PERCHE’ I LAVORI MASSONICI SI APRONO SULLA PRIMA PAGINA
DEL VANGELO DI GIOVANNI
Uno dei momenti fondamentali dei lavori massonici in Grado di Apprendista è l’apertura del libro della Legge Sacra nella prima pagine del Prologo del Vangelo di Giovanni su cui vengono appoggiati Squadra e Compasso. Il legame tra la Libera Muratoria e il Vangelo di Giovanni è basato sul suo carattere iniziatico, gnostico[1], esoterico e sull’universalità dei contenuti che vanno ben oltre la prospettiva teologica: un vero e proprio scrigno che contiene una parte rilevante della Dottrina Massonica che conia con coerenza i rituali muratori e tutti i simboli presenti in quella raffigurazione del Cosmo che è la Loggia[2]. Una Loggia che non è chiusa in se stessa come la maggior parte dei sistemi filosofici o le costrizioni dogmatiche religiose, ma proprio per la sua natura simbolica è aperta a concezioni sempre più “alte”. Tutto può essere letto, interpretato, vissuto, condiviso e approfondito all’infinito con la consapevolezza che la ricerca della verità sarà sempre relativa e la mente dell’uomo evolverà con la conoscenza, l’esperienza e la metamorfosi del contesto sociale dal quale prende nutrimento. Il segreto è, al tempo stesso, semplice e complesso: da una parte è sufficiente conoscere e voler interpretare i simboli, attraverso conoscenza e onestà intellettuale – aiutati in questo proprio dalle potenti e perentorie indicazioni di carattere simbolico-discorsivo (Verbo) suggerite nel Prologo del Vangelo di Giovanni; dall’altra non dobbiamo aspettarci risposte certe, reazioni legate alla filosofia determinista della “causa-effetto”: tutto rimane soggettivo, permanente, inafferrabile, incontenibile nel suo essere un vero stile di vita privo di riferimenti spazio-temporali. Il Massone predispone il proprio pensiero alla luce interiore durante i lavori nel Tempio, crescendo spiritualmente, ma trova la propria emancipazione nella quotidianità esaltando il suo essere libero muratore attraverso un fare virtuoso e costruttivo.
Il Prologo del Vangelo di San Giovanni
In principio c’era colui che è il Verbo
e il Verbo era con Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era il principio con Dio
Tutto fu fatto per mezzo di Lui
e senza di Lui nulla è stato fatto.
Di ciò che è stato fatto in Lui c’era la Vita
la Vita era la Luce degli uomini.
Quella luce risplende nelle tenebre
ma le tenebre non l’hanno accolta
“In principio era il Verbo[3]”, il che fa pensare che il logos esiste dall’inizio del tempo, e non fuori dal tempo, nel Grande Tempo dove esiste l’Eterno, Dio. Senza la Parola tutto sarebbe precario, incompleto, scomposto: senza un ordine esisterebbe solo il caos. In greco logos non significa solo parola, ma è sinonimo anche di concetto e pensiero: azioni che pur non essendo attive o dirette prendono forma anche nel silenzio più totale, nella fase dell’ascolto, coerente ai Fratelli Apprendisti. Nei Maestri, la parola corrisponde all’azione, all’apogeo del pensiero, all’elaborazione e alla trasmissione della nozione elaborata.
La parola è ciò che ha permesso, ancora prima della scrittura, che le tradizioni, e quindi la storia, venissero tramandate da generazione in generazione affinché le nostre origini non andassero perdute. Insieme alla meditazione, la parola è il veicolo che innalza l’uomo all’Essere Supremo attraverso la preghiere, al Grande Architetto dell’Universo per mezzo del Rito nelle sue varie forme.
Nel simbolismo massonico, il maglietto che imprime la sua forza allo scalpello diventa esecutore di quella volontà che trasforma la contemplazione in lavoro: assistiamo al passaggio dalla passività del silenzio – appannaggio del pensiero – all’attività del suono e, perciò, all’articolazione della riflessione attraverso la parola. Come lo scalpello spinto dal maglietto sbozza e modella la pietra grezza trasformandola in mattone del tempio, così il pensiero imprime la sua potenza alla parola.
