FIORENTINI ESPRIMIAMO IL NOSTRO SDEGNO
Fiorentini, abbiate dignità. Non siate inerti, non siate rassegnati, esprimete il vostro sdegno. In maniera civile. Educata, civile! Chiudete i negozi. Inclusi quelli dei generi alimentari. Tanto cinque giorni passano presto, e in cinque giorni non si muore certo di fame. Chiudete i ristoranti, i bar, i mercati. Chiudete i teatri, i cinema, le farmacie. Chiudete tutto, abbassate le saracinesche, metteteci il cartello che i coraggiosi misero nel 1922 cioè quando i fascisti di Mussolini fecero la marcia su Roma. «Chiuso per lutto». Lo stesso cartello che dovrebbe stare all’ingresso degli Uffizi, degli altri musei tenuti aperti dal Municipio, del Battistero, di Santa Maria del Fiore, di tutte le chiese, nonché sul Ponte Vecchio e sul Ponte a Santa Trinità. E non mandate i bambini a scuola. Non rivolgete la parola a coloro che come minimo vogliono imbrattare i nostri monumenti. Non guardateli nemmeno, non rispondete alle loro provocazioni. Imponetevi una specie di coprifuoco, sentitevi come vi sentivate nel 1944 cioè quando i tedeschi fecero saltare in aria i nostri ponti e via Guicciardini, via Por Santa Maria. Offrite al mondo il doloroso spettacolo di una città offesa, ferita, tradita e tuttavia orgogliosa. Orgogliosa!
Perché è possibile che quei gentiluomini e quelle gentildonne usi a imbrogliare
con la parola più sputtanata del mondo, la parola Pace, non ci devastino
Firenze. E’ possibile che per non perder la faccia e i privilegi di sindaco, di
presidente della Regione, di deputato, di senatore, di ministro, di segretario
generale, gli squallidi mecenati del Social Forum li convincano a
rimangiarsi la minacciosa promessa «Non sarà una manifestazione non violenta».
Cioè a non fare ciò che hanno fatto a Seattle, a Praga, a Montreal, a Nizza, a
Davos, a Napoli, a Quebec City, a Göteborg, a Genova, a Barcellona. E’
possibile, sì, e augurandomi di non sbagliare aggiungo: con le dovute
eccezioni, secondo me andrà così. Non oseranno spaccarli i genitali del David e
del Biancone. Non oseranno romperle le braccia del Perseo di Cellini. Forse non
oseranno nemmeno assaltare le banche e i consolati e le caserme. Ma non esiste
solo la violenza fisica. La violenza che nutrendosi di cinismo va in cerca del
morto da santificare, che per trovarlo scaglia pietre o estintori contro il
carabiniere terrorizzato. La violenza che nutrendosi di cretineria imbratta le
facciate degli antichi palazzi, frantuma le vetrine, saccheggia i Mac Donald,
brucia le automobili. Che occupa le case e le banche e le fabbriche, che
distrugge i giornali e le sedi degli avversari. Che (non avendo studiato la
storia loro non lo sanno) ripete gli sconci cari ai fascisti di Mussolini e ai
nazisti di Hitler. Esiste anche la violenza morale, perdio. Ed è la violenza che
si manifesta con le demagogie e i ricatti, che si esprime con le minacce e le
intimidazioni. La violenza che sfruttando la legge umilia la Legge, la ridicolizza. La
violenza che servendosi della democrazia oltraggia la Democrazia, la
dileggia. La violenza che approfittandosi della libertà uccide la Libertà. La assassina.
E questa violenza Firenze la subisce in misura sfacciata. Scandalosa.
La subisce per colpa di coloro che per tenersi le poltroncine del Potere,
procurarsi altrove i voti negatigli dal Popolo, le hanno imposto l’oceanico e
protervo raduno detto Social Forum. Che usando anzi sprecando il denaro
pubblico, il denaro dei cittadini, lo hanno piazzato in uno dei suoi monumenti:
la Fortezza
da Basso. Che ignorando o fingendo di ignorare il suo patrimonio artistico, la
sua vulnerabilità, la sua indifendibilità, le rovesceranno addosso (così molti
affermano) una moltitudine pari ad oltre la metà dei suoi trecentottantamila
abitanti. Cioè duecentomila persone. Che insieme alla gente di buonafede (a mio
avviso una pericolosissima buonafede ma finché non partorisce il Male la
buonafede va rispettata) ha lasciato entrare i teppisti cui dobbiamo le
nequizie dei precedenti Social Forum. I falsi rivoluzionari, i figli di
papà, che vivendo alle spalle dei genitori o di chi li finanzia osano cianciare
di povertà. Di ingiustizia. I presunti pacifisti, le false colombe, che la pace
la invocano facendo la guerra e la esigono da una parte sola. Cioè dalla parte
degli americani e basta. (Mai che la chiedano a Saddam Hussein o a Bin Laden.
