LE GRANDI COSTITUZIONI (1786)

 

Le Grandi Costituzioni (1786)

Nuove istruzioni segrete e fondamentali

“ Attualità etica”

 

di  C. S.

«La natura non costringe l’uomo a peccare, ma gli ha dato l’inclinazione a peccare; la natura non da né la sapienza né la virtù, ma la disposizione al sapere e alla virtù. Si diviene  saggi , non si nasce  saggi. E diventar  buoni è un’arte che dipende dalla  libera volontà nostra, nella quale risiede il merito ed il demerito della nostra vita»

 

(Enneo Seneca -La dottrina morale-  50 d.c.) (1

INTRODUZIONE

La storia del nostro Paese ed ancora di più dell’Europa è profondamente legata a quella del Sacro Romano Impero, istituito da Carlo Magno; incoronato Imperatore dal Papa Leone III, nella notte di Natale dell’800. Il Sacro Romano Impero è l’esempio più alto di una comunità politica-religiosa che sotto la guida di due distinte autorità, l’Imperatore ed il Papa, ha riunito i popoli Europei fino al sedicesimo secolo. La pace di Westfalia del 1648, che chiuse la guerra politico-religiosa dei trent’anni, ne sancì il tramonto. Con essa iniziò il processo di formazione del “sistema degli Stati Europei”, fondato sui principi della ragion di Stato, svincolati da qualsiasi riferimento trascendentale (2).

I primi Stati Europei moderni furono la Francia, la Spagna e l’Inghilterra.

Lo Stato divenne la forma suprema di organizzazione sociale, giuridica, morale e religiosa. La virtù morale più alta  per gli uomini  era rappresentata dall’obbedienza alla legge del Sovrano. L’influsso di questo tipo di filosofia politica (3) fu rilevante nei confronti del pensiero Illuminista, responsabile delle profonde trasformazioni culturali del XVIII secolo. Secondo i principi illuministi l’uomo non doveva riconoscere altra guida che quella della propria “ragione”; vivendo come se Dio non ci fosse “etsi Deus non daretur”. La spinta innovativa dell’Illuminismo  permise, in tutto l’Occidente, la diffusione dei principi di libertà e di uguaglianza, concretizzatisi successivamente con i grandi cambiamenti politici e sociali della rivoluzione Americana (1776), della rivoluzione Industriale (1780) e della rivoluzione Francese (1789).

Il “liberismo laico”, tipico del pensiero illuminista, esercitò un influsso decisivo sull’èlites di tutta Europa, in particolare su Giuseppe II d’Austria, Caterina di Russia, Gustavo III di Svezia, Pombal del Portogallo, Aranda di Spagna, Leopoldo di Toscana e Federico II re di Prussia. Quest’ultimo, quando salì al trono rese pubblica la sua appartenenza alla Libera Muratoria; ed è a questo Sovrano che sono state attribuite le “Grandi Costituzioni” del 1786,  adottate dai fratelli del R.S.A.A. di tutto il mondo (4).. In esse viene riportato:

 «Noi Federico , per grazia di Dio,…..Questa Istituzione universale, la cui origine rimonta a quella della società umana, è pura nel suo dogma, sapiente nella dottrina, prudente e morale negli insegnamenti, nelle pratiche, nei consigli negli intendimenti e si raccomanda soprattutto per la sua finalità eminentemente filosofica, sociale ed umana. Il fine di questa società è: Concordia, felicità, Progresso e Benessere della Umanità in generale e di ciascun uomo in particolare…» (5)

SCOPO DELLO STUDIO

Partendo da un’analisi del contenuto e delle finalità delle Grandi Costituzioni del 1786, si eseguono alcune correlazioni con l’attuale momento storico ed in particolare riguardo ai principi etici e morali. Con il passaggio dal ventesimo al ventunesimo secolo, infatti stiamo assistendo, proprio nel vecchio continente, ad una vera lotta filosofica sull’identificazione della “fondamenta etiche” delle democrazie.

