CRESCITA CULTURALE PER IL MASSONE

 Crescita culturale per il massone

Carissimi Fratelli,

di solito nelle mie tavole cerco di essere breve e di esprimere concetti in forma concisa e possibilmente chiara. Questa volta però voglio prendere l’argomento da lontano, sperando  comunque di non annoiarvi e di riuscire lo stesso a stimolare le vostre riflessioni.

Pensando che cultura fosse sinonimo di aver studiato, mi ripromettevo di chiarire che avrei parlato di cultura distaccandomi dalla definizione dei dizionari. Invece nel dizionario Treccani ho trovato questo: “L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo”.

Ecco, quello di cui vorrei trattare è proprio la “consapevolezza di sé e del proprio mondo”, che spesso viene definita “coscienza”.

Per svolgere i miei ragionamenti farò riferimento a teorie scientifiche, alcune delle quali non proprio dimostrate, e quindi andrebbero considerate come ipotesi, ma non si tratta qui di formulare una sintesi di varie teorie per proporre una possibile risposta al quesito di che cosa è la coscienza. Prendete quindi i miei ragionamenti come un esercizio per sondare eventuali possibilità e non come una dimostrazione di che cosa sia questo ente che a volte chiamiamo “ego”, a volte “anima” e a volte in molti altri modi.

Il filo logico del ragionamento è il seguente: la vita sulla Terra si è organizzata in un modo che ha portato Darwin a formulare la Teoria della Evoluzione delle Specie, ricercatori  anche recenti hanno dimostrato che è perfettamente possibile che la materia (ma i neuroni, non i sassi) possa dare origine al pensiero, altri ricercatori hanno ipotizzato che il prodotto principale del pensiero, cioè la coscienza, altro non sia che una sovrastruttura “culturale” originata dal nostro cervello. In base a queste teorie, crescita culturale diventa sinonimo di crescita di coscienza, ovvero di aumento della Luce che noi massoni otteniamo lavorando alla ricerca della Verità, ed è quindi questa la crescita culturale per il massone.

La prima ipotesi che intendo considerare quindi è quella formulata da Darwin sullo sviluppo della vita sulla terra. Anche se non proprio dimostrata, è una ipotesi molto convincente.

Darwin sostiene che tutti gli esseri viventi, anche gli organismi unicellulari, provano “emozioni” e infatti sono proprio le “emozioni” a guidare le reazioni che portano alla conservazione della specie. Vi riporto le parole di un commentatore di Darwin: “La nuova teoria delle emozioni costituisce pertanto la radice inestirpabile della nuova filosofia dell’uomo.

Nelle emozioni istintive ereditarie Darwin vede non solo un insieme inscindibile di corpo-cervello-mente-azione, bensì anche l’intreccio di passato, presente, futuro. Le emozioni istintive ereditarie, cioè le materie ereditabili che si fanno storia attraverso processi di interazione sociale non consapevoli, non verbali, non intenzionali, sono perciò per Darwin il punto in cui biologia e sviluppo culturale, strutture corporee e storia, si sovrappongono e vanno a modellare cognizione e azione. Così la paura della morte è conoscenza ereditaria, appresa attraverso il riconoscimento del dolore e della sofferenza degli individui della stessa specie o di altre specie, e attraverso l’empatia nei loro confronti: un intreccio plurale di emozioni e cognizioni del corpo e della mente, di socialità, di storia di specie e tra le specie che, dal lontano passato, emerge nel presente individuale, per proiettarsi ancora nel futuro.

Per questi caratteri innovativi la nuova teoria delle emozioni darwiniana è anche la radice inestirpabile della nuova teoria dell’istinto o coscienza, con cui Darwin fa cadere definitivamente le barriere tra istinto e ragione, tra sagacità-istinto animali e intelligenza-ragione umane”

Queste osservazioni fanno intravedere una genesi del tutto naturale della coscienza; ma come può essere possibile che un oggetto di pura materia, sia pure organizzato in miliardi di cellule specializzate, possa apprendere qualcosa?

