“Il Silenzio”
G. T.
In Massoneria abbiamo appreso che il silenzio sia e vada imposto all’Apprendista, per agevolare la sua assimilazione dei principi e dei costumi che ci distinguono. Un apprendimento lento e graduale attuato nell’osservazione e nell’ascolto di Tavole e scambio di opinioni dei Fratelli più anziani.
Per ogni Libero Muratore il silenzio consiste nell’astenersi dal parlare inutilmente, per il semplice piacere narcisistico di sentire la propria voce o di manifestare la propria presenza, anche quando si è coscienti di non essere in grado di aggiungere alcunché di rilevante alla trattazione corrente. Occorre però aggiungere che si tratta del silenzio del cuore, consistente nel far tacere le passioni ed i giochi esasperati dell’immaginazione, nonché il pensiero foriero di utilità o costruttività nei confronti degli eventi, delle cose e degli esseri. Anche questo è un aspetto compreso nell’esclusione dei metalli dal Tempio, requisito indispensabile per l’instaurazione della sacralità rituale, ovvero per la consacrazione dello stesso Tempio.
Cosà è dunque il silenzio? Una semplice condizione ambientale che possiamo creare e mantenere? Oppure si tratta di una condizione surreale, simile a quella raccontata da certi professionisti subacquei arrivati a descrivere stati d’animo sperimentati nel silenzio assoluto degli abissi? Quegli stati d’animo particolari definiti in successione con termini come timore, paura, sgomento, quiete, calma, distensione, contemplazione, riflessione e meditazione, per culminare in esaltazione, una condizione simile alla beatitudine se non addirittura alla felicità.
Un antico proverbio cita che “A forza di tenere aperta la bocca, si sono chiuse le orecchie”, un detto che nasconde una profonda verità.
Realizzare il silenzio non né facile né infantile, specie nel corso di questa nostra esistenza, satura di rumori di varia natura, esterna ed interiore. Mentre non è facile la soppressione di quelli esterni, risulta ancora più difficoltosa l’eliminazione degli interni, dovuti a sensazioni, sentimenti e pensieri. Un esempio forse banale ma significativo evidenziante questa difficoltà, è noto a quanti abbiano sperimentato con successo la concentrazione. Ci si accorge dapprima che il ronzio della mosca come lo scricchiolio di un mobile siano percepiti come il rombo di un cannone. Al contrario piccoli e insignificanti pensieri ed emozioni acquistano grande importanza.
Per conseguire il vero silenzio, che nulla ha da spartire con il silenzio di chi tace perché ha la mente vuota o perché teme di sbagliare, occorre sforzarsi di praticare, di operare ogni giorno. Se parliamo non possiamo udire. Bisogna far tacere le nostre voci, spogliarci dei pregiudizi e trovare la capacità di ascoltare con la mente e il cuore assolutamente liberi.
Conduciamo tutti una vita impegnata, talvolta pure movimentata. La nostra vita è sovente rumorosa e spesso, dopo una giornata trascorsa nel caos frenetico e nel frastuono assordante di rumori provocati dalla stessa attività umana delle nostre città, si aggiungono delle voci umane talvolta pure assordanti, che reclamano tutte a gran voce, il loro diritto all’esistenza, sono spesso voci dettate da esigenze primordiali, strettamente legate alla loro natura “umana”: sono esigenze di cibo, di spazio, di comunicazione, di affetto, di amicizia.
Difficilmente si trova un posto tranquillo dove ci si possa, per un periodo anche breve, distendere in silenzio, passare il proprio tempo ad estrarre dal profondo della nostra coscienza le risposte alle domande che ci assillano insistentemente.
Si avverte impellente il bisogno di rallentare la corsa, di riprendere il respiro. Ma molto spesso ci lasciamo inghiottire dalle necessità pressanti e continuiamo a correre, senza sosta, e non troviamo più il modo di fermarci. Un rimedio esiste: la pratica del silenzio.
Come provocare la condizione ideale per penetrare nel regno dell’ “essere interiore”? Ieri ancora la pratica del silenzio poteva essere semplice. Bastava seguire un appropriato percorso tradizionale e mantenersi su quella via (eremitaggio, ordine religioso ecc.). Ma oggi le esigenze del silenzio sono diventate molto più sottili e raffinate; l’uomo moderno avverte prepotentemente la necessità di comunicare con l’universo intero, di incontrarsi e comunicare con i suoi simili e condividere con loro conoscenze e valori. Incapace di sopportare le divisioni, i confronti e le divergenze, l’uomo moderno aspira ad una forte unione di consensi che possa conglobare tante differenze; e non esiste nessun’altra strada percorribile, che possa riuscire in questo intento, se non la pratica del silenzio, nella scoperta costante “dell’essere interiore”.
