematico personaggio del mondo mitologico gnostico fu, senza ombra di dubbio, Simon Mago. I suoi insegnamenti giungevano sino all’ animo degli adepti. Egli predicava che Dio, il padre supremo di ogni essere vivente, avesse generato un principio femminile da cui ebbero origine gli angeli. Essi, peccando d’ orgoglio, crearono la terra, che successivamente generò i suoi abitanti, costringendola ad un serie di raccapriccianti reincarnazioni. Chi fosse questo prodigioso personaggio, nessuno non lo ha mai saputo. Certamente non fu l’essere malefico, il prototipo demoniaco di stregone nero che viene descritto negli Atti degli Apostoli. che tentò di appropriarsi, mentre Pietro e Giovanni battezzavano i fedeli, della facoltà di elargire lo Spirito Santo. Non, quindi. il rivale di Pietro, ma la personificazione del desiderio di conoscenza”. comune nella ricerca delle verità gnostiche, sempre nell ambito della verità e della fede.
La leggenda che Simon Mago riuscisse a librarsi nel cielo, creando un incontenibile stupore tra i presenti, venne rimaneggiata ad hoc, e spiegata in modo tale da screditarlo. Si diceva infatti che Pietro, sbalordito per il prodigio e temendo che le folle si lasciassero sedurre dal mago, si fosse rivolto a Dio, implorando il suo intervento. L’invocazione, si racconta. ottenne l’effetto voluto. I demoni invisibili che sorreggevano Simon Mago si allontanarono, ed egli, cadendo rovinosamente al suolo, si provocò la frattura delle gambe.
Lo stesso Nerone, pur osteggiando filosofi cd operatori dell’occulto di quel tempo, ossessionato com’ era dall ‘ incubo che trame e operazioni magiche lo spodestassero, era solito consultare veggenti e dotti di astrologia, per conoscere i nomi dei suoi nemici e degli eventuali cospiratori.
Anche allora. come ai giorni nostri. gli oracoli, dalla Pizia greca al Nostradamus del Medioevo, si prestavano, di sovente, ad una duplice interpretazione. Per ambiguità dei responsi abilmente guidati dai sacerdoti, l’intervento di un Iniziato a quei misteri consentiva la decodificazione delle ermetiche profezie che. quasi sempre. si adattavano ad opposte interpretazioni.
Scrutare nel futuro per conoscere I ‘ arcano significato della vita in contrapposizione alla morte. come il pervenire a livelli di conoscenza superiore, sono state da sempre considerate pratiche che solo agli eletti, i prescelti dagli dei, era consentito penetrare. Gli antichi. ben sapevano che i segreti arcani del divenire ultraterreno dell’uomo erano strettamente collegati alle forze che la natura emanava. Rivolgersi al vate, per I• interpretazione di eventi naturali come la pioggia, i tuoni, gli incendi, le calamità e i rumori inspiegabili, significava per gli antichi stabilire una forma di comunicazione con la divinità.
L’uomo del Duemila è possibilista. Attribuisce credibilità a fonti diverse di conoscenza, e l’anelito religioso, seppur lo induca alla riscoperta di miti dell ‘antichità, rivolge la sua attenzione anche a movimenti pseudo scientifici, come Scientology, o alternativi come l’Olistica, il “The Gospel of Prosperity” e il ‘”Vangelo del Benessere” delle chiese fondamentaliste americane.
Il mondo, con Internet, è raggiungibile in tempo reale, premendo un semplice tasto. L’esigenza imperante della post-modernità, sembra essere, ahimè, la conquista del benessere. In altri termini una vita migliore, non contaminata da malattie. anche mediante I utilizzo di mezzi poco ortodossi.
La nostra società. in verità, è tra l’altro caratterizzata da un disinteresse sempre più crescente nei confronti della cosa pubblica: le disillusioni riconducibili all’arrivismo politico e, non da meno, il dilagante malcostume che s’ insinua in ogni dove, spingono l’uomo. fatalmente, verso tensioni edonistiche esasperate. Il desiderio di conquista del “suo particolare” lo protende più ancora verso un eccesso di individualità.
Le ultime stime quantificano in 250 milioni i terrestri che sono atei, lontani da ogni credo che ammetta l’esistenza di una “entità superiore”; queste cifre, stando ai rapporti, sono decisamente in costante crescita.
Dire però che l’uomo del XX secolo non avverta più l’esigenza di dialogo con la parte più sottile che è in lui, da sempre, sarebbe come affermare la totale inesistenza delle emozioni. Egli, seppur integrato nel sistema consumistico del quotidiano, avverte la presenza di vuoti che non riesce a spiegarsi. Insegue, quasi stimolato da un bisogno sempre più crescente, l’esigenza di una non meglio identificata “spiritualità” senza però lasciarsi coinvolgere da impegni di studio, dedizione e sacrificio alcuno: rivolge la sua attenzione alla medicina sciamanica, agli oroscopi e, purtroppo, ai tanti mercanti dell’occulto.
L’aspetto di questo nuovo risveglio di gnosticismo, è sicuramente diverso da quello del passato. Le religioni istituzionalizzate, anche per i dispotici atteggiamenti politici ed economici di memoria antica, non vengono considerate più depositarie di verità assolute. La ricerca del sacro, assume oggi una connotazione decisamente individuale, molto vicina al desiderio di ascesa spirituale del singolo, e nello stesso tempo simile a quella dello gnosticismo dell’antichità.
L’esigenza di spiritualità dell’uomo moderno
Una verità incontrovertibile meriterebbe, a questo punto, una riflessione più approfondita.
L’uomo contemporaneo, vive una profonda situazione di disagio. L’esodo di popolazioni dal cosiddetto “terzo mondo”, I • acuirsi di competizioni tra le religioni consolidate e quelle emergenti, ed ancor più il confronto costante tra filosofie e tradizioni culturali appartenenti ad etnie radicalmente diverse tra loro, per effetto della crescente facilità di migrazione, non possono sollecitare nella società che la fuga da stereotipi obsoleti. non più al passo coi tempi, verso orizzonti nuovi in grado di dare altre risposte, e più appaganti.
La linea di demarcazione tra I ‘ antico ed il nuovo, tra passato e futuro, è una sottilissima membrana che divide due peliodi esistenziali della storia dell’ uomo. Malgrado egli si protenda verso l’ identificazione di nuovi totem più validi ed attuali, il suo sguardo si rivolge costantemente al passato per I ‘individuazione di uno “stargate”, ovvero una porta spazio-temporale, che gli permetta di riscoprire, ln un non meglio identificabile stato di animazione sospesa, le antiche verità perdute. E non s’ accorge. ahimè, che le verità eterne sono, da sempre. sotto i suoi occhi.
Gin erbis, in verbis e in lapidibus” – dirà nel 1700, il conte Cagliostro – “sono racchiusi gli arcani segreti della Conoscenza. Penetrare nel segreto santuario della Natura. vuol dire conquistare l’essenza umida dell ‘Universo: il Mercurio filosofale. indispensabile per la costruzione della Grande Opera”

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LE TRIPLICI CINTE IN ITALIA: COMPENDIO DI STUDI 2000-2024.

