Massoneria made in USA
Ciò che differenzia nettamente la storia della Massoneria nei Paesi di lingua inglese e soprattutto negli USA da quella della Massoneria latina è in primo luogo il fattore numerico. Data la capillare diffusione dell’istituzione, a partire dagli anni Trenta del 1700 (oggi si contano negli Stati Uniti quarantanove Grandi logge, con più di tre milioni di affiliati), non la si è potuta in linea di massima gravare di tutte le diffidenze che nella percezione collettiva si associano al termine ‘setta‘, compreso il ricorrente sospetto di cospirazione contro l’ordine costituito. Inoltre la pluralità delle confessioni religiose ha evitato che un lungo contrasto con la Chiesa di Roma producesse gli effetti dannosi verificatisi nei Paesi cattolici.
Ciò ha comportato un più stretto e più trasparente intreccio
tra la storia massonica e quella collettiva e la frequente identità dei
vertici della gerarchia massonica con quelli del potere politico, civile
ed economico. Basti ricordare che, vera e propria officina naturale
della leadership del Paese, la Massoneria statunitense ha annoverato tra
i suoi affiliati ben quattordici presidenti.
Ma anche negli USA la Massoneria non ha potuto sottrarsi al confronto con la
storia e non affrontarne le contraddizioni. Se ne può per esempio ricordare il pronunciamento
contro il Comunismo, nel 1948, che contrasta con il principio secondo il
quale l’istituzione in quanto tale non può e non deve politicamente schierarsi.
Perplessità ancora maggiori suscita la questione dei rapporti con la
popolazione di colore. Per quanto giunta a dissociarsi da organizzazioni
come il Ku Klux Klan, non si può dimenticare che, almeno dell’ala moderata, di
esso fece parte quell’Albert Pike (vedi il capitolo Massoneria
‘romantica’) cui si deve la sistemazione dei gradi scozzesi ancora adottata
negli USA. La tradizione razzista di alcuni Stati pesa ancora nella
composizione delle relative logge, composte esclusivamente da bianchi anche se
non vi sono preclusioni formali all’ingresso dei neri. Questi ultimi, d’altra
parte, preferiscono confluire nelle Grandi Logge per sola gente di colore tutte
denominate ‘Prince Hall‘, dal nome di chi, alla fine del Settecento,
fondò la prima (oggi sono trentanove).
Gli inevitabili condizionamenti ideologici cui è stato e forse è tuttora esposto il Massone americano sono particolarmente evidenti in un personaggio che ha contribuito a cambiare lo stile di vita di tutto il mondo: HENRY FORD (1863-1947), fondatore nel 1903 dell’omonima società automobilistica. Maestro Massone della Loggia ‘Palestine‘ di Detroit, adattò l’etica massonica a una visione del mondo improntata all’élitarismo intellettuale (difese la catena di montaggio affermando tra l’altro che «per certi tipi di cervelli il pensare è proprio una pena»); interpretò riduttivamente il comandamento biblico ‘Non rubare‘ come il fondamento sacro della proprietà privata; arrivò, da posizioni opposte rispetto a quelle del Socialismo scientifico, a individuare nel lavoro la specificità positiva dell’uomo. Soprattutto promosse una violenta campagna antisemita, ottenendo che nel 1921 venisse approvata una legge restrittiva sull’emigrazione, avente anche lo scopo di contenere l’afflusso di Ebrei negli USA.