IL SUFISMO ED I DERVISCI RUOTANTI
Il mio cuore è divenuto capace di accogliere ogni forma
è un pascolo per le gazzelle,
un convento per i monaci cristiani
è un tempio per gli idoli,
è la Ka’ba del pellegrino
è le tavole della Torah,
è il libro del Sacro Corano.
Io seguo la Religione dell’amore,
quale mai sia la strada
che prende la sua carovana:
questo è mio credo e mia fede.
(Ibn l-‘Arabi dal: “Tarjumân Al-Ashwâq”)
“La vera religione è quella del cuore. Lo stolto adora alla moschea ed ignora il vero tempio che ha nel cuore” (Massima sufi).
NOTE SULLA FILOSOFIA SUFI
(da “Itinerari esoterici” di Luigi Troisi. Bastogi Editore)
L’ anima, prima di iniziare il suo ciclo di incarnazioni, esisteva già in Dio ed è quindi immortale e preesistente. I Sufi credono che l’ anima conservi il ricordo del proprio precedente stato di beatitudine; l ‘istinto naturale che ci fa apprezzare la bellezza, dipende dal debole ricordo della bellezza rimastoci da quell’ esistere nello spirito dell’Uno. L’universo è rappresentato come una grande scena fantastica in cui gli attori compaiono e scompaiono recitando ognuno la propria parte. Lo spirito dell’uomo è emanato da Dio; il suo corpo è un involucro temporaneo, creato per questo fenomenico mondo; fa parte della scena e non ha nessun valore.
Il destino, il fato, dipendono dal Divino Sceneggiatore: il volere divino non può mai essere ignorato, ma lo spirito rimpiange continuamente e desidera riunirsi a Dio. Insomma, il Sufismo può essere sinteticamente definito come una filosofia dell’unità, una religione dell’amore di Dio, un amore nella sua forma più alta. E questo si coglie bene nella poesia istintiva, dolce, connaturata nell’animo dei popoli orientali, che si rivela poi con focose parole di affetto per la divinità. Si usano a volte le espressioni più stravaganti per indicare i rapporti con il divino. Amato, caro, amante, mio adorato, luce della mia anima, splendido, tesoro: questi e molti altri sono gli appellativi che un Sufi dà al suo signore.
Alcuni viaggiatori occidentali, recatisi in India, hanno avuto modo di trovare la traduzione di certe preghiere religiose e di certi omaggi alla divinità. Nell’ ascoltare il frasario amoroso usato, c’è da rimanere scandalizzati: i termini sono gli stessi che generalmente un uomo ed una donna innamorati si rivolgono continuamente. Dio, per un orientale non è soltanto un padre, ma anche una madre, un fratello una sorella, un figlio, un amico, una moglie, un marito innamorato, un amante. Dio non è distaccato e lontano ma risponde con amore ad ogni richiesta. Inoltre per l’ orientale ogni atto d’ amore, se puro, sincero, totale ha il suo modello trascendente in Dio. Non vi sono esitazioni: il signore dona amore a chiunque glielo offre e glielo chieda.
(da Hiram n° 1 anno 1990)
Uno studio sistematico e per quanto sia possibile “scientifico” sul sufismo è oggi quanto mai difficile. Se da un Iato si resta profondamente colpiti dal fascino degli scritti dei maestri sufi, non è facile per altri versi dare una veste unitaria ad un movimento di pensiero che si estende per parecchi secoli e si radica in culture e ambienti diversi
E’ difficile anche penetrare nei suoi misteri ed esistono difficoltà dovute alla nostra scarsa capacità di uomini moderni di distinguere in una struttura filosofica la forma esteriore da ciò che costituisce l’elemento essenziale. Per la mentalità orientale le verità filosofiche sono generalmente esoteriche ed espresse in forma velata, sì che possono essere penetrate soltanto da quei pochi che, dotati di particolare intuizione spirituale, sono in grado di accedere ad un patrimonio tradizionale, considerato sacro e riservato ad eletti che, legati tra loro da affinità spirituali, si inseriscono nel solco vivente della tradizione esoterica. Chi studia l’esoterismo cristiano e poi quello ìslamico, quello ebraico, il taoismo ecc. ha come la sensazione di accedere in una zona dello spirito in cui si parla una lingua universale. Questo perché, al di là dei vari sentieri religiosi o di sviluppo spirituale, esiste una unità essenziale di tutte le dottrine o vie tradizionali. La diversità dei contenuti delle “leggi sacre” e quindi delle religioni, esprime la ricchezza e l’originalità di ogni forma religiosa che si adegua alla cultura e alla mentalità di popoli diversi, rivelando tuttavia a chi sa leggere nel profondo, l’unicità di un principio comune, mozzo di una immensa ruota che unisce i raggi e fissandone allo stesso tempo le divergenti direzioni. Le scienze esoteriche studiano le verità contenute in questo principio comune ed unificatore. L ‘insufficienza di ogni credenza religiosa ci spinge a ricercare oltre il velo dove, al di là del divenire, si trova l’Essere con i suoi caratteri essenziali di universalità.