Le Triplici Cinte in Italia: compendio di studi 2000-2024.
Venticinque anni di ricerche sulle tavole-mulino ludiche e simboliche

(una collana di Marisa Uberti)

Prefazione di Carlo Gavazzi

Un’opera in due volumi interdipendenti di Marisa Uberti dedicata a tutti i “cercatori” di memorie passate

PrefazIone
La presente opera illustra lo “stato dell’arte” sulla Triplice Cinta in Italia, meglio nota come filetto o tavola-mulino. È una sorta di compendio di venticinque anni di ricerche, che l’autrice pubblica dopo dodici anni dall’ultimo suo saggio sull’argomento[1]. Tante sono state le novità – in primis, la creazione del Centro Studi Triplice Cinta – ma profonda è stata anche la necessità, per Marisa, di rivisitare assunti dati per scontati, sfatare alcuni luoghi comuni e colmare diffusi vuoti conoscitivi. Nonché proporre una classificazione delle TC ludiche e simboliche ad uso di tutti gli interessati. Per la sua corposità, il lavoro è stato suddiviso in due volumi interdipendenti e si propone di offrire una panoramica attuale della ricerca in Italia, nazione che annovera il maggior numero di esemplari europei documentati, essendo l’unico Paese che – attraverso il Centro Studi Triplice Cinta – ha raccolto un censimento nazionale digitalizzato tenuto costantemente aggiornato in forma volontaria e indipendente. In questi due volumi si viaggia instancabilmente, ma con metodo, in tutte le regioni italiane, nessuna esclusa: nel primo si perlustra l’Italia del Nord, nel secondo l’Italia del Centro, del Sud e le Isole. Si sono raccolte molte testimonianze, si sono apprese usanze e curiosità, si è entrati in archivi e biblioteche, ci si è spinti ovunque siano state segnalate TC, scoprendo che si possono scovare nei posti più impensati. C’è stato un tempo, infatti, in cui le persone incidevano questi giochi nella pietra: dalle tabulae lusoriae romane fino al secondo dopoguerra. Molte di quelle pietre sono oggi sparite o frammentate, nel migliore dei casi ricollocate altrove, frequentemente raddrizzate e incassate in edifici pubblici e privati, religiosi e civili. Prima che la memoria scompaia, è opportuno cercare di comprenderne il senso. A volte questi schemi vennero incisi superficialmente, altre volte utilizzando mazza e scalpello lasciando solchi profondi e duraturi. La Triplice Cinta (termine mutuato dal francese Triple Enceinte per riferirsi agli esemplari giocabili e non) è una figura geometrica semplice ma al contempo dotata di complessità interpretativa, talvolta strumentalizzata. Le motivazioni che hanno spinto generazioni di persone a inciderla sulle rocce ma soprattutto sulle pietre sembrano apparentemente banali: passare il tempo divertendosi a sfidarsi uno di fronte all’altro, magari con un capannello di gente attorno e forse spingendosi a giocare d’azzardo, con tutte le conseguenze che ciò comportava. Si socializzava in modo diretto (cosa che non pare proprio banale in un’epoca virtuale). Ma quante TC restano a testimoniare quanto fossero in voga in un determinato territorio? É ancora possibile ricostruire una tradizione legata a questi tavolieri? E’ importante osservare che la TC è una sorta di linguaggio universale, archetipale: la sua struttura geometrica è rimasta invariata almeno da duemila anni. Il gioco è anche un rito, annacquato dal tempo e ripetuto senza consapevolezza ma qualcosa continua a manifestarsi nella pietra incisa, ancora bella o consunta che sia: la stagione della Vita, il passare del Tempo, il Pensiero, l’Azione, l’Intenzione, il Senso, l’Armonia o l’Imperfezione. Ci dice tante cose, basta saperla ascoltare. A un certo punto, infatti, quelle incisioni sono diventate mute perchè sono state dimenticate nel loro significato. Grazie a Marisa e ai tanti “cercatori” cui l’opera è dedicata, oggi parlano di nuovo.

In ciascuna regione trovano spazio dei box dedicati a significativi esemplari esteri pertinenti al modello o al contesto di cui si sta parlando, creando In tal modo un interessante trait d’union che può dare ulteriori spunti di conoscenza e riflessione. L’opera è composta da due volumi interdipendenti; contiene un vasto apparato iconografico costituito da fotografie, disegni, mappe, grafici statistici e tabelle esplicative. Si avvale di circostanziate annotazioni e di una ricca bibliografia di riferimento

Maggiori informazioni https://www.duepassinelmistero2.com/studi-e-ricerche/ultimi-reports/nuova-pubblicazione-le-triplici-cinte-in-italia-compendio-di-studi-2000-2024/

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IN RELAZIONE ALL’ELEZIONE DEL NUOVO GRAN MAESTRO DELLA GLRI:

