A 😯 ANNI DALLE LEGGILEGGI RAZZIALI
Contro la “giudomassoneria”
La persecuzione fascista di ebrei e liberi muratori
di Santi Fedele
Tratto dalla rivistra “MASSONICAmente” n° 3/2018
Vi è un aspetto della politica fascista nell’arco cronologico compreso tra l’entrata in vigore delle leggi razziali dell’ottobre del 1938 e la Liberazione del 25 aprile 1945 che non è stato sufficientemente approfondito dagli studiosi né tanto meno divulgato nel vasto pubblico dei non specialisti: la stretta concatenazione che sì – realizza ancora prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale e che si accentua nella parte finale della parabola fascista rappresentata dalla Repubblica sociale italiana, tra persecuzione antiebraica e persecuzione antimassonica. Invero, nonostante risalisse al 22 novembre 1925 il decreto col quale, al culmine di“un’ondata persecutoria avviatasi nel 1923 e pochi giorni prima che entrasse in vigore la legge che disponeva illicenziamento dei massoni dai pubblici impieghi, il Gran maestro Torrigiani aveva disposto il sostanziale autoscioglimento del Grande Oriente di Santi Fedele d’Italia di Palazzo Giustiniani, tra la fine degli anni Venti e l’inizio del successivo decennio non erano mancate le segnalazioni e le denunce anonime sul tema non nuovo delle alte sfere della finanza condizionate da una mai del tutto debellata influenza massonica. Come nel caso di Milano, dove a decine si conterebbero gli esponenti del mondo finanziario collegati alla massoneria internazionale!,1) o di Torino, città nella quale, a detta degli anonimi informatori della polizia politica, le alte sfere dei vari istituti bancari, pur mostrandosi apparentemente ossequiosi al Regime, sono persone affiliate alla massoneria2). In questa fase l’accostamento tra massoneria internazionale e alta finanza ebraica è ancora sottinteso, al massimo appena accennato. Nulla di paragonabile alla teoria del complotto affermatasi in Germania, dove la tesi secondo la quale l’’invitto” esercito germanico era rimasto vittima della “pugnalata alle spalle” subdolamente inflittagli dai due nemici giurati della grandezza della Germania imperiale: gli ebrei e i massoni, si era andata diffondendo ancora prima dell’avvento al potere di Hitler, e in Spagna in cui la “congiura giudaicomassonico-comunista” sarà la giustificazione ideologica della sanguinosa caccia al massone messa in atto dai franchisti già all’indomani dello scoppio della guerra civile. Ora invece l’allineamento alla Germania nazista in materia di persecuzione antiebraica determina la ripresa della polemica antimassonica del fascismo. Se l’ossessione antimassonica di Giovanni Preziosi che, in una serie di articoli apparsi sulla sua rivista “La Vita Italiana” nel corso degli anni Venti e Trenta aveva attuato un costante collegamento tra “massoneria universale” e “giudaismo” raffigurando la prima come strumento del secondo e ambedue in combutta col bolscevismo3), ha costituito sino ad allora nel panorama del fascismo italiano una presenza marginale, la situazione si modifica con l’introduzione delle leggi razziali. Il tema della congiura giudaico-massonica che minaccia l’Italia fascista non è più prerogativa esclusiva di Preziosi e di coloro che ne condividono le farneticazioni ossessive, ma si avvia a diventare parte integrante della propaganda di regime. L’accostamento tra i due storici nemici dell’Italia fascista si fa sempre più insistito. Il binomio indissolubile ebraismo-massoneria, la raffigurazione della massoneria come operante in combutta col giudaismo internazionale e i suoi piani di dominio del mondo trovano la loro, per così dire, consacrazione ufficiale nell’approntamento della III edizione della Mostra della Rivoluzione Fascista che il Duce inaugura il 28 ottobre 1942, ventesimo anniversario della marcia su Roma, e che chiuderà precipitosamente i battenti all’indomani del 25 luglio 1943. Rispetto alle edizioni precedenti, si è voluto aumentare il numero delle sale riservando le ultime ai temi di maggiore attualità quali la guerra in corso, le trame intessute contro l’Italia dall’internazionale ebraica, la mai del