Piccola tavola alternativa ai paroloni grevi e barbosi.
“Conosci te stesso”
(Scritta sull’ingresso del tempio di Apollo a Delfi)
S’era a tavola, in famiglia:
un po’ lenta con la destra
aggrediva una mia figlia
la porzione di minestra.
Incalzavo: “Non sognare!
A mangiar si fa veloce!
Se continui a bamblinare,
dovrò alzare mani e voce! “.
“… voce!” dissi, e voce venne
dai solai della memoria
che l’amore serba indenne
dagli sbrani della storia:
mi diceva: “Mangia, lesto!”
il mio babbo, voce e tuono,
il mio babbo morto presto,
che sgridava serio e buono.
Lì capii. E qualche riga,
figlia, lascio a te negli anni:
“Chi non fece, non esiga;
chi fu lento, non affanni
E, tornando in quella stanza
(s’era a tavola, in famiglia…),
“Mangia come senti, figlia:”
dissi” ora so la danza
che balliamo (e ‘l tempo suona):
svaga pur, mangiando, e ‘l bene
ed il male in te conosci,
cresci in cuore e sii buona