Grazie alla pratica del silenzio l’uomo sarà dunque chiamato a sbarazzarsi dei suoi metalli: le sue false credenze, le sue superstizioni, la sua arroganza, il suo pseudo-sapere, il suo orgoglio.
Tutto deve essere rivisto, purificato; scegliere e seguire questa strada significa soprattutto subirne una fatale attrazione, riuscendo nel contempo a liberarsi da concetti e nozioni false o distorte, ricevute ed assimilate durante la nostra adolescenza.
Questo atteggiamento sopraggiunge soltanto dopo aver raggiunto un ulteriore distacco da tutto ciò che infastidisce e soffoca la silenziosa ricerca “dell’essere interiore”. Le tradizioni e le religioni saranno gradatamente epurate dai diversi rivestimenti imputabili alla storia, e diventeranno più intense e vive. Il silenzio crea dunque le condizioni per iniziare un lungo cammino e penetrare “nell’essere interiore”, là dove spunta “la scintilla divina”, là dove nasce l’uomo nuovo.
Misterioso questo “essere interiore”; esso simboleggia uno stato d’animo, piuttosto che un posto determinato.
Il silenzio, processo indispensabile per averne accesso, inaugura un passaggio dal di fuori al di dentro, dal caos all’ordine, dalla schiavitù alla libertà. Il silenzio non può essere intrapreso e attuato che da coloro che consentono un distacco supremo e totale da se stessi. Solo l’uomo privo di bagagli che gli infastidiscono le mani, privo di preconcetti e idee che oscurano la sua ragione, può sperare di raggiungere questo distacco.
La caratteristica fondamentale del silenzio è dunque la sua eccezionalità nel riuscire ad innescare nell’individuo che lo applica un processo evolutivo di tale intensità da modificare atteggiamenti e abitudini, ma pure valori e obiettivi di vita. Basta evocare qualche esempio per comprendere l’importanza di un tema cha ha tanto interessato uomini assetati di Assoluto, di qualsiasi epoca e delle più diverse civiltà e tradizioni; uomini che hanno riscontrato tramite il silenzio un’esperienza sconvolgente.
Sarà infatti nel silenzio assoluto del deserto che Mosè poté conversare con Dio e, sempre grazie al silenzio, vivere l’esperienza interiore di una separazione dal mondo, di un ritiro dalla società, di una rinuncia alle diverse attività. Diversi personaggi biblici hanno vissuto profondamente simili momenti di grande misticismo; ovunque nella Bibbia il silenzio del deserto risuona.
Nella nostra epoca così disordinata e stressante, ove non è raro essere investiti da idee e principi contrastanti, ove pure la vita professionale incalza con innovazioni feroci e incessanti richieste di redditività e dove neppure la religione riesce a erigersi a baluardo di valori e principi sicuri, non è difficile per l’uomo moderno sentirsi smarrito, confuso.
Quando l’individuo è animato da un forte disordine interiore tutto si trasfigura, vacilla; idee e principi si dissestano e lasciano la mente disorientata, arida, incapace di gestire ragionevolmente l’operato dell’uomo. Ciò significa che l’individuo ha perso o allentato quei rapporti segreti che manteneva stretto con il suo “essere interiore”.
Oggi tuttavia silenzio non significa rompere, né allontanarsi definitivamente dal mondo esterno per rifugiarsi, magari anche egoisticamente, nel nostro mondo interiore. Il silenzio non è fine a se stesso, non vuole essere uno scopo ultimo, esso deve procurare una libertà più grande per arrivare a scoprire le essenzialità e le priorità della nostra vita. Il silenzio infatti modifica l’uomo, lo scolpisce e lo colora, conferendogli il senso della sua origine.
Non si può dire con certezza cosa è il silenzio; non è niente di percettibile; non agisce nel campo dell’energia, del movimento, ma rappresenta un non-stato al di là di tutti gli stati.
Il silenzio nella meditazione è comunque la sorgente del movimento e del senza movimento. Essere nel silenzio meditativo crea una nuova maniera di vivere d’istante in istante; un modo di vita che non può essere diviso in momenti.
Purtroppo noi ci conosciamo unicamente nell’azione, che nasconde e tende ad emarginare la tranquillità. Il silenzio ci permette talvolta di sottrarci dall’agitazione confusa dell’azione e ridarci armonia e tranquillità.
Nel silenzio l’uomo è invitato a riconsiderare la propria memoria e il proprio cuore ripulendoli da ogni sapere concettuale. Questa purificazione lo condurrà a poter accettare liberamente una serie di rinunce; dopo di che potrà abbandonarsi all’ascolto della parola interiore e scoprire così “l’essere interiore”.