IN RELAZIONE ALL’ELEZIONE DEL NUOVO GRAN MAESTRO DELLA GLRI:
L’occasione era la riunione del Board i cui componenti si incontravano sabato 6 ottobre 2001 al Grand Hotel Timeo di Taormina. Alle 16 il presidente dichiarava aperta la riunione e, dopo aver osservato la necessità di alcune brevi modifiche ai regolamenti vigenti in conseguenza della imminente elezione, introduceva l’argomento della successione. Nella discussione che seguiva, tutti i partecipanti esprimevano la loro opinione osservando che sarebbe stata opportuna l’individuazione di qualcuno che, superando preferenze limi tate a realtà regionali, raccogliesse il consenso di tutti i fratelli per evitare cosi possibili scontri in occasione delle votazioni. Occorreva qualcosa di più. Il presidente del Consiglio riassumeva le qualità che avrebbe dovuto rivestire il candidato. Il fratello che si ricercava doveva essere conosciuto, benvoluto e stimato; un fratello che potesse dedicare le attenzioni necessarie alla non facile gesedesse anche quelle capacità e conoscenze per intrattenere i necessari rapporti con i gruppi massonici esteri. L’attenzione generale si incentrava sul Gran Segretario Fabio Venzi che, in quel momento, G.L.R.I Rivista Massonica DE HOMINIS DIGNITATE XIX Pagina | 20 era intento a redigere il regolare verbale: cioè, proprio colui che negli ultimi anni aveva dedicato le proprie capacità e il proprio tempo alla ripresa delle attività massoniche e alla sistemazione dell’intero assetto organizzativo della stessa famiglia. Anche Giuliano Di Bernardo, rimasto in silenzio durante tutta la riunione, ammiccava alla possibile scelta e proprio al termine dell’incontro comunicava che era suo preciso intento contribuire alla indicazione dei nominativi da indicare alla assemblea di Gran Loggia di dicembre per contribuire alla sua stessa successione.
Dopo l’incontro del Board di Taormina, la Gran Loggia Regolare d’Italia si riuniva sabato 20 ottobre 2001 per Gran Loggia.
II luogo d’incontro era il suggestivo Castel dell’Ovo a Napoli. Si parlava apertamente di successione del Gran Maestro e il nominativo del Gran Segretario cominciava a girare tra i presenti, i quali dichiaravano che avrebbero gradito una segnalazione ufficiale del Board in tal senso. Fabio Venzi, nonostante il limitato tempo in cui aveva rivestito la carica di Gran Segretario, era riuscito, per le sue non comuni doti umane, a intrecciare con gran parte dei fratelli sparsi nelle diverse regioni rapporti di stima e cordialità. In occasione della Gran Loggia del 20 ottobre di Napoli Fabio Venzi presentava il suo libro Mito, Massoneria, Fascismo. Saggi sulla Massoneria.
La prefazione era di Giuliano Di Bernardo: “La prima caratteristica di questo lavoro di Fabio Venzi, che appare immediatamente dalle prime pagine, e l’impressione di una mescolanza di orientamenti filosofici e di autori. Non si comprende, infatti, con riferimento allo studio della massoneria, quale rapporto possa esistere fra concetti della psicologia junghiana, l’analisi del mite dello storico delle religioni Karoly Kerenyi, la dottrina esoterica di Rene Guenon e la teoria sociologica di Ralf Dahrendorf. Il lettore abituato ad una superficiale ma radicata tradizione a “vedere” la massoneria come una concatenazione di eventi storici, pin o meno interpretati correttamente, resta sorpreso e imbarazzato di fronte alla proposta di Venzi che, invece, lo impegna sul piano filosofico. E filosofia significa riflessione attraverso gli strumenti tipici della psicologia analitica, della storia, dell’esoterismo, della sociologia.
Tuttavia, a mano a mano che la lettura scorre, le connessioni cominciano ad apparire e il discorso si fa interessante.
Allora si rivela un’interpretazione della massoneria inusuale e perciò nuova, che apre significati
Questo breve saggio di Fabio Venzi va letto e studiato non solo per i suoi contenuti, ma anche e soprattutto per la metodologia di analisi che esso propone”.
Il pranzo rituale, che era seguito alla Gran Loggia si era così trasformato in una vera e propria occasione di verifica del consenso nei confronti del Gran Segretario. Il gradimento era totale. L’atto definitivo in merito all’indicazione della candida tura lo svolgeva il Board di sabato primo dicembre 2001: all’ordine del giorno vi era la «presa in con siderazione delle candidature alla Gran Maestranza e scelta del candidato da raccomandare alla Gran Loggia». I fratelli riuniti nel salone di Lungotevere dei Mellini dovevano scegliere colui che doveva essere sottoposto al gradimento dell’assemblea di Gran Loggia e che avrebbe dovuto guidare la Gran Loggia Regolare d’Italia per il futuro… L’apprezzamento era unanime. A conclusione della riunione, perciò, il Presidente del Board dichiarava che, a nome dell’intero Consiglio delle Proposte Generali, avrebbe raccomandato il nome di Fabio Venzi alla quarta e ultima Gran Loggia dell’anno che sarebbe stata convocata a Roma il secondo sabato del mese successivo, così come previsto dai Regolamenti…
Due settimane dopo i fratelli si incontravano a Roma. C’era molto fermento ed entusiasmo la mattina di sabato 15 dicembre 2001 presso l’Hotel Westin Excelsior, in via Vittorio Veneto 125… Poi era la volta del presidente del Board che comunicava alla Gran Loggia il nominativo che avrebbe dovuto essere votato. Questi precisava che il Consiglio delle Proposte Generali, dopo un’attenta analisi della intera situazione italiana, vagliate le precedenti proposte di candidature poi ritirate e ascoltati tutti gli aventi diritto, aveva individuato un solo nome: Fabio Venzi. Si chiedeva a tutti i Maestri Venerabili d’Italia, ai Grandi Ufficiali di Gran Loggia e a tutti gli aventi diritto di votare colui che avrebbe dovuto governare la Gran Loggia Regolare d’Italia per il futuro. La Gran Loggia non aveva esitazioni e votava unanime e soddisfatta il nuovo Gran Maestro…
Poco dopo si alzava, visibilmente commosso, abio Venzi, quarantuno anni compiuti a giugno, nato a Roma, di discendenza toscana, naturalizzato a Roma, sposato con l’erede di una nobile famiglia calabrese, sociologo, esperto anche in scienze politiche, con interessi nel settore storiografico e nel mondo dell’editoria come editor e revisore storico per collane di saggi anche in lingua inglese e tedesca. All’allegria per l’evento si Pagina | 21 Rivista Massonica DE HOMINIS DIGNITATE XIX G.L.R.I aggiungevano le aspettative per un nuovo corso. Si respirava una nuova aria6. Passiamo poi alla successiva cerimonia della mia Installazione il giorno 6 aprile a Roma: Tutti i fratelli si ritrovavano così a Roma al St. Regis Grand Hotel per la cerimonia di installazione del nuovo Gran Maestro Fabio Venzi… Al centro del tempio sfilavano i visitatori delle Grandi Logge estere tra il brusio generale sommerso dalle note degli «Oratori» di Handel. Apriva il corteo il Gran Segretario della Gran Loggia Unita d’Inghilterra Robert Morrow, accompagnato dal Gran Rappresentante per l’Italia per la Gran Loggia inglese Leslie Hicks. Seguivano poi per la Gran Loggia d’Irlanda il Gran Maestro Eric N. Waller e iI Gran Segretario Michael M. Walker. Poi era la volta del Grande Oriente del Brasile con il Gran Segretario e Gran Rappresentante Tullio Colacioppo jr accompagnato dal Grande Ufficiale David Carparelli. Seguiva la Gran Loggia del Paraguay rappresentata dal suo Gran Segretario V. Schreiber. La delegazione della Gran Loggia dello Stato di Israele era abbastanza nutrita e significativa: oltre al Gran Maestro Chaim H. Gehl era presente anche l’ex Gran Maestro Ephraim Fuchs e il Gran Rappresentante Stefan Kwiat. Segui-vano i delegati dell Gran Loggia di Turchia: il Primo Gran Sorvegliante Haluk Sanver e il Grande Elemosiniere Kaya Pasa- kay. Per la Gran Loggia Nazionale francese era intervenuto direttamente il nuovo Gran Segretario Jean-Paul Pilorge. Poi era la volta della Gran Loggia di Norvegia (con un ‘visitatore’ n.d.r.), il venerabile Thoralf Sommerfelt e della Gran Loggia del Camerun con il venerabile Gabriel Ndjeudij. Chiudeva il corteo il venerabile Madhy Bamba per la Gran Loggia del Burkina Faso. Poi, in un tempio gremito, tra le due lunghe schiere dei fratelli «stuart» posti ai lati della passatoia, facevano il loro ingresso Giuliano Di Bernardo e Fabio Venzi accompagnati in corteo da tutti i Grandi Maestri regionali e dai Grandi Ufficiali di Gran Loggia… Fabio Venzi, visibilmente commosso per il consenso tributatogli unanimemente dall’assemblea, con voce rotta dall’emozione iniziava a parlare: «Quindi il giorno fatidico e arrivato…». Poi definiva le linee programmatiche: “Ciò che auspico per la massoneria italiana e perla Gran loggia Regolare d’Italia, che rappresenta sul territorio italiano la tradizione anglosassone, e 6 Dino Arrigo, Nuovi Fratelli, Castelvecchi, Roma, 2013, pagg. 153-156. la conquista di una vera «dignità»: la creazione delle condizioni che facciano sentire i massoni orgogliosi di essere tali… Partendo da una visione iniziatica della Massoneria, il mio intento è far divenire la GLRI con il suo fedele attaccamento ai tradizionali principi massonici, il catalizzatore di tutto un movimento che altrimenti, disperdendosi, continuerebbe ad arrecare un danno all’immagine della Massoneria stessa…”