Mai che improvvisino un corteuccio per le creature assassinate o gassate dal
primo e le creature massacrate dal secondo. Infatti Saddam Hussein lo
rispettano, Bin Laden lo amano. Ai regimi militari e teocratici dell’Islam si
inchinano, nei cosiddetti centri sociali nascondono i clandestini non di rado
addestrati da Al Qaida in Iraq o in Iran o in Pakistan. E l’11 settembre erano
i primi a sghignazzare «Bene, agli-americani-gli-sta-bene»).
Quando parlo di coloro che per tenersi le poltroncine del Potere e procurarsi
altrove i voti negatigli dal Popolo hanno imposto questo calvario a Firenze,
parlo anzitutto della sgomentevole coppia formata dall’ahimè presidente della
Regione Toscana e dall’ahimè sindaco di Firenze. Due sventure uscite da ciò che
chiamo l’ex Agenzia di Collocamento ovvero la Federazione Giovanile
Comunista. Quel sindaco che sembra nato solo per dar dispiaceri alla città.
(Basti pensare alle prepotenze degli extracomunitari cui l’ha consegnata, alla
tenda dei somali eretta due anni or sono in piazza del Duomo, all’orrenda
tettoia con cui vorrebbe deturpare gli Uffizi. E menomale che nei punti dove
andavano i pilastri si son scoperti preziosi reperti medievali). Quel sindaco
che in aprile definì il Social Forum «un’occasione da non perdere». Che
in giugno tacciò di «fascisti» i comitati che vi si opponevano. Che in agosto
negò l’esistenza d’un referendum col quale tre quarti dei fiorentini s’eran
pronunciati contrari. E che in settembre, nel corso d’un dibattito al Rondò di
Bacco, blaterò: «Ho saputo che una nota scrittrice fiorentina si dà un gran
daffare perché i no-global non vengano a Firenze. Quella-signora farebbe
meglio a incontrarli, a vedere che bravi ragazzi sono». (Bravi come a Seattle,
a Washington, a Praga, a Montreal, a Nizza, a Davos, a Göteborg, a Genova, a
Barcellona, illustrissimo? Bravi come quel «disubbidiente» che ha promesso
non-sarà-una-manifestazione-non-violenta? E a proposito: mi si racconta che sia
pure obtorto collo Lei stia esaminando la richiesta dei fiorentini cui
piacerebbe dare alla Fallaci un premio che da mezzo secolo viene attribuito
solo ai comunisti russi o cinesi o cubani eccetera. Insomma il Fiorino d’Oro.
Non si azzardi a darmelo, eh? Se si azzarda, glielo ficco in gola). Quel
presidente della Regione che non ne imbrocca mai una, che è il più
insignificante individuo mai apparso in Toscana, e che tuttavia si crede il
granduca Ferdinando III o Leopoldo II. Come un granduca si dà un mucchio di
arie, frequenta le cene della defunta aristocrazia. (Un’aristocrazia che nel
1938 ricevette Hitler con tutti gli onori, che al Teatro Comunale lo applaudì
fino a spellarsi le mani). Quel presidente della Regione che lo scorso ottobre
disse: «Il Social Forum è un’esigenza costituzionale». Poi annunciò che
sarebbe sfilato col corteo a cui la pace interessa da una parte sola, e
dichiarò che «era disposto a vedermi». (Disposto-a-vedermi, giovanotto?!?
Toccava a me dire se fossi disposta a vederla. E come le feci rispondere, non
lo ero affatto).
Parlo anche dei loro complici a destra e a sinistra. Dei loro compagni di
partito, dei loro compagnons-de-route verdi o bianchi o rossi o viola o
grigi, e dei loro avversari al governo. Cioè dei correi che per calcolo o per
convenienza, per furbizia o per viltà, in tutti questi mesi non hanno mai mosso
un dito. Che alla fine hanno aperto bocca solo per prestarsi allo scaricabarile
della sgomentevole coppia, al suo codardo cercarsi un alibi, al suo pavido
frignare «Tocca-al-governo-garantire-la-sicurezza. Con-la-sicurezza-noi-non-c’entriamo».