Il Sufismo è la via segreta che ha illuminato la civiltà islamica fin dai suoi albori, irradiandosi fino alle epoche più recenti, dopo aver posto fermenti vitali nelle società iniziatiche, che numerose sorgevano in Occidente nell’età medioevale. Molte intuizioni di grandi maestri sufi, quali AI-Ghazali, Ja’al AI-Rumi, Ibn Arabi, Avicenna ed Averroè, per citare i più famosi, fanno ormai parte del nostro patrimonio culturale e filosofico e ci richiamano momenti storici in cui, attraverso i centri islamici di Sicilia e Spagna esisteva, al di là dei due mondi contrapposti (il cristiano e l’islamico) una vera e piopria circolarità della cultura fra Oriente ed Occidente. È dunque lecito pensare che la rinascita della cultura italiana ed europea dopo I’XI secolo si debba in gran parte proprio alla circostanza che maestri iniziati come Francesco d’Assisi, Dante, Bacone ed altri abbiano potuto attingere al patrimonio esoterico islamico, conservato e trasmesso dai maestri sufi. Il termine “sufismo” deriverebbe dall’arabo At-tacawwuf, che significa “vestirsi di lana”, dato che molti sufi indossavano vestiti di lana. Ma si è molto incerti sul significato del vocabolo, che sembra celare un significato più profondo. René Guenon, interpretandolo secondo il simbolismo numerale e cabbalistico, ritiene significhi “saggezza divina”. AI-Biruni ricollega sufi (plurale di sufiya) al greco sofia.
Nello studio del sufismo non ci dobbiamo stupire di incertezze e contraddizioni, perché esso non è un movimento sistematico e lineare, quanto piuttosto un insieme di correnti e vie diverse. Ogni grande maestro creava la sua scuola, con insegnamenti spesso divergenti da quelli di altri maestri. Ciò non ci deve sorprendere, anche perché uno dei principi comuni e, possiamo dire, unificante delle dottrine sufi è proprio la lotta ad ogni forma di dogmatismo. Nello stesso tempo in cui i sufi inculcavano nelle menti dei loro allievi la libertà di pensiero, essi rifuggivano da verità dogmatiche e preconcette. Nella natura del Sufismo è essenziale la ricerca della verità, di cui ciascun discepolo è responsabile di fronte a se stesso ed al suo maestro.
Non può esistere conoscenza senza liberazione. Taluni sufi, ad esempio, amavano manifestare alcune loro idee che, pur non essendo del tutto contrarie ai costumi o alla mentalità del tempo, se ne staccavano però in forma manifesta, spesso anche polemica.
L ‘iniziazione sufica comporta quasi un patto tra aspirante e maestro spirituale: questi, nello stesso tempo che assicura al discepolo lo sviluppo spirituale, lo libera gradualmente da ogni legame con tutto ciò che è relativo e convenzionale, conducendolo negli stadi finali del cammino iniziatico, verso la contemplazione delle Essenze e quindi all’Uno.
Sono diverse le vie di iniziazione nel sufismo; esse corrispondono a diverse vocazioni, anche se tutte si rivolgono a questo medesimo scopo. Uno dei cardini del pensiero sufico è però l’unità essenziale, in cui si perde o si estingue ogni diversità.