L’allontanamento del tumulto esteriore aiuterà l’uomo a raggiungere la tranquillità necessaria per assumere il proprio compito; grazie al silenzio della meditazione diventerà finalmente un uomo libero.
Grazie al silenzio della meditazione lentamente l’uomo vecchio che abitava in noi si trasforma a tappe progressive; ogni tappa è un mattone che vuole contribuire alla costruzione ideale del Tempio interiore. Non bisogna tuttavia lasciarsi prendere né dall’impazienza, né dalla precipitazione; ad ogni traguardo raggiunto, l’uomo nuovo porterà appresso, scolpito nella sua memoria profonda, i contenuti essenziali della sua spiritualità.
Il tutto poi si affina, si ricompone, si amalgama, da diventare un’unica, continua ricerca armoniosa.
Questi stadi, queste tappe, non sono altro che le diverse operazioni di purificazione che riportano l’uomo al suo primitivo splendore interiore.
Dopo aver superato tutte le tappe richieste, l’uomo nuovo potrà finalmente raggiungere la scintilla divina che abita in ogni essere umano, avvertita come presenza misteriosa e nascosta. Questa presenza apparirà inizialmente come estranea, esteriore alla propria persona; ben presto si rivelerà però come realtà individuale, il proprio “essere interiore”.
Lo spirito divino abita nell’uomo: l’essenziale è scoprirlo. Questa scoperta è raggiungibile soltanto con un metodo: l’individuale silenzio della meditazione.
Il silenzio della meditazione consiste in un continuo esercizio di purificazione che conduce verso una perpetua interiorizzazione; questa ultima, infine, porta alla scoperta del proprio “essere interiore”. Più l’uomo riesce a penetrare nel suo “essere interiore”, più grande e autentica diventa la sua disponibilità verso gli altri; diventa così capace di amare.
La Massoneria non solo insegna la “pratica del Silenzio”, ma ne è la scuola. Per rafforzare questa mia convinzione mi piace far riferimento al filosofo Miguel Molinos (1628-1696) che suddivise il Silenzio in tre distinte categorie: il silenzio della parola, il silenzio dei desideri e il silenzio dei pensieri. Vedo riflesse, in questi tre gradi di silenzio, le virtù dei tre gradi massonici: il silenzio della parola è proprio al grado di Apprendista, tacere per apprendere; il silenzio dei desideri si addice al grado di Compagno, sacrificio e rinuncia in favore del prossimo; il silenzio della mente è l’Arte del Maestro Massone, è la libertà spirituale che permette l’evoluzione illimitata verso la Conoscenza.
Sempre parafrasando il suddetto pensatore, ma espresso con parole massoniche, la sintesi potrebbe suonare così: non parlando, non desiderando e non pensando si raggiunge il vero Silenzio interiore, il quale permette all’iniziato di percepire la voce del G.A.D.U. e, infine, di intuire la Verità.
Per quanto attiene al Silenzio la Massoneria insegna soprattutto l’arte del tacere, dell’ascolto e della totale liberazione interiore; la ricettività per il trascendente corrisponde al grado di tale libertà.
Riferendosi sicuramente a tutti i livelli del silenzio, fisico e spirituale, Pitagora ci ha lasciato questa raccomandazione: “Ciò che vuoi dire deve essere migliore del silenzio, altrimenti taci”.
Ma il Silenzio può incutere anche paura, esso permette l’ascolto della propria coscienza. Felice chi ascolta il Silenzio con serenità …
Citazioni sul silenzio
-“Di fatto, ogni silenzio consiste nella rete di rumori che l’avvolge: il silenzio dell’isola si staccava da quello del calmo mare circostante perché era percorso da fruscii vegetali, da versi d’uccelli o da un improvviso frullo d’ali”. (Italo Calvino)
-“Due amici in silenzio a volte dicono di più che con mille parole”. (Sergio Bambarén)
-“Il silenzio è stupido se siamo saggi, ma saggio se siamo stupidi”. (Charles Caleb Colton)
-“Il suo silenzio era abbastanza eloquente”. (Umberto Eco)
-“Quando non hai niente da dire, non dire niente”. (Charles Caleb Colton)
Proverbi italiani
-“A chi non sa parlare, ben si addice il silenzio”.
-“Chi ascolta, guarda e tace, vive in pace”.
-“Dall’albero del silenzio pende per frutto la tranquillità”.
-“E’ meglio un silenzio parlante, che un irragionevole parlare”.
-“Il silenzio è alle volte più eloquente delle parole”.
-“La parola è d’argento, il silenzio è d’oro”.
-“Parla poco e ascolta assai, e giammai non fallirai”.
-“Sentire e non ridire è un buon servire”.