BOAZ, BREVE ANALISI DI UNA PAROLA
(12/02/2015 E.:V.:) [lavoro elaborato 2013 E.:V.:]
BOAZ …
Per mezzo di questa parola, trasmessa da Oriente ad Occidente e sussurrata dai Diaconi ai Sorveglianti, il M.: V.: chiude i lavori della loggia nel primo grado.
La parte conclusiva del rituale Massonico in grado di Appr. \ è contraddistinto dal passaggio della Parola che è sancito per mezzo di 3 toccamenti.
L’incontro con questo termine, per gli appartenenti all’istituzione, avviene già durante il rito di iniziazione , quando viene compitato dal neofita che non sa “né leggere né scrivere” ma appunto, solo compitare.
In questo modo siamo stati messi a conoscenza di uno dei più importanti “segreti” dell’istituzione e cioè quello della Parola Sacra del 1° Gr.:
Grazie all’esperienza maturata come Diacono, ho trovato molto interessante approfondire la conoscenza sul significato e sulla storia della parola BOAZ, la quale è anche rappresentata dalla lettera “B” inscritta su una delle due colonne poste all’entrata del Tempio.
A tutti gli effetti la mia analisi parte proprio dalla lettura del primo Libro dei Re (1), al capitolo 7 dove gli antichi scrissero:
“13 Il re Salomone fece venire da Tiro Hiram, 14 figliuolo d’una vedova della tribù di Neftali; suo padre era di Tiro. Egli lavorava in rame; era pieno di sapienza, d’intelletto e d’industria per eseguire qualunque lavoro in rame. Egli si recò dal re Salomone ed eseguì tutti i lavori da lui ordinati. 15 Fece le due colonne di rame. La prima avea diciotto cubiti d’altezza, e una corda di dodici cubiti misurava la circonferenza della seconda. 16 E fuse due capitelli di rame, per metterli in cima alle colonne; l’uno avea cinque cubiti d’altezza, e l’altro cinque cubiti d’altezza. 17 Fece un graticolato, un lavoro d’intreccio, dei festoni a guisa di catenelle, per i capitelli ch’erano in cima alle colonne: sette per il primo capitello, e sette per il secondo. 18 E fece due ordini di melagrane attorno all’uno di que’ graticolati, per coprire il capitello ch’era in cima all’una delle colonne; e lo stesso fece per l’altro capitello. 19 I capitelli che erano in cima alle colonne nel portico eran fatti a forma di giglio, ed erano di quattro cubiti. 20 I capitelli posti sulle due colonne erano circondati da duecento melagrane, in alto, vicino alla convessità ch’era al di là del graticolato; c’eran duecento melagrane disposte attorno al primo, e duecento intorno al secondo capitello. 21 Egli rizzò le colonne nel portico del tempio; rizzò la colonna a man destra, e la chiamò Jakin; poi rizzò la colonna a man sinistra, e la chiamò Boaz.”
Questo passaggio ci racconta come il Re Salomone, figlio di Davide, fece costruire le due colonne del suo Tempio.
La costruzione dei pilastri si riscontra anche nel capo 3 del secondo Libro delle Cronache (2), infatti il Re Salomone:
“15 Fece pure davanti alla casa due colonne di trentacinque cubiti d’altezza; e il capitello in cima a ciascuna, era di cinque cubiti. 16 E fece delle catenelle, come quelle che erano nel santuario, e le pose in cima alle colonne; e fece cento melagrane, che sospese alle catenelle. 17 E rizzò le colonne dinanzi al tempio: una a destra e l’altra a sinistra; e chiamò quella di destra Jakin, e quella di sinistra Boaz.”
Nonostante vi siano delle differenze nelle dimensioni delle colonne, durante questa ricerca non ho reperito nessuna opinione che possa permettere di attribuire ai pilastri della casa del Re ed a quelli del Tempio del Re un significato simbolico diverso.
Il millenario mito della costruzione delle colonne del Tempio di Gerusalemme simbolizza da sempre la legge binaria che governa sottilmente la realtà sensibile.
Sulla colonna BOAZ, nel Tempio Massonico è poggiato un globo terracqueo e questo potrebbe significare come BOAZ sia struttura portante, altezza, robustezza, forza.