Non a caso l’intera Europa si è divisa e si divide sul riconoscimento delle radici “etiche” della propria identità. Tanto che da più parti si tende oggi a distinguere il concetto di “laicità” dello Stato da quella ideologia “laicista” che vede le democrazie solo come un’insieme di norme, di procedure, di diritti, slegati da qualsiasi fondamento etico. Se il Novecento ha rappresentato nell’Europa insanguinata dai  totalitarismi il secolo in cui l’uomo è andato al di là “del bene e del male”, il nuovo millennio  viceversa, si è aperto, con la stringente necessità di ricercare “principi etico-morali” utili per evitare all’uomo post-moderno la sua deriva.

Nella lettura verrà trattato inizialmente il concetto di etica e di morale, successivamente verranno analizzate le fonti, storiche, filosofiche, letterarie e religiose, dei valori etici e morali dell’uomo ed infine l’influenza dell’insegnamento della Nostra “Istituzione Universale”, il R.S.A.A. nei confronti dell’adepto. La coerenza tra l’etica e l’agire umano, insieme all’interiorizzazione della simbologia del trascendente ed alla ragione, sono essenziali per proteggerci e proteggere il prossimo dal “male”.

TRATTAZIONE

Rilevante , per una trattazione articolata, è cercare di definire il concetto di etica e di morale. Il termine “etica” deriva dal greco èthos che significa“ norma di vita”, mentre il termine “morale” deriva dal latino mòs (genitivo-mòris) che significa “costume”; ma “costume” in greco si scrive “èthikos”. Pertanto possiamo concludere che la distinzione etimologica tra etica e morale è puramente convenzionale. In realtà, nei testi, il significato tra etica e morale viene mantenuto distinto; anche se i principi etici coincidono nella maggior parte dei casi con quelli morali. Per sua natura l’etica viene prima della morale, e si intende il comportamento pratico dell’uomo di fronte ai due concetti basilari della natura umana, quello del bene e quello del male.

Essa rappresenta un giudizio del tutto personale, che riguarda solamente l’individuo e la sua libertà di scelta, che può essere condiviso o non condiviso. Quando l’etica tende a farsi legge e diventa una “etica normativa”, si definisce “morale”.

Da questo si deduce che la morale o i principi morali o i comportamenti morali devono essere imposti o regolati; per questo motivo il filosofo Henri Bergson  (6) le definisce “obbligazioni morali“. In fondo all’obbligazione morale c’è un esigenza o un dovere sociale. Una società umana è infatti costituita da persone che sono legate tra loro come le cellule di un organismo. La società pertanto emana leggi “morali” che possono essere perfette o imperfette, giuste o ingiuste, ma il fine è quello di mantenere l’ordine sociale. I doveri di un cittadino “ragionevole” mirano infatti alla coesione sociale.

Anche se non sempre è facile, tutti noi cerchiamo di essere un buon cittadino, un buon marito, un buon lavoratore etc. Come scrive Bergson «noi anche se non ci rendevamo ben conto, dietro gli insegnamenti dei nostri genitori e dei nostri maestri, intuivamo qualcosa di indefinito, era il “peso della società – della comunità, definita anche “morale sociale o civica”». Passiamo ora a definire l’ “etica naturale o innata ”, cioè i principi etici radicati nella natura umana.

Con questo termine si intendono le qualità originarie (innate o primordiali) dell’uomo. L’uomo per sua natura non ha in sé il principio della socievolezza, non agisce per il “bene comune”. L’indole umana è governata dalle passioni, agisce nell’”hybris”, con una propensione verso l’ambizione, l’orgoglio, la concupiscenza, l’amor proprio e non verso l’amore degli altri. Progressivamente l’uomo, nell’evolversi della storia umana, sostituisce i suoi istinti con le norme, “nomos”. Con l’introduzione di regole comuni è stata possibile una convivenza o meglio ancora una “comune sopravvivenza”, evitando in tal modo la distruzione reciproca.

La norma, per essere efficace all’interno del gruppo e per essere tramandata da persona a persona, da generazione in generazione, doveva essere immutabile ed inaccessibile al dubbio e pertanto doveva avere un origine cosmica o divina, “sacralizzata”. Questa rappresenta una spiegazione razionale dell’origine del “senso del Sacro” (7) Forse proprio la consapevolezza della morte e il desiderio di immortalità, ha scatenato nell’uomo la “riflessione”. La tipica reazione “animale” di difesa o di fuga nei confronti di una aggressione o di una minaccia, comincia ad unirsi alla “ragione”.

