La simbologia dell’acqua
di G. C. B.
BibliografiaI quattro elementi (cinque nella tradizione cinese: ma anche il pensiero occidentale conosce una “quintessenza” con ruolo di “centro” sono alla base di una immaginazione volta ad assimilare il reale. Per questo essi sono alla base di molti processi iniziatici; note a tutti sono le quattro prove alle quali Afrodite costringe Psiche e che conducono la fanciulla ad un più alto livello dell’essere, cui anche si innalzerà il narratore Apuleio che adombra e poi esplicita la propria iniziazione isiaca.
Nel pensiero occidentale – greco od ebraico o nella speculazione alchemica – i quattro elementi si legano analogicamente a tutte le simbologie del quattro: le quattro proprietà (freddo, umido, secco, caldo); i quattro temperamenti (melanconico, flemmatico, collerico e sanguigno); le quattro stagioni; le quattro fasi del giorno; le quattro età dell’uomo; le quattro fasi del processo alchemico; i quattro colori fondamentali.
Adamo fu creato dai quattro elementi, ma anche dalla polvere presa dai quattro angoli del mondo; e di quattro colori.
Nella speculazione dei presocratici i quattro elementi sono all’origine del mondo; in particolare l’acqua è all’origine di tutto per Orfeo e per Talete. 1 quattro elementi sono in relazione tra loro, cioè possono esser derivati l’uno dall’altro nella mobilità tipica del pensiero simbolico che procede per analogie.
Platone ne dà, nel Timeo, una diffusa trattazione geometrico-simbolica, e li divide in 3 + 1 (acqua-aria-fuoco deducibili tra loro, e terra come elemento a sé stante) analogamente a quanto fa il pensiero cabbalistico dal Sepher Yetzirah in poi. Particolarmente enigmatica, l’apertura del Timeo (“Uno, due, tre: e dov’è, caro Timeo, il quarto… ?”) può aprire una sottile speculazione alchemica (cfr. Jung) e ricorda l’assioma della Profetessa Maria.
Qui di seguito tratteremo dell’acqua, l’elemento cioè che, tra i quattro, è il più presente nella speculazione simbolica; perché esso, più di ogni altro, si carica di significazioni cosmiche. Esso è, per meglio dire, elemento cosmogonico per eccellenza: è principio di vita che penetra tutte le cose della natura.
La materia vivente iniziò dall’acqua la sua avventura nel nostro pianeta; nel liquido (amniotico) vive l’uomo la sua formazione iniziale; l’acqua costituisce la quasi totalità della materia vivente. Logico quindi che, a monte anche del pensiero razionale, già nell’albeggiare del pensiero simbolico l’uomo percepisse, per immediata intuizione, la fondamentale importanza dell’acqua nel ciclo vitale. L’acqua divenne così oggetto di una enorme speculazione, e ai suoi modi di apparire furono legate infinite ierofanie presso tutti i popoli.
In particolare, presso i popoli che si affacciano sul Mediterraneo dai loro paesi prevalentemente aridi, le acque dolci, indispensabili e benefiche, generarono sempre stupore, miracolo e poesia. Le più belle espressioni tramandateci sono legate al verdeggiare della natura attorno alle sorgenti o alla sacralità dei pozzi, assi del mondo, microcosmi che legano il cielo agli inferi.
Al contrario, presso i popoli del Nord-Europa l’acqua, impregnando il paesaggio nelle sue valenze lacustri e paludose; legandosi al freddo e al grigio pluviale del clima; assumendo toni cupi e insondabili; appare associata soprattutto ai temi della disgregazione della materia, dell’inganno, del mondo infero grigio e umido. Anche nel Mediterraneo tuttavia esiste una valenza infera e di morte legata all’acqua: sono le acque del mare che per millenni terrorizzano le popolazioni con la loro immensità, le loro furie, le misteriose e inquietanti isole lontane delle quali si favoleggia.