Alla fine della lettura di una tavola, o di un pensiero condiviso, solitamente un fratello tende a recitare l’espressione “Ho detto”, il cui significato non segna solo l’epilogo dell’esposizione, ma proprio per il tempo verbale utilizzato – passato prossimo – indica una precisa volontà di progressione e perfattibilità dell’argomento trattato. Si chiude una pagina e se ne apre immediatamente un’altra in cui ognuno dei fratelli, attraverso la parola, possa offrire contributi preziosi aggiungendo nuove pietre per l’edificazione del tempio.
Essendo nato in terra Etrusca, a proposito della parola non poteva non venirmi in mente la scultura dell’Arringatore(Museo archeologico di Firenze)che prende il nome dal gesto che compie il protagonista nel richiamare l’attenzione del pubblico. Siamo nel III secolo a.C.
Torniamo al Prologo del Vangelo secondo Giovanni: Tutto è stato fatto attraverso Dio e senza di Lui non esisterebbe nulla.
“In Lui c’era la Vita e la Vita era la Luce degli uomini”. Lui era la Vita, ciò che abita in ogni Potenza e in ogni eterno movimento all’interno di luci invisibili (all’uomo non è concesso di vedere la Luce con il solo senso della vista). La luce è uno dei simboli massonici più importanti: rappresenta la verità e la conoscenza. Quando un candidato passa attraverso l’iniziazione e comprende le verità della Massoneria, viene considerato illuminato. Per i Massoni, la luce non è materiale ma una rappresentazione della conoscenza.
“La luce splende nelle tenebre […]”. In questo passaggio è presente il concetto gnostico della dualità, tra luce e tenebre, tra mondo spirituale e mondo materiale governato da Potenze oscure e dal Vizio[4]. La Luce è Dio e tutto quello che è Divino è “giusto e perfetto”. Le tenebre sono il Creato visto in un ottica profana: l’Apprendista può intuire la Luce nell’ascolto della Parola. La Luce risplende nelle tenebre perché il male si può intuire o percepire solo attraverso la Luce del Bene. La dualità corrisponde a un’esoterica unione degli opposti[5].
“[…] ma le tenebre non l’hanno accolta”. Nulla è completamente male, come nulla è completamente bene. Non vi è alcun pensiero mendace che non sia mescolato con qualcosa di vero: le tenebre non hanno accolto la luce perché il male non stravolge il bene che, come tale, rimane una scelta. Il profano non riuscirà a vedere la luce: la sua vista sarà accecata da un eccessivo materialismo e la sua percezione si fermerà alla superficie di tutte le cose. Il Bene è la scelta di chi non si accontenta, di colui che è proteso eternamente verso la conoscenza.
Nell’arte visiva del Novecento c’è un artista che è riuscito a sconfiggere le tenebre che avevano avvolto la sua mente. Nel 1941, a Henry Matisse viene diagnosticato un cancro. Operato d’urgenza, ne uscì devastato: il problema non era del tutto risolto, si ritrovò sulla sedia a rotelle e impossibilitato a dipingere. Non si perse d’animo e ritrovò la luce nel suo amore incondizionato per la vita e per la creatività: iniziò a produrre collage: lavori di un impatto emozionale elevatissimo, di grande imprevedibilità e forza espressiva nei quali luce e colore dettano i ritmi percettivi. Matisse scelse il bene trasformando l’espressione artistica in un desiderio di eterna conoscenza.
La Protennoia Trimorfica (le tre forme di pensiero)
Opera gnostica in lingua copta[6] ritrovata tra i codici di Nag Hammâdi (Codice XIII trattato I) che presenta palesi riferimenti e somiglianze con il Vangelo secondo Giovanni. Il testo è suddiviso in tre sotto-trattati, per lo più scritti in prima persona, che descrivono le tre apparizioni della Protennoia, il Redentore Gnostico (Gesù). In particolare il terzo trattato, che è di tipo Soteriologico[7] e riguarda la parola del Figlio: una sorta di inno al Logos Gnostico associato al Prologo del Vangelo secondo Giovanni.