Ecco che la “rabbia” caratteristica degli animali si trasforma nell’uomo in “thumos”, che ha un significato più alto. Da questo forse scaturisce il principio etico fondamentale ed universale rappresentato “dal rispetto assoluto della persona umana e della sua dignità”. Esso rappresenta una “verità assoluta”, perché è accettato da tutti gli uomini. L’etica, la morale, tutte le grandi questioni di cui oggi discutiamo ruotano intorno al concetto di “Persona”. Il dilemma è se l’essere umano è fine a se stesso o è parte di qualcosa di più grande, cioè l’uomo è creatore dell’universo o creatura? Personalmente, credo che non sia necessario appartenere alla confessione cattolica, per considerare l’uomo come un “soggetto metafisico”.

L’uomo deve essere considerato nella sua triplice dimensione materiale, intellettuale e  spirituale ( 8, 9 ).L’uomo diventa veramente se stesso, come è stato magistralmente affermato, quando materia, intelletto e spirito si ritrovano in intima unità (10, 11). Una visione contraria annichilirebbe il mio orizzonte esistenziale oltre che i miei principi etici. Al contrario il razionalismo scientifico e ultramaterialistico “non sembra lasciare spazio all’anima”; l’essere umano, secondo queste interpretazioni, viene considerato non meno significativo di un pezzo di roccia. Francis Crick , premio nobel per la medicina, per la scoperta del DNA, ha affermato che: «la coscienza è il risultato dell’oscillazione elettrica nei neuroni e la sua decifrazione certificherà la morte dell’anima»; aggiungendo «che la visione attuale di noi come persone è sbagliata quanto quella del sole che ruota intorno alla terra».

La morale al contrario dell’etica, non è innata ma “acquisita”. Essa richiede per acquisirla un vero e proprio sforzo mentale, un atto di fede; si accetta o si respinge. La “norma morale” non esiste quindi in natura ; la natura umana è refrattaria  ad ogni “legge morale naturale”, è per sua natura aperta solamente agli istinti. Infatti, Pascal nel XII secolo, scriveva (12) «Il furto, l’incesto, l’uccisione dei figli e dei padri, tutto ha trovato posto tra le azioni virtuose…il diritto ha le sue epoche; ..bizzarra giustizia che ha come confine un fiume! Verità al di qua dei Perinei, errore al di là ».

Infatti sperimentiamo quotidianamente, la presenza nel mondo, di un pluralismo di norme morali, spesso in conflitto tra loro, come sulla concezione dello Stato, sul modo di vivere, sulla religione etc. La morale non si impone da sé; i comportamenti morali devono essere pertanto regolati. La morale proprio perché è regolata, è di per se aperta alla critica ed alla revisione; oltre che alle modificazioni correlate con il divenire storico. Quali sono le fonti morali che hanno condizionano l’uomo europeo post-moderno?

Innanzitutto gli insegnamenti morali fondamentali provengono dalla famiglia (essi rimangono impressi nella nostra coscienza per tutta la vita) e dall’esperienza del vivere quotidiano, con il suo misterioso “dualismo di emozioni” altalenanti tra l’ allegria ed il tormento. Un ruolo, anche se non dominante, è svolto dall’apprendimento culturale: storico, letterario, filosofico, scientifico e religioso.

La storia è un arma a doppio taglio: ricca di insegnamenti morali ma anche di eventi che vanno al di là della morale; come descrive in modo efficace Umberto Eco (13) «I turchi impalavano, ma i bizantini ortodossi cavavano gli occhi, i cattolici bruciavano Giordano Bruno; i pirati saraceni ne facevano di cotte e di crude, ma i corsari di sua maestà britannica, con tanto di patente mettevano a fuoco le colonie spagnole nei Carabi, Bin Laden e Saddam Hussein sono nemici feroci della civiltà occidentale, ma all’interno della civiltà occidentale abbiamo avuto signori come Hitler o Stalin ».

Nella storia, molte volte, abbiamo assistito ad un ribaltamento o una inversione dei principi etici, in cui paradossalmente, veniva considerata morale la violazione dell’etica. Un esempio è il periodo delle rivoluzioni o dei totalitarismi, in cui nascono nuove forme di etica, basate sulla violenza, ed accettate come se fossero morali. Non mancano comunque nella storia dell’umanità esempi di grandi figure morali, che possiamo definire “geni della morale”. Tra questi: Socrate, Gesù, Giulio Cesare, Seneca, Giordano Bruno ed Iskander. Il loro grande insegnamento è avvenuto esclusivamente tramite l’esempio di una vita vissuta coerentemente con i propri principi morali, sfidando perfino la morte.