Il mare, sede di esseri mostruosi, è impuro tanto per gli ebrei che per gli egiziani. Il mondo greco rurale ancora ne diffida nel momento in cui Esiodo racconta le Opere e i Giorni. Il mare, con le sue incognite e i suoi inganni, è il teatro dei lunghi itinerari dell’eroe in cerca di sé stesso, e il rifugio di una antichissima e imprevedibile divinità ctonia: Poseidone.
Questa misteriosità del mare e i suoi terrori legano le acque al tema della morte. E’ dall’Oceano, in un gorgo pauroso ove sarà condotta Psiche nelle sue prove iniziatiche, che nascono le acque dello Stige, nefaste anche agli Dei Olimpici se spergiuri. Gilgamesh, nel suo viaggio alla “Foce dei Fiumi”, in cerca dell’erba dell’immortalità, dovrà attraversare senza toccarle le livide “acque della morte”. La doppia valenza di morte e vita e il simbolo di rigenerazione – presente in ogni tradizione iniziatica – pongono tuttavia nell’Oceano, o comunque legano all’acqua, il mito dei Paradisi terrestri. Il giardino degli Dei dell’epopea di Gilgamesh è in riva al mare, dove vive la fanciulla Siduri dispensatrice del vino; nell’Oceano, alla “Foce dei fiumi”, vive Utnapishtin, il vecchio saggio superstite dal Diluvio che ottenne l’immortalità. Lì, sul fondo del mare, è l’erba della vita che dona l’eterna giovinezza.
Misteriosità del mare significa misteriosità degli esseri mostruosi e imprevedibili che vi si celano: ancor oggi molte barche mediterranee recano a prora l’occhio apotropaico antenato della polena.
Il mare è popolato di pesci e serpenti, animali freddi e primitivi che si equivalgono sul piano simbolico e sul cui significato salvifico e sapienziale – nella doppia valenza illuminatrice o diabolica, fecondante o mortifera – si aprono interminabili capitoli del pensiero simbolico. La barca di Urshanabi, che trasporta Gilgamesh, ha prora di serpente. Un serpente esce dalla fonte a cui beve Gilgamesh e gli ruba l’erba dell’eterna giovinezza: così cambierà pelle. Il mostruoso Leviatano occupa il fondo del mare nella leggenda ebraica. Nel ventre della balena si rigenera spiritualmente Giona.
Nel mito greco Poseidone, che presiede a tutte le acque del mare e della terra inizialmente intese come connesse tra loro, è divinità arcaica preomerica. Poteidan ed Ennosigeo, egli è arcaico sposo della Madre Terra; il suo mito è legato al cavallo – incarnazione archetipica dell’istinto – che lo individua come individua Hera-Ippia. Le oscure forze primordiali trasmesse dall’acqua al cavallo riemergono nel mito di Pegaso nato dal collo reciso della Gorgone e domato da Athena, dea della ragione. E il cavallo Pegaso si rilega all’acqua facendo scaturire la fonte Ippocrene, sacra alle Muse figlie di Mnemosine: la Memoria, la cui acqua l’acqua dei lago della Memoria – dona, nel mito orfico, vita eterna agli iniziati. La vera vita trae origine da un legame profondo con la vita sepolta.
Morte e vita si congiungono nell’unità della totalità: se l’acqua della Memoria dà la vera vita, l’acqua del fontanile accanto al cipresso, l’acqua di Lete, dà l’oblio e introduce al regno dei morti. I laghi sono occhio del mondo infero: Dioniso è Limneo e Dioniso violerà gli Inferi, divenendo poi fulcro di culti misterici di morte-rinascita. In Grecia e nel mondo mediterraneo i laghi paludosi celano la porta degli inferi: così si spiega il lago Stinfale legato all’impresa di Eracle (altro violatore degli inferi), all’Idia di Lerna, alle Sirene e, secondo il sincretista Macrobio, al segno astrologico del Cancro. Del resto, per i Greci la palude è simboleggiata dal labirinto, il cui centro è meta del viaggio iniziatico. La palude ha doppia valenza: nel suo fango vengono gettati, nel Nord-Europa, i bastardi, i deformi e i colpevoli, affinché esso li rigeneri nella pullulante vita che, in Asia, fa della palude il simbolo della fecondità. Nella palude nasce, è nutrito, è protetto l’egizio Horus, reincarnazione dello smembrato Osiride.