Un gioco matematico proposto su Scientific American più di 30 anni fa potrebbe forse darci un’idea di come ciò possa accadere. Si tratta di un gioco simile al filetto dove da una parte gioca una persona e dall’altra gioca un automa. Ora siccome il gioco è piuttosto semplice e la scacchiera è ridotta, in tutto sono possibili 25 configurazioni di gioco, per cui l’automa dispone di 25 scatole contenenti ciascuna 4 biglie di colore diverso: ogni colore indica la direzione della mossa da fare, in alto , in basso a destra o a sinistra. In una data configurazione della scacchiera, si estrae dalla scatola corrispondente una biglia a caso e si fa eseguire all’automa la mossa indicata. Se alla fine l’automa vince, si rimettono tutte le biglie al loro posto; se però l’automa perde, si rimettono al loro posto tutte le biglie tranne quella che ha determinato la sconfitta. In questo modo le mosse dell’automa diventeranno sempre più “intelligenti” e alla lunga diventerà difficile batterlo.

Se consideriamo la infinita potenza di un sistema di miliardi di neuroni paragonato a 25 scatole che consentono quattro possibilità di reazione, appare chiaro come le possibili “mosse vincenti” del cervello (o meglio, stando al nostro esempio, che implica che si impara dagli errori, l’abbandono delle “mosse” perdenti) possa essere di numero e qualità infinitamente superiori.

Ecco quindi che il ≪dualismo di sostanza≫ cartesiano: la mente come sostanza eterea immateriale e, all’opposto, la materia come sostanza estesa, immersa nella corruttibilità dello spazio e del tempo, possa essere considerata una ipotesi dovuta alla incapacità di immaginare a quell’epoca un sistema capace di autoapprendimento.

Rescogitans o res extensa, mente o corpo, mente o cervello, nettamente separati, qualitativamente differenti, con in più il mistero di una loro interazione è, secondo alcuni, oggi non più sostenibile.

          Si dovrebbe giungere al completo capovolgimento dell’assunto cartesiano. Dal ≪cogito ergo sum≫ si dovrebbe passare al ≪sum ergo cogito≫.

Il darwinismo, infatti, con la sua teoria della evoluzione per selezione ci fa vedere non solo la genesi della mente dal corpo, la generazione della mente dal corpo, ma anche il processo, il come la mente funzioni immersa nei diversi sistemi del cervello, del corpo, delle azioni, e delle interazioni con il mondo. E le neuroscienze oggi hanno trasformato le ipotesi darwiniane in esperimenti scientifici comprovati e quindi, su base scientifica, hanno mutato i concetti di materia e di mente.

Gerald Maurice Edelman un biologo statunitense, premio Nobel per la medicina nel 1972, insieme a Rodney Porter, per i suoi lavori sul sistema immunitario ha sempre più spostato i suoi interessi verso la fisiologia del cervello e le sue funzioni.

La sua originalità sta nell’aver coniugato i principi biologici generali dell’evoluzionismo al sistema mente, teorizzando quel darwinismo neurale che è diventato dagli anni ottanta oggetto di studi e sviluppi. Secondo Edelman, “la sostanza pensante non è affatto una materia straordinaria bensì ≪materia del tutto normale, costituita da elementi chimici quali il carbonio, l’idrogeno, l’ossigeno, l’azoto, lo zolfo, il fosforo, e da alcuni metalli presenti in tracce≫. Straordinaria invece è la sua organizzazione, come straordinaria è del resto l’ organizzazione di ogni altra materia del cosmo. Infatti, sono proprio le diverse organizzazioni che vanno a formare i tratti distintivi di ogni materia.

         Nell’essere umano si trovano circa duecento tipi di cellule e tra quelle più specializzate c’è la cellula nervosa, o neurone, che è una cellula particolare per tre motivi: la forma variabile, la funzione elettrica e chimica e la connettività, cioè la capacità di connettersi agli altri neuroni in reti neuronali.

Il cervello pertanto è la ≪ materia della mente≫ e ≪l’oggetto materiale più complesso dell’universo≫: trenta miliardi di neuroni nella corteccia degli umani.”

Queste considerazioni che ho esposto dunque ci portano ad ipotizzare che la coscienza nasca da un processo biologico naturale. Ma che cosa è?