tutto venuta meno minaccia rappresentata da quella massoneria messa diciassette anni prima fuorilegge. Con materiali che sappiamo in gran parte ceduti dalla Direzione della pubblica sicurezza4), viene così allestita la sala Ebraismo e Massoneria. Per quanto concerne l’ebraismo mondiale «nemico irriconciliabile del fascismo», a illustrare questa parte della sala sono copertine del quindicinale “La difesa della razza”, vignette di satira antiebraica e candelabri a sette bracci alternati a fotografie di gruppi di ebrei in atteggiamenti tenebrosi e cospirativi. Il tutto sormontato dalla raffigurazione, cara all’iconografia nazista, di una tarantola gigante che avviluppa il mondo con la sua terrificante ragnatela e con l’assicurazione che «Anche nella questione della razza noi tireremo diritto». Per quanto attiene invece alla parte della sala dedicata alla massoneria, lo slogan prescelto è l’affermazione categorica secondo cui «È incompatibile la qualità di fascista con l’appartenenza a qualunque setta o società segreta», mentre il logo è rappresentato da una creatura mostruosa, a metà tra il serpente e il drago, che porta raffigurati sul ventre squadra e compasso intrecciati e la cui testa cornuta spalanca le fauci e protende la lingua in maniera decisamente disgustosa. Nella sottostante vetrina il consueto repertorio di labari, grembiuli, sciarpe, coccarde, spade, coppe delle libagioni, con l’aggiunta, con palesi intenti orripilanti, di teschi utilizzati nel Gabinetto di riflessione, mentre una targa a latere riproduce brani essenziali del deliberato del Gran consiglio del 13 febbraio 1923 che sanciva l’incompatibilità dell’appartenenza al Pnf e alla massoneria5). E se non vi è negatività della recente storia italiana che non possa essere ricondotta alle delittuose trame della “tenebrosa setta”, come potrebbe mai essere la massoneria esente da responsabilità nella “congiura” che ha portato al “tradimento” del 25 luglio? A indicarla tra i maggiori responsabili è “La Stampa”. Nel quotidiano torinese appare il 18 ottobre 1943 un articolo, intitolato La massoneria, che nel rivendicare all’Italia fascista il merito di essere stata «la prima nazione in tutta la storia» che «ha osato gettare il guanto di sfida alla massoneria, distruggendo le logge», ripercorre le tappe della “vendetta” massonica contro il fascismo: prima il tentativo di soppressione del Duce con l’attentato orchestrato dai massoni Zaniboni e Capello, quindi un sistematico lavoro d’infiltrazione nella Pubblica amministrazione e nell’Esercito favorito dall’indulgenza del fascismo verso coloro che solo apparentemente avevano abbandonato la setta, per finire con un’opera di sistematico sabotaggio di cui era stato l’anima Badoglio, «l’ex massimo esponente della massoneria nel nostro esercito.
E come sarebbe facile — continua l’articolo — scoprire gli antecedenti massonici di gran parte di coloro che, iniziati o meno, hanno tradito Mussolini, così il gabinetto Badoglio dei 45 giorni infausti è stato un gabinetto quasi interamente costituito da massoni»6). Temi che saranno successivamente ripresi su “La Stampa” con un articolo del 14 febbraio 1944 intitolato Come la massoneria preparò il tradimento, che riconduce la «minuziosa e feroce opera di disgregazione degli spiriti e di sabotaggio militare economico e finanziario tenacemente perseguita dai massoni[…] sino alla crisi politico-militare che ebbe il suo culmine sciagurato negli avvenimenti del 25 luglio e in quelli dell’8 settembre» a una congiura contro l’Italia fascista orchestrata sin dal tempo della conquista dell’Etiopia da un non meglio identificato «supremo Grande Oriente Universale». Per finire due giorni dopo, il 16 febbraio, con l’articolo 1 documenti del Grande Oriente che ribadisce come sia stato sempre agli ordini del «Gran Maestro del Grande Oriente Universale» che i massoni italiani infiltrati negli alti gradi dell’esercito e persino nei servizi di spionaggio e controspionaggio militare hanno perpetrato il sabotaggio sistematico dello sforzo bellico dell’Italia fascista. Concetti che, pressoché contemporaneamente, è dato riscontrare in