Vero, Pisanu? Vero, Fassino? Vi chiamo in causa perché (è giunto il momento di
spiattellarlo pubblicamente) una volta tanto l’ahimè sindaco di Firenze non si
sbagliava. Quella-signora se lo dava davvero il gran daffare. Con assoluta
discrezione ossia senza confidarmi con nessuno, senza appoggiarmi ai giornali,
senza esibirmi alle Tv, per l’intera estate mi sono battuta per impedire che i
bravi-ragazzi venissero a Firenze. L’intera estate! Disperatamente,
incessantemente. E sebbene la sgomentevole coppia non l’abbia voluta vedere,
voi due vi ho visto. Sebbene con la sgomentevole coppia non abbia voluto
parlare, con voi due ho parlato. (Coi vostri prefetti, il prefetto di Roma e il
prefetto di Firenze, pure. Più volte). E con ciascuno, quindi sia con la destra
che con la sinistra, ho incominciato il discorso così: «Ascoltatemi bene. Le
pugnalate nella schiena io non le tiro: combatto a viso aperto. E a viso aperto
vi dico che se non fermerete questa insensatezza, io vi sputtanerò. Oh, se vi
sputtanerò!». Poi vi ho ricordato che Firenze non è Porto Alegre. Che
nonostante gli oltraggi inflittile ogni giorno dai figli d’Allah è la
testimonianza vivente della nostra cultura. Della nostra identità. Della nostra
civiltà. Vi ho spiegato che difenderla è praticamente impossibile, che le sue
bellezze non stanno soltanto nei musei: a Firenze ogni statua, ogni quadro,
ogni palazzo, ogni strada, ogni piazza, ogni vicolo, ogni pietra è un ostaggio.
E vi ho fornito un esempio storico. Vi ho raccontato che un secolo e mezzo fa,
quando centinaia e centinaia di facinorosi vennero da Livorno a Firenze per
celebrarvi il loro «Forum», anch’essi furono sistemati nella Fortezza da
Basso. Ma da questa si spostarono in piazza Santa Maria Novella, da piazza
Santa Maria Novella in via Tornabuoni, da via Tornabuoni in piazza della
Signoria cioè nel Centro Storico, dal Centro Storico in Oltrarno. In tutta la
città. E per oltre un mese vi rimasero a far nefandezze, distruggere,
devastare, picchiare.
Ve l’ho raccontato, sì. E con tutta la passione di cui son capace vi ho
supplicato d’intervenire, d’impedire il disastro. Io che non supplico mai
nessuno. Neanche il Padreterno. A Lei, Fassino, chiesi anche di sturare le
orecchie dei suoi alleati o rivali. Di quello che parla con l’erre moscia, ad
esempio, e di quello che sfoglia la margherita per sapere se la quercia lo ama
o non lo ama. A Lei, Pisanu, chiesi anche di sturarle al cavaliere che anziché
occuparsi del paese sta sempre a rodersi sui suoi processi o a far merende
all’estero. Che viaggia più del Papa ed ora è a Mosca per mangiare il caviale
con Putin, ora nel Texas per mangiar la bistecca con Bush, ora a Ryad per bere
il latte di cammella col suo socio in affari Al Walid, ora a Madrid per
assistere al matrimonio della figlia di Aznar, ora a Tripoli per stringer la
mano a quel farabutto di Gheddafi. Ma ne ricavai solo la promessa, pardon
l’assicurazione, che il corteo a sostegno di Saddam Hussein e degli iracheni da
cui Saddam Hussein riceve il cento per cento dei voti non sarebbe entrato nel
centro storico. E, tre giorni fa, la notizia che non sarebbe partito dalla
gloriosa Piazza dell’Indipendenza. (La piazza da cui nel 1859 i patrioti
fiorentini si mossero per indurre gli Asburgo-Lorena ad andarsene via). Infatti,
caro Pisanu, lo scaricabarile della sgomentevole coppia Lei lo ha trasferito al
Parlamento dove in sostanza ha chiesto all’opposizione il permesso di fare il
suo dovere cioè di governare. E quando l’opposizione le ha rilanciato la palla,
«veda-Lei, decida-Lei», ha indossato i panni del Ponzio Pilato. S’è rivolto al
Consiglio dei Ministri, gli ha chiesto di scegliere tra Gesù e Barabba. E loro
hanno scelto Barabba. Hanno salvato il Forum, hanno crocifisso Gesù cioè
Firenze. Quanto a Lei, Fassino, se l’è cavata sussurrando
«lasciamoci-alle-spalle-ogni-recriminazione, ogni-rimprovero-reciproco,
lavoriamo-insieme». In altre parole, con un cauto «Volemose bene».