Questo potrebbe spingerci anche ad interpretare BOAZ come Il dominio sugli elementi, gli uomini, se stessi, esercitato con la potenza controllata e disciplinata dell’intelletto.
Questo richiama evidentemente il lavoro dell’Appr.:
BOAZ è una parola ebraica ed uno dei maggiori autori e studiosi di cose Massoniche del sec. XIX, nonché alto grado dello scozzesismo statunitense Albert G. Mackey, traduce BOAZ con l’espressione “In Forza” o “Nella Forza” , dato che la parola è composta dalla lettera dell’alfabeto ebraico Beth, che può significare “In” e OAZ che invece significa “Forza” (3).
Anche il famoso Framassone Albert Pike, autore dei “Morals and Dogma” si trova sulla stessa linea interpretativa ed arriva a dare alla parola OAZ la valenza del gerundio latino roborando, ossia, rinforzando.
La Beth ha cabalisticamente una valenza femminile, ricettiva e quindi principio passivo e sostanziale della creazione (4)
Componendo BOAZ, quindi, si ha una parola del rituale massonico in grado di apprendista che può avere il significato di stabilità in senso passivo.
Tale approccio sembra essere confermato anche in un dizionario ebraico edito nel 1912 (5) , dal quale l’importante esoterista italiano Reghini prende spunto per avvalorare questo punto di vista.
Infatti secondo il dizionario consultato dal Reghini, OAZ significa forte e potente che con il prefisso Beth andrebbe ad acquisire il significato di “Con la Forza” e “Nella Forza”.
La parola sacra del primo grado non fu istituita dalla Massoneria degli accettati, ma era già patrimonio simbolico ed allegorico degli operativi.
La curiosità di comprendere meglio le origini dell’istituzione Massonica mi ha permesso di capire che anche le gilde muratorie utilizzavano la parola BOAZ nei propri rituali.
Infatti nel manoscritto Chetwode Crawley “Il Grande Segreto”, presumibilmente redatto intorno al 1700, ci sono i seguenti passaggi che paiono essere eloquenti:
“….Poi dopo che ha promesso di mantenere il segreto gli si farà prestare giuramento in questa maniera : Le parole J…. e B….”
Il manoscritto prosegue poi con il catechismo d’istruzione in questa maniera:
“D: Dove sono le parole?
R: in 1 Re, capitolo 7, versetto 21, ed in 2 Cronache, capitolo 3 ultimo versetto.” (6)
Si ricorderà che alcune righe più sopra ho riportato i testuali passaggi dei due versi Biblici e che, pertanto, le parole contenute in entrambi sono Jakin e BOAZ.
Ulteriormente, per una corretta analisi filologica, è da segnalare che già nel Rituale Francese Moderno datato 1786 ed utilizzato nella Massoneria speculativa vi è un interessante passaggio che chiarisce ulteriormente il significato di BOAZ (7) :
D: Datemi la parola
R: Non devo leggerla né scriverla, posso solo compitarla. Ditemi la prima lettera ed io vi dirò la seconda
D: Che cosa significa questa parola?
R: Significa “La mia forza è in Dio”. Era il nome di una colonna di bronzo posta a Settentrione del Tempio di Salomone, vicino alla quale gli apprendisti ricevevano il loro salario.
Beith, Ain, Zain sono le tre lettere ebraiche con le quali la parola è compitata.
Seguendo il metodo della Cabala e assegnando dei valori numerici alle lettere abbiamo la somma tra 2+70+7 il cui risultato è 79.
79 è il 22mo numero primo ed il significato assegnato dalla disciplina esoterica ebraica è di Solidità, Compattezza, Fermezza.
Nella Bibbia ebraica però BOAZ non è solo presente per delineare la colonna sinistra del Tempio, ma è anche un nome proprio di persona.
Infatti BOAZ, tradotto in alcune versioni della Bibbia Cristiana con il latino Booz, è il marito di Ruth e la loro storia è narrata nell’ottavo libro del Vecchio Testamento.
Questo libro, il libro di Ruth, è posto fra il libro dei Giudici e quello di Samuele e si ritiene pertanto che le vicende narrate possano essere accadute intorno al XIV sec A.C.
