PRIMO PREMIO NARRATIVA
ALESSANDRA AQUINO
Liceo Scientifico “C. Cattaneo”
FOLLONICA
MOTIVAZIONE
L’elaborato, strutturato in forma incisiva e con proprietà lessicale, risulta originale e pervaso di una sottile ed efficace ironia.
La bellezza viene rappresentata attraverso la storia, narrata in prima persona, di una bambina, giudicata molto bella, la quale crescendo si pone una serie d’interrogativi su questa attribuzione, che avverte non appropriata, fino ad essere sfiorata dal dubbio di essere brutta.
Alla fine, seguendo il proprio flusso di coscienza, trova la vera bellezza nella perfezione della musica, sentendosi lei stessa parte della stupenda sinfonia dell’Universo.
“…So di essere bella, bellissima, perché sono una nota, poi un’altra, e un’altra ancora dentro il movimento incessante della musica del mondo”.
SVOLGIMENTO+
RAPSODIA: BREVE STORIA DI UNA BELLEZZA.
“Che bella bambina! Assomiglia tutta a suo padre!”… E poi bacini, buffetti, sorrisi, occhi curiosi e ammiccanti.
Le mie prime memorie di bambina che si affaccia sul mondo.
L’accoglienza festosa (un po’ invadente) di parenti amici e conoscenti (che si sentono sempre in dovere di fare smorfie in faccia ai fanciullini ) mi creava qualche attimo di confusione e imbarazzo, ma gongolavo al pensiero di essere bella e somigliante a mio padre. Un padre non sempre presente, ma di cui ero perdutamente innamorata, allora.
Non so quando, non so perché ha incominciato a insinuarsi un dubbio: bella va bene; mio padre è bellissimo, d’accordo; ma bella COME mio padre non è un po’ troppo, non è un po’ strano?
Lui ha una bella barba, porta occhiali interessanti, è solido , robusto, peloso e mangia bistecche al sangue.
Io non ho mai sopportato la vista del sangue, mi nutrivo essenzialmente di liquidi e mio fratello mi chiamava “pelle-latte”.
Mi guardavo allo specchio e non riuscivo a risolvere il paradosso: bella come il babbo! Ma se non assomiglio per niente al babbo! Sono davvero bella?
Crescevo sempre più magra, sempre più spigolosa, sempre più pallida.
Mi sentivo comunque carina perché fino alla seconda elementare c’era il mio “lui”, un tipo deciso, rotondetto, dai modi un po’ bruschi, ma con il quale mi divertivo a giocare a pallone, a nascondino, a guardie e ladri. Quando arrivava lui era una festa, perché potevo sottrarmi ai noiosi giochi delle mie coetanee: le Barbie, i vestitini, le casette, i mobilini… e “signora” e “signorina” , “come va il suo bebè”, “ il suo maritino”… “andiamo dal parrucchiere”, “facciamo insieme shopping”… una noia mortale!
Per loro era bello pettinare le bambole, scegliere i vestiti più adatti all’occasione; per me era bello saltare, correre, respirare il profumo dell’erba, annusare l’odore della legna che brucia nei falò.
Così sono rimasta sola: inevitabile è arrivato il momento in cui il mio “lui” ha detto che non potevo continuare a giocare a pallone … ero troppo lenta, poco grintosa… gli facevo perdere le partite e i suoi amici lo prendevano il giro. Si può scambiare un “amore” con una partita? Evidentemente sì. Ho cominciato a sperimentare la leggerezza delle cose e la precarietà degli uomini.
Continuavo a crescere sempre più silenziosa e trasparente; mi sembrava di essere caduta in un acquario, spesso la gente intorno a me sembrava che non mi vedesse e tanto meno mi sentisse.
Una volta per farmi ascoltare dai miei genitori ho alzato la voce, ho usato qualche parolaccia, come fanno tutti. Il responso di mio padre è stato lapidario: “Non si dicono queste parole, non sono adatte ad una signorina! Così diventi brutta!”
Ecco: brutta! La parola era stata pronunciata, la sentenza emessa. La verità è che sono brutta!
Questa è la madre di tutte le soluzioni, la radice di tutti i problemi: sono brutta! Perché non ho un padre che mi stima, un’amica del cuore, tante amiche con cui chattare, un ragazzo, due o tre fidanzati e strascichi di pretendenti? Perché sono brutta, ovviamente.
Brutta!? Dice la mamma, ma cosa stai dicendo!? Sei bellissima! È che ti nascondi, non ti sai valorizzare, non hai fiducia in te stessa!
A parte che la mamma è sempre la mamma… però potrebbe aver ragione. Inizia la dura battaglia tra il corpo e l’anima. Quest’anima eterea, sfuggente, che vuole vivere nascosta, che ama il silenzio, che mette un diavolo per capello.
I capelli! Giusto! Si potrebbe cominciare da lì. Lo consigliano anche le amiche più esperte: la piastra, l’olio, il balsamo… Per avere capelli da reclame: lisci, lisci, lucenti, profumati. E la “pelle-latte” fuori moda? Semplice: qualche seduta sotto la lampada, un po’ di fondotinta per nascondere i bollicini ribelli, un tocco di lucida-labbra, un filo di ombretto, una scuoiatina per i peli che si arrampicano sulle gambe. Basta con le tute e i pantaloni comodi con vita a girocollo… occorrono jeans attillati, magliette strette, qualche centimetro di pelle bisogna avere il coraggio di mostrarlo, anche quando il termometro lo sconsiglia… Trasformata!
