BIANCANEVE E I SETTE NANI,
OVVERO UNA LETTURA IN CHIAVE ESOTERICA
DELLE OPERE DEL FR.·. WALT DISNEY
La vita è sogno
(Calderòn
de la Barca)
Il sogno è vita
(Luigi Pirandello)
Quando ho appreso che anche il celebre Walt Disney apparteneva alla nostra Famiglia confesso di avere provato un senso di stupore e pure di gioia: avevo finalmente trovato la giustificazione del sentimento di gratificazione provata da ragazzo – e mai del tutto scomparsa – quando leggevo le sue storie, i cui personaggi ho sempre considerato come esseri veri, reali e a me vicini. Da adulto, in compagnia delle mie bambine, ho spesso rivisitato le sue opere cinematografiche più famose, che oggi considero a ragione vere e proprie “tavole architettoniche”, essendo peraltro del tutto accidentale, e d’importanza affatto secondaria, la circostanza che esse siano tramandate attraverso il linguaggio ‘mitico’ e mediante lo strumento del cartone animato.
Di queste opere, la più famosa è senz’altro Biancaneve e i sette Nani,
ma anche le altre, quali La Bella Addormentata nel Bosco, Cenerentola,
Dumbo, La Sirenetta, per citare soltanto le più famose, si
svolgono attraverso un comune filo conduttore: la sconfitta del Male e
l’affermazione dell’Amore. A tanto il protagonista arriva attraverso una vera e
propria iniziazione, nella duplice accezione di ingresso in una comunità
esoterica, nonché di trasformazione dell’Io per effetto di una rinascita
spirituale che si verifica a seguito di varie vicissitudini, o prove
iniziatiche.
La vicenda di Biancaneve è paradigmatica: la ragazza è costretta dalla malvagia
matrigna ad abbandonare la casa paterna, simbolo dei valori pertinenti alla
vita vissuta fino ad allora, e a trovare rifugio in un bosco fitto ed oscuro,
che ricorda così da vicino il gabinetto di riflessione. Dopo aver superato un
corso d’acqua, resistito a un turbinio di vento e vinta infine la paura
suscitata dalla visione degli occhi degli animali, occhi fosforescenti simili a
fiamme lampeggianti, la fanciulla giunge presso una capanna, la casa dei nani.
Rammento che nella lingua tedesca hütte significa tanto capanna,
rifugio, quanto loggia, e ciò non è casuale: invito voi tutti, carissimi
Fratelli, a riflettere quante volte nella Storia la loggia massonica è stata
l’ultimo rifugio per idealisti, eretici o scismatici, colti e incliti,
disparati e disperati, accomunati tutti dall’essere perseguitati dal Potere. A
costoro la Massoneria ha generosamente aperto le porte dei suoi templi,
chiedendogli non già da dove venissero, ma piuttosto dove volessero andare.
In questa capanna accade un fatto apparentemente banale ma in realtà
importante: Biancaneve, anziché lasciarsi sopraffare da un ambiente nuovo e,
probabilmente, ostile, lo esplora e fa amicizia con gli animali del bosco, che
vede adesso, alla luce del giorno, in una dimensione totalmente nuova da
quella, erronea e terrifica, della sera precedente. Si parva licet…
questo episodio mi fa venire in mente l’insegnamento di Platone, secondo il
quale l’iniziato deve essere, anzitutto, “desideroso di conoscere”, e
anche di Dante, esaltatore della curiosità di Ulisse, mosso a varcare i confini
dell’ignoto per soddisfare il proprio desiderio di “virtude e
conoscenza”. Ma non basta. In uno slancio di generosità la fanciulla
decide di pulire la casa dei nani, mettendo al lavoro pure gli animaletti di
cui è frattanto diventata amica. Sottolineo questo episodio perché esalta sia
il valore dell’amicizia fra i diversi che l’importanza del lavoro in comune.
Questi temi sono evidentemente cari al Fr. Disney, dal momento che li
ritroviamo in quasi tutte le sue opere.
Esemplare è, a tal riguardo, la vicenda dell’elefantino Dumbo, schernito
dai suoi stessi consimili perché afflitto da due orecchie abnormi, mostruose:
ebbene, sarà un topo – questa bestia, nella realtà, è invisa agli elefanti – a
rassicurarlo e infondergli il coraggio necessario per affrontare le difficoltà
della vita. E, guarda caso, le figure da cui il protagonista riceve aiuto sono
quasi sempre le creature più umili, volendo così sottolineare la perenne
antinomia fra Essere e Divenire: i valori del mondo della Manifestazione sono
profondamente diversi da quelli del mondo dell’Essere e chi è ‘ultimo’ nell’uno
sovente è ‘primo’ nell’altro.
La disponibilità ad accettare il prossimo, ancorché diverso e quindi lontano
dai propri modelli paradigmatici, a rimettersi in discussione, è condizione
necessaria ma non ancora sufficiente perché l’opera di catarsi possa dirsi
compiuta: occorre superare varie prove, che riecheggiano molto da vicino le “prove”
iniziatiche che ciascuno di noi ha subito prima di essere proclamato
“fratello”.
Sfacciatamente simili a quelle massoniche sono le prove che dovrà affrontare il
giovane Artù nella Spada nella Roccia: accompagnato dal Mago Merlino,
sarà trasformato dapprima in scoiattolo, poi in pesce, quindi in uccello.
Supererà così la prova di terra, di acqua e di aria prima di affrontare
l’ultima, la più impegnativa, quella del fuoco, nella fattispecie, tirare la
spada magica fuori dalla roccia in cui era incagliata. Ci avevano provato in
tanti, cavalieri e non, ed il suo cimentarsi è giudicato follia: ma, talvolta,
solo un “puro folle” può arrivare ai recessi negati invece alla
razionalità farisaica e conformista.
