PROCESSO A SISIFO

      PROCESSO A SISIFO, FIGLIO DI EOLO E DI AMARETE

  • Giudice supremo: Athena, dea della giustizia e della saggezza
  • Avvocato dell’accusa: Febo-Apollo, dio della poesia e della medicina
  • Avvocato (d’ufficio) della difesa: Dioniso**
  • Testimoni: il messaggero Tanato, le erinni Tisìfone e Megèra, il dio Hermes, il giudice Minosse
  • Giudici popolari, Consiglio

I capi d’accusa

  1. Aver rivelato ad Asopo, che Zeus aveva rapito la di lui bellissima figlia Egina per farla sua sposa, macchiandosi così di colpa gravissima per aver rivelato un segreto degli dei. Lo stesso nostro Signore Zeus scampò a fatica dalla collera di Asopo trasformandosi in un masso.
  2. L’imputato ha poi osato prendersi gioco di Tanato, il messaggero del Signore dell’oltretomba Ade, fratello del sommo Zeus, facendolo ubriacare e lasciandolo in catene.
  3. Aver violentato Anticlea, figlia di Autolico, e moglie di Laerte l’Argivo. Questo avveniva proprio alla vigilia delle sue nozze con Laerte e con la conseguenza che la stessa Anticleagenerò da lui un figlio illegittimo chiamato poi Odisseo.
  4. Aver sedotto sua nipote Tiro, figlia di Salmoneo, erede di Eolo e re della Tessaglia. Averla ingannata facendole credere di essere innamorato di lei ed averla poi costretta a partorire due figli. Tutto questo per l’odio che aveva verso il suo fratelloSalmoneo e per impadronirsi del trono.
  5. Inoltre, quando Tiro si accorse delle sue manovre e capì le sue vere intenzioni, presa dalla disperazione uccise i due figli avuti dall’imputato Sisifo, il quale, preso a pretesto questo fatto, convinse gli abitanti della città che era stato lo stesso Salmoneo a macchiarsi di incesto e quindi ad ingravidare sua figlia Tiro.  Quindi portò i cadaveri dei due poveri ragazzi nella piazza del mercato di Larissa e arringò la folla che si fece convincere ed esiliò Salmoneo dalla Tessaglia facendo diventare re lo stesso Sisifo.
  6. Gli abitanti di Corinto (chiamata anche Efira) lo considerano il peggior furfante della terra, uomo senza scrupoli, dedito all’affarismo ed agli intrallazzi.

L’arringa dell’accusa(avvocato: Febo-Apollo)

Rispettabilissimo giudice supremo Athena, voglio far raccontare i fatti dallo stesso Tanato, messaggero dell’Averno, che chiamo a testimoniare:

Tanato:“Seguendo gli ordini del nostro Signore Zeus, mi recai in Corinto per portare con me nell’Ade il Sig. Sisifo. Mi pre­sentai alla sua reggia come un pellegrino, fingendo di chiedere ospitalità. Sisifo mi ricevette, ma ebbi subito l’impressione che mi avesse riconosciuto. Tuttavia mi offrì ospitalità e mi fece sedere a mensa con lui, offrendomi cibo e vino. Io accettai, per mascherare momentaneamente lo scopo della mia visita, ed anche per riposarmi un poco. Effettivamente bevviun po’ troppo e ben presto mi assalì il sonno. Sìsifo non mi domandò chi fossi e quale motivo mi avesse condotto da lui, ma in tono accattivante mi disse:

– La mia casa è la tua; trattieniti presso di me quanto ti pare. Quando vorrai partire ti fornirò tutto quanto ti possa occorrere e ti darò inoltre un bel dono ospitale, affin­ché tu ti ricordi sempre di me.

-Ti ringrazio – risposi, ma ho fretta; i miei doveri purtroppo mi chiamano altrove.

– Fa’ come ti piace replicò Sìsifo. – Ma allora dimmi, ti prego: chi sei? Qual è il tuo ufficio? E quale scopo ti ha condotto da me? In che cosa posso esserti utile?

