EDOMONDO DE AMICIS (Oneglia 1846 – Bordighera 1908)
De Amicis nacque ad Oneglia nel 1846, figlio di un regio banchiere dei sali e tabacchi. Studiò prima al collegio militare di Torino, poi alla scuola militare di Modena dove, nel 1865, uscì con il grado di sottotenente; prese parte alla battaglia di Custoza del 1866 durante la terza guerra d‟indipendenza, nel 1868 prestò servizio di assistenza in Sicilia, dove era scoppiata una grave epidemia di colera. Nel 1867 iniziò la collaborazione alla “Rivista Militare” di Firenze, della quale divenne direttore, e descrisse episodi e scene di vita militare che nel 1868 pubblicò in due raccolte: “La vita militare” e “Bozzetti”. In questi ultimi il De Amicis esaltò l’esercito come simbolo dell’unità nazionale e istituzione educativa della nazione. Il successo fu rapido e immediato, tanto che decise di lasciare l’esercito per dedicarsi alla letteratura. Nel 1870, come inviato speciale della “Nazione”, assistè alla presa di Roma, e nel 1872 raccontò questi avvenimenti in “Ricordi del 1870 e 1871”, un volumetto in cui inserì anche episodi di guerra e di giovinezza. I dieci anni successivi lo videro viaggiare in Europa ed in Africa e per ogni viaggio pubblicò puntualmente un volume: “Spagna”, “Olanda e ricordi di Londra”, “Marocco”, “Costantinopoli e ricordi di Parigi”. Nel 1886 pubblicò “Cuore”, che dopo solo tre mesi arrivò alla 40ª edizione ed ebbe decine di richieste di traduzione nelle varie lingue europee. Al momento della sua comparsa il libro rappresentò una pedagogia basata sull’altruismo, l’amor di patria, la solidarietà sociale e l’onestà civile, tutti ideali così autonomi da non aver bisogno di corroborarsi con ideali religiosi; come disse Giorgio Pasquali, “Cuore è un libro totalmente laico, il fatto religioso non vi appare che in due o tre fuggevoli occasioni”; persino le massime festività della Chiesa non appaiono in un contesto ricco invece di solennità civili. Potremmo definirlo un testo d‟educazione civica, un manuale che fu letto nelle scuole e nelle famiglie, e la cui durata, pur nel rapido mutare della situazione politica e culturale, fu straordinariamente lunga. Non mancano in Cuore temi di carattere sociale, come l’emigrazione, argomento sul quale De Amicis ritornò in seguito con maggiore impegno. Nelle 1890 pubblicò il “Romanzo di un maestro” e nel 1895 “La maestrina degli operai”, opere in cui sviluppò il tema della scuola per adulti e quello del potere dell’istruzione come mezzo di elevazione sociale e morale; qui anzi cominciò a fare giustizia di tanta letteratura edificante e reazionaria cara alla borghesia ottocentesca, quando disse di un personaggio: “nonostante le sue trentotto primavere, quella credeva ancora all’operaio dei libri di lettura che canta le gioie della povertà onesta e compiange i ricchi affollati di cure”; la miseria era invece per De Amicis ignoranza, sofferenza, smarrimento di sé stessi. Anche in altre opere che si riferiscono alla scuola affrontò i problemi del corpo insegnante, problemi che si erano acuiti dal 1877 con la legge Coppino sull’istruzione elementare gratuita ed obbligatoria, ed anche affrontò le difficoltà economiche e culturali dei maestri “cui la società chiede moltissimo senza dare i mezzi necessari”. Nelle 1889 pubblicò “Sull’oceano”, libro nel quale affrontò il problema dell’emigrazione, che intorno al 1880 si era intensificata per la crisi dell’agricoltura e del mezzogiorno, nonché il problema degli emigranti, soggetti allo
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sfruttamento, senza assistenza né protezione della legge. Il capitolo “L’Italia a bordo” è una rassegna di miseria delle regioni italiane, una ricognizione delle ingiustizie sociali e delle storture morali del paese: “tutti costoro non emigrano per spirito d’avventura, ma per la colpa di tanti signori indolenti per cui la campagna non è che uno spasso spensierato di pochi giorni … tanta caterva di impresari e trafficanti … dei mille altri che empitesi di cotone gli orecchi, si fregan le mani”. E non manca il garibaldino deluso dell’Italia per la quale ha combattuto, “un’Italia di declamatori ed intriganti, appestata ancora di tutta la cortigianeria antica”. Il 1° maggio del l891, durante la celebrazione per il secondo anno della festa del lavoro, avvennero numerosi incidenti dovuti a provocazioni poliziesche; a Roma si ebbero due morti tra i manifestanti. Il De Amicis, che si era messo a raccogliere materiale per un romanzo sul 1° maggio, prese decisamente una posizione politica, ed avendo approfondito con la tematica socialista la sua precedente vaga ispirazione umanitaria, si dichiarò socialista: sbalordimento ed addirittura trauma per il suo pubblico e per il paese intero, che lo considerava lo scrittore dell’esercito e della dinastia! Nel 1892 appoggiò la candidatura del Prampolini e si presentò egli stesso come candidato ad Oneglia; nell’accettare la candidatura egli disse che il suo socialismo era quello che si basava sulla lotta di classe, quello del partito socialista dei lavoratori, che in quello stesso anno si andava costituendo a Genova. Durante la reazione del 1898 era stato perseguitato ed imprigionato anche il Nerbini, il famoso giornalaio di piazza Madonna a Firenze, propagandista socialista. In carcere alle Murate pensò di improvvisarsi editore e si ricordò di articoli e conferenze del De Amicis apparsi su vari giornali; gli scrisse chiedendogli l’autorizzazione a pubblicarli, proponendo il titolo di “Lotte civili”. Le spese furono sostenute con piccole anticipazioni di rivenditori e edicolanti, e la pubblicazione segnò la fortuna della casa editrice Nerbini che divenne uno dei perni della propaganda socialista nelle lotte civili e guadagnò seguaci al Partito Socialista anche nella borghesia. Riportiamo qui di seguito un brano di una conferenza che il De Amicis tenne agli studenti: “e non badate neppure chi vi consiglia l’astensione, dicendo che vi occuperete della questione sociale più tardi, perché quegli stessi che vi dicono ora: attenetevi e vostri studi – vi diranno allora: attenetevi e vostri affari – e vi vorranno relegare nella fortezza della casa e dell’ufficio come ora vi vogliono chiudere nel santuario della letteratura e della scienza”. Gli ultimi anni di De Amicis furono segnati dalla morte della madre amatissima e dal suicidio del figlio Furio, oltre che dall‟aspro dissidio con la moglie. Si spense a Bordighera nel 1908 e fu sepolto a Torino con immensa partecipazione di folla, anche di borghesi, dietro le bandiere rosse della Sezione Socialista. Non è conosciuta la sua Loggia d’appartenenza, ma nel 1895 pronunciò il saluto della Massoneria Torinese a Giovanni Bovio, di cui si era rappresentato il dramma “S. Paolo”.
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