LA CHIAVE DI HIRAM

Christopher Knight e Robert Lomas     


Finalmente, dopo un colloquio sostenuto alcuni mesi prima di fronte a un consiglio di ex maestri, ero pronto per diventare massone. Che cosa questo significasse, tuttavia, rimaneva per me un mistero: l’unica domanda che mi era stata posta, alla quale avevo risposto affermativamente, era se fossi o meno credente. E ora mi ritrovavo in piedi, accanto a un guardiano che bussava alla grande porta del tempio con l’elsa di una spada sguainata, chiedendo il permesso di farmi entrare.

Avevo gli occhi bendati, indossavo indumenti abbondanti, di colore bianco, e semplici pantofole al piede (l’espressione usata è «a piede scalzato»), ma avevo il ginocchio sinistro nudo e, sullo stesso lato, il lembo sollevato della tunica mi scopriva il torace. A mia insaputa, mi era stato infilato un cappio intorno al collo e la corda pendeva lungo il corpo. Così vestito, e spogliato di qualsiasi oggetto metallico, ero pronto per essere ammesso nel tempio. (In seguito ci fu spiegato che, in epoca medievale, proprio in tal guisa, con una veste di fattura grezza e il cappio al collo, gli eretici confessavano i propri delitti di fronte al tribunale dell’Inquisizione.)

Rammento di aver percepito la presenza di molte persone e di essermi sentito del tutto vulnerabile. Distinsi una punta fredda, premutami sul petto.

«Sentite qualche cosa?» chiese una voce di fronte a me. Qualcuno mormorò al mio orecchio la risposta di rito, che ripetei ad alta voce.

«Sì.»

«Possa la vostra coscienza essere parimenti punta e possa su di voi piombare subitanea la morte se mai doveste tradire anche soltanto uno dei segreti che stanno per esservi dispensati.»

Dall’altro lato della sala si levò quindi una voce, che riconobbi essere quella del maestro venerabile. «Giacché si prescrive che il recipendiario debba essere libero e di maggiore età, vi chiedo ora, siete voi un uomo libero, di ventun anni compiuti?»

«Lo sono.»

«Poiché avete risposto in maniera soddisfacente, procedo senz’altro con gli interrogativi, persuaso che con pari candore fornirete le vostre risposte. Giurate solennemente e sul vostro onore di proporvi come depositario dei misteri e dei privilegi della massoneria in piena libertà di spirito e per vostra propria propensione, non suggestionato da inopportune pressioni di amici, né sospinto da propositi venali o similmente indegni? Giurate inoltre solennemente e sul vostro onore di essere mosso a richiedere tali privilegi da un giudizio benevolo verso il nostro ordine, da un sostanziale desiderio di conoscenza e da un genuino bisogno di porvi al servizio del prossimo in maniera più compiuta?»

«Lo giuro.»

Alle quali parole la spada, puntatami al petto a mia insaputa, venne abbassata. Con il capestro ancora al collo (detto «corda di traino»), sentii un uomo alla mia destra bisbigliare l’ordine di inginocchiarmi e una breve preghiera levarsi, invocante la benedizione del Grande Architetto dell’Universo (Dio, descritto in termini neutrali, sì da renderlo accessibile a tutti i fedeli appartenenti a culti monoteistici).

Ripresa la cerimonia, la guida mi fece percorrere l’intero perimetro del tempio, arrestandosi tre volte per presentarmi come «umile aspirante immerso nelle tenebre». Benché inaccessibile alla mia vista, il pavimento al centro del tempio aveva un mosaico di piastrelle bianche e nere: sul lato orientato a est era posta la cattedra del maestro venerabile, mentre quelle del primo e del secondo sorvegliante, più basse, si trovavano sui lati orientati rispettivamente a sud e a ovest.

Sempre bendato, fui scortato al cospetto del maestro venerabile, che mi domandò: «Se il vostro cuore brancola nelle tenebre, qual è il suo desiderio imperante?».

Ancora una volta la risposta mi fu suggerita all’orecchio.

«Vedere la Luce.»

«Vi sia dunque resa tale ricchezza.» Non appena mi fu tolta la benda e gli occhi si riadattarono al chiarore, mi ritrovai di fronte al maestro venerabile, il quale mi indicò subito le «luci» simboliche della massoneria, segnatamente il volume della Legge sacra (la Bibbia per gli adepti cristiani), la squadra e il compasso, e mi annunciò che mi era stato conferito il titolo di massone apprendista accettato, primo di tre gradi simbolici che danno l’accesso all’ufficio di maestro massone. Mi furono, quindi, rivelati i segni, le strette e la parola d’ordine segreti del primo grado, e appresi che i massoni attribuiscono un significato particolare alla colonna di sinistra posta nel portico del tempio di re Salomone. Tale colonna, assieme a quella di destra, è riprodotta nella loggia sia nel fondo, sia ai lati del venerabile. Essa è chiamata Boaz, dal nome del bisnonno di Davide, re d’Israele.

Compiuta una serie di viaggi** attorno al tempio, mi fu conferito un grembiule di bianca e cruda pelle di vitello, simbolo del neoacquisito ordine, con le seguenti parole: «Più antico del Toson d’oro e dell’Aquila romana, più stimato della Stella, della Giarrettiera o di qualsiasi altro ordine attualmente esistente, questo è l’emblema dell’innocenza e del vincolo dell’amicizia…». Fu questo un momento particolarmente rivelatore del rituale massonico, che, come vedremo, si ritiene a ragione la risultante di un processo che interessa tre diverse epoche storiche, dalla genuinamente antica alla moderna.

Nel corso della cerimonia mi venne raccomandata l’osservanza di alcune virtù morali e civili, per associazioni con immagini tratte dall’architettura, tra cui gli attrezzi del tagliapietre, paragonati alle tecniche di autoperfezionamento. Nel momento in cui la cerimonia si avviava alla conclusione, appresi sgomento dell’esistenza di alcune prove di carattere mnemonico, attraverso le quali si passava al canone successivo, quello di compagno d’arte. Più che illuminanti, taluni concetti erano alquanto «intriganti»:

D: «Che cos’è la massoneria?».

R: «Un esclusivo sistema morale, velato da allegorie e illustrato tramite simboli».

D: «Quali sono i tre grandi princìpi a fondamento della massoneria?».

R: «Amore fraterno, conforto e verità».

Fatta eccezione per il primo principio, di per sé inequivocabile, ben poco consente una chiara interpretazione degli altri due. Conforto da cosa? Verità in che senso?

Ormai arruolato a pieno titolo tra i fratelli, seppur come semplice «apprendista accettato», lasciai il tempio con la sensazione che qualcosa di straordinario era accaduto, senza tuttavia coglierne il senso preciso. Alla cerimonia seguì un agape ufficiale, in occasione del quale, in qualità di festeggiato, fui fatto sedere alla sinistra del maestro venerabile. In un’atmosfera di gaudio collettivo, i brindisi e i discorsi andarono sprecati. Certo, si era taciuto sui misteri dell’ordine, ma, mi dicevo, tutto sarà chiarito durante la prossima cerimonia.

Non fu così.

[…]   Tratto da: Christopher Knight e Robert Lomas – La Chiave di Hiram – Oscar Mondadori

  Christopher Knight (1950), grafico pubblicitario, si è sempre interessato
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