– lo sono Tànato – dissi a quel punto- Zeus mi ha man­dato da te perché è arrivata la fine della tua vita. Me ne duole, ma io devo condurti meco. L’unico modo di renderti utile è quello di prepararti a seguirmi senza farmi indugiare oltre, perché vi sono molti altri che devo visitare.

– Oh! – disse Sìsifo, con aria afflitta – così presto? lo sono ancora giovane! E poi avrei ancora tante cose da sistemare! Tuttavia, se la fine della mia vita è giunta, non mi opporrò a seguirti. Solo, libiamo in onore di Zeus una coppa di vino ancor più odoroso e poi ti darò il dono ospitale che ho scelto per te.

Fece un cenno, e il coppiere, colmata una grande coppa d’oro d’un vino ancora più robusto, me la presentò.Bevvi, ma subito la testa mi cadde sul petto.

Io tentavo di alzarmi. Ma Sìsifodisse :

– Ancora un momento; voglio darti il dono ospitale che t’ho promesso.

Fece un altro cenno, ed ecco avanzarsi quattro robusti servi, evidentemente già istruiti dal loro signore, recanti una grossa catena di ferro e delle manette con il lucchetto. Senz’altro essi si gettarono su di me e mi legarono ben stretto. Quindi mi trasportarono di peso in un sotterraneo della reggia, mi distesero su un giaciglio e se ne andarono.

Quando l’ebbrezza, col sonno fu sfumata,  mi accorsi del tranello giocatomi da Sìsifo. Tentai di scio­gliermi, chiamai, urlai, pregai; ma tutto fu vano: le catene resistettero ad ogni sforzo e la mia voce si perse nella stanza sorda in cui ero rinchiuso. Trascorsero dei giorni, e mi sembrava di vedere Sìsifo che continuava nelle sue occupazioni e nella sua solita vita, come se niente fosse.”

Febo-Apollo:Vostro Onore, ma mi chiedo, come era possibile che Sisifo potesse pensare di continuare così? Infatti ecco cosa successe in seguito.

Chiamo a testimoniare una delle Erinni, Tisìfone. Prego, racconta alla corte:

Tisìfone:“Nell’Inferno si era determinata una situazione molto strana. Caronte vide esaurirsi il suo lavoro, dato che nessun’anima arrivava più dalla terra a chiedere d’essere traghettata, ed io stessa lo vedevo che se ne stava nella sua barca, appoggiandosi al remo, a guardare verso lo sbocco del sentiero per il quale le anime solevano giungere; Cerbero, all’ingresso del regno di Ade, dormicchiava nella sua cuccia e ogni tanto si rizzava sulle gambe, si stiracchiava sbadigliando con le sue tre bocche emettendo qualche breve latrato; il qui presente Minosse, seduto sul suo trono, se ne stava stanco ed annoiato

– Che succede? – si chiedevano tra loro – Non muore più nessuno sulla terra? E’mortoTànato? Zeus ha de­ciso di rendere tutti immortali?

L’inquietudine cresceva; erano inquieti anche Ade e Per­sèfone.

Trascorso qualche altro giorno, il re degli Inferi decise di mandare un messaggero da suo fratello sull’Olimpo per domandare che cosa accadeva. Diede tale ordine proprio a me, ed io spiccai subito il volo verso l’Olimpo.

– Supremo reggitore dell’universo – dissi a Zeus ­il tuo potentissimo fratello Ade mi manda a te per doman­darti che cosa accade sulla terra; che da parecchi giorni nes­suna anima di defunto scende più nei suoi regni. Non muore più nessuno sulla terra?

– Come? – esclamò Zeus, trasecolando. – Non muore più nessuno? E che fa Tànato? Da più giorni non lo vedo; da quando io lo mandai a prendereSìsifo non s’è fatto più vivo. E’ venuto Sìsifo nell’Inferno?

– No – risposi – nessuno di noi laggiù lo ha veduto.