Ho pensato che fosse doveroso citare anche il padre siro-ortodosso Iskander, che è stato recentemente ucciso e reso orribilmente un tronco umano, decapitato ed amputato degli arti, solo perché non ha voluto rinnegare i suoi principi morali  e la sua fede.

Altri esempi di alta moralità sono gli “Eroi” della letteratura epico-cavalleresca, che continuano a vivere nella mente. Mi piace ricordare: l’”umanità” degli eroi della mitologia greca; la “pietas” degli eroi dell’epica romana; la “lealtà”, la “sincerità” e la “generosità” dei cavalieri dell’epica medievale. Tra gli uomini di scienza è obbligo citare il pisano Galileo Galilei, non solo per avere eseguito, già nella prima metà del XVII secolo, una grande divisione tra scienza e morale ( la scienza è libera e deve procedere per conto proprio, la morale non può essere un ostacolo perché agisce su un piano diverso), ma per la sua celebre affermazione che «il libro della natura è scritto in un linguaggio matematico», implicando, come ci è stato ricordato recentemente da uno dei più autorevoli intellettuali del nostro tempo, che l’universo sia strutturato in maniera intelligente (14).

Tra i movimenti filosofici che più hanno influito sui valori morali dell’uomo moderno dobbiamo annoverare quello nichilista. Il concetto di “nichilismo” (nihil-nulla),  nella sua forma più filosofica, è usato in riferimento al pensiero di Friedrich  Nietzsche (1844-1900) (15), intendendo la specifica situazione dell’uomo contemporaneo, che non credendo più nei valori supremi (Dio, verità, bene etc.) finisce per avvertire, lo sgomento del “nulla”. Solo chi ha il coraggio di guardare in faccia la vita e di prendere atto del caos del mondo, al di là di tutte le illusioni metafisiche, è maturo, per superare l’abisso che divide l’uomo dall’oltre uomo. Il “nuovo essere” deve accettare la vita, rifiutare la morale tradizionale e reggere la morte di Dio.

Questo uomo nuovo viene definito “superuomo”. Il termine deriva dalla traduzione tedesca di Über-mensch dove il prefisso “über” può essere tradotto in “oltre” l’uomo, proprio per evidenziare meglio la diversità fra il “superuomo del futuro” e l’“uomo del presente”.

Andando avanti nella nostra discussione è interessante capire quanto la cultura religiosa, e nel nostro caso quella cristiana, abbia influenzato la nostra coscienza. Credo che possiamo sostenere, senza difficoltà la tesi che i principi morali universali della religione cristiana, oltre duemila anni di eredità, siano stati assunti, come per osmosi, dalla nostra “etica”. Infatti come scriveva Jacque Rousseau parlando della cristianità “ non abbiamo la stessa fede; ma abbiamo almeno la stessa morale” (16). La cristianità, in particolare, ha dato “valore alla vita umana”; per questo il martire è diverso dal suicida.

Così come la compassione, il perdono, la carità per il prossimo, non appartengono all’etica della natura, ma ai fondamenti morali comuni a molte religioni (17). E’ importante comunque sottolineare che l’etica esisterebbe lo stesso anche in assenza di una cultura religiosa. Cioè il senso etico non è presente solo in coloro che aprono la loro vita alla religione e al trascendente. Infatti si sta sviluppando, sempre più forte, una linea di pensiero secondo la quale «non solo non è vero che senza Dio non può darsi l’etica ma anzi è solo mettendo da parte Dio che si può veramente avere una vita morale » (18).

Il rapporto diretto tra etica e Dio, viene interpretato attualmente, da alcuni filosofi morali, come un segno di una  fase di paura o di ripiegamento della cultura Occidentale che risulta incapace di trovare in se stessa le risorse per affrontare i cambiamenti e le tensioni delle spinte provenienti sia dall’esterno (come i conflitti di civiltà) che dall’interno (come le innovazioni nel campo della scienza). Queste ultime infatti impongono delle scelte morali precise, in particolare, riguardo ai problemi bioetici. L’obbedienza passiva alle norme morali imposte dalla religione, esprime una mancanza di responsabilità ed una incapacità critica di scegliere tra il bene ed il male tra il giusto e l’ingiusto.