La prima allocuzione di Fabio Venzi veniva accolta con entusiasmo dai fratelli. Dopo lungo tempo un discorso di un Gran Maestro non si in- centrava più sui fasti del passato o su dichiarazioni espansionistiche. La ricerca era tornata al centro del dibattito massonico. I rappresentanti delle Massonerie estere esprimevano stima e simpatia nei confronti del novello Gran Maestro. Infine, si procedeva alla nomina dei nuovi Grandi Ufficiali di Gran Loggia…Dopo le dichiarazioni di sostegno della Gran Loggia Regolare d’Italia a un programma di intervento sanitario nel Cameroun in collaborazione con l’associazione Medici senza frontiere, che non si sarebbe limitato al solo apporto economico, il nuovo Gran Maestro procedeva a chiudere i lavori e i fratelli confluivano nell’adiacente salone per il pranzo rituale. Si registrava una nuova euforia.
Tutta la stampa dava rilievo alla cerimonia di installazione del nuovo Gran Maestro, ma solo «Freemasonry Today», l’autorevole mensile inglese, sembrava avere fatto attenzione alle novità dottrinali che erano emerse dalla allocuzione di Venzi, pubblicando, a firma del suo direttore Michael Baigent, un lungo e significativo articolo dedicato al contenuto ideale e programmatico del discorso di Fabio Venzi. La Gran Loggia Regolare d’Italia aveva il suo nuovo Gran Maestro… Fabio Venzi iniziava, proprio in quel periodo, i suoi primi contatti con il mondo esterno nella nuova qualità di Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia. Gli inviti arrivavano dalle diverse regioni italiane.
In tempi così turbolenti il novello Gran Maestro ritornava a proporre il modello di Massoneria iniziatica in occasione di un congresso internazionale intitolato ‘Dalla speranza alla pace’ che si svolgeva a Noale, Venezia, al termine del mese di aprile.
Nei giorni 26, 27 e 28 aprile 2002 si confrontavano i rappresentanti di diverse religioni e correnti di pensiero. Partecipavano all’incontro il G.L.R.I Rivista Massonica DE HOMINIS DIGNITATE XIX Pagina | 22 rabbino capo della comunità ebraica di Venezia, i responsabili della Chiesa luterana e della comunità cristiano ortodossa russa, i referenti di centri studi islamici, tibetani, ecumenici, i leader di alcune comunità indios del Centro America e gli esponenti di altri movimenti, bramini e capi spirituali provenienti da più parti del mondo.
Fabio Venzi veniva chiamato nella sua qualità di massimo rappresentante del gruppo massonico italiano e, dinanzi a un pubblico attento, traendo spunto dal pensiero di Giovanni Pico della Mirandola, reinterpretava le allegorie massoniche attribuendo rilievo alla funzione pratica dell’etica e la pace diveniva «condizione necessaria per il perfezionamento progressivo dell’uomo-massone nel suo procedere verso il bene supremo». La relazione, che aveva incuriosito i presenti, diventava oggetto di dibattito7.
Intanto il Gran Maestro Venzi si trovava a dovere affrontare le difficoltà nascenti da un vecchio contenzioso, risalente ai tempi della presidenza del Board di Bruno Castellani, per i lavori che erano stati realizzati nei locali di via Luisa San Felice a Roma e che aveva visto soccombente la Gran Loggia per diverse centinaia di milioni di lire. La ditta incaricata della ristrutturazione sosteneva di avere sottoscritto un regolare contratto di appalto con la Gran Loggia Regolare d’Italia nelle persone di Giuliano Di Bernardo e Bruno Castellani, rispettivamente Gran Maestro e Presidente del Board, e reclamava il pagamento di tutti i lavori svolti che non sarebbero mai stai pagati dalla GLRI. Lavori che, comunque, nella fase terminale erano stati sospesi per effetto dell’intervento dei vigili del Comune di Roma che avevano contestato la mancanza di agibilità dei locali.
A seguito di ciò Bruno Castellani si era dimesso dalla Presidenza del Board, ma Di Benardo non aveva mai informato né il Consiglio né la Gran Loggia della esistenza della causa, così come non aveva mai comunicato ad alcuno che il giudizio era arrivato alla sua conclusione e che si era in attesa della sentenza, che non poteva che essere di condanna per la Gran Loggia.
Di Bernardo non aveva comunicato l’esistenza del giudizio neanche al nuovo Gran Maestro, il quale si era ritrovato tra le mani la notifica della sentenza da parte dell’ufficiale 7 Dino Arrigo, Nuovi Fratelli, Castelvecchi, Roma, 2013,
pagg.167-174.
giudiziario. Venzi, perciò, in seguito all’atto provvisoriamente esecutivo, era costretto a pagar centinaia di milioni alla ditta incaricata dei lavori senza avere la possibilità di verificare la regolarità delle somme dovute e dello stesso contratto di appalto. Inoltre, circostanza ancor più grave, il nuovo Gran Maestro Venzi non avrebbe neanche potuto confrontarsi con il firmatario del contratto, l’ex Gran Maestro Di Bernardo. Infine, verificate le date delle ultime udienze, si scopriva che la causa era stata assunta in decisione poco prima della contestata intervista rilasciata da Di Bernardo.
Quindi, quando questi aveva comunicato che sarebbe uscito dalla massoneria, era a conoscenza che dopo pochi mesi sarebbe stata emessa la sentenza che avrebbe condannato la GLRI al pagamento immediato di centinaia di migliaia di euro. Stante il numero ridotto degli iscritti, Di Bernardo sapeva che il gruppo massonico non avrebbe potuto far fronte al pagamento. I fratelli si indignavano per il comportamento poco corretto dell’ex Gran Maestro. Si arrivava a sostenere che Di Bernardo avrebbe calcolato i tempi della sua fuoriuscita e che, sapendo ormai prossima la pubblicazione della inevitabile sentenza di condanna, aveva ipotizzato la fine della stessa Gran Loggia. Un regalo per il nuovo Gran Maestro. Ma Venzi, nonostante le difficoltà iniziali, era riuscito a superare la ritrosia iniziale degli avversari i quali, in forza della sentenza favorevole dopo tanti anni di contenzioso, intendevano agire esecutivamente contro la stessa Gran Loggia per colpire direttamente il Gran Maestro Di Bernardo che all’epoca dei fatti si era, a detta loro, caparbiamente opposto a qualunque soluzione accomodante.
Anche queste circostanze non erano mai state comunicate dall’ex Gran Maestro. I dubbi sul suo operato aumentavano. Perché Di Bernardo si era opposto a una definizione transattiva della questione? Perché aveva voluto che il giudizio si dilungasse negli anni sino ad arri vare alla definitiva sentenza di condanna? E poi, perché Di Bernardo non aveva parlato con nessuno della questione e non aveva informato la Gran Loggia?
Dopo estenuanti riunioni e aver superato le diffidenze delle controparti accumulate nel Pagina | 23 Rivista Massonica DE HOMINIS DIGNITATE XIX G.L.R.I corso degli anni nei confronti dei rappresentanti della Gran Loggia e di Di Bernardo, Fabio Venzi comunicava di essere riuscito a raggiungere una soluzione transattiva particolarmente conveniente per la Gran Loggia. Il Board plaudiva al risultato ottenuto e lo autorizzava
a sottoscrivere la transazione8.