Altro concetto comune nel sufismo è considerare la Realtà Suprema come oggetto illimitato di desiderio. Realtà che tuttavia riconduce sempre e comunque alla conoscenza di noi stessi. E qui si nota una grande differenza fra la psicologia profana e quella sufica: per la prima il solo legame tra macrocosmo e mondo dell’anima è dato dalle impressioni, che ad essa giungono attraverso i sensi; per la seconda, invece, esiste una stretta analogia tra macrocosmo e microcosmo umano. Secondo questa concezione si stabilisce un legame tra ogni entità dell’Universo. Nulla si oppone realmente a qualcos’altro, tutto vive in un insieme armonico, vivificato da energie diverse e particolari insieme. Ogni forma vivente che si oppone o si distacca dalle altre crea un certo squilibrio nel cosmo, dove tutto è sempre precario e soggetto ad una perenne anche se lentissima evoluzione. Notiamo a proposito quanto è di conseguenza diversissimo il modo di concepire la scienza fra la nostra mentalità occidentale e quella orientale: nella nostra si tende a conoscere la natura per poterla modificare a nostro vantaggio e profitto incuranti spesso delle conseguenze negative e distruttive sull’habitat come drammaticamente oggi è sotto gli occhi di tutti; per i maetri sufi scienza è prevalentemente teoria, contemplazione: si tende a conoscere la natura con l’intento di creare maggiore armonia fra uomo e ambiente. Tutto si considera vivente, lo spirito stesso della natura è la vita stessa di tutti gli esseri. In questo contesto i sufi collocano le scienze astrologiche, considerate importanti per lo studio dei legami cosmici fra tutte le energie dell’Universo. Importante è anche la dottrina del’”Uomo universale”. Se, da un lato, i diversi esseri percepiscono l’universo in diverso modo, secondo le loro particolari prospettive, dall’altro l’uomo, fra tutti gli esseri di questo mondo, è il solo la cui visione intellettuale comprende il tutto, laddove alle altre creature è possibile soltanto una visione parziale della realtà. L’uomo è un microcosmo rispetto all’universo, tuttavia uomo e universo sono due specchi che si riflettono vicendevolmente. Se da un lato l’uomo esiste soltanto in relazione con il macrocosmo, di cui fa parte e da cui è determinato, dall’altro egli è in grado di conoscere l’universo, in quanto nella sua essenza intellettuale sono contenute tutte le infinite possibilità cosmiche. È notevole ancora l’idea, secondo la quale all’uomo si contrappongono, nel nostro mondo, microcosmi non umani che per un verso sono inferiori a lui, dall’altro sono invece superiori perché partecipano maggiormente della perfezione macrocosmica. Nel senso che, osservano i maestri sufi, i minerali, i vegetali ed anche gli stessi animali vivono una certa condizione di perfezione “statica”, non potendo decadere o elevarsi come invece è possibile all’uomo, in virtù del libero arbitrio. L’uomo è infatti libero, anche di gettarsi in un abisso, ma non appena egli agisce in un senso o nell’altro, la sua libertà diviene illusoria, perché finisce per essere schiavo delle sue stesse scelte e vittima di una struttura rigida, dalla quale dovrà liberarsi se vorrà realizzare la sua vita spirituale.
Esiste però la possibilità di trasformare la natura umana, in modo che possa raggiungere dimensioni sempre più elevate. Ciò è possibile con le tecniche dell’alchimia spirituale, la quale fa sì che l’anima si trasformi da caotica ed opaca in limpida e cristallina. L ‘anima, di per sé dura e rigida, deve prima liquefarsi, poi coagularsi ancora, per liberarsi delle sue impurità, quindi fondersi e infine cristallizzarsi. La forza espansiva dell’anima è la gioia e l’amore, che agiscono al pari di una fonte viva di calore ed energia, mentre il timore equivale al freddo, la forza opposta che tutto contrae. L’equilibrio dell’anima consiste in un alternarsi continuo di espansione e contrazione: è questo il respiro dell’anima. Da notare che i maestri sufi svilupparono interessantissime tecniche di terapia, basate appunto sulla respirazione ritmica, seguita dalla meditazione.