altri organi di stampa pubblicati nella Rsi, come è il caso, tra i tanti esempi che si potrebbero portare in proposito, del quotidiano “La Repubblica Fascista”, che nel numero del 13 febbraio 1944 sviluppa il tema consueto degli «ordini di Londra alla massoneria italiana per minare il fascismo e piegare l’Italia» Mentre la stampa di regime pubblica articoli siffatti, Preziosi sta per riprendere il suo posto di alfiere della lotta senza quartiere contro la massoneria disciolta in Italia da quasi vent’anni e contro gli ebrei italiani già a migliaia uccisi o mandati a morire nei campi di concentramento tedeschi. Reduce da diversi mesi trascorsi in Germania dove si era recato all’indomani del 25 luglio intessendo una fitta rete di rapporti con gli ambienti più oltranzisti del nazismo e dove l’udienza concessagli da Hitler nel mese di novembre aveva rappresentato una sorta d’investitura ufficiale del suo ruolo di uomo di fiducia dei nazisti nell’opera di repressione antiebraica in Italia, Preziosi ancor prima del suo rientro in Italia ha in un articolo apparso il 26 ottobre 1943 nel “Vélkischer Beobachter” attribuito a una congiura giudaico-massonica la responsabilità della caduta del fascismo e in una serie di trasmissioni di Radio Monaco rivolto aspre e reiterate critiche di inefficienza nella lotta contro il persistente pericolo rappresentato da giudei e massoni ad alcuni gerarchi di Salò a cominciare dal ministro dell’Interno Buffarini Guidi da lui definito «massone» ed «amico degli ebrei»7). Quindi il 31 gennaio 1944 invia a Mussolini un memoriale sul ruolo svolto dall’ebreo-massonismo negli ultimi trent’anni della storia italiana e sull’assoluta necessità di una lotta radicale contro ebrei e massoni,8) giacché a suo dire «l’opera di ricostruzione non potrà cominciare se non quando per Ministri, funzionari, appartenenti al Partito, ufficiali dell’Esercito, Guardia Nazionale Repubblicana, non che per quanti hanno mansioni non solo di primo ordine, ma di qualsiasi ordine nelle Amministrazioni dello Stato, non si esigerà che non abbiano appartenuto alla massoneria e non si richiederà la dimostrazione della loro arianità nel solo modo serio, che è quello costituito dalle tavole genealogiche, come si fa in Germania»9) .Denunciando la presunta arrendevolezza dei vertici di Salò nella lotta all’ebraismo e alla massoneria Preziosi non ottiene però il posto di primissimo piano nelle ridisegnate gerarchie conseguenti a un ventilato rimpasto del governo della Rsi che aveva sperato e ciò non soltanto per la viva antipatia che ha Mussolini sempre nutrito nei suoi confronti, ma anche per le diffidenze che in larghi settori dello stesso fascismo repubblicano suscitava «un fanatico che vedeva ebrei e massoni dappertutto e desiderava fare le proprie vendette su coloro che “ancora” si rifiutavano di riconoscere che tutti j mali e le disgrazie del fascismo fossero frutto della “congiura ebraico-massonica”»10) , Deve contentarsi della nomina, a metà marzo del 1944, al vertice dell’Ispettorato generale della razza, nuovo organismo assommante le funzioni razziste e di lotta all’ebraismo già di competenza della Direzione generale per la demografia e la razza del ministero dell’Interno e dell’Ufficio studi e propaganda sulla razza del ministero della Cultura popolare, che stabilirà il suo quartier generale a Desenzano sul Garda. In una situazione in cui il “lavoro sporco” dell’eliminazione degli ebrei superstiti era affidato in mani ben più affidabili ed esperte di quelle del “teorico” Preziosi quali quelle delle SS e dei corpi di polizia della Rsi’11) , la ricaduta “pratica” dell’Ispettorato in termini di persecuzione antiebraica e antimassonica fu limitata. L’azione di Preziosi nei tredici mesi intercorrenti tra l’assunzione delle attribuzioni di Ispettore generale per la razza e la Liberazione si svolgerà su due direttrici principali. La prima rappresentata, in perfetta coerenza con quanto operato nel trentennio precedente, dalla riproposizione ossessiva della tesi del pericolo rappresentato da ebrei e massoni, ora corroborata dalla constatazione che con il “tradimento”del 25 