Considerazioni.
L’etica che il Libero Muratore viene maturando in sé è
fondamentalmente diversa sia da quella delle religioni “della
promessa” (di chi?), sia dagli schemi etici della polis greca. Pur essendo
comunque basata sull’etica socratica della virtù, di fronte agli interrogativi
che si pongono rispettivamente lo schema platonico-agostiniano del
“cammino-tra-essere-e-dover-essere” (che cosa?), e quello
aristotelico-tomistico del “bene-che-motiva-l’essere-per-il-fine”
(quale?), essa risponde ad entrambi innestando il “cammino” platonico
in quello di un millenario metodo di lavoro ed il “fine” aristotelico
nel concetto totalizzante del divenire di una umanità alla ricerca della sua
armonia con il proprio universo.
E’ in sostanza l’idea originale dell’Illuminismo, coltivata con rigorosa
fedeltà e gelosamente protetta, nel chiuso della Loggia, dagli inquinamenti
dell’uomo moderno. E’ l’idea per la quale la legge della natura non è qualcosa
che le cose ricevono dal di fuori, ma che scaturisce dalla loro propria essenza
ed è insita in loro fin dall’origine. Per trovare questa legge l’uomo non deve
immettere nella natura le sue proprie idee e le sue fantasie soggettive ma deve
piuttosto limitarsi a conoscerla e ad esprimerla.
Questo compito diventa particolarmente difficile quando l’uomo rivolge il suo
sguardo verso se stesso come ente strutturato di leggi che, ancora una volta,
“scaturiscono dalla sua propria essenza e sono insite in lui sin
dall’origine. Infatti, se la natura è osservabile, misurabile oggettivamente
dall’uomo come osservatore esterno, come è possibile sfuggire alla condizione
di soggettività dell’osservatore quando guarda dentro di sé?
E d’altra parte, come può anche conciliare ciò che trova nelle profondità del
proprio spirito (e lo accetta come legge del proprio essere), con il principio
etico di miglioramento di tutta l’umanità? Come può orientarsi tra il desiderio
di dar sfogo istintivo a tutta la libertà spirituale che scaturisce dal suo
essere individuo unico ed irripetibile e le limitazioni che gli derivano
dall’appartenere ad una società, di cui peraltro deve prendersi carico?
Sono due aspetti di un unico problema esistenziale estremamente complesso, per
risolvere il quale, generalmente, si pensa che l’uomo non abbia in sé né le
capacità, né le energie sufficienti per risolverlo.. In genere l’animo umano
finisce con l’accogliere con rassegnazione l’idea, largamente diffusa, che solo
con l’aiuto di Dio e l’esperienza della Storia egli possa risolvere i problemi
etico/esistenziale della propria vita.
Di contro il massone (come chiunque senta, per proprio spirito naturale,
l’orgoglio di rivendicare la propria dignità di fronte al suo creatore), si
ribella a questa subordinazione integrale. Ma, bisogna riconoscerlo, solo il
Libero Muratore ha le energie necessarie a superare la complessità oggettiva
del problema: e le ha perché le trae dalla forza rinnovatrice dell’Iniziazione.
Ogni atto iniziatico riguarda l’uomo che intende modificare il proprio stato,
la propria condizione di essere e, pertanto, ogni esperienza iniziatica viene
condotta sull’uomo: “su sé stesso”. Il Massone deve sperimentare su
di sé quella investigazione soggettiva che rappresenta il primo indispensabile
lavoro, cioè l’introspezione: metodo usato da secoli nelle scuole iniziatiche e
che si differenzia nettamente dalle metodiche religiose che seguono, invece,
“l’imitazione”.
Il Massone non crede in ciò che altri possono aver già elaborato e risolto, non
riconosce verità dogmatiche, non resta in attesa passiva di un qualche cosa che
debba provenire dall’esterno, ma procede attivamente, consapevole del suo
“libero arbitrio”, con le proprie forze, con la sua ragione, passo
passo alla conquista della propria verità.
L’uomo può ritenersi dotato di libero arbitrio quanto più conosce quali siano i
condizionamenti esterni che possano influenzarlo e quale metodo sia necessario
seguire per pervenire a dei ponderati giudizi. Questi, infatti, anche quando
appaiono formulati in piena coscienza e libertà, possono essere stati
determinati da processi psicologici di cui l’individuo non era cosciente, o
influenzati da preconcetti e pregiudizi che fanno parte di un bagaglio, situato
nelle parti più recondite della sua memoria, di cui è oltremodo difficile
liberarsi completamente.
Qualsiasi giudizio, qualsiasi valutazione e conseguente decisione debbono
essere parto della sua mente, la quale, dopo aver esaminato il problema nelle
sue varie componenti, alla luce dei valori della nuova morale, liberamente
ridefinita, e degli impulsi sinceri del proprio cuore, altrettanto liberamente
affinati, deve compiere un vero processo creativo, in modo che la soluzione sia
esclusivamente sua, originale.
Contemporaneamente, lungo il suo cammino evolutivo, egli ha inserito questo
processo che opera su sé stesso, tra le motivazioni archetipi che lo hanno
portato a richiedere l’aiuto ai suoi consimili. Accanto agli istinti per la
sopravvivenza ed agli stimoli per la ricerca del cibo per il suo sostentamento,
la società gli diviene indispensabile per puntare su di un telos, su di una
ragione di vita comune che proietti, con il miglioramento di tutti, la vita sua
e della sua specie oltre i confini inesorabili del non-essere. Cioè della
morte.
Inizialmente questa idea fu definita una semplice Utopia illuministica, una tra
le tante. Agli inizi del terzo millennio si inizia a riconoscerla come
“modello socialmente avanzato”.
I suoi primi risultati concreti, la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del
1948 e la stessa Costituzione italiana ne sono affermazioni storiche di immensa
portata universale.
Questa Utopia sta diventando ormai “progetto di riferimento”.
Ciononostante è impressione diffusa, nel mondo profano, che il massone sia
comunque un ribelle, un diverso, un uomo “scandaloso” e quindi da
tenere lontano..! E’ questo un costo costante che il Massone deve comunque
pagare, perché niente lo costringerà mai a ritenersi omologato dal
“Principe” di turno, come niente potrà mai attenuare la
responsabilità che distingue la sua etica da quella di qualsiasi altro.