PINOCCHIO ESOTERICO



di Giacomo Maria Prati

per Edicolaweb




Pinocchio è un opera ricca di simboli, archetipi e significati occultati nella gradevole maschera della fiaba.

Solo tre autori hanno approfondito questi aspetti: Elemire Zolla, il Cardinale G. Biffi e il critico G. Manganelli.

Personalmente ho ulteriormente sviluppato questa prospettiva interpretativa trovando evidenti conferme a questa tesi. Possiamo enucleare tre linee di approfodimento dell’opera: Pinocchio quale fiaba alchemica accennante ad una trasformazione interiore e ontologica dell’essere umano; Pinocchio quale gioco di architetture-itinerari estetizzanti-magici e mitologici, Pinocchio quale insieme di parabole religiose e cristiane.
Per il primo aspetto risulta evidente che moltissime sono le concordanze fra la struttura stessa dell’opera e i suoi tratti salienti con le immagini-tipo e le dimensioni dell’achimia: Il burattino appare quale materia grezza universale già piena di vita propria che viene plasmata da un demiurgo-architetto e la Fata appare quale Iside-Grande Madre, signora della api, delle trasformazioni e degli animali.

Il legno stesso è segno della nave e del viaggio e Pinocchio passa più volte attraverso i quattro elementi della natura alla ricerca perenne della quintessenza! Viene infatti bruciato dal fuoco nei piedi e rischia di essere del tutto bruciato per opera del gatto e la volpe nel bosco di notte, naufraga due volte nell’isola della Fata e nel ventre del Pesce, vive l’esperienza dell’aria due volte: appeso alla quercia grande e volando sul colombo!
Si tratta quindi sempre di “prove iniziatiche” dove il nostro protagonista rischia spesso al morte e ciò gli apre nuove vie e stadi di maturazione interiore.

Per non parlare della trasformazione asinina simile a quella di Apuleio. Ogni caduta segue una crescita, un allontanamento e un ritorno, in un viaggio senza vero spazio e vero tempo, ma un viaggio mentale che segue un percorso a spirale e ciclico!
Frequenti sono i segni simbolici: il serpente, il cane, il pesce, fino ad arrivare alla manifestazione evidente dei significati occulti contenuta nella ricetta magica per “moltiplicare l’oro”: acqua – terra e un pizzico di sale. Ma è di facile conoscenza che il sale significa lo spirito, l’acqua significa la mutazione/anima volatile e la terra significa il corpo o il cuore.

È chiaro quindi che la centralità dell’oro (zecchini), nascosta sotto il fragile ma abile velo essoterico del denaro borghese, significa la ricerca della sublimazione spirituale, della pietra filosofale, della palingenesi interiore.

Altre volte il velo si ala: quando il burattino, incatenato come un cane (le trasformazioni simboliche avvengono anche in pesce e colombo) sospira nella notte: “Oh se potessi rinascere un altra volta..!”

Uno dei temi centrali è quello della rinascita infatti! Il mutar pelle per manifestare l’Essere.
Secondo la successiva prospettiva di tipo letterario-magico-mitologico c’è da confermare il fatto che l’opera è ricca di risonanze simboliche, sia classiche che medioevali.
Ad esempio il “pescatore verde” ricorda molto Polifemo (la vita selvaggia e asociale nella sua brutalità e unidimensionalità elementare), il burattino si mette gli zecchini sotto la lingua quando corre nella notte e ciò ricorda immediatamente l’obolo a Caronte (e questo ci conferma come un altro tema essenziale sia l’esperienza attiva della morte), il campo dell’inganno della volpe e del gatto si chiama “campo dei miracoli”.
Si intende dire che sussistono molti parallelismi e come una rete invisibile ma sensibile di relazioni fra i personaggi e le situazioni che creano un’atmosfera magica e suggestiva. Ad esempio c’è un parallelismo fra l’oscurità della selva dove vive la Fatina e l’oscurità del ventre del pesce: due notti rischiarate da una luce magica!
Infine, sconvolgenti sono le trasformazioni della fata: da bambina-fantasma a bambina sorellina, da donna viva e poi come morta a mamma di Pinocchio.

Altri parallelismi/contrapposizioni sussistono fra mastro ciliegia e il pescatore verde (omicidi per ignoranza) e fra l’omino e Mangiafuoco (il finto buono e il finto cattivo). Ma anche nella scelta dei nomi utilizzati è chiara l’impronta mitologica: da “Melampo” ad “Alidoro” fino alla capra che ricorda quella del monte Ida che allattò Zeus!
Filosoficamente l’opera è tutto un teatro dialettico abilissimo fra il libero arbitrio e il destino, fra la volontà e la necessità, fra il sogno e la vita. Finisce infatti in modo prodigioso: una storia tutta onirica si conclude nell’unico sogno “veramente” raccontato, un sogno teurgico e taumaturgico che libera l’essere dal legno e lo restituisce alla sua vera dimensione. Un sogno che ricorda quelli incubati nei Templi di Asceplio o Demetra.
Dal punto di vista religioso è innegabile che anche in tale dimensione i riscontri sono molteplici e profondi: Geppetto è falegname come Gesù, e lo crea senza una donna. La fata è simile a Maria per il suo intervento provvidenziale e per la sua strumentalità a Geppetto, mentre il pesce è simbolo cristiano e ci ricorda il battesimo e la morte-rinascita.
Dopotutto la storia di Pinocchio è la storia della ribellione e del ritorno al Padre: è un’espansione della parabola del figliuol prodigo.Pinocchio vive tutti i misteri della salvezza, dal battesimo alla croce: appeso alla quercia grande, attraverso lo Spirito santo (il Colombo).Un capolavoro che non stanca mai e che è così grande da poter accogliere le più differenti interpretazioni senza esaurirle.

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