luglio e dell’8 settembre si è dimostrato che «la tragica situazione nella quale è precipitata la patria è dovuta esclusivamente alle mene massoniche e giudaiche». Così per l’appunto si legge nel primo numero, datato 18 marzo 1944, di “Avanguardia Europea”, che a partire dal secondo numero assumerà il nomedi “Avanguardia. Settimanale della Legione SS Italiana” avendo il più noto dei suoi collaboratori in Preziosi, che vi pubblicherà articoli intesi a rivendicare il suo ruolo di vittima delle persecuzioni cui era stato oggetto in ragione della sua implacabile denuncia delle trame massonico-giudaiche 12), e a ribadire come «per sbaragliare le logge massoniche occorre una lotta a fondo, una lotta condotta implacabilmente da un nuovo ente [l’Ispettorato] che nulla abbia in comune con quelli esistenti»13). Temi analoghi a quelli che Preziosi riprenderà al momento in cui nella seconda metà del 1944 darà vita a una nuova serie di “La Vita Italiana”, rivista sostanzialmente monotematica perché quasi esclusivamente incentrata sulla necessità di intensificare la lotta contro gli ebrei e di smascherare una massoneria, strumento dell’ebraismo mondiale, i cui uomini continuerebbero ad operare infiltrati financo nelle alte sfere della Rsi 14). La seconda direttrice dell’azione svolta da Preziosi nella qualità di capo dell’Ispettorato è un’intensa attività intesa all’elaborazione di proposte di legge che non sono perfezionino i meccanismi della persecuzione antiebraica ma affrontino il più vasto problema razziale anche sotto forma di strumenti legislativi atti a preservare la purezza ariana della razza italiana dall’inquinamento di ogni forma di “meticciato”, dovendosi considerare “meticci” i nati da un genitore ariano e da altro ebreo o in ogni caso non appartenente alla razza ariana15). Nonostante l’ossessione del “complotto giudaicoplutocratico-massonico” non risparmi ormai lo stesso Mussolini che nel suo ultimo discorso pubblico, pronunciato al Lirico di Milano il 16 dicembre 1944, indicherà esplicitamente la massoneria quale responsabile, in combutta con i circoli di corte, con i militari “badogliani”, con le correnti plutocratiche della borghesia italiana e con alcune forze clericali, del “tradimento” che ha portato prima alla caduta del fascismo e quindi alla resa dell’8 settembre 16) , anche per l’opposizione di settori “moderati” della Rsi, le aberrazioni razziali di Preziosi (che nei giorni della Liberazione, braccato dai partigiani, si suiciderà assieme alla moglie) non avranno sanzione legislativa e altrettanto dicasi per la bozza di decreto che stabiliva che «coloro che appartengono o hanno in qualunque tempo appartenuto alla massoneria di qualsiasi rito sono esclusi da ogni attività politica», nonché da ogni forma d’impiego pubblico, venendo puniti con la reclusione sino a cinque anni e con la perdita dell’impiego tutti coloro che, «richiesti dall’Autorità, negano o con qualsiasi mezzo occultano la predetta loro qualità»17). Non alla morte civile cui li avrebbe voluto condannare Preziosi ma alla privazione della vita toui court andranno incontro i Liberi muratori che non si piegheranno al giogo nazifascista. Tra i 335 civili e militari, prigionieri politici, ebrei, semplici sospettati d’antifascismo, trucidati a Roma il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine dalle truppe di occupazione tedesche come rappresaglia per l’attentato partigiano di via Rasella, diciannove sonc Liberi muratori già appartenuti alle disciolte Comunioni di Palazzo Giustiniani e di Piazza del Gesù. In particolare sono stati i massoni del Goi a ritessere immediatamente i fili dell’organizzazione massonica. Già all’indomani, nel senso letterale del termine, della caduta del fascismo, il 26 luglic 1943 si riuniscono infatti un gruppo di massoni romani già appartenuti al Goi che votano un documento, sottoscritto da Umberto Cipollone, Giuseppe Guastalla ed Ermanno Solimene, col quale, nel dar conto della ripresa operatività del Grande Oriente d’Italia, se ne ribadisce la mai venuta meno fedeltà a «gli immortali principi di Libertà, di Uguaglianza e di Fratellanza» e si