Nell’aprile 2003 il nostro Decennale dalla Fondazione a Taormina alla presenza del Pro Grand Master della United Grand Lodge of England, Lord Northampton: Il Gran Maestro Fabio Venzi si alzava dal suo scranno e, tra gli applausi dei presenti, consegnava al massimo rappresentante della massoneria inglese la più autorevole onorificenza prevista dalla massoneria italiana: l’insegna dell’Ordine della Stella Fiammeggiante. Era la prima volta che la Gran Loggia Regolare d’Italia conferiva tale onorificenza.
Il Pro Gran Maestro della Gran Loggia Unita d’Inghilterra Lord Northampton si alzava in piedi e nell’antico salone scendeva il silenzio. “Illustrissimo e Venerabilissimo Gran Maestro, distinti ospiti e fratelli tutti. Innanzitutto, ringrazio il Gran Maestro per avermi onorato con l’Ordine della Stella Fiammeggiante. So di parlare a nome di tutti gli ospiti nel congratularmi con voi per il decennale della Gran Loggia Regolare d’Italia e nell’augurarvi ogni successo per il futuro. Sembra quasi impossibile che siano passati dieci anni dalla formazione della GLRI, la scelta del modello massonico inglese e la traduzione del rituale Emulation.
Fu una saggia decisione ed eravamo consapevoli della solidità delle intenzioni; questi presupposti ci hanno permesso di riconoscere la nuova Gran Loggia appena fondata più velocemente di quello che altrimenti sarebbe stato. Da allora i rapporti tra le nostre Grandi Logge si sono rinforzati sempre di più…. Io vi porto i particolari saluti del mio Gran Maestro, Sua Altezza Reale il Duca di Kent. Certamente tutti noi sappiamo che voi non siete la più numerosa massoneria in Italia, ma la Massoneria non dovrebbe mai essere giudicata dall’ampiezza numerica ma piuttosto dalla qualità dei suoi membri. Il futuro della Massoneria dipende dall’entusiasmo, dall’integrità morale, dall’affetto e dal servizio di ogni singolo fratello. La Massoneria descrive sé stessa semplicemente come un sistema che guida un fratello nel suo viaggio alla scoperta del proprio 8 Dino Arrigo, Nuovi Fratelli, Castelvecchi, Roma, 2013, pagg.185-186. «io» in un contesto di affetto fra- terno e fiducia.
Tutto ciò che essa chiede è che i suoi membri pratichino i suoi princìpi e la sua dottrina nella vita quotidiana. Ogni Gran Loggia deve assicurare che i suoi membri mantengano i più alti standards sia nella loro vita profana che in quella massonica. Purtroppo, non sempre è così e il fallimento di pochi a volte danneggia inevitabilmente l’immagine di tutti noi.
Non si può negare che il numero di massoni nel mondo diminuito considerevolmente negli ultimi trenta anni e molte sono le cause. Se non dobbiamo ignorare l’importanza di questo, ci può però confortare il fatto che non siamo soli in questo fenomeno sociale. La Massoneria non è adatta a tutti e mentre noi dobbiamo fare proselitismo verso uomini con piena integrità morale, non dobbiamo seguire la strada di alcune Grandi Logge che conferiscono a migliaia di persone tutti e tre i gradi in un solo giorno. Questo espediente può essere efficace finanziariamente, ma nega all’individuo una reale esperienza iniziatica…Illustrissimo e Venerabilissimo Gran Maestro, è stato un grande piacere star con voi nel vostro decennale. Io ho osservato lo sviluppo della vostra Gran Loggia sin dalla sua forma zione e sono fiero del fatto che ho potuto aiutarvi in qualche modo quando è stata messa la prima pietra.
Mi congratulo personalmente con te per il modo in cui stai guidando la Gran Loggia Regolare d’Italia. Tu hai una visione del futuro e sono convinto che la pazienza e il duro lavoro ti ricompenseranno perché hai nel tuo cuore i più puri interessi verso l’Arte. I problemi arrivano solo quando un Gran Maestro mette i propri interessi prima di quelli della Gran Loggia e questa è una cosa che sono sicuro tu non potresti fare mai. Mi rimane solo, quindi, di ringraziarti per l’onore che oggi mi hai dato e per la grande ospitalità e la calda accoglienza che tu e tutti i fratelli italiani ancora una volta avete dato a tutti gli ospiti. Vi auguriamo pace, amore e armonia per il futuro”9.
In riferimento alla mia Allocuzione del luglio 2004, ‘Disegno per una Libera Muratoria regolare’, e i successivi accadimenti, così Dino Arrigo: Il progetto del Gran Maestro Venzi era ambizioso. Attraverso un’analisi che si sarebbe avvalsa di un triplice distinto approccio, sociologico, filosofico ed esoterico, il sociologo Venzi individuava il nucleo essenziale e imprescindibile della 9 Dino Arrigo, Nuovi Fratelli, Castelvecchi, Roma, 2013,
pagg.193-194.
G.L.R.I Rivista Massonica DE HOMINIS DIGNITATE XIX Pagina | 24 massoneria moderna, contestando le tecniche di comunicazione degli altri gruppi che, per parlare di massoneria e per essere comprensibili a tutti, adottavano un linguaggio troppo semplicistico e antitradizionale, con la pretesa di spiegare seppur succintamente il significato della tradizione muratoria.
Per Venzi, oltre a tali riduzioni, una moderna massoneria dovrebbe anche rinunciare a una pretesa identità preconfezionata frutto di tesi «vecchie quasi duecento anni» e intraprendere lo studio della sua storia e del suo pensiero, evitando fraintendimenti sulle proprie origini e ancor di più sui propri fini. Venzi analizzava il fenomeno massonico con tre approcci diversi: da un punto di vista sociologico indicava il gruppo massonico come fenomeno associativo e la libera muratoria una semplice associazione per distinguerla da altre pretese forme aggregative; da un punto di vista filosofico faceva riferimento alle origini del neoplatonismo fiorentino e al suo proseguimento anglosassone e invitava a non porre sullo stesso piano dottrinale pensatori come Pico della Mirandola e Marsilio Ficino ad altri come Giordano Bruno, proprio in virtù delle loro differenti posizioni rispetto alla tradizione; da un punto di vista esoterico esortava a non fare più indistinti riferimenti a pretese tecniche mistiche o improbabili teorie nel tentativo di rinvenire tracce massoniche nei Rotoli del Mar Morto o nella Leggenda del Santo Graal. L’invito era quello «che in futuro lo studio della libera muratoria, quale fenomeno socio culturale di rilevante importanza, sia informato a criteri di scientificità e dunque di rigore storico, filosofico ed esegetico».
Le conclusioni del Gran Maestro avevano già formato oggetto di una relazione che Venzi era stato chiamato a tenere alla Cornerstone Society presso la Freemasons’ Hall di Londra, la storica sede della massoneria inglese.
Ancora una volta, a distanza di circa otto mesi, Fabio Venzi era ritornato nei secolari saloni londinesi di Great Queen Street per parlare di Massoneria agli inglesi. L’incontro del 26 giugno 2004 era iniziato proprio con la relazione del Gran Maestro italiano introdotta da David Dew, il presidente della Cornerstone Society: The Neoplatonists of Cambridge.
Per Venzi il pensiero libero-muratorio trovava rilevanti corrispondenze nel neoplatonismo di origine italiana che aveva un naturale proseguimento 10 Dino Arrigo, Nuovi Fratelli, Castelvecchi, Roma, 2013, pagg.226-227. in quello che veniva definito neoplatonismo di Cambridge e che non contrastava con le espressioni religiose e in particolare con quella cristiana.
Proprio in questa corrente di pensiero in cui coesisterebbero i concetti platonici con i princìpi della teologia cristiana, i temi della libera muratoria fungerebbero da custodi di una tradizione che, lungi dall’essere abbattuta come paventato da al- tre realtà dottrinali, dovrebbe essere salvata.
Il pensiero del Gran Maestro avrebbe poi trovato sviluppo nelle altre tre importanti conferenze che sarebbe stato chiamato a tenere in Gran Bretagna, e in particolare nel 2008 sempre presso la Cornerstone Society di Londra, nel 2009 a Edimburgo e nel 2010 a Londra invitato dalla storica Loggia Quatuor Coronati di Londra10.
Mi fermo qui, la ricostruzione è avvincente, Dino Arrigo bravissimo. Per chi cerca delle ‘vere’ informazioni sul passato della nostra Gran Loggia e sulle vicende in generale della Massoneria italiana in quei venti anni vi consiglio vivamente di leggere questo studio storico