Vi ho descritto il giochino dello Scientific American per darvi una idea di come sia possibile “imparare” o “diventare intelligenti” anche senza coscienza e quindi per suggerire un comportamento analogo del nostro cervello, da quando si nasce fino alla fine dei nostri giorni. Ma mentre nel giochino dello Scientific American c’è un uomo a pilotare l’apprendimento dell’automa, chi c’è a pilotare l’autoapprendimento del nostro cervello?

A decidere se l’ultima mossa era valida o sbagliata? Io vi propongo la seguente ipotesi: nella generalità dei casi, il cervello registra in modo positivo (e quindi le rafforza) quelle azioni/reazioni che provocano benessere; al contrario giudica negative quelle che inducono malessere, e ciò avviene a livello inconscio.

Quando invece si considerano le reazioni al livello conscio, allora interviene un “quid” a decretare se quella azione è buona o cattiva, da ripetere o da evitare.

Questo “quid” lo vorrei ora chiamare il Giudice/Arbitro.

Cos’è il Giudice Arbitro? Vi propongo questa descrizione: “Mondo di visioni non vedute e di silenzi uditi è questa regione inconsistente della mente! E ineffabili essenze questi ricordi impalpabili, queste fantasticherie che nessuno può mostrare! E quanto privati, quanto intimi!

Un teatro segreto fatto di monologhi senza parole e di consigli prevenienti, dimora invisibile di tutti gli umori, le meditazioni e i misteri, luogo infinito di delusioni e di scoperte. Un intero regno su cui ciascuno di noi regna solitario e recluso, contestando ciò che vuole, comandando ciò che può. Eremo occulto dove possiamo studiare fino in fondo il libro tormentato di ciò che abbiamo fatto e ancora possiamo fare. Un intro-cosmo che è più me di ciò che io posso trovare in uno specchio. Questa coscienza, che è il mio me stesso più segreto, che è ogni cosa eppure non è nulla di nulla, che cos’è? E da dove venne? E perché?”

Converrete con me che questa descrizione dell’essere umano è abbastanza intrigante.

Questo Giudice/Arbitro, questo detentore della coscienza, se accettiamo la teoria di Darwin, deve essere comparso a un certo punto della storia evolutiva. Quando è successo? E come è accaduto? Senza scendere in troppi dettagli, vi dirò che è stata formulata la seguente ipotesi: gli emisferi destro e sinistro del cervello, uguali per quanto riguarda i motoneuroni, si differenziano invece per le capacità cognitive. Per semplicità si dice che il cervello sinistro è quello della razionalità e della parola, quello destro è quello della intuizione e delle  immagini. Questa caratteristica è stata definita “bicameralità”.

Partendo da questo assunto, si ipotizza che gli uomini primitivi, parecchie migliaia di anni fa, “funzionassero” soprattutto col cervello destro. Le intuizioni e le immagine elaborate dal cervello destro venivano passate al cervello sinistro che le verbalizzava, dando al soggetto l’impressione di udire delle vere proprie voci. Un po’ come accade ancora oggi agli schizofrenici.

A quel tempo però le voci, che avevano origine dalla struttura bicamerale del cervello, venivano attribuite agli dei.

A supporto di questa ipotesi si fa riferimento a molte statue di divinità diffuse in tutto il mondo che mostrano il dio a bocca aperta, come nell’atto di parlare.

Chi poi si faceva portavoce della parola del dio per tutto il popolo era o un re o un sacerdote.

Nel corso dei secoli e dei millenni però questa situazione si è trasformata ed è stato preso come esempio di questa transizione il diverso stile con cui sono state scritte l’Iliade e l’Odissea. Nel primo poema, collocato intorno al mille avanti cristo, tutto è pilotato dagli dei e gli uomini sembrano non avere desideri o passioni proprie. Nel secondo gli dei sono molto sullo sfondo e tutto si svolge secondo le passioni e la volontà degli uomini.

Questo passaggio, definito il crollo delle camere bilaterali del cervello è stato dunque collocato nei quattro secoli del primo millennio avanti cristo. Nel corso di questo millennio si è assistito al crollo della mente bicamerale e alla comparsa della coscienza.

