UMILTA’ E DIGNITA’

Umiltà e Dignità

Le parole pesano come pietra perché pietra sono, pietra sulla quale si è fondato tutto lo scibile umano. Le parole  possono unire o allontanare le persone proprio come un arma può salvarti o dare la morte.

Umiltà

Il concetto che a mio avviso questa parola racchiude in se è una qualità che l’uomo manifesta verso l’esterno e una sensazione più intima dalla quale trae costantemente giovamento per la sua serenità interiore. Quasi tutti i filosofi indicano questa qualità come la madre di tutte le virtù, di conseguenza lei stessa viene annoverata fra le virtù. Oggi il messaggio che questo vocabolo veicola nel mondo profano spesso é sinonimo di povertà sia spirituale che materiale di una persona sopraffatta da situazioni o persone più forti di lei, questo ritengo che abbia fatto scendere su questa virtù un grigio velo che ha offuscato la reale bellezza di questo valore.

Perché i filosofi la collocano come sorgente di tutte le virtù?

L’arcano ritengo essere questo, l’accesso che tu dai a chi ti sta intorno per interagire con te. Non siamo isole senza attracchi e non siamo stati creati per vivere isolati rifiutando confronti magari anche forti ma costruttivi. Una porta dunque attraverso la quale, se aperta, noi permettiamo al mondo intero e a tutto l’universo di entrare in contatto con noi diventando per tanto una parte vitale poiché viva di un meraviglioso progetto globale.

L’arrogante o il saccente oltre a negare di fatto un accesso verso di se ha come risultato quello di volere primeggiare su chi gli sta attorno spesso rubando anche l’energia altrui, questo oltre a generare un disequilibrio con il tutto tende a negare la possibilità ad altri di esprimersi contribuendo così ad un progresso generale. Facilmente l’arrogante assorge a questo ruolo a causa di sue problematiche personali che tende a scaricare e a far pagare a chi gli sta intorno inquinando così sia la propria esistenza che quella altrui.

Ritengo che l’umiltà per tanto sia la capacità che l’uomo dovrebbe avere di non fare pesare o sfoggiare i talenti che ha ricevuto in dono ma metterli serenamente e semplicemente a disposizione di chi ne necessita per progredire dimenticandosi dopo di averlo fatto, conservando gelosamente in se la consapevolezza di avere contribuito anch’esso con un puntino al compimento di un importante e sublime capolavoro.

Questo processo di evoluzione personale ricorda a mio parere il lavoro dello scalpellino sulla grezza pietra che viene faticosamente e lentamente lavorata per riportare alla luce l’antico splendore che ogni uomo ha inevitabilmente racchiuso in se. Vi è una domanda che da sempre l’uomo si pone, perché siamo su questa terra, qual è lo scopo di questo nostro esistere, non credo certo di essere in grado di dare adesso una risposta, mi piace pensare che lo scopo di tutto ciò sia la possibilità che ci viene data di compiere un evoluzione, siamo liberi di farlo o meno, questa evoluzione voglio immaginarla come mirata al raggiungimento di un livello che ci elevi e ci consenta, con tutto ciò che abbiamo acquisito durante il nostro cammino, di agevolare il raggiungimento di tale elevazione a tutti i nostri fratelli compagni indispensabili di questo meraviglioso viaggio.

I maestri che ho conosciuto, che sono qui presenti mi hanno insegnato che quando si entra nel tempio la prima cosa da fare è lasciare fuori i metalli , tutti (questo credo sia un grosso atto di umiltà) e se pur a livelli diversi siamo tutti insieme e tutti devono e possono dare il loro contributo. La frase simbolica lasciare fuori i metalli è una frase esoterica che come spesso capita in massoneria solo l’ignoranza di chi ascolta fa diventare il tutto celato. In questo caso i metalli che profanamente potrebbero essere intesi con monete, monili o altri valori, in realtà la tradizione massonica fa riferimento a tutte quelle sensazioni e stati d’animo che inquinano le virtù, l’uomo deve volgere la propria attenzione e i propri sforzi affinché queste negatività debbano albergare in oscure prigioni lasciando così risplendere le virtù.

Dignità

La dignità spesso confusa e travisata con l’orgoglio ritengo che sia la capacità di rispettare se stessi e i propri principi . Oggi ho raggiunto la convinzione che questa sia una cosa molto intima e personale che nessuno può levarti, forse possono tentare di sminuirla ma mai senza la complicità di chi ne subisce l’intento spregevole. Qualità importante se si ha l’abilità di contenerla entro i giusti limiti senza mai farla sfociare in uno sterile orgoglio dettato da fragilità ed emotività. Certamente espressa emotivamente in principio va gestita con raziocinio e ragione perché da parte importante di ciascuno di noi non si trasformi in una serpe subdola che ci fa credere di essere sempre dalla parte della ragione dimenticando le altrui realtà ed esigenze.

La persuasione a cui sono giunto è che l’umiltà oltre ai pregi che prima ho espresso sia anche la giusta antagonista di cui abbiamo bisogno per avere una dignità consapevole, che non prevarichi, per non essere traghettati verso la sterile arroganza. Nascerà allora in noi un sentimento di tolleranza fraterna attraverso il quale queste due parole troveranno un equilibrio naturale creando i giusti presupposti perché in quel luogo regni l’armonia, situazione essenziale per la crescita sia personale che di gruppo, che sempre più sembra assomigliare ad una famiglia dove le esigenze e le situazioni dei singoli influenzano nel bene e nel male la vita della famiglia stessa, a tale proposito mi torna alla memoria il quadrilungo dove coesistono mattonelle nere e mattonelle bianche in un equilibrio armonioso che ci fa comprendere che tutto serve se usato in modo adeguato nel momento giusto, e che inevitabilmente come diceva il Buddha la via è sempre quella di mezzo.

Queste oggi sono le mie riflessioni, spero di potere avere le conoscenze domani per approfondire e gestire come vorrei il tutto.

                                                                                                                                                                                                                                                                                       Giorgio  Testini

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