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SOLSTIZIO D’ESTATE

SOLSTIZIO D’ESTATE
2 giugno 2002 E:. V:
Viviamo un tempo nel quale dominano incertezze, contraddizioni e paradossi.

In questi anni che segnano i primi passi del Terzo Millennio, quotidianamente siamo costretti a fare delle scelte, che ci portano, spesso, ad adattamenti repentini del nostro atteggiamento nei confronti degli «altri», nei confronti della società della quale noi siamo parte integrante ed attiva. Abbiamo ben tracciato il nostro percorso, nella piena consapevolezza di tutti: le ragioni che ci hanno spinto, anni addietro, ad imboccare la nostra strada maestra sono rimaste valide. Le esperienze che abbiamo avuto, quelle nelle quali ci troviamo immersi continuamente, ci hanno dimostrato e ci dimostrano che le nostre «intuizioni» traevano linfa vitale dalle profonde radici della nostra Istituzione. Le «intuizioni» – che tali non possono e non devono considerarsi -hanno avuto riscontro nella realtà, ma dire che tutto ciò che abbiamo fatto è stato o possa essere sufficiente a cambiare gli scenari costruiti da altri, sarebbe velleitario e dannoso.

«Fino quando avrò fiato io griderò “Pace, nel nome di Dio”: queste parole le ha pronunziate il 22 maggio scorso in Azerbaigian Giovanni Paolo II: un richiamo ad una «pace vera, fondata sul rifiuto del fondamentalismo e di ogni forma di imperialismo», quello di Wojtyla, un pontefice stanco e sofferente che non rinuncia alla sua missione in questo mondo. Il giorno prima (il 21 maggio), a 36 ore dal suo arrivo a Mosca, il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, in una intervista ai giornali russi dichiara: «Sono un uomo di pace», sottolineando di essere convinto che il vertice con Vladimir Putin contribuirà a dare la pace al mondo. Ha detto ancora Bush: «Ritengo davvero che abbiamo una possibilità di raggiungere la pace».

Tante cose possono accadere nel corso dei giorni e dei mesi, anche se apparentemente tutto sembra rimanere statico e, sostanzialmente, sembra non mutare. Ciò che è in superficie può facilmente sparire senza che la nostra attenzione venga colpita, così come sparisce ciò che ci rifiutiamo di accettare. Tante cose importanti stanno accadendo, e Noi – a differenza dei più – le vediamo, le registriamo, le analizziamo cercando di comprenderne i meccanismi – palesi e reconditi – che le determinano.

La conoscenza degli avvenimenti e, soprattutto, di ciò che li provoca, ci pone in una condizione particolarmente privilegiata, una sorta di «potere» che dobbiamo sapere ben utilizzare.

Guardiamo con attenzione, pertanto, ai «messaggi» che inviano i rappresentanti-protagonisti di due «culture» che maggiormente e profondamente stanno incidendo nella realtà d’oggi: Papa Wojtyla e George W. Bush.