– Ma – esclamò il sommo Zeus – E che ne avrà fatto di Tànato? Presto, Ares, corri a Corinto, ispe­ziona la reggia di Sìsifo, cerca Tànato, e appena lo avrai trovato digli che spedisca immediatamenteall’Inferno quello sciagurato e che riprenda subito il suo lavoro. E rivolgendosi a me: – torna laggiù e rassicura mio fratello che tutto tornerà presto alla normalità.”

Febo-Apollo: Ora vi dico io come devono essere andate le cose:

Appena Sisifo vide il dio Ares, capì che le cose si mettevano male. Ma il suo cervello inventò subito un’altra trappola. Corse da sua moglie Merope e le disse:

– Ascolta, quando Tànato sarà liberato, io dovrò andare. Ma te non rendermi gli onori funebri, fingi di non ricordati neanche di me, anzi datti a feste e banchetti.

Sìsifo raggiunse Ares e questi ben presto scovò Tànato nella sua prigione, spezzò le sue catene e lo liberò. Quindi gli riferì l’ ordine di Zeus e Tànato obbedì con gioia: afferrò Sìsifo e, toltagli la vita, lo spedì velocemente nel mondo dei morti.

Chiamo ora a testimoniare la erinneMegèra, che si trovava alla corte del potentissimo re Ade e della regina Persefone. Chiediamo a lei di riferirci che cosa accadde in seguito.

Megèra:“Quando Caronte vide spuntare l’anima di Sisifo, gli disse: – vieni, che ti traghetto subito, porgi l’obolo -.

– Ahimè! – rispose Sìsifo – non posso pagarti, che là, sulla terra, vive della gente perfida. lo ne sono sde­gnato, anzi, ti prego, fammi credito: lasciami pas­sare, che io vada da Ade a presentar le mie lagnanze e a pregarlo di punire quei malvagi. Ti giuro per gli dèi e per queste sacre acque dello Stige che tornerò indietro, e quando ritornerò ti pagherò doppio obolo. Caronte si lasciò persuadere e lo traghettò. Così pure lo lasciarono passare Cèrbero e Minosse, rassicurati dal giuramento che sarebbe tornato indietro.

Sìsifo giunse così al cospetto di Ade e di Persèfone.

Come Ade scorse quell’anima sperduta ai piedi del suo trono, trasalì.

– Chi sei tu ? – esclamò. – Come sei giunto fin qui ? Che vuoi ? Chi ti ci ha mandato?

– Potentissimi signori dell’ Averno – rispose Sìsifo, tutto umile – non vi adirate se oso presentarmi così a voi, che io non ne ho colpa; anzi vengo per chiedervi giustizia. Tànato m’ha indegnamente spedito quaggiù, fuor di tempo e senza motivo. Egli volle concedersi una vacanza e per ri­posarsi scelse la mia casa, io lo accolsi ospitalmente, com’era mio dovere, e gli imbandii cibi e vini prelibati, ed egli man­giò e bevve tanto che, preso dall’ebbrezza, ha dormito per molti giorni.

– Per questo dunque – interruppe Ade – non moriva più nessuno e da noi non veniva più nessun’anima.

– Precisamente – riprese Sìsifo. – Ora, per rifarsi del tempo perduto, quando s’ è ridestato ha incominciato da me e m’ha spedito d’urgenza nel tuo regno, compensandomi indegnamente della mia ospitale accoglienza. Ma non me ne lamento, dato che non sono io il solo che sia morto giovane, ma vengo a chiederti giustizia contro la mia perfida moglie, la quale, non contenta d’avermi tormentato in vita in mille modi, coi suoi capricci, col suo lusso, con le sue sregolatezze, anche dopo morto m’ha negato il conforto degli onori funebri dovutimi. E mentre Tànato s’impadroniva di me – Va’ – mi disse – va’ all’lnferno, che quando sarai partito, voglio cantare, danzare, ubriacarmi, e lascerò il tuo corpo alla mercè dei cani e dei corvi.

