GREMBIULE D’APPRENDISTA
Il vedersi cingere col grembiule di pelle bianca, alla fine della cerimonia d’iniziazione di Apprendista; l’assistere innumerevoli volte durante una vita massonica allo stesso cerimoniale; il sentire stereotipate spiegazioni dagli oratori in proposito, è una delle impressioni che più si scolpiscono nella mente del fratello massone.
Questi però, quando ci pensa, non rimane soddisfatto dei chiarimenti, che generalmente vengono dati limitati al solo significato morale del simbolo; se poi è un appassionato ed infaticabile ricercatore della Verità, nelle biblioteche massoniche non trova molto per soddisfare la sua inesausta sete di conoscenza, così che per necessità virtù è costretto ad adagiarsi in una poco consolante acquiescenza di insoddisfatta curiosità.
In tale stato d’animo è stato per me un vero godimento l’ascoltare, in una cerimonia d’iniziazione, un fratello oratore che ha fatta un’ampia e profonda disamina del simbolismo del grembiule di Apprendista, disamina che cercherò di esporre qui di seguito nel modo migliore, in base agli elementi, gentilmente fornitimi, ritenendo di fare cosa molto gradita agli instancabili ricercatori della Verità.
Quando più le meraviglie del passato ci rivelano i loro segreti attraverso scavi di monumenti ed interpretazioni di antiche scritture, tanto più dobbiamo persuaderci che non esistono idee che non siano state già patrimonio di uomini dei più remoti tempi, tanto più dobbiamo convincete! che ogni fatto, umano è vecchio come è vecchio il mondo, tanto più dobbiamo riconoscere che quello che a
noi sembra una nascita di una cosa nuova non è altro che una rinascita di una cosa vecchia. Anche questa considerazione non è nuova, perché i nostri predecessori romani l’hanno esposta in modo sintetico ed impareggiabile duemila anni fa col famoso motto << nihil sub sole novi >>.
In alcune tombe egiziane della diciottesima dinastia, da circa trentacinque secoli, esistono rappresentazioni grafiche di uno dei misteri, che più hanno appassionato in tutte le nazioni gli eruditi, che solo da pochi decenni sono venuti a conoscenza di essi e che, pur avendone date molte interpretazioni, non ne hanno intuita la verità, perché (così essi giustificano) gli antichi sono stati assai avari di spiegazioni.
Infatti Erodoto di Alicarnasso che, nell’anno 444 avanti Cristo, leggeva alle Panatenaiche i suoi libri di viaggi, ci ha lasciato scritto in proposito:
<< A Sais si trova la tomba di Colui, che io mi faccio scrupolo di nominare …gli Egiziani fanno di notte “la rappresentazione delle sofferenze di lui” che essi chiamano Misteri … e su questi Misteri, che tutti senza eccezione io conosco, la mia bocca deve mantenere il più assoluto silenzio >>.
La rappresentazione grafica di questo mistero, sulle pareti di alcune delle migliaia di tombe che sono state aperte nella valle del Nilo, ci mostra un uomo (tichenou= apprendista) accoccolato (come il feto nell’utero) sopra una slitta, trainata da quattro serventi comandati da un sacerdote di Anubi; lo sgozzamento di un caprone fatto da appositi incaricati; lo scorticamento dello stesso animale; l’immissione in detta pelle dell’uomo disceso dalla slitta; un fosso, scavato con caratteri-stico vomere nel terreno; in esso vengono bruciati la pelle e il cuore della vittima ed i capelli dell’apprendista (tichenou); dalla fiamma l’immagine dell’apprendista e la pelle della vittima si elevano verso il cielo. In altre tombe la stessa rappresentazione è fatta in quest’altro modo: I’apprendista è in una barca funeraria sul Nilo, che attracca a terra, dove su di una slitta viene deposto il neofita, che viene trainato nel tempio, dove gli vengono lavati i piedi da una servente e gli viene dalla stessa Iside sovrapposta una pelle, in modo da lasciargli la sola testa fuori, rimanendo il resto del corpo accoccolato come i1 feto nell’utero; issato poi sulla slitta è trainato nella tomba, dove viene situato su di un letto basso nella stessa attitudine tenuta sulla slitta.
