GIACOMO CASANOVA (Venezia 1725 – Castello di Dux, Boemia, 1798)
Nacque il 12 aprile del 1725, da Gaetano Casanova, attore, e da Zanetta Farusso, in arte “La Buranella” (perché nata a Burano). In realtà Giacomo era figlio illegittimo del patrizio Michele Grimani; la sua nascita illegittima è certa, perché riferita dallo stesso Casanova nel suo libello “Né amori né donne”, e dimostrata anche dal fatto che un fratello del padre naturale, l’abate Alvise, fu suo tutore durante la minore età e dopo la morte del padre putativo. Il suo primo viaggio lo fece quando aveva otto anni, con la nonna materna Marzia, che lo portò a Murano da una fattucchiera per farlo curare dalle frequenti emorragie dal naso, e di quest’esperienza ci lascerà una pittoresca descrizione nelle “Memorie”. La madre avrebbe voluto avviarlo alla carriera ecclesiastica, e giovanissimo entrò in seminario ricevendo, all’età di 14 anni, gli ordini come “abatino”, abito che lasciò in conseguenza di uno scandalo non meglio precisato ed in conseguenza del quale fu arrestato per alcuni mesi. Andò allora all’Università di Padova dove, secondo la sua autobiografia, ricevette il titolo di dottore in diritto civile e canonico. Dopo il soggiorno padovano iniziò un lungo girovagare, e fu prima ad Ancona, poi Roma e a Napoli dove conobbe la Bellino, con la quale ebbe una breve ma intensa storia d’amore. Nel 1744 tornò di nuovo a Roma al servizio del Cardinale Acquaviva, e lì iniziò a studiare il francese, lingua che poi perfezionò nei suoi viaggi successivi in Francia. Allontanato da Roma proprio per le sue idee liberali, ritornò a Venezia nel 1746, dove conobbe il senatore Bragadin, uomo mite e generoso, convinto cultore di scienze occulte, che ospitò e trattò Giacomo come un figlio, convinto che avesse facoltà soprannaturali. Fu questo un periodo in cui condusse una vita particolarmente brillante e lussuosa, frequentando salotti, teatri, e la sua ben nota inclinazione per il sesso femminile lo portò a clamorose avventure amorose con donne sia dell’alta società, sia di bordello. Nello stesso anno, il 1746, fu fondata una loggia massonica alla quale Casanova aderì con Carlo Goldoni e Francesco Griselini; nel 1748, per timore degli Inquisitori di Stato, si allontanò da Venezia, girovagando per l’Italia settentrionale: Verona, Milano, Cremona, Mantova e Cesena. A Cesena, nel 1749, conobbe Henriette, e con lei andò in viaggio per l’Europa: Ginevra, Parigi, Francoforte, Dresda, Praga, Vienna. Nel 1753 ritornò a Venezia, ma il 26 luglio del 1755 il capo degli sbirri veneziani, Mattia Varutti, fece irruzione nella sua casa di Fondamenta Nove, facendosi consegnare tutti gli scritti e i libri, intimandogli di vestirsi e di seguirlo: gli inquisitori avevano firmato il mandato d’arresto e fu incarcerato ai Piombi. Giacomo Casanova, faceva parlare troppo di sé perché il suo nome potesse essere ignoto al Tribunale della Serenissima la quale, nel 1754, aveva cominciato a controllare tutti i suoi movimenti; furono così compilate una serie di “referta” con le quali fu sospettato di corruzione, di libertinaggio, di essere un baro, un miscredente e uno sfruttatore, di praticare l’alchimia e la magia, di essere un massone. Dopo tre anni di carcere riuscì a fuggire, iniziando di nuovo un pellegrinaggio nei vari paesi europei, che durerà diciotto anni: a Bruxelles, ad Amsterdam, a Stoccarda, poi in Spagna, Russia e Polonia. In questi soi anni di pellegrinaggio conobbe e frequentò nobili, attori, letterati; divenne amico di Cagliostro, istituì a Parigi il gioco del Lotto. Uno degli incontri più importanti di questo periodo fu quello con la marchesa d‟Urfé, un‟anziana nobildonna cultrice di alchimia e di magia, che fu per Casanova una nuova fonte di espedienti e di guadagni. Ma fu anche un periodo in cui non tralasciò di studiare, di leggere. Ariosto ed Orazio furono i suoi classici preferiti, s’interessò dei progressi della scienza e della tecnica, s’interessò di medicina, che giunse, occasionalmente, a praticare. L’unica vera ambizione della sua vita fu quella di avere una rinomanza