LA PRIMA VOLTA IN LOGGIA
Quando per la prima volta
sono entrato in Loggia
una benda sugli occhi
sordi rumori e tenebre
e la punta di una spada
sul petto;
ho sentito dal Maestro Venerabile
parlare del Tempio della Virtù
con tre parole incise
a carattere di fuoco:
libertà, fratellanza, eguaglianza;
ho sentito che la tolleranza
è il principio – fondamentale
della Libera Muratoria,
del rispetto scrupoloso
di ogni coscienza;
a domande – ho risposto,
ho risposto sulla Libertà
ho risposto sulla Morale
ho risposto sulla Virtù
ed ho risposto sul vizio.
Ho appreso il dovere di tacere
di soccorrere mio fratello
prevedendone i bisogni,
di alleviare le sue disgrazie
e di assisterlo
con tutte le mie forze.
Ho bevuto dalla prima coppa
dei giuramenti,
fresca e purissima acqua
e con la mano destra sul cuore
a squadra
ho pronunciato la promessa solenne
con gli occhi pieni di lacrime.
Ho bevuto poi dalla seconda coppa
dei giuramenti,
liquido amarissimo
nel caso venissi meno
ai nobili principi della Istituzione.
Poi, il primo viaggio
simbolo della vita umana,
rumori di passioni
e molti ostacoli
da vincere con energia morale
e tanto coraggio;
nel secondo viaggio
ho trovato meno difficoltà
fra il tintinnare di spade,
già verso i sentieri della virtù:
nel terzo viaggio
solo un silenzio ovattato
prima di essere purificato dal fuoco.
Ho terminato i tre viaggi
– dell’aria
– dell’acqua
– del fuoco
aria che rappresenta
il cammino della vita irto di ostacoli,
acqua, simbolo
del tumulto e delle passioni,
fuoco, simbolo
della carità
– base ispiratrice dell’Uomo.
Mi è stato letto il Giuramento
e ho manifestato fermo proposito
di prestarlo.
Mi hanno portato fuori dal Tempio
e rientrando ho appreso
di essere stato ammesso
nella Fratellanza
mentre la punta di un pugnale
era puntata sul mio cuore.
Strappata la benda dagli occhi
ho visto cappucci neri
e spade rivolte verso di me;
inginocchiato
la mano destra sul compasso e squadra
posti sulla Bibbia aperta,
la mano sinistra su un altro compasso
rivolto al mio cuore
ho prestato giuramento
e la spada fiammeggiante
del Venerabile
– alla Gloria del Grande Architetto
dell’Universo,
mi ha nominato Fratello Apprendista
Libero Muratore.
Mi hanno aiutato ad alzarmi
baciandomi tre volte:
– Tu sei mio Fratello, mi hanno detto.
ho firmato il giuramento
con mano ferma,
e mi hanno cinto il grembiule
simbolo del lavoro
– primo dovere
e massima soddisfazione
dell’Uomo;
mi sono stati offerti due paia di guanti
bianchi – simbolo di fedeltà
uno per me e l’altro
da donare alla donna
più vicina al mio cuore.
Prima di lasciarci
i Fratelli hanno decretato
una triplice batteria
in mio onore…
… era l’otto maggio del 1945
(Autore della poesia Aldo Chiarle)
ALDO CHIARLE
Giornalista opinionista, saggista scrittore. Savonese, cittadino del mondo.
Iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti dal 1° Gennaio 1951.
Iniziato nel 1945 nella Massoneria Clandestina, confluì nel 1946 nella Massoneria Unificata d’Italia e poi nel Grande Oriente.
Della Massoneria Unificata è stato Gran Segretario e ottenuto il 33° Grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato, membro effettivo del Supremo Consiglio, Gran Segretario e Cancelliere di Stato.
E’ stato direttore responsabile (sotto lo pseudonimo di Amedeo Trasilara) de “Il pensiero massonico”, Grande Rappresentante, dal 1990 al 1998, della Gran Loggia di Chihuahua (Messico) presso il G.O.I.
Insignito della onorificenza massonica “Giordano Bruno”, è membro fondatore dell’Istituto di Studi “Lino Salvini” di Firenze, Gran Maestro Onorario del Grande Oriente d’Italia dal 2004 e membro libero del Supremo Consiglio del R.S.S.A.
LA NOTIZIA DELLA MORTE DA LA STAMPA EDIZIONE SAVONA
CHIARLE MI SCRISSE: “ALLA MIA MORTE VORREI FOSSE PUBBLICATA QUESTA POESIA”
Su carta intestata ‘Liguria Oggi – quindicinale – casella postale 12 -17100 Savona’, Aldo Chiarle mi scrisse, vergata a mano, all’indirizzo della redazione del Secolo XIX di Savona “Caro Corrado, al di là delle tue battaglie che mi hanno anche colpito per la nota vicenda Teardo, che non ho sempre condiviso, ma devo darti atto della correttezza e del rigore, senza guardare in faccia deboli e potenti, ti chiedo di ricordarti della promessa della fotografia, di cui abbiamo parlato e che mi sta molto a cuore. Inoltre vorrei esprimerti il desiderio. Data l’età, me ne andrò prima di te e gradirei potessi pubblicare questa poesia, ed essere almeno ricordato con le mie parole. Grazie, Aldo Chiarle”.
Testo con prefazione- ”….A Luna, mia convivente per 140 giorni e 140 notti (13 Aprile/ 19 Giugno e 11 Ottobre/ 21 Dicembre 1884) vissuti in meravigliosa simbiosi. a.c. “
“A Luna”
Mi vieni vicino
e mi fai le fusa – Luna,
strofini il tuo muso
contro il mio viso – e parli ancora
con il linguaggio del cuore.