La << Leggenda geroglifica >> dice: << Fare venire alla città della morte il tichenou accoccolato sotto la pelle nella terra di trasformazione >> (luogo del divenire, di trasformazione in una nuova vita; trasformazione in ombra, ossia in materia non più soggetta alla morte). Nelle tombe della diciannovesima dinastia la rappresentazione grafica si modifica ancora, poiché non più il tichenou, che passa per la pelle, ma è un servente, che prende il nome di Sem. Il Sem non si accoccola nella posizione incomoda del feto, ma si distende sulla slitta, come in posizione di sonno, e nel tempio il Sem si sveglia avente sulla testa i simboli dello scarabeo e dell’ape; la << Leggenda geroglifica >> commenta << La pelle generatrice di essere vivente è fecondata e da essa una vita novella si invola al cielo >>. La interpretazione di questo mistero si andò sempre modificando durante i millenni specialmente perché alla operazione realistica, di cui probabilmente si perde la chiave, fu sostituito soltanto il rito simbolico di una sfinge coricata sopra un letto, personificante secondo la << Leggenda geroglifica >> il Sole levante, simbolo di resurrezione, oppure fu sostituito il rito chiamato del << shedshed >>, chi consiste in una grande cerimonia nella quale si rimette in posizione verticale, da quella orizzontale, una colonna (saha ded) portante quattro capitelli sovrapposti, ed infine fu sostituito un semplice simbolo raffigurante un utero, che ha la sua punta arrotolata a forma di chiocciola; questo simbolo è poi sovrapposto ad una mensoletta portata da un lungo bastone; al posto dell’utero è anche adoperato un cinocefalo (cane lupo) avente avanti a sé l’ureus (sacro serpente) e la punta della chiocciola suddetta, il tutto sopra la mensoletta portata dal lungo bastone. Questo simbolo, nel corteo della festa del shedshed, era un accessorio immancabile del dio Anubi e le leggende geroglifiche annotano: << Si passa con questo e in questo per andare al cielo >>.
Se dal misterioso antichissimo Egitto si passa alla non meno misteriosa antichissima India, si ritrova quel rito discendente da quattro famosissimi libri : Rig-Veda, Giagiur-Veda, Sama-Veda, Atarva-Veda, una cerimonia chiamata Diksa, che serve alla deificazione dell’uomo (molto simile a quella egiziani sopra esposta). Questa cerimonia si svolge costruendo una capanna nella quale viene immesso il neofita, vestito di una veste di lino bianco, ricoperto di una pelle di antilope nera, cinto da un cordone di seta rossa. L’interpretazione che i sacerdoti Bramini davano ai suddetti elementi del sacro rito è la seguente: il neofita rappresenta il feto, la bianca veste di lino è l’amnios (il liquido che involve il feto nell’interno della placenta), la pelle nera d’antilope è il corion (la pellicola della placenta, dalla parte interna verso il feto), la cintura è il cordone ombelicale ed infine la capanna è 1’utero.
I1 commento che i sacerdoti Bramini riservavano ai loro prediletti chiariva che il risultato della pratica del rito Diksa era per il neofita il ritrovarsi inconsapevolmente in possesso di due corpi, uno materiale e mortale ed un altro diafano ed immortale, del quale poteva a sua volontà servirsi per ottenere cose meravigliose. Il neofita in questo modo aveva ricreato se stesso in una vita nuova, seconda vita, dopo quella avuta dal proprio padre e dalla propria madre; quando sarebbe morto col corpo diafano avrebbe vissuta una terza vita.
La classica civiltà greca, che è una propaggine di quella dell’India e dell’Egitto, ci ha conservato in Miti e Leggende, analoghe cerimonie relative all’integrazione umana; il Vello d’oro e la pelle del leone Nemeo indossata da Ercole sono due classici adombramenti dell’Operazione, che serve a purificare la materia sino a tanto che ciò che è occulto diventi manifesto (fac occultum manifestum). Questi misteri spogliati della messa in scena delle varie cerimonie rituali e ridotti alle idee madri si sono prolungati attraverso i millenni fino a noi. Per riassumere nelle loro linee fondamentali queste idee madri dei grandi focolai della scienza integrale
su questo nostro pianeta si può dire che dai monumenti e dalle sacre scritture abbiamo elementi assai scarsi per il carattere estremamente segreto dei riti; ma che questi hanno la manifestazione più appariscente e più importante nella idea di <<passare per la pelle >> per avere la certezza della immortalità quale risultato della iniziazione.
