LA MORTE ovvero LA FREGATURA

LA  MORTE ovvero LA FREGATURA

 

Passato Paolo in un’altra dimensione, in questo finir d’anno mi assumo io l’incarico di ricordare Marcello Fabbri con una poesia,una delle poche formulate in modo scherzoso

, che affronta il problema dell’aldilà: quanti di noi si sono posti la fatidica domanda: esisterà o non esisterà?

 

LA FREGATURA
“Io non ci credo:- dice Argante

con gli occhi furbi sul bicchier di vino-
Tu cali l’asso? E io prendo col fante.
Non ci ho mai creduto, nemmeno da bambino,
quando facevo il girotondo.
Ma non è vero niente!
Scopa di tre.
E’ roba messa in giro
per tener buona la gente
da tutti i preti di questo mondo:
frati, pope, monaci, bonzi;
è roba fatta apposta per i gonzi,
proprio come te”.
“Sei un eretico bieco e sconsacrato, nero come un tizzo di carbone!
Io faccio primiera e settebello.
Gastone, portami un quartino!
Proprio a puntino preparato
per scendere bello bello
dannato senza remissione,
giù, nel profondo dell’inferno;
Te lo dice Gino!”
“Tu sei proprio malato nel cervello;
che baggianate! Ma smetti di cianciare”
“Tu non ci credi? Aspetta di crepare!
E proprio in quel momento, t’assicuro,
ognun di noi vedrà qual’è la verità”.
Giorno per giorno discussero fra loro
sull’argomento dell’eternità:
un contrasto d’idee tra sordo e sordo,
abbarbicato al suo parere,
per cui mai conobbero il piacere
di trovarsi una volta d’accordo.
In coerenza al proprio modo di pensare
ciascun di loro visse la sua vita.
L’uno, nell’ardita esuberanza di chi non è turbato
da alcuno affanno interno
s’inebriò di vino, donne e voluttà
sbeffeggiando la paura dell’inferno.
L’altro invece, di contrario avviso,
ogni giornata lieta oppur noiosa
dedicava alle pie preci, all’amore fraterno, alla carità,
nel miraggio del suo paradiso.
Si dette il caso poi di una grave sciagura.
Allora decise la fatalità
di riunire accanto lettino con lettino,
nell’ultimo sprazzo di vita rantolante
nell’ospedale cittadino,
Gino ed Argante.
Quale amico ad essi più vicino
io li assistevo nella lenta agonia,
arcigna e dura,
finchè giunse anche per loro
la scadenza finale d’andar via.
Morirono insieme nello stesso istante.
Fu puro caso o il voler divino
che proprio in quell’attimo
io girassi la testa:
quindi non vidi
chi pronunciò la frase mesta, se Argante oppure Gino.
Udii soltanto, pieno di paura,
roco nell’ultimo respiro,
un fil di voce mormorare:
“Che fregatura……!”

 

 

 

 

 

 

 

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