Tutte queste acque sono riassunte nella grandiosa architettura del pensiero astrologico. Se il Cancro è acqua originaria, acqua madre, limpida e profonda acqua di gestazione (che ha il suo parallelo nel Serpente dell’astrologia indiana, nel freddo, nell’umido, nel notturno e nel femminile), lo Scorpione è l’acqua mortifera e disgregatrice che tuttavia prepara la rinascita. Sotto il suo segno avviene la semina alchemica e inizia la putrefactio; anche sotto il suo segno era la semina del grano nel mese sacro a Demetra, e al suo segno corrisponde il 17° giorno del mese di Atyr, quando Osiride fu ucciso con simbologia lunare. L’acqua si salda cosi con le divinità del ciclo lunare e del ciclo vegetale. E novembre sarà, per la Chiesa Cattolica, il mese dei Morti e dei Santi che ripetono, con la loro duplicità, il significato acquatico dello Scorpione.
Quanto ai Pesci, simbolo di dissolvimento e di rinascita spirituale, basti, ad illustrare il segno, il sorgere dell’archetipo negli anni della venuta di Cristo, che camminò sulle acque.
Il simbolismo delle acque rivela l’intuizione del Cosmo come unità. Nel pensiero mitico, le cosmogonie pongono le acque al principio e alla fine di avvenimenti di portata cosmica; il Diluvio segna la morte-rinascita dell’umanità, evitandone la decadenza a forme sub-umane per causa dei peccati.
Questa doppia valenza è espressa dal rituale dei Battesimo e dal significato rigeneratore del bagno: i simulacri di Afrodite, Hera, Athena, Cibele, venivano annualmente immersi; e così pure la Madonna e il Crocifisso, in relazione anche all’implorazione della pioggia.
Le cosmogonie presentano abitualmente le acque come primordio e la pioggia come sperma. Per Omero, Oceano era all’origine di tutto, era acqua maschile così come Teti era acqua femminile, entrambi figli della Notte. La cosmogonia babilonese vede la fusione iniziale di Apsu e Tiamat – l’ebraica Teom – acque superiori e inferiori, maschili e femminili. Così nelle leggende ebraiche derivate. Presso molti popoli il ciclo cosmogonico inizia con la separazione anche violenta di alto e basso, cielo e terra, acque maschili e femminili. YHWH è un vecchio Dio della pioggia che tiene moltissimo a imporre il proprio dominio sulle acque inferiori: e Zeus ha il fulmine, così come tonanti sono gli dei vittoriosi all’inizio dell’epoca storica, post-neolitica, che evolve da culti lunari e ctonii a culti solari. Zeus feconda Danae come pioggia e, secondo Eschilo, Urano fecondava Gea con la pioggia; quando la falce lunare di Kronos dividerà i genitori dando origine al tempo, è ancora nell’acqua che fruttifica lo sperma del fallo reciso, e nasce Afrodite.
L’acqua è vita anche in senso spirituale: chi beve l’acqua di Cristo non avrà mai sete. Per Tertulliano l’acqua fu prima sede dello spirito divino. Ma l’acqua è morte per S. Agostino. Morte e vita, cioè nuova vita: l’acqua, intuizione di unità, è legata alla profezia. Dal Mare Eritreo sorge il babilonese uomo-pesce Oannes, che insegna agli uomini la scrittura e l’astrologia. I Greci provavano terrore e attrazione per l’acqua, che disintegra e germina dando follia e profezia. Esiodo raccomanda di pregare prima di attraversare un fiume. A mezzogiorno si evitavano fontane, fiumi, sorgenti, umidità legate a grotte e ombre d’alberi: ivi regnavano ambigue le Ninfe.