Le idee madri sono una tradizione unica e comune per I’intera umanità ed è per questo che i misteri in tutte le religioni, in tutte le scuole iniziatiche, in tutte le forme di filosofia sottile hanno sempre un unico denominatore comune; per questo che anche nelle massonerie dell’ombra è rimasto (lasciato chissà da quale fratello illuminato) il rito del grembiule di pelle bianca di capretto. L’apprendista che per la prima volta, con grande sorpresa e meraviglia, si cinge i fianchi col grembiule di pelle bianca di capretto, non è in grado di intuire la grandiosità e profondità del rito col semplice ausilio dei sensi. Ma se il fratello Apprendista trasferisse risolutamente il centro generatore della conoscenza dall’esterno all’interno di esso, di modo che le forme del conoscere derivino dalla sua mente e non dal mondo esteriore; e se ciò che della materia il fratello Apprendista potesse sapere avesse la sua origine nelle intime virtualità della sua mente (la quale prescrive leggi alla natura e non le riceve da questa e tali leggi sono universali e necessarie soltanto per l’esigenza inferiore della mente stessa), se, il fratello Apprendista in poche parole modellasse le cose sui suoi concetti e non i concetti sulle cose potrebbe intravedere quello che altri hanno già percepito e riferito velatamente. Il grembiule di Apprendista è di pelle di capretto o di agnello. II primo animale ci ricorda il Bafometto dei Templari, il secondo l’Agni vedico, l’Agnus Dei del cattolicesimo, l’Ignis dei gnostici. La pelle è bianca perché il segreto consiste nel bianchire, mettendo da parte tutti i libri al fine di non confondersi con la loro lettura, che potrebbe generare nell’Apprendista l’idea di un lavoro massonico inutile. Il bianco indica il nuovo corpo risuscitato bello, bianco, vittorioso, incorruttibile, immortale. Il grembiule è di materia del regno animale (di pelle di animale e non di lino vegetale) perché la Natura non perfeziona la materia l’AKASA : l’Acacia) se non mediante cose che sono dello stesso regno naturale e pertanto non si può adoperare il legno per perfezionare i metalli; così che l’animale genera l’animale, la pianta riproduce la pianta, la miniera fornisce i metalli. La pelle è un contenente di materia animale in continua trasformazione; è una forma di preservativo, di scafandro per salvaguardare l’essere di materia organica, che in esso compie il suo ciclo di vita.
La pel1e della placenta è la casa del feto; entro di essa immerso nel liquido amniotico il feto in quaranta settimane compie il suo sviluppo da semplice seme a corpo organizzato con microcosmo. La mente del feto è come uno specchio nel quale si riflettono tutte le idee, che passano per la mente della mamma. La mente è una qualità fondamentale della materia viva; anche il più eccelso organismo non è altro che una colonia di organismi più semplici, vale a dire di cellule viventi, che però sono svariatamente differenziate, onde render più facile alla colonia certe funzioni più distinte di quelle che potrebbe prestare la cellula semplice. La consapevolezza complessiva consta nella coscienza singola delle parti. La mente del feto, uscito alla luce del sole è ancora come uno specchio nel quale si riflettono non più le idee, che passano per la mente della mamma, essendo avvenuto il fatale distacco materiale da ossa, ma le idee della Gran Madre da cui ogni vivente trae la vita propria. Molto tempo però occorre prima che questo grande avvenimento venga a conoscenza dell’iniziante il nuovo ciclo di vita sarcosomatica.
Tutto però è analogico: come la mente della mamma presiede all’organizzazione del feto, così la mente della Gran Madre presiede alla organizzazione dell’uomo; poiché l’uomo nel suo corpo materiale può essere considerato come un feto o per meglio dire una crisalide, che lavora alla trasformazione di se stesso sotto la materna protezione della Mente della Gran Madre.