“La terza volta io mi rivelai come Parola in una forma simile alla loro. Indossando degli abiti comuni mi nascosi in mezzo a loro, ma essi non conoscevano colui che dà Potere. Io dimoro in tutte le Potestà, le Potenze (uomini), in mezzo agli Angeli ed in ogni movimento che esiste nella materia tutta. Mi nascosi tra loro finché non mi rivelai ai miei fratelli. Nessuna delle Potenze mi riconobbe, benché sia io che opero in loro. Invece pensano che il Tutto sia stato creato da loro poiché sono ignoranti, non conoscendo le loro radici”.
Quello successivo è un passaggio decisivo per la Libera Muratoria: “Io sono la Luce che illumina il Tutto, io sono la Luce che dà gioia ai miei fratelli poiché io ridiscesi nel mondo dei mortali per conto dello Spirito, che rimane in ciò che discende, e detti lui (mondo) l’acqua della vita che lo libera dal caos dell’estrema oscurità (ignoranza del mondo profano). Lo liberai dall’abisso e posi sopra di lui la Luce splendente, cioè la conoscenza del pensiero dell’Origine Paterna”. I profani sono potenze (uomini) ciechi e perduti nelle tenebre spirituali. Solamente l’iniziazione nei gradi e nei misteri della Massoneria può trasportarli dalle tenebre alla luce, purificarli e impartirgli la “nuova vita”. L’oscurità è simbolo del caos e serve a ricordare agli Apprendisti lo stato precedente all’iniziazione.
Pensare all’oscurità mi riporta ad uno degli artisti più esoterici del Settecento: Johann Heinrich Fűssli e al suo dipinto “L’incubo” del 1781, uno dei suoi lavori più enigmatici e simbolici. Gli incubi entrano in possesso dei nostri sensi quando, addormentati, molte delle nostre barriere difensive vengono meno e permettono ad esseri poco amichevoli di invadere la nostra mente. L’abito bianco della donna, in piena luce, simbolo di conoscenza e saggezza, permetterà alla ragazza di svegliarsi. Lo stato di eterno incubo, appannaggio dei profani, non solo non permetterà loro di distinguere il bene dal male, ma imprigionerà la loro mente in una dimensione di caos senza che se ne rendano conto.
Fr. ‘.M. V.
[1] Gnostico: relativo alla forma religiosa della conoscenza. Gruppo correnti filosofico-religiose dell’antichità che hanno avuto la loro massima diffusione nei Sec. II e III dell’Era Cristiana nei maggiori centri culturali dell’Area Mediterranea come Roma e Alessandra d’Egitto. Riflessioni che facevano riferimento anche ad elementi ellenistico-orientali come quelli presenti in Persia, Mesopotamia, Siria, Palestina ed Egitto.
[2] Pietro Vitellaro Zuccarello, www.ritosimbolico.it
[3] Espressione del pensiero attraverso un linguaggio strutturato traducibile come Parola. Attraverso la Parola l’uomo crea l’immagine del mondo che ha nella mente e che può evolvere attraverso la sua crescita interiore.
[4] Giuseppe Merlino, www.giuseppemerlino.worldpress.com
[5] Tra le scienze esoteriche che insegnano la necessità della discesa al male quale via al bene e l’unione degli opposti troviamo la Cabala, l’Ermetismo, l’Alchimia, la Teosofia e oggi la nuova New Age. Attraverso le scienze gnostiche l’uomo dovrebbe scoprire in sé stesso il divino, la scintilla di luce di cui deve riappropriarsi. La tentazione dello gnosticismo (spesso anche “cristiano”) è la tentazione del serpente della genesi: diventerete come Dio.
[6] La lingua copta si scrive per mezzo dell’alfabeto copto, simile al greco.Essa infatti usa l’alfabeto greco e sette segni, presi dal demotico. La lingua copta è diretta discendente dell’antica lingua egizia, di cui rappresenta l’ultima fase di evoluzione. È dunque una lingua afro-asiatica, nonostante questa teoria non sia accettata da tutti i linguisti come Theophile Obenga.
[7] Nella storia delle religioni, dottrina della salvezza, soprattutto con riferimento al problema della liberazione dal male; in questo senso generale è riscontrabile in tutte le concezioni religiose.