Nei miti celtici, caldaie, pentole e calici magici donatori di immortalità, sono rinvenuti in fondo al mare o ai laghi. Hera-lppia legata a Poseidone, equivalente di Gea antica sposa di Urano, ha occhi bovini, ha corna lunari, è vacca così come Urano, il cielo, è toro, tuono, pioggia. Hera è venerata con Zeus Naios (o “della sorgente”) presso la sorgente Dodona, ove ha nome Diona, femminile di Zeus, equivalente a Diana, dea lunare; e ivi è dea del cielo luminoso e dell’acqua.
Hera fu dea lunare iconologicamente eguale a Iside-rugiada e alla Madonna.
L’acqua-morte è data ai morti perchè li “uccide” placandone la sete; l’acqua-vita riporta in vita il pesce secco nella 18aSura del Corano e nella leggenda itanica di Alessandro Magno nel Paese delle Tenebre,
L’acqua, nel pensiero simbolico, non è legata soltanto alla Luna, ma anche ad altri due simboli di fondamentale importanza: l’albero e il giardino. Osiride dai tre falli è acqua di sorgente ma anche albero: sacrilego è chiudere una sorgente o tagliare un albero da frutto. Acqua e albero uniti sono cantati in alcuni dei più bei passi delle Upanishad; sono presenti nelle visioni profetiche di Ezechiele e nell’Apocalisse.
Nel pensiero ebraico il Re pianta l’albero dei mondi dopo aver trovato una sorgente, che è la Torah. Hokma, acqua di Dio, irriga l’albero i cui frutti sono le anime dei giusti. Tanto nelle Upanisbad quanto nella speculazione ebraica, questi alberi hanno le radici in alto. Il 16° Innodei Rotoli del Qumran offre una stupenda rappresentazione simbolica e poetica: alberi acquatici crescono alti sulla palude ma solo gli alberi di vita, che ricevono l’acqua pura dei canali, sopravviveranno. L’acqua irrigua dei canali ha un ruolo importantissimo nella speculazione ebraica, che trae le immagini dalla vita delle oasi: canali d’acqua irrigua sono le 32 vie della saggezza; acqua fluisce per i canali che uniscono le dieci Sefirot.
Acqua e giardino appaiono legati, anche materialmente, nelle famose costruzioni dell’antichità il cui significato e la cui topografia erano sempre simbolici: giardini romani, arabi, persiani e giapponesi, erano immagine del mondo e del Paradiso Terrestre. Avevano alberi fruttiferi, piante odorose, correnti d’acqua viva. Ricchi di acqua viva sono i giardini del Paradiso coranico.
Il giardino delle Esperidi, sede nuziale di Hera e Zeus, è luogo di eterna vita, possiede l’albero dai pomi d’oro custodito dal serpente, ed era in un’isola dell’Oceano. L’Eden aveva quattro fiumi che lo irrigavano perpetuamente, ed era un giardino. Il giardino, con significato simbolico nella lirica persiana e trovadorica, ha, in Persia, una vasca-specchio al centro; attorno a questo centro esso si svolge con complessi significati esoterici. La fontana è al centro del giardino arabo, con significato simbolico. Al giardino, come all’albero, l’acqua si lega essenzialmente come fonti e fiumi, oltreché come vasca-specchio.
L’acqua del fiume manifesta sempre la possibilità universale; discenderne la corrente sino all’oceano significa tornare all’indifferenziato, mentre il risalire alla sorgente simboleggia il ritorno alla sorgente divina. Il suo attraversamento simboleggia un cambiamento di stato.
La fontana è l’acqua viva che sorge al centro del Giardino, ai piedi dell’Albero della Vita, nel Paradiso Terrestre. Le sue acque sono ambrosia, soma, eterna giovinezza, elisir di vita: e sgorgano ai piedi di un albero. Quest’acqua non è per tutti, è custodita da draghi e deve esser conquistata con prove iniziatiche: di queste immagini sono ricche fiabe e leggende. Anche il drago di Andromeda usciva dall’acqua, e Perseo lo uccide con la spada ricurva che uccide la Gorgone e ricorda la falce di Kronos.
La fede è acqua che sgorga nell’anima del credente per Origene; e per S. Ambrogio il Paradiso e il fiume della Sapienza sono il terreno dell’anima.