Volemose-bene?!? Ah…! Quanto il suo avversario mi ricorda Ponzio Pilato,
tanto Lei mi ricorda i medici che stanno al capezzale di Pinocchio. «Se non è
morto, è vivo. Se non è vivo, è morto». Perbacco, non c’è proprio nessuno tra
voi che dica pane al pane e vino al vino? Non c’è proprio nessuno che abbia un
po’ di coraggio?
Con rispetto parlando nel mucchio ci metto anche Lei, signor Presidente della
Repubblica. Perché Lei non viene mai rimproverato, Eccellenza. A Lei non viene
mai rivolto un briciolo di critica. Lei è come l’Islam dell’Islam-Non-Si-Tocca.
Io, invece, La tocco eccome. E Le dico: mi dispiace d’averLe inviato quella
letterina di congratulazioni quando ricevette il prestigioso e impegnativo
incarico. Mi dispiace perché Lei mi ha proprio deluso. La telefonata che feci
al Quirinale in estate, cioè quando parlai con Sua moglie, era un grido di
dolore rivolto a Lei, Eccellenza. Un SOS diretto all’uomo che dovrebbe essere
il babbo di tutti gli italiani, quindi anche dei fiorentini. E Lei non si degnò
nemmeno di richiamarmi cioè di domandarmi per quali ragioni fossi così
preoccupata anzi disperata. Glielo ha impedito l’etichetta, forse? Che diamine!
Non è mica Sua Maestà il Re d’Italia, sor Ciampi! E’ un presidente al servizio
dei cittadini! Per questo abbiamo licenziato la monarchia, per questo la
teniamo in quel bel palazzo che apparteneva ai Savoia! O lo ha dimenticato? Bè,
i Suoi predecessori non lo dimenticavano. Se avessi chiesto l’aiuto di Pertini,
Pertini avrebbe fatto fuoco e fiamme. Fuoco e fiamme! Lei invece s’è limitato a
un comodo «Penso-che-non-vi-sia-italiano-cui-non-prema-il-patrimonio-culturale-di-Firenze».
Tutto qui?!? Temeva forse d’offendere i bravi-ragazzi e i loro protettori (quei
protettori cui deve il prestigioso e impegnativo incarico) a dire qualcosa di
più anzi ad alzar la voce? E poi: non gliel’ha riferito nessuno che non si
tratta solo di italiani, che gomito a gomito con gli italiani ci saranno o
meglio ci sono i teppisti greci e baschi e danesi e olandesi e inglesi e
francesi e ungheresi e tedeschi e bosniaci cioè gente a cui del
patrimonio-artistico non importa un cavolo? Peggio, (o quasi): non glielo ha
detto nessuno che per cinque giorni Firenze diventerà una città blindata, una
città sotto assedio, una città che vive nella paura, una città dove i cittadini
perderanno anche la libertà di camminare nelle proprie strade? Ma chi sono i
suoi ciambellani, pardon i suoi consiglieri? Allora aveva ragione Sua moglie,
quando al mio grido di dolore rispose: «Grazie, cara signora, grazie d’averci
informato. In questo momento mio marito è chiuso in ufficio a lavorare, ma
stasera a tavola gli racconto tutto. Perché vede, qui al Quirinale non si sa
mai nulla».
Eh, sì, fiorentini: siamo proprio soli a difendere la nostra dignità. Soli con
quei poveri carabinieri e quei poveri poliziotti che comunque vada ne usciranno
maltrattati, insultati, calunniati. Quei poveri figli del popolo che a Genova
vennero accusati d’aver spento-le-sigarette-sul-morto. (Vergogna!). Quei poveri
cristi a cui i teppisti greci hanno promesso una-pallottola-a-testa, e che
durante i cinque giorni non avranno neanche il diritto di difendersi con la
rivoltella. Di sparare per ammonimento. Bè, il coraggio è anzitutto ottimismo:
io continuo a voler pensare che i teppisti, pardon, i bravi-ragazzi greci
eccetera quella pallottola se la terranno in tasca. Sia pure per lercia
convenienza i loro protettori hanno capito che se avvenisse qualche tragedia ne
pagherebbero il fio, e stanno davvero correndo ai ripari. Ma nessuno è profeta
e… Comunque vada, l’offesa rimane. Il calvario rimane. La violenza morale
rimane. Sicché, fiorentini, abbassatele davvero quelle saracinesche.
Mettetecelo davvero il cartello «Chiuso per lutto». Esprimetelo, esprimiamolo
davvero il nostro sdegno. Dico «esprimiamolo» perché a Firenze ci sarò
anch’io.