Avicenna, che divenne famoso anche in Occidente, elaborò un’opera, il Cànone, che fu definita la Bibbia medica, strumento di basilare importanza scientifica durante il medioevo. Raimondo Lullo e Ruggero Bacone porranno ai vertici della conoscenza l’alchimia, i cui concetti sono stati trasmessi agli iniziati segretamente, lungo un’interrotta catena che giunge fino al nostro tempo. Carl Gustav Jung, nella sua opera Psicologia e alchimia, considera la trasmutazIone della natura umana secondo principi alchemici come essenziale per la realizzazione del Sé. Nella storia del sufismo gli ordini sufi sono stati centinaia in tutto il mondo musulmano. In Iran ed in India, hanno avuto un ruolo politico e sociale di grande rilievo.
All’interno di un ordine esoterico riconosciuto, la iniziazione sufica segue un preciso cerimoniale. Nel corso di un rito solenne il maestro comunica all’iniziato la formula personale e le parole segrete, cui segue il giuramento dell’adepto e la sua vestizione con il mantello e la fascia di lavoro. L ‘iniziando beve prima in una coppa di acqua salata, poi in un’altra contenente acqua zuccherata. Il contenuto dei lavori è mantenuto segreto. Scopo finale della iniziazione è la conoscenza di se stessi, nel superamento degli inganni e dei pregiudizi.
Come si può constatare, sono molte le analogie con la iniziazione muratoria. Alcuni studiosi ritengono infatti che gli ordini sufici siano all’origine delle sette ermetiche ed esoteriche, fin dal medioevo. Si ricordino, ad esempio, i “Fedeli d’amore”, dei quali faceva parte lo stesso Dante, la cui opera contiene numerosi spunti che si ritrovano in opere sufiche anteriori. Molti addentellati si trovano pure nelle opere di Giordano Bruno, anch’egli fondatore di un gruppo esoterico, molto importante in Europa. Ma il discorso sarebbe troppo lungo.
. Il Sufi non possiede la verità, è un povero di spirito ed il suo scopo è quello di avvicinarsi il più possibile ad essa, come il massone che non possiede la conoscenza assoluta ma si pone le domande (è un uomo del dubbio) ed ha lo scopo di edificare il proprio tempio interiore. Il Sufismo è quindi un modo di vivere, è una visione particolare, diversa della vita, un modo seguendo il quale si giunge a ripulire la propria personalità dal cattivo carattere, purificare lo spirito e raggiungere la maturazione.
I DERVISCI RUOTANTI
(DA Hiram n° 1 del 2005)
Lo scopo del raggiungimento dell‘ equilibrio interiore viene ottenuto anche mediante le danze, come quella compiuta dai dervisci mevlevi, il cui Ordine venne fondato nel medioevo, nella città turca di Konya, da Djalal-ud-Din Rùmì nel XII secolo. Ancora oggi i dervisci mevlevi fanno della danza lo strumento principale per il raggiungimento del proprio ordine interiore, della pace. Come ogni espressione della vita umana in generale, anche la danza può rispondere a pulsioni che tendono al disordine, oppure a comandi interiori, volti a fare ordine. Soltanto in questo secondo caso si può parlare di danza sacra, la sacralità della quale risiede nella possibilità che questa espressione umana si congiunga con un ritmo oggettivo, immutabile, cosmico. I movimenti del corpo rispondono a un’armonia assoluta, a un flusso energetico di cui anche gli uomini possono essere partecipi. La danza, come le altre manifestazioni dell‘uomo, può essere inconsapevole, oppure consapevole. Si può danzare dormendo e si può danzare da svegli, sentendo ciò che si fa. È per questa ragione che, dunque, la danza può essere ritenuta parte di un più vasto e antico insegnamento, volto a riequilibrare se stessi a dare e fare ordine. La danza dei dervisci è una danza consapevole: il rito inizia con i danzatori che indossano una veste nera, espressione dell’oscurità in cui è immersa l‘umanità, del volgare vestito corporeo che incarcera lo spirito (le similitudini con la dottrina gnostica appaiono rilevanti), ma quando cominciano a danzare, la veste nera cade e i dervisci rimangono coperti da una lunga tunica bianca, che al loro roteare ritmico si apre come il petalo di un fiore appena sbocciato: il fiore dell’anima. Il lungo copricapo nero o marrone scuro ricorda anch‘ esso la dimensione oscura della propria rozza corporeità e, al contempo, rimanda alla pietra tombale che chi si pone in un cammino di realizzazione interiore deve edificare sopra la vita di ogni giorno, fatta di ignoranza e disattenzione.