La fanciulla nel giardino tra le acque, la fanciulla custodita dal mostro marino, il viaggio dell’eroe tra le acque popolate dai mostri, conducono al tema dell’acqua come simbolo dell’anima. All’anima si lega il mito di Arianna, figura di Afrodite terrestre e di anima che guida l’eroe al centro del labirinto iniziatico. Nelle favole, in fondo ai laghi vi son castelli incantati dove gli eroi compiono viaggi iniziatici e trovano tesori o principesse, mentre le fontane danno vita a immagini di fanciulle. A partire dal patrimonio dei simboli e dal pensiero iniziatico, la psicologia junghiana ha esplorato un campo immenso di rappresentazioni che restituiscono l’immagine dell’anima e delle sue vicissitudini attraverso visioni di acqua terrifiche o pacificanti.
Acque putride, torbide alluvioni devastanti, torrenti,piogge e diluvi, allagamenti, fiumi maestosi, mari immensi, profondità marine o lacustri inesplorate, acque limpide e azzurre, glauche, trasparenti e serene, acque di fontane e di sorgive; appaiono tutte rappresentazioni dell’anima e del suo rapporto con il nostro io, che anela all’acqua e alla fanciulla, cioè all’anima, nella ricerca dell’integrazione. Perché è l’anima che guida verso lo spirito.
La congiunzione degli opposti – acqua e fuoco o anche re e regina, tema guida della speculazione alchemica – appare qui in tutta la inquietante doppiezza del simbolo. Al processo alchemico l’acqua è già indispensabile all’inizio come rugiada ristoratrice, cioè acque celesti purificatrici. La rugiadosa Iside era la nera “Chernia” che dà il nome all’alchimia. E l’elemento animico, il calore del desiderio, è anche importante per avviare il processo, sino al suo primo approdo nella “fontana dell’amore”. L’acqua è detta “madre”,cioè “mia madre che è il mio nemico”, perché l’acqua divina uccide i vivi e resuscita i morti. Questa acqua divina (ùdor thèion) è acqua di zolfo, cioè Mercurio, con tutta la duplicità dello sfuggente e proteiforme elemento (anche Proteo era divinità marina, viveva in una grotta e aveva il dono profetico).
L’opus alchemico, come sforzo di raggiungere l’unione con valori archetipici suscitando il simbolo, nascondeva il rischio della follia: gli alchimisti ne avvertivano accennando al rischio di affogare. La congiunzione degli opposti avviene dentro fontane miracolose; distillando l’acqua resta il dragone, che, mordendosi la coda, diventa simbolo di totalità.
La aqua permanens ha virtù trasmutativa (come il Mercurio), ed è anche la cristiana “acqua di grazia” o aqua doctrinae o spititus veritatis; acqua che è vita e morte per Cirillo di Gerusalemme.
L’acqua è la “arcana sostanza”, è “Adamo”, forma l’idrolito o pietra d’acqua; ma il Mar Rosso è acqua di morte per i non consci, secondo i Peratici, per i quali Kronos era acqua in quanto potere di distruzione (tema questo, fondamentale in alchimia). E per gli alchimisti esiste anche un’acqua “tifonica”, sterile, dove non alligna la vita. Così come, per Esiodo, Gea partoriva acque feconde o sterili a seconda che il concepimento avvenisse o no sotto gli auspici di Eros.
Per gli alchimisti l’acqua è l’opposto della mente astratta; è anche sangue (oltrechè vino) e col sangue uscì dal costato di Cristo per colmare quel Graal che è poi uno dei vasi celtici sottomarini. L’acqua si lega poi di nuovo all’albero dando rtigine alla arbor phi1osophica. Il legame acqua-anima torna di nuovo in alchimia con la figura di Melusina, una sirena: le sirene, per i Greci figlie di Acheloo, il toro-pesce figlio di Oceano e, come lui, origine delle acque; figlie forse anche di Persefone; sono per Enoch figlie degli angeli caduti.