Questo modo “aperto” di affrontare i problemi morali porta al “relativismo morale” tipico della nostra contemporaneità. Questa tendenza di pensiero può essere evidenziata anche nelle scelte di certe organizzazioni internazionali come per esempio l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), dove la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 , è stata sostituita da un nuovo elenco di “diritti” tra i quali: l’aborto, la contraccezione, l’eutanasia, l’educazione sessuale obbligatoria, i diritti delle donne ed i diritti riproduttivi.

Assistiamo in questo contesto ad una vera e propria rivoluzione culturale, in cui le “norme” esprimono una sovranità suprema, privata di qualsiasi fondamento metafisico o morale (2). Quali sono gli insegnamenti morali dello Scozzesismo, definito da Federico II «Istituzione Universale …dottrina .. morale….» ?

Come condiziona il modo di pensare e di agire degli adepti in questo particolare momento storico, dove assistiamo – non possiamo non riconoscerlo – ad un “declino dell’etica”(19)?  Stiamo vivendo infatti, come ha affermato Jungen Habermans, « una “crisi delle legature umane”… gli uomini – scrive il filosofo- hanno bisogno di “una energia morale interna”, altrimenti la modernizzazione aberrante trasforma i cittadini, che sembrano agire solo sulla base del proprio interesse ed usano i propri diritti individuali, come armi contro il prossimo».

Per tale motivo è necessario – come ci insegna la via Scozzese – mantenere al centro del nostro sistema l’etica. Essa rappresenta una guida per l’individuo, spingendolo non solo verso il  bene del singolo ma incitandolo ad agire in modo tale che l’intera collettività possa trarne beneficio. E’ questa la cosiddetta “ricerca del bene comune”, auspicata da tutti per cercare di sconfiggere i problemi dell’umanità. Il Sovrano Ordine Iniziatico ci esorta a lottare per “proteggersi e proteggere il prossimo dal male”. Esso ci educa a riconoscere i principi etici e ad applicarli coerentemente in ogni momento della nostra esistenza; cioè ci incoraggia a passare da “uomini in potenza” a “uomini in atto” (20).

L’incapacità di compiere questo passaggio, questa “metamorfosi”, genera nell’uomo massone “angoscia”. La capacità invece di agire con coerenza ( dal latino cohaèrentiam “unione” ) tra ideali etici e comportamenti, al contrario, genera “gioia”; consola e fortifica l’esistenza. E’ proprio la “coerenza” il valore etico che caratterizza il modo di essere dell’Iniziato; cioè di colui che possiede una personalità integra ed una identità forte. Inoltre l’interiorizzazione della simbologia del “Trascendente” (sotto forma del Grande Architetto dell’Universo), dà un senso alla nostra vita, esaltando e sacralizzando la “difesa intransigente nei confronti della dignità umana”.

La capacità di trascendere, cioè di andare al di là della conoscenza sensibile,  spinge  all’ “intuizione”, che insieme alla capacità di ragionare, induce costantemente alla ricerca della “verità” (21). La mancanza o l’incapacità di riconoscere la “verità etica” indebolisce inevitabilmente la “ragione” e conduce l’azione umana verso il male; inteso come un ingiusto rapporto con te stesso, cioè con la tua coscienza, o con gli altri.

Quindi l’etica dà supporto alla ragione, sollecita l’autocritica e la responsabilità. Chi non riconoscere i limiti dell’azione umana può ritornare pericolosamente all’ “hybris”. Infatti i problemi per un uomo cominciano quando egli è libero di fare ciò che vuole. Il difficile non è tanto la conquista della “libertà” quanto piuttosto il suo esercizio. L’autentica libertà è un contenitore da riempire con scelte etiche, con azioni interpersonali e sociali dignitose, anche quando il risultato è gravoso o penalizzante. (22)

I concetti espressi in questa relazione richiamano e rendono ancora attuale sia il pensiero illuminista che quello espresso da Federico II nelle Grandi Costituzioni del R.S.A.A , basati sull’importanza per l’uomo di usare la “ragione”, il “logos”, per conoscere la verità, perché è da questa conoscenza che deriva la retta valutazione dell’agire etico.

