“Bioetica: quali limiti?”
(G.T.)
Con un’ordinanza del 30 Dicembre 1998, a quasi due anni dal provvedimento originale, il ministro della sanità Bindi ha prorogato di sei mesi il divieto di effettuare “qualsiasi forma di sperimentazione finalizzata, anche indirettamente, alla clonazione umana e animale”.
Questa imposizione, di stampo oscurantista e autoritaria, richiede una riflessione.
La Costituzione Italiana recita all’art. 33 e all’art. 9 “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” – “la Repubblica promuove lo sviluppo della Cultura e la Ricerca scientifica e tecnica”.
La libertà della ricerca è dunque un valore costituzionale che viene limitato proprio da chi questo valore dovrebbe rispettare e far osservare.
Abbiamo la percezione di essere governati come sudditi di nessun conto, incapaci di esprimere giudizi avveduti in materia di Bioetica.
Ritenere poi che la ricerca sia fonte di pericolo sociale è cosa priva di plausibilità storica, come è impensabile credere a scienziati animati da cattive intenzioni e in malafede.
Le “preoccupazioni” circa la rapidità del progresso scientifico, della cui inevitabile lentezza sarebbe casomai opportuno rammaricarsi, e la necessità di valutare le sue conseguenze applicative, non dovrebbero coincidere con l’imposizione a tutta la collettività dei preconcetti ideologici e delle opzioni morali di un singolo ministro, per quanto individualmente legittimi.
Impedire il proseguimento della ricerca in un settore dove i ricercatori italiani hanno dimostrato eccellenza internazionale, significa ritardare e forse impedire definitivamente lo sviluppo di questo settore della biologia e della medicina del nostro Paese, senza dimenticare che Nazioni, forse più illuminate, favoriscono ed aiutano questi studi.
I continui progressi in capo biotecnologico rappresentano un’opportunità straordinaria per la ricerca scientifica e per le ricadute applicative che necessariamente influenzeranno la salute, la qualità della vita, la formazione, l’ambiente.
Per contro il passaggio dalla medicina preventiva alla medicina predittiva, la rapida diffusione dei test genetici, la costruzione di banche dati-genetiche, la concentrazione monopolistica della conoscenza scientifica e tecnologica richiedono una grande e diffusa alfabetizzazione scientifica, onde favorire l’esercizio effettivo del diritto di cittadinanza: questa, a parer mio, è l’emergenza da affrontare.
Nella Società contemporanea l’esercizio effettivo dei diritti di cittadinanza, anche richiamandosi alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e alla Dichiarazione sul genoma e i diritti umani dell’UNESCO, e la possibilità reale per gli individui di operare delle scelte e di difendersi da eventuali abusi, comportano un’efficace diffusione della conoscenza scientifica affinché ciascun cittadino sia messo in grado di comprendere e, quindi, di valutare autonomamente benefici e rischi.
Il livello altissimo di disinformazione, il senzazionalismo e lo stravolgimento stesso dell’informazione più elementare, insieme con il livello culturale, spesso gravemente inadeguato della popolazione e della stessa classe dirigente del Paese, non possono che produrre oscurantismo apocalittico.
A cento anni dalla riscoperta degli esperimenti di Mendel, a cinquanta anni dagli studi sulla struttura delle proteine e del DNA, a trenta anni dal passaggio dalla genetica descrittiva a quella manipolativa, a dieci anni dal primo brevetto di un topo modificato geneticamente, possiamo tranquillamente affermare che ogni scoperta ha portato solo ed esclusivamente benefici al genere umano.
Lo studio della genetica non rappresenta una minaccia ma costituisce il futuro dell’Uomo e soprattutto non dimentichiamo che: “la libertà è la materia prima dello scienziato” e che “il sapere non richiede paure”.