riconfermano nel «principio democratico nell’ordine sociale e politico» e nella «lotta senza tregua contro tutti i dispotismi politici, le intolleranze religiose e i privilegi di qualunque genere» le linee guida dell’impegno dei massoni italiani «per l’attuazione di un programma di radicale rinnovamento e rinascita della Patria»18). L’occupazione nazista dell’Italia centrosettentrionale, quale si produce all’indomani dell’8 settembre, costringe nuovamente i massoni alla clandestinità. A centinaia saranno i Liberi muratori che a titolo individuale opereranno nella Resistenza militando all’interno di gruppi e brigate partigiane di vario orientamento politico. Una sola formazione, almeno allo stato attuale delle conoscenze, ebbe nel panorama della Resistenza italiana una specifica connotazione massonica: l’Unione nazionale della democrazia italiana fondata dall’antico compagno d’esilio di Torrigiani Placido Martini19), che opererà nella Roma occupata dai nazifascisti annoverando nelle proprie file diverse decine di massoni. Tra essi vanno quantomeno ricordati Carlo Zaccagnini, Giovanni Rampulla, Mario Magri, Giuseppe Celani, Silvio Campanile, Teodato Albanese, Carlo Avolio, vale a dire i fratelli che, imprigionati e torturati, andranno con Martini il 24 marzo 1944, per come s’intitola una recente pubblicazione, A fronte alta verso l’Oriente Eterno a testimoniare nel martirio il – loro amore della libertà 20) . Ad essi si ricollega idealmente il nome di Giordano Bruno Ferrari, figlio del Gran Maestro Fttore, che catturato dai nazisti e a lungo torturato senza che i suoi aguzzini riuscissero a strappargli i nomi dei compagni di lotta, sarà fucilato a Forte Bravetta in Roma il 24 maggio 1944, vale a dire pochi giorni prima della Liberazione della Capitale. Anch’egli, al pari di Martini, sarà insignito di medaglia d’oro al valor militare. Dal lascito ideale del loro sacrificio si alimenterà la ripresa della massoneria italiana, la cui ininterrotta continuità organizzativa durante la dittatura sarà richiamata nel decreto col quale il 21 marzo del 1947 il Gran maestro della ricostituita massoneria giustinianea, Guido Laj, «considerato che durante l’infausto periodo fascista, dopo la distruzione dei nostri Templi e le persecuzioni delle persone, la continuità della Famiglia Massonica Italiana fu assicurata dai Fratelli nostri, residenti all’estero, che vi costituirono il Grande Oriente d’Italia», nomina Albarin, ultimo Gran maestro dell’esilio, Gran maestro onorario ad vitam del Goi 21) . Dal disastro immane in cui il fascismo ha trascinato l’Italia, da una sequela ininterrotta di persecuzioni avviatesi all’indomani della marcia su Roma e conclusesi solo con la definitiva sconfitta del nazifascismo, rinasce la massoneria in Italia. Tra mille difficoltà, non ultima quella rappresentata dalla frammentazione nei tanti gruppi e sottogruppi che ne rivendicano l’eredità storica. Una situazione che non impedirà tuttavia alla Commissione delle Grandi Logge statunitensi inviata in Europa nell’estate del 1945 per verificare le condizioni delle massonerie europee all’indomani della sconfitta del nazifascismo, di identificare – senza esitazione alcuna nel ricostituito Goi l’erede legittimo della tradizione massonica nel nostro Paese. Felicemente sorpresi dello scoprire che «il Grande Oriente si è già riorganizzato ed è operativo» e favorevolmente colpiti dalla forza di carattere dimostrata dai fratelli italiani, i commissari ne pronosticano la pronta rinascita e formulano l’augurio che in un futuro prossimo si ripari alla grave ingiustizia delle confische operate dal fascismo con la restituzione del «bellissimo Tempio» di Palazzo Giustiniani22) . Sì pongono in sostanza le premesse per quel riconoscimento del Goi da parte delle Grandi Logge statunitensi che rappresenterà una tappa miliare nel processo di reinserimento a pieno titolo della Comunione italiana nel consesso della Libera muratoria universale. 23)
Note
1 Archivio Centrale dello Stato, Direzione generale della Pubblica sicurezza, Divisione Affari generali e riservati, 1930-31, categoria K3, busta 440, fascicolo “Milano”.