– Oh, che infamia! – esclamarono ad una voce Ade e Persèfone.

– Così mi disse! – continuò Sìsifo. – Or io vi scon­giuro, eccelsi signori delle ombre d’Averno, per il grande amore che vi congiunse, vi scongiuro, lasciatemi tornare per un giorno solo sulla terra, tanto che io possa punire esemplarmente quella perversa donna e chiedere agli altri miei congiunti di seppellire il mio corpo e di rendermi i dovuti onori. Vi giuro che dopo, pago della mia vendetta, tornerò senz’altro quaggiù.

Ade e Persèfone, commossi da quelle parole accorate, aderirono al suo desiderio e, dopo avergli fatto ripetere la promessa di tornare, lo lasciarono andare”.

Febo-Apollo: Quindi, l’anima di Sìsifo, riemersa dall’ Averno riprese possesso del suo corpo, che la moglie non aveva seppellito ed egli ricominciò a vivere come prima. Ma adesso sentiamo la testimonianza del dio Hermes:

Hermes:Quando Zeus apprese che Sìsifo era tornato sulla terra dopo aver ingannato gli dèi dell’Averno ed era di nuovo vivo, si meravigliò altamente e, sdegnato più che mai, mi mandò ad ordinargli di tornar subito nel regno delle ombre.

Ma quando Sìsifo udì l’ ordine di Zeus, disse, tutto compunto :

-. lo sono pronto ad obbedire; solo vorrei sapere una cosa: non è anche la mia vita filata dalle Parche?

– Certo – risposi.

– E non è forse vero che l’uomo muore solo quando la Parca Atropo ha ta­gliato il filo della sua vita?

– Sì, è così.

– Allora, se io son vivo, è evidente che il filo della mia vita non è stato tagliato.

– Ehi! – fece Ermes – piano! Tu stai cercando d’imbrogliare anche me!

– Niente imbrogli – ribattéSìsifo. – lo sono logico, parlo in nome della verità,

– La verità è che tu eri morto, che tu hai detto un monte di bugie ad Ade e che Zeus ti ordina di tornare nell’Averno.

– La mia morte era falsa, ordinata da Zeus indignato, ma non decretata dal Fato, al quale solo obbediscono le Parche. Delle bugie dette ad Ade farò ammenda laggiù quando vi tornerò. E laggiù tornerò quando la Parca avrà tagliato lo stame della mia vita, non un istante prima. Questa è la mia risposta a Zeus, recagliela, ti prego, con l’espressione della mia profonda devozione. Questi sono i fatti e questo è quello che ho visto e sentito.

Febo-Apollo:Ora, sapete tutti come si è comportato Sisifo. Ma non è tutto: sentiamo un po’ che cosa ha da dire lo stesso Minosse che chiamo a testimoniare:

Minosse:Quando fu compiuto il suo fato e la parca Atropo ebbe reciso lo stame della sua vita, arso il suo corpo sul rogo, la sua anima ritornò nell’ Averno. Pagò l’obolo a Caronte (uno solo, che quello precedente – egli disse – non gli era dovuto), e si presentò a me.

– Ah, finalmente – gli dissi – E’ tanto che ti aspettiamo! Vieni con me, che facciamo subito i conti, e lo condussi da Ade che lo guardò torvo.

– Ci hai messo un bel po’ – a punire la tua perfida moglie Merope.

– La colpa non è mia – rispose candidamente Sìsifo- lo fremevo dall’impazienza di tornare, ma Àtropo non si decideva mai a troncare il filo della mia vita.

Vidi sussultare Ade sul trono, e tutto l’Inferno ne tremò.

– Senti! – proruppe, rivolgendosi a Sisifo con un gesto d’impazienza -Ora basta! Ci hai preso in giro abbastanza. Visto che hai osato farti gioco degli dei, voglio che il tuo operato sia valutato da loro stessi e che sia la dea Athena a giudicarti anziché, come normalmente avviene, il qui presente Minosse. E mi rimetto al giudizio della dea Athena anche per quanto riguarda tutti gli altri capi d’accusa.

