Commemorazione dei defunti…riflessione di un Libero Muratore
“ Vale la pena vivere”/ La “Luce Massonica” /“La ricerca della bellezza”
M.V.Fr. Cl. S.
Loggia G. Garibaldi n° 1436- Or.te di Follonica
Sono diventato un Maestro per sopportare gioie e dolori…
- Keller
La commemorazione dei defunti mi stimola a riflettere non tanto sulla morte quanto sulla vita, sul vivere,sull’esser-ci e mi chiedo, nonostante la problematicità dell’esistenza, “Vale la pena vivere? Per cosa vale la pena vivere? Qual’è il significato dell’esistenza?
D’altronde, come diceva Gustave Flaubert, l’unica cosa che conta nella vita è l’”immaginazione”…(espesso- dico io- è anche l’unica cosa che ci salva) grazie alla mia immaginazione, adesso,“rovescio” la situazione einvece di parlare della morte, parlo della vita…anzi immagino un defunto che ricordandosisolodi avere vissuto e niente altro… vuol sapere da morto, che cosa significa vivere.
Mi viene a mente, a questo proposito, una frase latina:
“ Et in Arcadia Ego”
scritta su importanti dipinti del seicento, come in quello del pittore francese Nicolas Poussin “I pastori in Arcadia “ (Louvre 1629) o in un dipinto del Guercino (1618): dove in mezzo ad un paesaggio gioioso, solare, rigoglioso c’è un teschio, in primo piano, che sembra ammonire agli osservatori “ero ció che sei, sarai ció che sono”…” ricordati per cosa vale davvero la pena vivere, non sprecare il tuo tempo terreno che é limitato, vivi intensamente quanto puoi”. Ci riporta anche alle uniche parole che si potevano scambiare i Certosini incontrandosi “memento mori”. La frase, sicuramenteesprime il senso della caducità umanadifronte alla morte…ma se ci riflettiamoancora dietro questa prima lettura alla “Carpe diem”, essa nasconde un “Inno alla vita”…un “inno alla ricerca e al ricordo del bello”; perché dice colui che era morto (teschio):“Anch’ ioero in Arcadia”…cioè sono stato vivo e ho vissuto in Arcadia… cioè si ricordava di avere vissuto in luoghi terreni stupendi e di essere stato felice. L’Arcadia era una regione della Grecia e nella mitologia era descritta come Paradisiaca, uomini e natura vivevano in perfetta armonia, perché era rigogliosa ed il clima sempre primaverile.
Così, come nel “Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie”che fa parte delle Operette morali, scritte nel 1824 da Giacomo Leopardi, quando aveva 26 anni. (Giacomo Leopardi morì all’età di 39 anni: Recanati, 29 giugno 1798 – Napoli, 14 giugno 1837). Anche qui,ironicamente, sono i morti che interrogano e chiedono all’anatomista Ruysch che cosa è la vita. I morti leopardiani non rimpiangono il mondo terreno, non hanno nessuna nostalgia del vivere…sono sicuri che non potranno mai più ritornare in vita…e per questo l’hanno cancellata dai loro ricordi…non si ricordano più che cosa sia la vita… che cosa hanno vissuto…che cosa hanno sofferto.
“ Che fummo? Che fu quel punto acerbo che di vita ebbe nome?
Cosa arcana e stupenda oggi è la vita al pensiero nostro…”
La vita terrena resta a loro ignota, come la morte è ignota ai vivi. Essi non riescono neppure a nominarla con chiarezza ma si ricordano invece che è una cosa “arcana” e “stupenda”. E’ qualcosa che desta meraviglia, stupore.
Allora… la “vita” – come dichiaravano i morti nei dipintidel seicento e quelli del Leopardi-pur essendo“arcana”,cioè impossibile da conoscere… misteriosa, al tempo stessoè “stupenda”….ed è per questo che“vale la pena di vivere”?
A questo punto la riflessione e la correlazione con il Nostro Ordine Iniziatico è spontanea ed allora mi chiedo:
- Perché noi siamo voluti entrare a far parte della Libera Muratoria?
- Quali sono state le motivazioni che ci hanno spinto a questa scelta?
La risposta a queste domande è semplice …
E’per cercare, tramite la Massoneria, gli aspetti più belli dell’esistenza umana…per cercare di imparare a vivere e a morire…questo è ciò che caratterizza un“Uomo Saggio”.Secondo me, “La Massoneria,ci aiuta a mettere a fuoco la vita“ …anche se,mai riusciremmo a essere soddisfatti…perché –“L’intimo dell’uomoed il suo cuore è un abisso ”(Salmo 64,63)e per questo niente potrà mai riempire il cuore umano(C. Spinelli).
E’ per questo motivo che noi desideriamo e chiediamo, al momento della nostra iniziazione, un’unica cosa… la “Luce”
La Luce che ricerchiamo… è una luce immateriale, simbolica che stimola lanostra mente verso una riflessione continua, instancabile, profonda sul nostro vivere e sul nostro morire.La Massoneria, pertanto, è il nocchiere della nostra anima (C. Spinelli).
La “Luce” nel testo biblicoè simbolo della vita…della felicità…della gioia. Al contrario le “tenebre” sono il simbolo della morte, della sventura e delle lacrime .