La storia d’amore fra BOAZ è Ruth ci consegna un personaggio pieno di forza e determinazione, che accoglie una vedova Moabita, e quindi originaria di una popolazione ostile agli Israeliti, la quale era tornata a Bethleem insieme alla suocera in stato di povertà.
BOAZ era un vero israelita, discendente diretto di Giacobbe, della tribù di Giuda e delle famiglie dei Pereziti e degli Hezroniti (8) e soprattutto era un proprietario benestante, infatti proprio in Ruth 2:1 BOAZ è definito “potente e ricco”.
Durante il lavoro nei campi BOAZ riconosce le grandi doti di bontà e di grande laboriosità della vedova Ruth e decide di procedere alla richiesta di matrimonio coinvolgendo dieci uomini anziani e chiedendo risolutamente la possibilità di riscattare le terre di Elimelec e di contrarre matrimonio con Ruth.
In Ruth 3:18 è scritto: E Naomi disse, rimani qui figlia mia, finché tu veda coma l’affare finirà; poiché quest’uomo non si darà posa finché non abbia oggi stesso terminato quest ‘affare”
Il libro si conclude con un lieto fine in quanto la perseveranza e la determinazione di BOAZ vengono premiate con il diritto al riscatto delle terre di Elimelec e con il matrimonio con Ruth.
Le vicende descritte in questo libro, il cui protagonista è certamente BOAZ (nominato 24 volte in 4 capitoli), descrivono un uomo con delle notevoli qualità morali e caratteriali.
Nello studio del biblista cristiano evangelico Martelli si sostiene che vi siano in realtà delle serie incertezze sull’ etimologia e quindi sul significato di BOAZ, in quanto alcuni esegeti ritengono che la vera origine sia da ricercarsi nell’espressione ebraica “BEN’AZ” e cioè “Figlio di Forza” mentre altri sostengono che l’origine sia da ricercarsi in una parola araba che si potrebbe tradurre con “Vivace, Vigoroso, Veloce”. (9)
Sebbene l’età del BOAZ narrato in Ruth non sia chiara sappiamo che dalla loro unione fu generato Obed che generò Iesse che a sua volta generò il Re Davide padre di Israele.
Su questa linea dopo molte generazioni venne generato Giuseppe marito di Maria madre di Gesù chiamato Cristo (10) .
Quindi, grazie all’ evangelista Matteo, sappiamo che BOAZ è in linea genealogica un progenitore di Davide di Re Salomone e di Gesù.
BOAZ e quindi forza.
Forza di CREDERE nel G.:A.:D.:U.: e forza di INTUIRNE l’eternità.
Forza come DETERMINAZIONE e PERSEVERANZA nella ricerca del bene per l’umanità.
Forza come GENEROSITA’ verso gli altri e forza come capacità di TOLLERARE anche chi è differente.
Forza come BENEVOLENZA rispetto al nostro prossimo.
Forza come flusso ILLUMINANTE E VIVIFICANTE che ci attraversi in tutti i giorni della nostra vita.
Forza come RESILIENZA, che è quella proprietà tanto amata dalla psicologia moderna, ma che il fratello Kipling aveva perfettamente delineato nella meravigliosa poesia “SE” già alla fine del sec. XIX.
Mi piace pensare che i nostri sublimi lavori si chiudano con un augurio che suona un po’ come quello che il comandante Solo fece al giovane guerriero che combatteva contro il male, Luke Skywalker :
“Che la forza sia con te”
Vecchio Testamento, 1 RE 7, versione Riveduta 1927
Vecchio Testamento, 2 CRONACHE 3, versione Riveduta 1927
Lexicon of Fremasonery, Albert G. Mackey 1869
Le Parole Sacre e di Passo, Arturo Reghini 1931
Dizionario ebraico caldaico del Vecchio Testamento, Firenze 1912
Manoscritto Chetwode Crawley “Il Grande Segreto”, 1700
La Massoneria Spiegata ai sui iniziati- L’apprendista. Irène Mainguy
Libro di Ruth, cap. 4, 18-21
Studio del Libro di Ruth, Giuseppe Martelli
Il Vangelo di Matteo
G. T.