Sei gelosa
dei giornali
che mi tolgono a te,
e viene a sederti
proprio sul tavolo
al centro del giornale
che sto leggendo
e mi fai miao.
Mentre leggo
accocolata
su una pila di libri
fingi di dormire,
ma segui con amore
ogni mio movimento.
Quando torno a casa
ti trovo
vicino alla porta
fra le mie gambe,
ma quando esco
corri a nasconderti
quasi fossi adirata
con me
perché ti lascio sola.
Aldo Chiarle aveva compiuto 87 anni, nato il 12 giugno 1926. Aveva abitato in via Bresciana 39-10. Oltre a quanto hanno scritto Gianni Gigliotti, a sua volta scrittore, poeta, esponente impegnato nell’area socialista, titolare di un sito on line e collaboratore della prima ora di trucioli.it (oltre che essere stato ospite di trucioli savonesi, soprattutto con poesie) e quanto leggiamo dall’articolo de La Stampa-Savona, a firma di Marco Raffa, ci sono alcuni aspetti da aggiungere a completezza di informazione.
Intanto Chiarle era l’unico personaggio savonese che consultando gran parte dei libri dedicati alla massoneria, alla sua storia, soprattutto dal ’900 in poi, il cui nome viene sempre citato. Anche tra gli autori più addentro e documentati. Come cronisti di strada e di giudiziaria al Decimonono, abbiamo conosciuto ed avuto rapporti con Aldo Chiarle quando era impiegato presso la Federazione del Psi di Savona.
I primi nostri contatti risalgono al 1971. Ero responsabile, in quel periodo, dell’ufficio di corrispondenza del Secolo XIX in piazza Petrarca ad Albenga, poi in via dei Mille. La zona di competenza era compresa tra Andora e Finale Ligure, con relativo entroterra, Bardineto e Calizzano inclusi. Tra i collaboratori della prima ora ricordo i corrispondenti storici: il rag. Fassino (Albenga), Beniscelli (Alassio), Barbaria (Ortovero), Noberasco (Ceriale) Arecco ( Loano), Seppone ( Pietra Ligure), Rosa (Finale Ligure). Ogni giorno una pagina di cronaca locale, oltre ai servizi in regionale o nazionale per i fatti più eclatanti. Tra i neo collaboratori: Bruzzone (sport), Grangiotti e Solari.
I rapporti con Chiarle ebbero un’impennata con le prime notizie sul Savona-Calcio (scritte da Mario Muda) che in realtà fecero quasi da esca ed un giorno potremmo svelare gli ultimi misteri del ‘ciclone Teardo’ mai raccontati. Rapporti che diventarono via via più bruschi e freddi quando esplose lo scandalo con perquisizioni, arresti. Aldo Chiarle, da quel momento, quasi quasi era un’altra persona, almeno nei miei confronti. Io giornalista, lui collega e impiegato del Psi savonese (e ligure) in piena buffera giudiziaria e politica. Fortissime pressioni, con Craxi segretario e la P 2 ai massimi del potere occulto.
Forse più che la mia testimonianza sarebbe utile rileggere quanto ha scritto nel suo rapporto, inviato ai magistrati inquirenti, Granero e Del Gaudio, l’allona ten.col. Nicolò Bozzo. La pietà ci consiglia di evitare, almeno in questa circostanza, altre aggiunte, pur ricordando che Chiarle non era chiamato in causa nè come imputato, nè coindagato. Ci saranno altre traversie di cui poco conosciamo per fonte indiretta.
La nostra ‘amicizia’ ha finito per incrinarsi quasi a 360 gradi, quando venne fuori la brutta storia (sparata in prima pagina da alcuni organi di stampa di destra e vicini al Psi) del recapitato di una lettera anonima nella cassetta posta della Federazione, in cui si denunciava che il giudice Del Gaudio aveva acquistato un appartamento, a prezzo ridotto, da un esponente del Pci…
Non nascondo che ero in contatto, per motivi professionali, con un legale che stimavo, Angelo Luciano Germano. Ebbene, dopo alcuni giorni e riscontri, indagini serrate degli inquirenti, la pista portava proprio a Chiarle. Ebbi un casuale incontro con Chiarle in cui volarono, a seguito di alcune mie domande e ipotesi, veri e propri insulti, minacce di querele. Di questo tenore: ” Sei un miserabile…malvisto anche da certi tuoi colleghi…dove ti credi di arrivare…sei un farneticatore….”. Risposi, come si suol dire, per le rime. E dissi pressapoco: se dietro c’è anche la tua manina, magari potremo saperlo dall’esame delle impronte digitali….Ma era proprio lui che aveva trovato il materiale e recapitato all’avvocato Calbria, difensore di Cappello, ‘cassiere del clan”.
Francamente questo capitolo l’ho perso di vista e meglio di me potrebbe chiarirlo l’interessato, Michele del Gaudio. Posso dire invece che l’avvocato Germano, ancora prima della sua morte, in uno dei tanti incontri mi spiegò per l’ennesima volta i retroscena della vicenda che lo riguardavano personalmente.
Aggiungiamo un nota sugli ultimi anni di vita di Chiarle, appresi da un fratello Gran Maestro. Aldo Chiarle aveva sposato una ceramista della nota famiglia Vaccari. Si erano di fatto divisi. Poi lui decise di ricongiungersi e si trasferì a Roma dove ebbe un grave incidente stradale. E’ rimasto col ruolo di Gran Maestro Onorario del Grande Oriente d’Italia.
L. Cor