La danza diventa dunque un atto iniziatico e il suo svolgersi altro non è se non il cammino di purificazione compiuto da chi intende morire a questa vita, per rinascere diverso, differenziato. Durante la danza, i dervisci roteano attorno a se stessi, ma non si tratta di una frenetica circolarità, bensì di un movimento cosciente, compiuto attorno ad un asse invisibile: è come se i monaci fossero immobili anelli di congiunzione di questo asse, che unisce la dimensione terrestre con quella celeste. Anche per questa ragione, nella loro danza una mano, la destra, è rivolta verso l’alto, mentre la sinistra, verso la terra. Il sufi danzante, quindi, è colui che raggiunge il centro, tra l’ orizzontalità della materia e la verticalità dello spirito. E questo insegnamento non attiene soltanto ai Dervisci Mevlevi, ma è comune a ogni danza che possa essere definita sacra. Nella danza sacra, e nei riti iniziatici in generale, ogni movimento è cosciente, poiché consente che il proprio corpo, le emozioni e la mente lavorino in modo simultaneo, svolgendo ciascuna parte il proprio compito. In tal caso l’attenzione diviene massima, perché tutti i centri dell‘ essere umano ne sono coinvolti allo stesso modo e nello stesso tempo. In questo modo il sufi muore alle disattenzioni della vita profana, alle associazioni mentali, ai pensieri frivoli, alle paure, alle emozioni e alle disarmonie ordinarie del proprio corpo. Per tutte queste ragioni, la danza è un rito, esattamente come qualsiasi altro rito iniziatico, poiché chi ne è partecipe deve essere consapevole di ciò che fa.
Egli fa vibrare le corde dell’anima, entrando in sintonia con i propri compagni, i propri fratelli, che nel silenzio lavorano, ciascuno su se stesso, ma tutti insieme. Anche in questa espressione, il sufismo – la via mistica dell‘Islam – e la tradizione occidentale non differiscono, avendo lo stesso scopo, che è quello di fare in modo che i “cercatori di verità” aprano gli occhi per uscire dalla meccanicità del divenire profano. Esattamente, come avviene nel tempio massonico, dove la deambulazione dell’iniziato avviene con attenzione, avendo ogni movimento un suo preciso significato, rappresentando un modo per concentrare le proprie energie, in modo da ri-ordinare se stesso.
IL SEMA, LA DANZA DEI DERVISCI RUOTANTI
(dal fascicolo “Dance for divine love” acquistato ad Istambul durante la rappresentazione della danza dei Dervisci)
Nell’universo gira qualsiasi cosa, dagli atomi al sistema solare, fino al sangue che circola nel corpo. Sema, e’ un culto, un osservanza religiosa in cui l’anima raggiungendo l’unita’ si matura e compie il suo cammino spirituale verso Dio. Dopo questo viaggio ritorna di nuovo alla vita per servire all’umanità. Il Sema è una danza dell’estasi controllata, simboleggia l’ascesa spirituale, cioè il viaggio mistico dell’essere a Dio ed il suo ritorno sulla terra. Il loro mantello è come una rosa che sboccia. Si tratta di una danza altamente spirituale.
