DOVERE DI ESSERE FELICI
Diritto alla felicità.
È il diritto di vivere intensamente, il diritto di sentirsi liberi e di poter disporre del nostro personale libero arbitrio per vivere felicemente. E’ il diritto di scegliere il nostro futuro sereno e tranquillo senza coercizioni di sorta, sia politiche che psicologiche. Ogni uomo nella sua sfera culturale e individuale, familiare o in relazione con gli altri uomini, ha diritto di scegliere secondo le sue esigenze e i suoi bisogni, sempre che non invada il campo altrui offendendo la libertà degli altri. Il diritto alla felicità è quindi legato strettamente a quello della libertà, fino a creare un binomio inscindibile. Ovviamente esso deve coniugarsi nell’ambito della legalità, di quelle leggi che la comunità locale, nazionale o internazionale si è data per non cadere nell’anarchia.
Per un massone è questo il diritto di ricercare la felicità interiore secondo il proprio individuale e liberamente scelto percorso iniziatico, diverso anche dal fratello che ti siede accanto. La diversità è data dalla coscienza di ognuno, dalle inclinazioni e i livelli culturali che sono personali e che devono essere sempre rispettati senza invasioni di campo gratuite.
La diversità di ognuno in campo massonico deve però essere accomunata dalla consapevolezza che chi ti siede vicino è veramente tuo fratello ed è pronto a dartene una prova di questa fratellanza, aiutandoti se chiedi aiuto, aprendoti se bussi alla sua porta, dimostrandoti comprensione, saperti ascoltare, trovare il tempo da dedicarli se i momenti che passi non sono proprio come vorresti.
Già il mondo esterno corre freneticamente alla ricerca di una falsa felicità, che rende falsamente felici, nell’istituzione occorre invece trovare tutto il tempo che occorre e magari fermarsi anche un po’.
La Massoneria è una sintesi nelle diversità, che presuppone però frequenza attiva, impegno e disponibilità a riflettere personalmente e con gli altri. E’ evidente che se un fratello frequenta solo sporadicamente il tempio, senza giustificazioni credibili, è lui per primo che non dà certezze e né può pretenderle e il suo diritto alla felicità interiore avrà un percorso solitario e incostante, difficile da comprendere ed eventualmente difficile da soccorrere.
Dovere di essere felici.
È il dovere che, per dirla con Dante, ti stimola a “non vivere come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. Dovere di essere attivi e non essere codardi, di aver rispetto di sé e degli altri. E’ il dovere che ti spinge ad organizzarti per raggiungere i traguardi di felicità che ti sei prefissato, è il dovere che ti fa sentire utile alla vita e impegnato nel migliorarla
Il dovere alla felicità mi piace inquadrarlo in una dimensione sia interiore che esteriore. La prima comprende il rispetto di sé, imporsi obiettivi e tenere intimamente alla propria persona, cosa ben diversa dal proprio tornaconto, desiderio di affinarci le proprie capacità e educare le proprie inclinazioni, acquisire un metodo di lavoro per migliorarsi, sapersi mettere in gioco per ricominciare sempre, non considerare mai finita la strada da percorrere, volontà costante di scoprire in continuazione cose nuove. L’uomo in generale e il massone in particolare deve sentirsi in dovere di vivere felice e in modo appagante nel profondo del suo animo, indipendentemente dal suo grado d’istruzione, dalla religione o razza d’appartenenza, dal lavoro che esercita.
La seconda dimensione, quella esteriore, comprende l’impegno profuso per gli altri, per la dimensione sociale in cui uno vive. Anche qui inedia o impegno sporadico cozzano con la vita come la intendiamo noi massoni, che vale sempre e ottimisticamente la pena di essere vissuta. Anche il Massone quindi ha il dovere d’essere felice, di impegnarsi per raggiungere sempre nuovi traguardi; anzi di questa ricerca, con l’impegno personale e di gruppo, ne ha fitto una bandiera Resta alquanto difficile infatti, se non impossibile, pensare una Massoneria clandestina per sua scelta o avulsa dalla situazione sociale in cui opera giornalmente.
I suoi affiliati non possono non figurare in una èlite che governa i problemi e non li subisce, uomini che preventivamente sanno indicare ad altri uomini la rotta da percorrere e mai a traino come gregge. E tutto ciò deve avvenire all’insegna di sani principi democratici, nel rispetto delle leggi che regolano la società umana nel suo complesso.