Febo-Apollo: Aggiungo inoltre che, per farvi capire la natura criminale di Sisifo, persino sua moglie Merope, la Pleiade figlia di Atlante, si vergogna tanto di lui e sta minacciando di abbandonare le sei stelle sue sorelle del cielo notturno. Ricordo anche che il nostro imputato ha avuto un figlio, Glauco, che, seguendo evidentemente le orme paterne, fa nutrire le sue cavalle con la carne umana.

La dea Athena: La parola alla difesa.

L’arringa della difesa (avvocato: Dioniso)

Rispettabilissimo giudice Athena, prima di passare al capo d’accusa principale, dato che l’avvocato dell’accusa, il mio collega-dio Apollo ha cercato subito di mettere in cattiva luce il qui presente Sisifo, figlio di Eolo e re di Corinto, voglio per prima cosa sgomberare il campo dalle altre accuse. Quindi:

Per quanto riguarda il punto 3: Nessuno ha detto che Sisifo giunse in quella casa perché il figlio di Hermes, Autolico, ladro patentato, gli rubava ogni notte le bestie della sua mandria. E tante ne aveva rubate fino ad allora mutandole da bianche a nere, oppure a molte altre fece in modo da far crescere le corna a chi non le aveva ed a farle cadere a quelle che le avevano. Il mio assistito Sisifo riuscì a smascherare il ladro solo avendo inciso all’interno degli zoccoli degli animali la sigla SS, che voleva significare “rubata a Sisifo”. Il giorno dopo furono ritrovate le bestie nella stalla di Autolico  e furono riconosciute dagli zoccoli. E poi, io vi dico che fu la stessa Anticlea ad attirare Sisifo nelle sue stanze: forse pensava che, concedendosi a lui, avrebbe salvato le malefatte di suo padre.

Per i punti 4 e 5: Non fu lui ad uccidere i suoi figli. Inoltre si accoppiò alla nipote Tiro perché questo gli venne detto dall’oracolo di Delfi: “genera figli in tua nipote, essi ti vendicheranno”. Lui e solo lui era il vero erede legittimo al trono della Tessaglia, non suo fratello usurpatore Salmoneo.

Per il punto 6: Forse gli abitanti di Corinto hanno la memoria corta e non si ricordano che fu Sisifo a fondare quella città, oltre ad aver poi iluppato il commercio e la navigazione. Signori giudici, voi lo sapete che quelle cose non si ottengono solo con la perizia ed il lavoro, ma bisogna anche cercare amicizie politiche, creare compromessi ecc. Ma allora bisognerebbe imprigionare tutti coloro che cercano di fare affari. L’imputato ha fatto tutto per il bene del suo popolo.

Per quanto riguarda il capo d’accusa che voi considerate il più grave, cioè quello di aver rivelato un segreto degli dei, devo dire che: … (bisogna trovare qualcuno che in qualche modo lo possa giustificare e prendesse le sue difese)

** E’ stato difficile trovare un avvocato disposto a difendere Sisifo, quindi il sommo Zeus ne ha nominato uno di ufficio. In questo caso Dioniso non è visto tanto come dio del vino, bensì come dio legato alla all’esistenza intesa in senso assoluto, il frenetico flusso di vita che tutto pervade. Rappresenta anche la parte primordiale dell’uomo, selvaggia ed istintiva che resta sempre e comunque in parte in tutti gli uomini anche civilizzati.

** Bisogna fare in modo che il giudice e i giurati si ritirono in camera di consiglio e poi formulino la sentenza.

Tratto ed elaborato da:

  • Racconti di mitologia classica – a cura di Francesco Birardi – ed. Le Monnier (FI)
  • Mitologia classica – a cura del Prof. Alice Mills – ed. Il Castello
  • I miti greci – di Robert Graves, a cura di Umberto Albini – ed. Longanesi
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