letteraria. Ma il suo amore per la vita, per l’avventura, per il denaro era evidentemente troppo intenso, ed in definitiva fu più attratto dalle corti di Londra, di Varsavia, di Berlino, di Pietroburgo. Assiduo frequentatore delle mense e dei letti altrui, fu spesso minacciato, denunciato, imprigionato, espulso. Nel 1774, dopo diciotto anni d’esilio, grazie all’aiuto di amici influenti ottenne la grazia e ritornò finalmente alla sua amata Venezia. Qui cominciò a lavorare pubblicando in tre volumi l’“Histoire des Troubles de Pologne”, una delle sue più importanti opere di erudizione; nel 1775 fu pubblicato il primo volume dell’Iliade tradotta in ottava rima; scrisse e pubblicò opere di vario genere, fra cui, nel 1782, “Di aneddoti Viniziani militari ed amorosi”. Più importante, per le conseguenze che ebbe, fu l’operetta “Né amori né donne, ovvero la stalla ripulita”. Si trattava di un libello satirico in cui erano rappresentati avvenimenti e personaggi della buona società veneziana. Nuovamente perseguitato dagli Inquisitori di Stato a causa del libello, fuggì da Venezia per ripercorrere strade e luoghi già visti. La sua sede definitiva fu il castello di Dux in Boemia, dove ricoprì l’incarico di segretario e bibliotecario del conte di Waldenstein, e dove finì i suoi giorni sommerso dalle carte che rimarranno a testimonianza di un avventuriero e di un secolo che stava per finire. A Dux, ormai vecchio e solo, nella Cecoslovacchia di fine ‘700, lontano dai salotti, dagli alberghi, dalle corti e dai teatri, che lo videro spettatore e attore di quel secolo, scrisse la sua colossale opera “Storia Della Mia Vita”. In queste sue memorie Giacomo Casanova fornisce una delle migliori definizioni del segreto iniziatico massonico: “coloro che si determinano a farsi iniziare liberi muratori soltanto per pervenire a conoscere il segreto, possono sbagliarsi, perché può capitare loro di vivere cinquant’anni maestri muratori senza mai giungere a penetrare il segreto di questa confraternita. Il segreto della libera moratoria è inviolabile per sua propria natura, perché il libero muratore che lo conosce, lo conosce soltanto per averlo indovinato. Egli non lo ha appreso suo da alcuno. L’ha scoperto a forza di frequentare la loggia, di osservare, di ragionare e di dedurre. Quando egli vi è pervenuto, si guarda bene dal partecipare la sua scoperta a chi chicchessia, fosse anche il suo migliore amico massone, poiché, se costui non ha avuto il talento di penetrare il segreto, non avrà neppure quello di trarne partito apprendendolo oralmente. Questo segreto sarà comunque sempre un segreto. Tutto quello che si fa in loggia deve essere segreto; ma coloro i quali per una disonesta indiscrezione non si sono fatto scrupolo di rivelare ciò che vi si fa, non hanno certo rivelato l’essenziale. Come avrebbero potuto rivelarlo se non lo conoscevano? Se l’avessero compreso, non avrebbero rivelato le cerimonie”.
Un altra grande avventura narrata nelle memorie è la “Storia della mia fuga dai Piombi”. Vi si racconta la sua carcerazione e la sua spettacolare fuga con padre Balbi dalle carceri del Governo Veneto; di questa fuga piena d’imprevisti, colpi di scena e suspence, una delle immagini più dolci nasce quando, finalmente usciti dal Palazzo Ducale e saliti su una gondola, Giacomo si getta stremato sul cuscino di mezzo: “Guardai allora dietro di me tutto il bel canale, le lacrime mi sgorgarono con abbondanza, alleggerendomi il cuore oppresso dalla gioia eccessiva”. Nello stesso libro, a sua discolpa scrisse ancora: “Non facevo torto al alcuno, non turbavo la pace sociale, non m’impicciavo degli affari altrui e non m’intromettevo nelle questioni private”. Giacomo Casanova era stato iniziato massone a Lione. Intorno al 1746 fu fondata una nuova loggia in Venezia, alla quale sono da ricollegare, oltre alla sua figura, le figure di Carlo Goldoni e di Francesco Griselini, e che rimase in attività fino al 1755, quando l’intervento degli inquisitori di stato portò all’arresto del Casanova e ne determinò la chiusura.
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