Nel Sufismo ci sono molte sette, o logge, o confraternite, la più nota di queste in tutto il mondo islamico, e’ il Mevlevi, fondato nel 1273 da parte di Sultano Veled, figlio di Mevlana, il quale, per aver fatto conoscere i pensieri del suo padre, per averli organizzati e aver costituito la setta, viene considerato il vero fondatore. Il Mevlevi e’ costituito completamente sulla base d’amore e tolleranza
ll Mevlevi, durante il periodo dell’Impero Ottomano, era il culto più istituzionalizzato, e continuò ad esistere fino al 1923, quando il presidente Ataturk fece chiudere tutte le sette. Oggi la cultura dei Mevlevi e la Cerimonia di Sema, che e’ il rituale più importante di questa, vengono considerate come un patrimonio di eredità culturale e vengono insegnate nelle università e in varie fondazioni o associazioni, per poter trasmettere alle generazioni future questa cultura Nel 2005 la cerimonia di Sema dei Mevlevi e’ stata accettata da parte dell’ UNESCO come uno degli elementi dell’Eredità Culturale Mondiale e come una delle ricchezze più importanti della cultura Turca
Nella loggia dei Dervisci ci sono musicisti che suonano il Ney (una specie di flauto) ed altri con il Kudum (una specie di tamburo). Insieme ai cantanti del coro (il Naat), questi compongono un gruppo di musica che viene chiamato “Mutrip”. Davanti al Mutrip è posizionato il palcoscenico del Sema. Proprio di fronte all’ingresso si trova la pelliccia dello sceicco che, con il suo colore rosso rappresenta la nascita e l’esistenza. Si considera che tra la pelliccia e l’ingresso ci sia una linea immaginaria che rappresenta la strada più breve che va dal reale all’Unita’. Durante la cerimonia oltre allo sceicco che rappresenta la massima autorità spirituale, nessun altro può calpestare questa linea. Il Sema e’ composto da sette capitoli.
- capitolo: Dopo il Mutrip, i dervisci che faranno il Sema prendono la loro posizione e, dopo che anche lo sceicco avrà preso il suo posto sulla pelliccia, viene cantata da parte di Naathan (quelli che esprimono i corteggiamenti) “Naat-i Sharif”. In questa opera vengono fatti dei corteggiamenti a Hazrat Mohammedo.
- capitolo: Dopo Naat si sente il suono di kudum che rappresenta l’ordine di “Kun” (“Sii”).
- capitolo: Di seguito inizia la ripartizione di Ney (flauto). Ney rappresenta l’animazione dell’universo.
- capitolo: Quando viene terminata la prima ripartizione della musica, inizia “Devr-i Veled” (il giro del mondo) con il Pescirev (successiva ripartizione della musica). Lo sceicco ed i Dervisci con il ritmo della musica fanno tre giri sul palcoscenico. Il primo giro si riferisce alla creazione, da parte di Dio, del sole, della luna, delle stelle e di tutte le entità non viventi. Il secondo giro si riferisce alla creazione dell’ambiente (piante), invece il terzo giro si riferisce alla creazione degli animali. l dervisci durante Devr-i Veled mentre attraversano la pelliccia pregano a vicenda.
- capitolo: Lo sceicco prende la sua posizione sulla pelliccia, poi i Dervisci si tolgono le loro giacche e lo sceicco si incontra con loro. Questo rappresenta la nascita’ dell’umanità. l Dervisci che fanno il Sema, indossano un vestito speciale che rappresenta la morte del loro ego. La moneta (il loro copricapo) rappresenta la lapide della tomba, la giacca rappresenta la tomba ed alla fine il Tennure rappresenta il sudario. l dervisci che fanno sema quando entrano nel palcoscenico hanno le mani incrociate sulle loro spalle, in questa posizione loro assomigliano alla lettera elif dell’alfabeto arabo e fanno testimonianza all’unita’ di Dio. Dopo aver iniziato il Sema aprono le braccia lateralmente in modo che la mano destra sia rivolto al cielo e la mano sinistra verso il basso. Questo significa “Noi riceviamo da Dio e lo doniamo al popolo, non teniamo niente per noi.” l Dervisci rotanti sono come i pianeti che girano attorno a loro stessi, mentre quando girano contemporaneamente attorno al sole, girano sia intorno a loro stessi così come girano attorno a tutta la piazza del palcoscenico.