2 “Nota confidenziale” del 14 novembre 1929. Archivio Centrale dello Stato, Direzione generale della Pubblica sicurezza, Divisione Affari generali e riservati, 1929, categoria K3, busta 205, fascicolo “Torino”.
3 Alcune decine di questi articoli saranno poi raccolti dal loro autore nel volume Giudaismo, Bolscevismo, Plutocrazia, Massoneria, Milano, Mondadori, 1941.
4 Mostra della Rivoluzione Fascista, inventario a cura di Gigliola Fioravanti, Ministero per i beni culturali e ambientali, Roma, Pubblicazioni degli Archivi di stato, 1990, p. 44.
5 Riproduzioni fotografiche di alcuni dei pannelli esposti nella sala Ebraismo e massoneria della Mostra sono nel sito dell’Archivio centrale dello Stato http://151.12.58.148:83080/MRF.
6 Mauro Valeri, Il fascismo, il nazismo e la massoneria, in Freemasonry in Europe. Report of the Committee sent abroad in August, 1945, by the Masonic Service Association to ascertain the conditions and needs of the Grand Lodges and Brethrern in the Occupied Countries, Washington, The Masonic Service Association, 1945. Ristampa anastatica dell’originale con traduzione italiana, Prefazione di Stefano Bisi, Nota introduttiva di Santi Fedele e un saggio di Mauro Valeri, Milano, Mimesis, 2018, p. 60.
7 Renzo De Felice, Mussolini l’alleato. IL. La guerra civile 1943-1945, Torino, Einaudi, 1997, pp. 513-514.
8 Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, 1961, p. 512.
9 Memoriale di G Preziosi a B. Mussolini, ivì, p. 671.
10 Renzo De Felice, Mussolini l’alleato. II. La guerra civile 1943-1945, cit., p. 553.
11 Mauro Raspanti, L’Ispettorato generale per la razza, in La Repubblica sociale italiana a Desenzano: Giovanni Preziosi e l’Ispettorato generale per la razza, a cura di Michele Sarfatti, Firenze, Giuntina, 2008, p. 137.
12 Giovanni Preziosi, Perché?, in “Avanguardia. Settimanale della Legione SS Italiana”, 18 marzo 1944. .
13 Giovanni Preziosi, La massoneria è la quinta colonna che ha tradito l’Italia e il Fascismo, ivi, 27 maggio 1944.
14 Francesco Germinario, Antisemitismo senza ebrei. I temi dell’attività pubblicistica dell’ultimo Giovanni Preziosi (1943- 1945), in La Repubblica sociale italiana a Desenzano, cit., pp. 777-107.
15 Michele Sarfatti, Le leggi antiebraiche proposte nel 1944 da Giovanni Preziosi, in La Repubblica sociale italiana a Desenzano, cit., pp. 141-171.
16 Marco Cuzzi, L’ultima crociata antimassonica dei totalitarismi, “Massonicamente. Laboratorio di storia del Grande Oriente d’Italia”, maggio-agosto 2015, pp.8-13.
17 La bozza di decreto in Aldo Alessandro Mola, Preziosi e la Massoneria. Un percorso accidentato, in Giovanni Preziosi e la questione della razza in Italia, a cura di Luigi Parente, Fabio Gentile, Maria Grillo, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005, pp. 131-132. Si veda anche Romano Canosa, A caccia di ebrei. Mussolini, Preziosi e l’antisemitismo fascista, Milano, Mondadori, 2006, pp. 313-317.
18 1] documento in Ferdinando Cordova, Ricostituzione della massoneria italiana e riconoscimenti internazionali, in La massoneria. Storia d’Italia. Annali 21, a cura di Gian Mario Cazzaniga, Torino, Einaudi, 2006, pp. 701-702.
19 Francesco Guida, Placido Martini. Socialista, Massone, Partigiano, Firenze, Pontecorboli, 2016.
20 Mauro Valeri, A fronte alta verso l’Oriente Eterno. Liberi muratori nella Resistenza romana, Milano, Mimesis, 2017.
21 Il documento in Augusto Bindi, L’attività del Grande Oriente d’Italia in esilio durante il ventennio persecutorio e commemorazione dell’ultimo suo Gran maestro Davide Augusto Albarin, Palermo, 1961, pp. 25-26.
22 Freemasonry in Europe, cit., p. 43.
23 Ferdinando Cordova, op. cit., pp. 708-712.