Le conclusioni che traiamo da questi «messaggi» sono, poi, le linee che sempre hanno guidato l’istituzione massonica.
Se è vero che in Tempio non ci occupiamo né di Religione, né di Politica, sappiamo bene che le Religioni devono essere elemento d’unione e non di disarmonia o, ancora peggio, di conflittualità: siamo convinti, pertanto che ogni religione dovrebbe essere chiamata a promuovere Giustizia e Pace tra i popoli. Siamo convinti che per potere avere un futuro migliore, chi è chiamato a ricoprire ruoli di responsabilità dovrà procedere con Saggezza, nella Legalità e nella salvaguardia delle istituzioni democratiche, senza lesinare sacrifici, custodendo e promuovendo i valori che fondano la vera grandezza di un popolo: onestà morale e intellettuale, difesa della famiglia, rispetto per la vita umana.

Siamo convinti che per raggiungere il traguardo di un vero Rinnovamento occorre conservare e sviluppare il patrimonio di valori spirituali e culturali di cui un Paese va fiero. Bisogna lavorare per un domani che sia migliore per tutti.
Siamo convinti che occorre divenire protagonisti della storia del domani. Oggi denaro, sesso, potere sono i totem affascinanti della società del benessere: per determinare il domani, dobbiamo partire dalla nostra vita interiore, evitando di essere distratti dagli idoli. La storia si può scrivere solo nel nome della concordia.

Dicevamo che «Viviamo un tempo nel quale dominano incertezze, contraddizioni e paradossi».

Ebbene, se noi crediamo fortemente nel valore della pace, altrettanto fortemente siamo convinti che questa pace alla quale aspiriamo, e che oggi non c’è, se non in limitate zone del globo, questa pace deve essere difesa. Quanto è accaduto recentemente vicino a noi, quanto accade non lontano da noi, i conflitti minacciano quotidianamente la pace. Il nostro Paese, l’Italia, la nostra Terra, la Sicilia, possono sprofondare nel buio solo che la follia o gli interessi economici, o la politica militare, o il mantenimento di equilibri fin troppo instabili, mutino il loro indirizzo. La Gran Loggia di Sicilia – il primo pilastro della costruzione della Gran Loggia del Mediterraneo si è prefissa il «Bene Comune» non solo fra i massoni, ma anche e soprattutto nel mondo profano, affinché l’Umanità trovi quella «armonia» complessiva che le viene negata da più parti. Stiamo vedendo che, fortunatamente, c’è chi si muove per raggiungere gli obiettivi di pace. Sono grandi i pericoli per i Paesi che difendono la libertà. E se è vero che la Sicilia è un’isola, è altrettanto vero che questa isola è Italia, e l’Italia solo con la Sicilia, può costruire il domani. Il nuovo domani si gioca principalmente in Sicilia, nell’area del Mediterraneo: per la Sicilia, e per Noi, con ciò che rappresentiamo, una grande occasione, una grande opportunità che non possono andare disperse.

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LA SACRA ARTE DELL’ALCHIMIA

LA SACRA ARTE DELL’ALCHIMIA –
Paolo Galiano (Edizioni Simmetria)

Nella sua impresa di rivalutazione della figura di Frate Elia, Generale dell’Ordine Francescano ed uno dei primi alchimisti occidentali, Galiano con questo terzo lavoro, dopo la traduzione dello Speculum alchemiae nella sua forma abbreviata da un manoscritto del XVI sec. e del Pretiosum donum Dei nella redazione del XV sec., offre la traduzione dello Speculum alchimiae in forma integrale trascritto da un codice del XV sec. della Biblioteca Nazionale di Firenze, un’opera cospicua che si potrebbe per diversi motivi attribuire a Frate Elia ed invece quasi sconosciuta ai lettori interessati come agli specialisti di storia dell’Alchimia, i quali quasi ignorano questo autore e che solo negli ultimi anni, grazie soprattutto a studiosi italiani come Partini, Capitanucci, Pereira e Rossetti, ha cominciato ad essere conosciuto.

Questo testo, ampiamente citato in manoscritti ben più noti come il Pretiosum donum Dei e i Rosarium philosophorum, ha la peculiarità di essere un’opera di Alchimia “teorica” più che “tecnica”: pochissime le cosiddette ricette presenti nel testo, nel quale sono esposti i sette gradi dell’Opera alchemica con la precisazione dei tempi, dal Solstizio d’Inverno al Solstizio d’Estate, in cui attuare le operazioni che devono essere eseguite da chi vuole giungere all’Oro alchemico, non oro materiale, come spesso specifica l’autore dello Speculum, ma Oro trascendente, fusione del corpo, dell’anima e dello spirito in una sola entità in cui il corporeo è spiritualizzato e lo spirito è corporeificato nella realizzazione del “corpo di gloria” o Androgine perfetto.