.1°. saluto: Il Sema e’ uno strumento che serve a far arrivare l’essere umano all’esistenza reale ed e’ una ubriacazione dell’anima. Il primo ciclo di Sema e’ osservazione dei mondi Solo in questa maniera si raggiunge la grandezza alla gloria di Dio. Nel primo saluto gli amanti si liberano dai dubbi e credono all’unita’ di Dio.
.2°. saluto: Invece il secondo saluto è far sciogliere tutta l’esistenza nell’interno dell’unità divina
.3°. saluto: Nel terzo saluto gli amanti purificando se stessi, raggiungono il livello di “divenire”.
.4°. saluto: Invece nel quarto saluto si chiede all’amore di “scomparire” nell’interno “dell’entità ” Durante questo saluto anche lo sceicco entra nel Sema in mezzo ai Dervisci rotanti, mentre con la sua mano destra apre il collo della sua giacca, con la mano sinistra tiene le sue estremità. Questo significa che lui ha il cuore aperto per tutti quanti. (Foto 8)
.6°. capitolo: Dopo che si suona una ripartizione con il flauto (Ney), lo sceicco si posiziona sulla pelliccia “Sia Oriente che Occidente tutti sono di Dio. Da qualsiasi parte che si gira, c’e’ il volto di Dio. Perché Dio e’ tutore, e’ erudito.” (Si continua la cerimonia leggendo la recitazione di Bakara pag2 versetto 115 del Corano)
.7°. capitolo: La cerimonia di Sema si conclude leggendo la preghiera di Fatiha per le anime di tutti i profeti, martiri e di tutti i credenti e con una preghiera che viene fatta per la salvezza del nostro stato.
E così il viaggio finisce, ma di fatto questo, per coloro che seguono questo percorso, per quelli che seguono la via dell’amore, per quelli che sono i cercatori di Dio in essi stessi, e’ un capitolo del viaggio spirituale che vivono in ogni momento della loro vita.
CONSIDERAZIONI E RIFLESSIONI
Il sufismo considera Dio soprattutto come amore ed entità con la quale è possibile raggiungere una unione mistica, anziché immaginarlo solo come giudice supremo ed inavvicinabile e per loro Gesù ha la stessa importanza di Maometto. L’essenza della mistica sufica ha molti punti in comune con la mistica di altre religioni. Possiamo quindi dire che i Sufi sono parte integrante della Storia delle religioni e fino al secolo scorso, prima dell’avvento del pensiero modernista e riformatore (largamente responsabile delle disgrazie e delle violenze attuali), nei paesi musulmani la scienza del Sufismo era materia di insegnamento nelle università islamiche. Gli Imam, come tutti del resto, erano socialmente invitati a sottomettersi non solo allo studio di libri, ma anche “alla pratica della Scienza della Purificazione dei Cuori, per raggiungere le Virtù dell’Eccellenza nelle mani di uno Shaikh Sufi”.
Molte altre cose potrebbero dirsi ancora sul sufismo e sulla danza sacra dei Dervisci Ruotanti, ma non è possibile per ragioni di spazio e di tempo. Vorrei sottolineare soltanto l’importanza di accostarci senza prevenzioni a tradizioni culturali apparentemente lontane dalla nostra, giacché i momenti più vivi nella storia di ogni civiltà sono spesso quelli in cui ci si apre con profonda umiltà a ciò che è lontano o diverso da noi. Ogni presunzione di supremazia pone una barriera, e le barriere chiudono gli uomini in un ghetto, rendendoli sterili ed ottusi. Se riuscissimo a veder in ciò o in chi ci sembra estraneo o diverso la ricchezza che questo ci porta, riconosceremmo sempre di più in noi l’essenza dell’unità ed il mistero della universalità della Luce.
l’Amore è il legame che unisce i cuori, la base su cui costruire. Se l’amore è il fondamento, il tuo edificio sopporterà tutti i terremoti e tutte le tempeste. Potrai costruirlo alto e ampio quanto vorrai, senza essere in pericolo. Quindi, la nostra Via è la Via dell’Amore. Abbandona ciò che ti impedisce di seguire il Sentiero e volgiti per seguirlo con perseveranza; segui la Via fino in fondo, fino alla tua destinazione..:.”
M. L. 2015