Da brutto anatroccolo a cigno! La vecchia favola può ancora essere raccontata.
Così posso entrare in scena, uscire dal limbo dei diversi e degli invisibili: le passeggiate con le amiche, su e giù per il corso fino allo sfinimento, però si ride, si sta in compagnia; le feste sature di rumori, colori e divertimenti con divieto assoluto di sentire la noia o, peggio, il non senso dei nostri schiamazzi, perché se non fai casino, semplicemente non esisti.
Finalmente i ragazzini che si accorgono della mia presenza: le prime occhiate di complicità, i messaggini segreti, gli appuntamenti… il magico incontro con il mio “lui”, l’altra metà della mela, l’altra metà del cielo. Per la prima volta mi sento bella e felice. Tutto scorre magnificamente, la vita ha i colori brillanti delle pagine patinate delle riviste sui famosi. Mi sento al centro del mondo. Mille attenzioni, mille paroline dolci, mille complimenti … forse fin troppi: “Come sei bella! Assomigli a…” Non ricordo più a quale rock, vip, pop, porno star dovevo assomigliare secondo “lui”, però ricordo con certezza che la carrozza di Cenerentola si è trasformata in un cassonetto incendiato e i cavalli bianchi sono fuggiti, trasformati in grossi ratti terrorizzati.
Verrà mai il giorno in cui qualcuno potrà dirmi “sei bella perché assomigli a te stessa”? Sarò condannata per sempre ad essere copia sbiadita di un mondo vero che sta altrove? Anche la favola del brutto anatroccolo non funziona, non è vero che sono un cigno che vola felice insieme al branco dei suoi simili; sto facendo una fatica tremenda a camminare, su tacchi a spillo, in bilico tra il mio corpo addomesticato, colorato, profumato, anestetizzato e la mia selvaggia, sfuggente, volatile anima. I pantaloni troppo attillati mi danno fastidio, i rotolini della pancia messi a nudo mi fanno rabbrividire e i capelli non vogliono star dritti, specie nei giorni di pioggia.
Mi sembra di essere un fachiro che cammina su una sottile striscia puntuta di chiodi, a destra e a sinistra il vuoto. Tutto quello che percepisco e che tocco non ha spessore, non ha significato, non ha senso, è un frastuono scomposto e caotico.
Ho la nausea di tutto e di tutti.
“Lui” che manda messaggini sempre più insistenti e sempre più demenziali, fino al fatidico “ti amo”… no, forse ha detto, o voleva dire “miaot”… o “mao.it”, non so, non ho capito bene e in questo momento non ha molta importanza tentare di decifrare tutti questi rumori fastidiosi.
L’amica più fedele che cerca inutilmente di recuperarmi alla società civile e scuote sconcertata la sua bella criniera riccioluta, sbatte le lunghe ciglia e scalpita imbizzarrita come un piccolo pony… Sempre più pony di gomma colorata… sempre meno fedele amica. La mamma che assomiglia in modo preoccupante a Marge, sempre pronta a giustificare l’ingiustificabile; il babbo che è peggio di Homer dietro alle ciambelle…
Basta! Voglio uscire da questo cartone animato!
Ho bisogno di silenzio e solitudine.
Meglio di chiunque altro, in questi momenti, riesce a capirmi il mare grigio di un grigio pomeriggio d’inverno, con le sue onde bianche che rullano, s’infrangono, si aggrappano alla sabbia, si ritraggono… si abbandonano a quel ritmo infinito, senza chiedere nulla, senza nulla pretendere, senza giustificarsi.
La bellezza del mare d’inverno non l’avevo ancora apprezzata, non l’avevo ancora capita… (forse ero troppo occupata a seguire i saggi consigli materni: non prendere freddo, copriti bene… quando piove e tira vento, serra l’uscio e stai di dentro…).
Per la verità siamo in pochi, qui, a guardare questo eterno grandioso spettacolo: io, il vento, il profumo della sabbia … e il cielo che risponde alle scure, ribollenti profondità marine, con le sue nubi più cupe e cariche di pioggia… si prepara uno scontro tra titani… poi, un lampo improvviso un brontolio di tuoni e ancora lampi che tentano di fondere aria, terra e acqua nella grande officina del mondo… poi la contesa si scioglie in una pioggia leggera, trasparente, luminosa.
Così rintanata sotto una tettoia di fortuna ho ascoltato il vento, il mare, la pioggia, il cielo, il silenzio… e mi sono riconciliata con la musica del mondo.
Al di là delle chiacchiere, dei rumori, dei frastuoni c’è una musica percepibile dentro il silenzio. Quella musica fa parte di me, io faccio parte di quella musica, nasce dal cuore della terra, dalle profondità del cielo e del mare.
E’ pura armonia, pura bellezza, che assomiglia solo a se stessa. Per questo ho rispolverato una vecchia passione: la chitarra.
Avevo tentato qualche anno fa, quando la chitarra aveva più o meno la mia altezza e stringere le dita sulle corde era un’impresa scoraggiante.
Ho ricominciato con più umiltà e pazienza a provare, a imparare, a emettere suoni strani e scomposti, che, faticosamente, lentamente, hanno preso un ritmo…
Nel fluire delle note mi attraversa la bellezza delle onde, delle nuvole, della luce, del silenzio; trovo il filo di Arianna che mi guida attraverso il labirinto delle mie brevi memorie, dandogli un senso.
So di essere bella, bellissima, perché sono una nota, poi un’altra, e un’altra ancora dentro il movimento incessante della musica del mondo.