Questa transizione, questo passaggio evolutivo non si sarebbe ancora concluso, e vi sono tracce della struttura bicamerale riconoscibili nella varietà delle tecniche per mezzo delle quali l’uomo tenta di stabilire un contatto col suo oceano perduto di autorità. Profeti, poeti, oracoli, vaticinatori, culti di statue, medium, astrologi, santi ispirati, possessione demoniaca, tarocchi, sono altrettanti residui di una bicameralità che è andata restringendosi, via via che alle incertezze si aggiungevano altre incertezze.

Alla luce di queste considerazioni, si arriva a concludere che la coscienza è essenzialmente un ritrovato culturale, appreso sulla base del linguaggio e insegnato ad altri, e non una necessità biologica. L’autore di questa ipotesi attribuisce alla comparsa della coscienza un valore di sopravvivenza, per cui conclude che il passaggio ad essa potrebbe essere stato in effetti favorito in una qualche misura dalla selezione naturale.

A suffragio di questa ipotesi espone le seguenti considerazioni: “È impossibile calcolare quale percentuale del mondo civilizzato sia perita nei terribili secoli verso la fine del II millennio a.C. Io sospetto che tale percentuale sia stata enorme.

E la morte doveva abbattersi più veloce su coloro che obbedivano in modo impulsivo alle loro abitudini inconsce o che non sapevano resistere ai comandamenti dei loro dèi di colpire tutti gli stranieri che avessero interferito con le loro azioni. Può darsi perciò che gli individui più ostinatamente bicamerali, più obbedienti alle loro divinità familiari, perissero più spesso, il che favoriva la diffusione nelle generazioni seguenti dei geni degli individui meno impetuosi, meno bicamerali.

Anche qui possiamo appellarci al principio dell’evoluzione darwiniana, come abbiamo fatto nella nostra discussione del linguaggio. La coscienza deve essere appresa da ogni nuova generazione, e coloro che sono biologicamente più abili ad apprenderla avranno maggiori probabilità di sopravvivere.”

Carissimi fratelli, lo scopo della mia tavola non era di dimostrare come nel corso di miliardi di anni sia stato possibile passare dalla ameba all’homo sapiens. Mi sono servito di queste ricerche scientifiche per proporvi una riflessione.

Qualunque sia il supporto che rende possibile la nostra vita, sia che siamo fatti di carne e ossa o anche se fossimo fatti di acciaio e plastica, o anche se il nostro cervello invece che con impulsi elettrici e molecole di neurotrasmettitori funzionasse a carburo, rimane la sostanza che l’uomo esiste e vive su questa terra. Il Giudice /Arbitro, come l’ho chiamato io, cioè la vera essenza di ciascuno di noi, esiste ed ha valore indipendente dalla natura del supporto e dalle modalità con il quale è stato generato.

Quello che ho scritto finora tende a dimostrare che quello che consideriamo il nostro io è una sovrastruttura culturale, cioè appresa e continuamente migliorabile. Per questo è importante lavorare al suo perfezionamento e per questo sono utili gli strumenti che ci mette a disposizione la massoneria, e in particolare il rito scozzese.

Da questi ragionamenti dovrebbe discendere anche quanto siano irrilevanti le differenze di aspetto e di colore della pelle, e quanto invece sia vero che siamo tutti accomunati in una fratellanza che dovrebbe essere universale, perché discende da una uguaglianza che è universale. Possa il GADU operare affinché questi principi appaiano sempre più chiari e più forti alla coscienza di tutti.

Uno potrebbe domandarsi in questo quadro dove si colloca l’anima immortale. La risposta è che questa è una esposizione razionale e non c’è modo di accogliere l’anima in una esposizione razionale. I fatti però contano più della loro supposta spiegazione, per cui l’anima immortale può esistere anche se nei ragionamenti dell’uomo non compare. E la sua modalità di interazione col corpo, che per me (per ora) rimane un mistero può tranquillamente inserirsi nei meccanismi che alla mia ragione ben rappresentano l’essenza di un essere umano. A maggior ragione, per chi crede nella esistenza di un’anima immortale, gli uomini devono apparire tutti fratelli.

( D. B.)

Tavola ricevut dalla C. C. “Orlandi” di M;asa Marittima 01/10/2018

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