La “Luce”, nella libera Muratoria – secondo me-è simbolo della “Ricerca della Bellezza”…la “Luce”è ciò che muove la nostra volontà…e ricercare la bellezza vuol dire ricercare gli aspetti più belli della vita, ricercare la felicità…la gioia del viveree…ricercare la bellezza, vuol dire,anche ricercare l’“Infinito”…l’“Assoluto” dentro di noi…ricercare “Dio”(C. Spinelli).
La frase latina (Autore anonimo) “Lux inensagitnobis“ esprime perfettamente il suddetto concetto, cioè: la “Luce che entra/penetra dentro di noi ci attiva”…cioè, istantaneamente,ci agita, ci stimola, ci sveglia, ci scuote.
Cos’ è questa Luce? Io immagino che Luce di cui stiamo parlando, sia come la“Luce Primordiale”(biblica) che racchiude in sé una “potenza infinita”…una “forza travolgente”…quando tutto era ancora Unità…prima del tempo della Dualità…prima che il tutto avesse inizio …è la “Luce Una”creata da Dio, e successivamente da Lui scissa in due …in notte e in giorno.Che colore haquesta “Luce Primordiale”? La vedo“candida” come la luce della luna piena…a mezzanotte”. E’ una luce così intensa e penetrante da far risplendere anche il marmo…lo rende vivo, lo anima.Mi viene alla mente, a questo proposito, una scultura di Michelangelo Buonarroti (1531):la “Notte”, che situata nelle Cappelle Medicee a Firenze. Essa è una decora nella sua sinistra la tomba del fratello del Papa Leone X (Giuliano dei Medici); mentre a destra c’è la statua dell’allegoria del “Giorno”, che si presenta, al contrario, con una superficie opaca, perché apparentemente e volutamente“non finita”.Ebbene, questa statua oltre ad essere di una bellezza assoluta -tale da poter provocare nell’osservatore la sindrome di Stendhal, infatti, si dice che Carlo Strozzi gli gridò di svegliarsi e di alzarsi-è di uno splendore innaturale…ipnotico…magico. Ecco…mi piace pensare che essapossa nascondere sulla sua liscia e brillante superficie, pur in minima parte,il ricordo di quella “Luce Primordiale o Luce Prima o Luce Una”.
La riflessione sulla vita/sul vivere/sull’esserci si affronta con maggiore pathos in modo profondonel “periodo giovanile”, quando della vita non ne sappiamo molto, enel periodo della “tarda maturità”, quando l’esperienza ci ha permesso di conoscerla meglio…e cominciamo a renderci conto che essa si allontana progressivamente da noi e prendiamo coscienza che sarà lei a lasciarci. Nel periodo della “piena maturità” abbiamo meno tempo per riflettere, siamo impegnati in mille affanni, la vita nella sua globalità ci appare quasi estranea, s’inseguono,senza paura, ideali/sogni/progettipiù teorici che pratici.Come ha scritto un giovane filosofo Carlo Michelstaedter, che ha affrontato nel suo unico libro il tema della vita(L’aerostato della filosofia. Ed. Castelvecchi 2015): il mondo sociale è stato escogitato per tenerci impegnati nell’amministrazione della vita e per farci dimenticare il senso dell’esistenza stessa.
Credo che la riflessione sul significato dell’esistenza,sia influenzata indirettamente dall’idea, incontrovertibile, che la nostra vita è soggetta alla misteriosa legge del“destino”o dei suoi sinonimi: il “caso”, la “fortuna”, il “fato”, la “sorte”, la “provvidenza”, cioè a una serie di avvenimenti inevitabili, che travalica la nostra volontà. L’”Imprevisto”,come la definisce Eugenio Montale,nella sua stupenda poesia “Prima del Viaggio”. In una vita terrena“finita”, rinchiusa in uno spazio e in un tempo limitato… il destinodetermina non solo gli accadimenti che caratterizzano la nostra esistenza ma anche il momento e le circostanze della nostramorte.
Io credo che la figura dell’”Uomo Saggio”, secondo la visione Massonica,incarni proprio colui che: – Ama la vita al di sopra di ogni cosa…nonostante il tormento insito nel vivere stesso… – Ama il suo destino… riuscendo a sopportare con forza e dignità la sua imprevedibilità…- Crede che “ vale la pena vivere” (C.Spinelli).
Il Saggio, inoltre, deve avere uno“spirito indipendente” e “amare la libertà”.(“Uomo Libero”). Socrate, addirittura, si sdegnava, di essere soggetto alla “forza di gravità”. Perché pensava che essa gli impedisse di volare…di sollevarsi fino al sole. Essere indipendente dalla forza gravità vuol dire, non avere peso, essere leggeri, salire. Al contrariole cose terrene sono pesanti, e per questo esse sono in basso. Tutte le cose che vediamo dall’alto,paradossalmente,sono più chiareed anche più vicine. Il peso appartiene al corpo mentre alla leggerezzaappartienel’incorporeo, e se al corpo appartiene l’estensione, la forma, il colore, tutto ciò in cui gli uomini in terra sono implicati…alla leggerezza appartiene l’inesteso, l’informe, l’incolore, lo spirituale.
Ghirlanda- Massa Marittima, 13 Marzo 2015