La spada è un simbolo ‘assiale’, riecheggia cioè l’axis mundi, il filo a
piombo del Grande Architetto che mette in comunicazione fra loro gli stati
molteplici dell’Essere, microcosmo e macrocosmo, ma è anche un simbolo solare
perché riflette la Luce: emblematica è a tal proposito la scena del
combattimento fra il principe e il drago nella Bella Addormentata nel Bosco.
Le fate, tre come le Luci, hanno appena liberato dai ceppi il giovane principe,
affinché a sua volta egli liberi Rosaspina dal sortilegio della strega. La
quale, nel tentativo di fermare il giovane, si trasforma in un drago
fiammeggiante. Per gli studiosi di psicoanalisi il riferimento è chiarissimo:
“vincere il drago” è infatti l’equivalente di “scavare oscure e
profonde prigioni al vizio”, lottare cioè contro noi stessi per liberare
il proprio Io dalle tensioni e dalle passioni che lo ancorano alla materialità
cagionandogli frustrazioni e sofferenze. Le fate non possono più aiutare
attivamente il Nostro, ma solo assisterlo in forma totemica; tuttavia gli
offrono, prima del combattimento, una “spada di verità” e uno
“scudo di virtù”. Al momento di colpire la bestia la spada si
illumina, riflettendo una luce abbagliante, quindi, vinto il drago, esaurisce
la sua funzione e perde così tutto il suo splendore, ritornando ad essere un
semplice oggetto privo di qualsivoglia valore. Personalmente ho ravvisato in
questa scena anche un’esortazione a considerare i ‘metalli’ per quello che
sono: uno strumento, un aiuto per l’uomo, del quale però egli può e deve fare a
meno se realizza che gli sono d’intoppo per la sua crescita spirituale.
Ricordate il Discorso della Montagna? Beati i poveri di spirito, perché di
essi è il Regno dei Cieli. Ma cosa vuol dire essere poveri di spirito?
Difettare forse di spiritualità? Se però così fosse, come si potrebbe aspirare
al Regno dei Cieli? Osservo che nel testo greco la locuzione di
spirito è tradotta tò pnéumati, cioè è espressa con il caso del
dativo-ablativo, che è, per antonomasia, il caso corrispondente al complemento
di causa efficiente. Credo allora che si possa – e si debba – tradurre: beati
coloro che, deliberatamente, hanno optato per la semplicità, che per libera
scelta hanno privilegiato la dimensione dell’Essere piuttosto che quella
dell’Avere, e ancora, che se chiamati a posizioni di responsabilità, si sforzano
di lavorare per il perfezionamento che prelude all’elevazione di quella
porzione di umanità, più o meno grande, destinataria del loro servizio. Questo tema è sviluppato assai chiaramente
nella Sirenetta. Il vecchio Re del Mare aveva ceduto alla strega il suo
tridente d’oro – simbolo della regalità, del potere indissolubilmente legato
alla saggezza, alla luce – barattandolo con la vita della figlia. In quel
preciso istante tutte le creature marine sono trasformate in vermi. Dopo che la
strega sarà stata uccisa dal principe Erik, l’umano innamoratosi della sirena
Ariel, il tridente, lasciato cadere dalla strega moribonda, torna ai piedi del
vecchio re che, impugnatolo, ritrova le antiche fattezze, e assieme a lui tutti
i suoi sudditi. Se da ciò possiamo ricavare un insegnamento, mi pare che esso
sia il seguente: la Luce, intesa anche come potestà di comando, non può essere
affidata a mani che non sono degne di riceverla, e di tanto ognuno di noi
dovrebbe ricordarsi in tutte le occasioni della vita, anche e soprattutto in
quelle ‘profane’. Alla fine sarà poi proprio il re Tritone, dapprima così
diffidente verso gli umani, a trasformare in donna la sirenetta sua figlia e
concederla in sposa al principe, rammentandoci così che amare una creatura non
significa tenerla perennemente legata a sé, bensì favorire l’armonioso sviluppo
della sua personalità per metterla in condizione di scegliere con cognizione di
causa.
Ci sia infine permessa un’ultima considerazione, sulla magia. L’argomento
meriterebbe uno studio più approfondito, ma non è questo il momento per una
trattazione esauriente. Mi limiterò, perciò, a un breve accenno sul tema,
sperando che le seguenti riflessioni siano di stimolo a chi voglia
approfondirlo.
Dal latino magis – di più, maggiormente – magus è, in ambito
esoterico, colui che lavora alla trasformazione del proprio io interiore, non
già chi si avvale dei poteri segreti della Natura per trasformare bastoni in
serpenti e suscitare ammirazione fra gli increduli, come faceva Simon Mago. Per
gli alchimisti, la trasmutazione del piombo in oro era essenzialmente
simbolica: in realtà essi miravano a un’altra metamorfosi, ben più impegnativa
ma tanto più feconda: il disvelamento del divino che è in ciascuno di noi. Chi
riesce in questa impresa consegue la Bellezza nell’accezione archetipa del
termine. Così la Sirenetta, oppure la stessa Biancaneve, a trasformazione
avvenuta, estasiate dalla bellezza che le circonda, provano una gioia prima
sconosciuta, laddove Grimildela
malvagia regina che, accecata dall’invidia, prepara la mela avvelenata con la
quale,
uccidere Biancaneve, è costretta a perdere la propria bellezza esteriore e a
diventare
Giovanni Lombardo