Poiché per Paracelso il Paradiso è sott’acqua, egli ritiene che lì rimasero le Melusine prima di venire a vivere nel sangue umano, simbolo primitivo dell’anima, parte del regno delle acque o Ninfididico. Secondo Paracelso, Melusina nasce nella balena di Giona, ed è figlia di una ninfa sedotta da Belzebù. Ma Melusina è anche protagonista di delicate e suggestive leggende medievali e romantiche: è figura di donna-pesce bellissima che consola e inganna, guida alla giusta scelta e innamora di sè, appare e scompare dalle profondità dei laghi nelle foreste incantate. Melusina appare in concomitanza di grandi eventi: supremo significato e insensatezza è antenata di Margherita ed Elena del Faust.
E’ parente dell’ingannevole Morgana (che significa “nata dal mare”), di Afrodite e di Ishtar. Ishtar era rappresentata in epoca ellenistica come sirena a due code, cioè come Melusina; ed era legata alle feste nuziali di Maggio. A Maggio avvengono le nozze mistiche o chimiche degli alchimisti: e l’anima si ricongiunge con lo spirito.
La speculazione sullo Spirito trova nell’acqua il proprio elemento simbolico con la tradizione cabbalistica narbonese e geronese. La Kabbalah e il sistema delle Sefirot rappresentano, per la mistica ebraica, un mezzo per contemplare e ordinare in via intuitiva una realtà superiore, inaccessibile per via razionale. Nel libro Babir, le tre consonanti BRK consentono di costruire l’equivalenza tra Berakà (benedizione) e Berekà (stagno, accumulo d’acqua); da allora il flusso della vita nel suo rapporto col divino (dall’alto in basso o dal basso in alto) diviene pienamente simboleggiato da una circolazione di acque.
Malkut, la sposa, la Shekinah, oggetto dei più poetici appellativi tanto quanto la fidanzata del Cantico dei Cantici, è allora “orto irriguo”, ed è irrigata o fecondata da Tiferet tramite Yesod, la fontana che non inaridisce, la sorgente delle anime, il membro virile. E Tiferet fa da tramite tra l’alto e il basso dell’albero sefirotico come Sciamayim, cioè cielo, cioè acqua di fuoco (tale è sempre la spermatica pioggia); cabbalisticamente esh più mayim, fuoco più acqua, Dio nel ruolo di demiurgo. E Tiferet – fontana e radice – è tale perché promanante da Geburah, il rigore di fuoco, e da Hesed, acqua di Grazia e origine del mondo. Come nel Genesi il mondo origina dalle acque, così dunque in teosofia esso origina dalle acque di Hesed, che è perciò simbolo di Abramo, posto a fondamento dell’edificio del mondo inferiore.
Tiferet e Yesod sono fontane o sorgenti inesauribili perché l’immensità inesauribile delle acque di Hesed riceve alimento, tramite Bina che dà la forma al mondo in gestazione, dalle inesauribili acque primordiali del mare o bacino superiore di Hokma, Spirito Santo o Sophia. Questa inesauribilità delle acque di Hokma è celata a sua volta nella peculiarità del pensiero ebraico, che vede il mondo come volontaristico atto creatore di Dio; onde vi è sempre del nuovo al di sopra del Sole, ed il nuovo è dato dall’eterno fluire della sorgente creatrice in alto, la cui acqua colma il bacino di Hokma fluendone poi come benedizione di Sefira in Sefira ad irrigare Malkut.
Là, in Hokma, è l’origine del pensiero umano, quella è la vasca degli archetipi, massimo livello al quale il mistico può risalire di vaso in vaso. Per il cabbalista che voglia salire più in alto, come per l’alchimista disceso troppo in basso, è ad attendere soltanto la follia.
Ma le Sèfrot, come avverte il Sefer Yetzirah, sono dieci e non nove, dieci e non undici. Un’altra Sefira, ed una sola, è colei che colma dall’alto il bacino di Hokma: è Keter, la volontà di Dio, la Sorgente che sgorga dalle Tenebre primordiali, dalla notte di Tohu e Bohu d’onde fu originato il mondo.
A quelle acque lo sguardo umano non può giungere, al di sopra delle acque di Hokma nessun piede umano può posarsi, così come è scritto: “E lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque”.
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