Uomini, i massoni, che sono pronti sempre a combattere le dittature di ogni colore, le sopraffazioni, le scelte dogmatiche imposte e tutto ciò che non prevede la centralità dell’uomo. Se c’è necessità di dar vita a un nuovo Risorgimento occorre come nell’800 essere e sentirsi nuovamente disponibili, noi massoni, a combattere la nostra guerra, con le anni che ci sono proprie, quelle della cultura che combatte l’ignoranza, quelle dell’ospitalità, dell’accoglienza e dell’integrazione contro il cieco scontro fra culture ed etnie diverse, contro ogni fondamentalismo a cominciare da quello religioso, con le armi delle idee e delle parole spese in difesa della laicità dello stato e dei diritti civili.
Quello che i massoni devono perseguire è una società più giusta e più democratica, nel rispetto delle idee e delle sensibilità di ciascuno, all’insegna dei principi inalienabili di libertà, uguaglianza e fratellanza.
Il perseguimento di questi obiettivi difficili, ma possibili, anche nelle nostre piccole comunità locali, non può esaurirsi con il vedersi ritualmente una volta al mese. Bisogna quindi pensare a come vivere, diversamente e vicini, nei trenta giorni di intervallo fra tornata e tornata, non accontentandosi mai e guardando sempre verso orizzonti lontani ma alla nostra portata.
Pensiamo a quali iniziative prendere,a quali impegni ci possiamo sottoporre, a come attualizzare i sani principi che ci animano da oltre tre secoli, qual è il nostro carico di mattoni che possiamo portare. E per il numero dei mattoni da portare in dote non dobbiamo temere e non dobbiamo mai affliggerci: c’è chi li porterà più di uno e chi ne avrà uno solo sottobraccio. Anche quello però è indispensabile, magari è quello angolare e particolarmente prezioso. Tutti dobbiamo essere pronti nell’impresa che ci aspetta per costruire la cattedrale che ci è stata commissionata. Ognuno farà quello che può e sa fare, basta che si abbia chiara l’intenzione concreta di costruire il nostro tempio, di passare dalla teoria alla pratica e dal passato al presente e al futuro.
Non mi sottraggo a lanciare qualche idea e a mettere sul tavolo da lavoro delle iniziative. Siamo da anni gemellati con due logge,l’Arcadia di Napoli e la Jefferson di Milano. Un gemellaggio da oltre 4 anni purtroppo dimenticato. Uno scambio operativo di vedute con questi fratelli di latitudini diverse su questi temi o su altri che si riterranno più opportuni sarebbe forse utile e ci schiuderebbe degli orizzonti oggi un po’ troppo angusti. Ricordo ai fratelli che in particolare nell’Arcadia di Napoli figurano fratelli di religione ebraica e musulmana. In attesa della lodevole Fondazione culturale che abbiamo intenzione di far nascere, forse una iniziativa simile potrebbe aiutarci ad ampliare le nostre vedute spesso ristrette al massimo nei limiti del nostro piccolo oriente.
Ancora. E’ uscito di recente (dicembre 2006) un ottimo libro sulla Massoneria sugli Annali Einaudi della Storia d’Italia, con una critica sembra assai lusinghiera: potremmo incaricare un fratello di farci prossimamente una relazione e, se occorre, invitare l’autore prof. Gian Mario Cazzaniga dell’Università di Bologna a rispondere ai nostri dubbi e alle nostre sollecitazioni.
Ultima proposta concreta che purtroppo mi riguarda anche personalmente. Tutti i fratelli sanno che esiste nel nostro oriente una associazione onlus di bambini disabili che offre con tante difficoltà gratuitamente a 30 di loro un servizio di ippoterapia ben organizzato e lodevole sotto ogni aspetto.
Al di là che, cosa non secondaria, il Presidente di questa associazione sia un fratello, non vedrei male, diciamo, una nostra visita diretta a questo centro ippico e una adozione da parte nostra di questo servizio ippoterapico in modo tale da garantire con iniziative mirate la sua continuità nel tempo.
Per completezza di informazione vi informo che l’associazione Anffas è regolarmente iscritta alle associazioni onlus presso l’Ufficio Regionale delle Entrate e che per qualsiasi contributo viene rilasciata regolare ricevuta, deducibile nella dichiarazione dei redditi.
Ringrazio i Fratelli della tolleranza mostrata nell’avermi ascoltato e mi scuso se sono stato un po’ prolisso. Non era nelle mie intenzioni elargire ricette miracolose, che non ho, sul nostro futuro di massoni del terzo millennio e offro questa tavola alla riflessione e alla pazienza dei fratelli.
Corti Massimo