I nostri antichissimi predecessori riguardavano l’Ego come una sostanza speciale uniforme completamente differente da quella costituente il corpo materiale (mente compresa), che quindi poteva essere chiamata il << non Ego >>.
Si comincia naturalmente dall’Ego vegetativo, incosciente, e si sale lentamente alla coscienza del proprio Ego ed infine alla concezione del non Ego. La vita uterina, quella sarcosomatica, quella pneumatica sono analoghe nei principi costitutivi, trasformativi e distruttivi; ogni serie delle tre vite costituisce un ciclo evolutivo. Caldei, Egizi hanno, migliaia d’anni prima di Darwin, conosciuta l’idea evoluzionistica, cosicché si può affermare che la scienza, la filosofia e l’evoluzionismo sono saldamente uniti nella storia del pensiero umano fin dalle primissime origini delle umane conoscenze.
Difatti conoscere se stessi, come la delfica sentenza insegna, significa conoscere le proprie origini, concepire le ragioni di essere del mondo, comprendere l’universo, immedesimarsi in Dio. Eraclito, Anassagora, Lucrezio, Giordano Bruno, Goethe, hanno tramandata una vivida, fiaccola rischiarante il tormento dell’anima umana per la conoscenza di se stessa, il tormento dell’anima umana, che ovunque la lotta per la legge dei contrari sospinge ed innalza o che sempre rinnova dalla morta la propria vita.
Un laborioso tentativo per penetrare almeno in parte gli enigmi che avvolgono l’evoluzione degli esseri è fatto dai moderni studi sulle cellule artificiali, con tentativi di riprodurre mediante modelli ed esperienze i fenomeni della divisione cellulare e con speculazioni intorno alle analogie tra i cristalli liquidi e gli organismi viventi. I legami fra le scienze biologiche e quelle fisiche potranno dare non poche sorprese alla società umana, ma si sarà sempre molto lontani da quelle che trentacinque secoli orsono gli Egizi ottenevano <<passando per la pelle>>.
Se il <<passar per la pelle>> può essere un mezzo abbreviato per fare tutta l’esperienza di una intera vita umana, si comprende l’idea fondamentale evoluzionistica di questa cerimonia, che rinnovata può condurre un essere umano in uno stato di essere nel quale, in base all’evoluzionismo naturale, arriverebbe fra migliaia di anni.
Nei tre mondi inferiori (animale, vegetale e minerale) esistono rapidissimi procedimenti evoluzionistici, selettivi e perfettivi, che l’uomo pratica correntemente. Poiché nell’universo tutto è analogo, dagli ammassi stellari al neutrone, non c’è niente di straordinario che, con un mezzo che si può adombrare per il <<passaggio per la pelle >>, l’uomo possa evolversi, selezionarsi, perfezionarsi, nei limiti delle proprie possibilità, tra un <<oriri>> e un <>moriri>>.
Questi misteriosi abissi della Natura e della Vita sono adombrati nella sintetica e modestissima cerimonia della cintura del grembiule in camera dì Apprendista; cerimonia attestante la rappresentazione delle sofferenze di una intera vita bene utilizzata per la sublimazione della propria materia (Akasa = Acacia) pesante in quella più eterea; cerimonia ricollegantesi con la misteriosofia della Leggenda di Hiram in un corpo unico di sapienza e di scienza massonica, che trentacinque secoli or sono in Egitto era a conoscenza di una sola persona, cioè del Faraone, Re e Gerofante.
L’idea evoluzionistica ha, come si vede, una assai pratica attuazione, perché quello, che per diritto divino prima era a conoscenza di una sola persona, ora col popolo sovrano, che ha conquistato il potere della società umana, è divenuto di dominio pubblico. Naturalmente in queste considerazioni c’è sempre in fondo il Minotauro dell’imbroglio ed è bene, pertanto, riservarsi il proprio giudizio in proposito.
Bari – Ceneri, 1948.
TAV SCOLPITA DA FR.’. AUGUSTO DORRUCCI,