Termino questa lettura senza la pretesa di imporre dei punti fermi o delle conclusioni; lasciando la massima libertà di giudizio. Credo che questo sia un principio di “laicità”. Da “moralista un po’ angosciato”, non posso non riconoscere che anche un genio della morale o ognuno di noi – come ha saggiamente scritto Claudio Magris in un recente articolo su “Ernest Hemingway e il suo piacere di uccidere” (23) –  in particolari momenti della vita, un uomo può non essere più se stesso, nel bene e nel male, con le proprie virtù e i propri vizi, bensì un penoso parodista di se stesso. Non c’è da meravigliarsi.

Pure l’intelligenza e la creatività ci sono date in prestito – ora saltuariamente ora in misura più duratura, secondo i casi – come la bellezza e la prestanza fisica, la salute, la felicità, il benessere, la vita stessa, e prima o dopo viene il momento di restituirle o di perderle, magari per ritrovarle.. nuovamente .

Auspico infine che, come sono stati scoperti farmaci per il dolore fisico, per la felicità e per il piacere, un giorno forse, ne avremmo uno anche per il “comportamento morale”. Allora il problema sarà risolto; l’umanità intera vivrà in pace ed in armonia. Purtroppo oggi ciò non è possibile; ma per fortuna esistono ancora, ne sono certo, tra di noi “Cavalieri Consacrati” (Kadosch), anche se in numero limitato, capaci, grazie ai loro saldi principi etici ed alla loro forza della ragione, di aiutarci a percorrere la stretta via del bene.

Riferimenti bibliografici

  1.A.Seneca. La dottrina morale Ed. Laterza 1994

  2.R. de Mattei. Il relativismo dell’Onu. Liberal n° 37,2006

  3.T. Hobbes.  Leviatano . Ed.Riuniti 2005

  4.C.Spinelli. La natura e lo spirito del R.S.A.A. alla luce dell’analisi critica delle

carte fondamentali del Rito:Le grandi Costituzioni (1786), la Circolare ai Due

Emisferi (1804) ed il Convento di Losanna (1875).Luglio Scozzese. Nocchi di

Camaiore 24 Luglio 2004

  5.V.Bolli. Il Rito Scozzese Antico ed Accettato. Ispettorato Regionale per la

Toscana 2000.

  6.H.Bergson.Le due fonti della morale e della religione. Ed. Enaudi 2006

  7.W.Burkert. La creazione del sacro. Ed. Adhelphi 2003

  8.G.Raffi.Il ruolo della massoneria nel XXI secolo: tradizione, etica e nuovi

valori. Hiram 3/2001.

  9.M.Heidegger. Essere e tempo. Ed. Meridiani 2006

10.Benedetto XVI -Deus Caritas Est –Enciclica- Ed. Libr.Vat.2006

11.Benedetto XVI- Lectio magistralis, Università di Regensburg – Il Foglio, 13

Settembre 2006

12.F.P.Adorno.La ragione ordinata . Saggio su Pascal. Ed. La città del sole

2000

13.U.Eco. Islam ed Occidente. Riflessioni per la convivenza. Ed. Laterza 2002

14.J. Ratzinger. L’Europa di Benedetto, nella crisi delle culture .Ed. Cantagalli

2005

15.F. Nietzsche. Il nichilismo europeo. Ed. Adelphi,2006

16.M. de Certeau . La scrittura della storia. Jca Book-2006

17.E.Severino- Nascere- Ed. Rizzoli 2005

18.E.Lecaldano- Un’etica senza Dio- Ed. Laterza 2006

19.C. Simeone. Tra etica e declino. Ed. Mursia 2006.

20.C.Spinelli. Verità in azione. Tornata Congiunta,Camere 32°-31° grado. Pisa

14 maggio 2006

21.C.Spinelli. L’intuizione tra fede e ragione. Gradus, settembre 2006

22.G.Ravasi. Veramente liberi. Avvenire 6 settembre 2006.

23.C.Magris. Hemingway: un genio e la sua meschina controfigura. Corriere della Sera., 29 settembre 2006.

 

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