Paolo Galiano –

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APPUNTI PER UNA TEORIA ED ETICA DELLA CONOSCENZA MASSONICA

APPUNTI PER UNA
TEORIA ED ETICA DELLA CONOSCENZA MASSONICA
di
Giuseppe Schiavone
La conoscenza, il suo senso
La conoscenza, unitamente alla conazione e all’affezione , è uno dei tre aspetti o funzioni fondamentali della vita dell’uomo. La conoscenza intellettiva — raccogliendo ed elaborando i dati provenienti dall’attività materiale dei sensi — consiste nell’appercezione di essi, nella loro complessa catalogazione e rielaborazione mentale; quindi nella loro trasformazione in concetti e nel definitivo
Il possesso cosciente dei concetti medesimi; infine nell’archiviazione mnemonica degli stessi, per essere poi utilizzati al momento del bisogno. Pertanto, il concetto coscientemente posseduto dalla mente può dirsi essere il verbum mentis : la formazione specifica di un’idea nel corso del processo conoscitivo dell’uomo.
La conoscenza è la facoltà attraverso la quale la realtà esterna al soggetto viene assimilata o, meglio, ri-assimilata e ricreata in simboli mentali (le idee), quindi posseduta dal soggetto medesimo, costituendo un patrimonio interiore disponibile per ogni utilizzo, sempre, perennemente (anche nell’arco di tutte le vite possibili). Quanto più ampio è siffatto patrimonio, tanto più ampia è la possibilità del soggetto di dare risposte adeguate ai problemi che l’esperienza quotidiana gli pone.
Individuiamo, quindi, innanzi tutto, nel processo conoscitivo:
1) un’attività di apprensione, dall’esterno all’interno, attraverso l’utilizzo dei sensi e della mente (e di tutti gli strumenti che cultura e scienza mettono a disposizione);
2) ed un’attività evocatoria, dall’interno all’esterno, che attinge all’intimo patrimonio di conoscenze personali accumulato nel corso del tempo.
L’esperienza umana non si disperde (come invece accade negli animali), proprio perché, secondo quanto s’è già detto, è rielaborata e conservata per mezzo del processo d’apprendimento e d’acculturamento, costituendo così una memoria storica che non si disperde mai, radicandosi organicamente nell’essere d’uomo. In tal modo si struttura una memoria profonda (al di là di quella riguardante il passato prossimo, al di là della mneme: la semplice ricordanza) che si colloca permanentemente alla radice della vita. Dagli antichi greci fu personificata in Mnemòsine: la Memoria dei tempi che furono e delle opere degli Dei e degli uomini, colei che è il principio del ricordo, che contiene e custodisce l’intero passato; dalla quale, per impulso di Zeus, che giacque con lei per nove notti, sono nate le Muse ispiratrici di tutte le arti. Per cui, la radice della memoria ci porta alla radice dell’umanità (e viceversa) e dell’intenzionalità originaria. La memoria primigenia, così, si pone come archetipo e come fondazione storica della razionalità e del processo conoscitivo, dal quale è comunque alimentata e sollecitata, interagendo in un rapporto dialettico.
Globalmente, tale processo evolve continuamente e stimola, com’è evidente, la crescita storicoculturale dell’uomo, cioè la sua trasformazione (o trasmutazione) attraverso l’ampliamento progressivo dei suoi poteri conoscitivi e, quindi, operativi. Per il tramite del processo conoscitivo la ragione tappropria “idealmente” della cosa conosciuta, delle sue qualità e dei suoi poteri. Sussumendo intellettivamente la cosa, acquisisce (se non totalmente, almeno in parte) la capacità di riprodurla, di ricrearla. L’idea della cosa complessivamente conosciuta si fissa in mente hominis; e così la mente può, con un atto di volontà produttiva (poiesis) dispiegato nella prassi (praxis), attuarla in concreto, riprovocarla.
La ragione, nell’atto conoscitivo, non è mera ricezione passiva dell’oggetto che sta conoscendo; essa esplica un comprendere, cioè un afferrare e penetrare intelligendo. Conosce e capisce, da cui la scienza e la coscienza.
Le proprietà della cosa, acquisite conoscitivamente, diventano proprietà della mente, perciò del soggetto conoscente. Il conosciuto arricchisce il conoscente, gli conferisce poteri. Quando ciò non avviene è perché la cosa non è ancora adeguatamente conosciuta, in quanto qualcosa ancora si nasconde al conoscente, poiché evidentemente permane un deficit di conoscenza che dev’essere colmato. In ogni caso la mente è capace di contenere l’archetipo della res (della cosa).
In linguaggio iniziatico, potremmo dire che il soggetto (cioè l’adepto) è in grado di possedere l’Arte o Scienza reale (cioè l’Arte o Scienza della cosa). La mente assume in sé, attraverso la conoscenza, le proprietà dell’oggetto conosciuto, ampliandosi progressivamente. La mens è l’ente-ragione-uomo: è la potenzialità divina nell’uomo, l’espressione della sua intrinseca spiritualità. Nel processo totalmente dispiegato è la Ragione-Dio. E la ragione totalmente dispiegata (o anche sino al livello storico in cui è dispiegata) non è più solo ricerca e conoscenza, ma è conoscenza e potere, potere ri-creativo.
Emerge qui, dunque, il concetto della mente come facoltà umana che riflette più d’ogni altra la «somiglianza» divina indicata in Genesi (1, 26-27; 5, 1)5 . Per cui, sulla base di queste premesse, l’uomo — come insegna il metodo iniziatico — sviluppando il processo conoscitivo, integrato da una contestuale rigorosa purificazione fisica ed etica, può pervenire alla divinità, può diventare come Cristo, procedendo per gradi, esperienza dopo esperienza, stato di coscienza dopo stato di coscienza, vita dopo vita, sino alla “perfezione”; che certamente non si conquista in modo “improvviso”, ma in un lungo divenire, in cui si sperimenta la perfettibilità umana.
Secondo il principio metodologico della conoscenza libero-muratoria, non basta l’intelligenza per comprendere concettualmente, ma occorre in modo previo un livello coscienziale (cioè morale) adeguato. E necessaria, propedeuticamente, una maturazione etico-spirituale che consenta lo sviluppo della capacità cognitiva. Il Verbum, o Logos, si disvela per gradi ai buoni. E così progressivamente s’ incarna, diventa storia, parola universale, messaggio che s’ annunzia (che può annunziarsi) a tutti gli uomini. Diventa conoscenza e coscienza, quindi cultura e norma etica.
Il nascondimento della Ragione nella natura inconscia è il mysterium magnum (per usare l’espressione di Bôhme) che dev’essere svelato dall’uomo medesimo; cioè da quell’essere che ha in sé la capacità di riscattare la materia portandola allo stato di coscienza .
La conoscenza, quindi, passando attraverso l’intellezione dei fenomeni di natura (con l’ausilio della ragione scientifica e dell’illuminazione intuitiva), costituisce un’esperienza di compenetrazione, parziale ma progressiva, nella divinità, che avvolge e pervade intimamente tutte le forme dell’esistente, visibile ed invisibile, come in basso così in alto. Pertanto, è nel contempo indagine scientifico-sperimentale, indagine teologica e indagine iniziatico-misterosofica. In questa prospettiva l’esperienza globale (estesa anche alle forme di vita precedenti del soggetto), razionalmente e coscientemente vissuta, è la conoscenza autentica del vero secondo il grado di maturità etica e cognitiva raggiunto dalla creatura.
La scienza dell’evoluzione umana (che passa, come già detto, attraverso lo sviluppo della conoscenza e della coscienza) conferisce all’uomo la chiave della propria essenza e l’arché del mondo, sino alla comprensione di Dio, il Grande Architetto dell’Universo, la Ragione di tutto. Perciò, essendo Egli in modo così pieno in ognuno, ogni singolo lo può conoscere per “via interiore” e per “via esterna”, combinando insieme le due vie e assumendo l’una come prova dell’altra, e viceversa. La via interiore consiste nell’analisi del proprio io profondo, esplorandone le radici, sino alla Luce ch’è alla base dell’essere; mentre la via esterna, partendo dal presupposto che il G.A.D.U. — come s’è visto — è pure in tutte le cose di natura, oltre che nell’uomo, consiste nella possibilità di conoscerlo anche indagando “sulle” e “nelle” cose stesse, con metodo scientifico-sperimentale.
In questa complementarità, il termine unificante, il G.A.D.U., dalla Massoneria è significativamente pensato come Ragione di tutto l’universo: Ragione immanente e, nel contempo, trascendente. Ed essa, proprio perché Ragione, è decodificabile dalla scienza, come strumento per penetrare nella sua intima luce. E attingibile, perciò, attraverso il suo analogo, la ragione dell’uomo. Inoltre, può essere sviluppata da parte dell’iniziato (ma anche da parte d’ogni individuo) in un processo di progressiva attuazione della propria genetica «somiglianza» a Dio . Un processo non simbolico, non virtuale, ma che realmente trasforma il corpo e lo spirito del singolo, rendendo possibile ad ognuno di nascere due volte, ovvero di ri-nascere, cioè di trasformarsi radicalmente come Cristo e d’essere pienamente figlio di Dio .

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