Padre Nostro: una lettura cabalistica
Il termine kabbalah in ebraico 7297(KVL) letteralmente ‘ ricevuta; ‘tradizione’, si intende per “da bocca ad orecchio”, e si usa per indicare l’essenza della tradizione stessa cioè la “ricezione” della Luce Divina che dall’ Ein sof scende attraverso dieci emanazioni, fino a raggiungere l’uomo. Il termine “Kabbalah” significa innanzitutto “tradizione che si riceve”; solo nel medioevo passò ad indicare una tendenza speculativa che divenne prassi di vita in seno all’ebraismo, per rappresentare la tradizione più antica e più segreta o, iniziatica. Per estensione, è l’insieme delle informazioni che oralmente venivano e vengono trasmesse dal “Maestro” ai discepoli nell’ambito della tradizione iniziatica.
‘Avinu she-ba-shammaim”
…sono sempre i vincitori a scrivere la storia…
George Onwell, 1984
Padre Nostro viene inserito nel Nuovo Testamento come la preghiera lasciata da Gesù ai suoi discepoli affinché questi la divulgassero nel Mondo. Non tutti gli Evangelisti ne parlano, infatti la descrizione di questa preghiera figura soltanto in due dei vangeli sinottici1) : in quello di Matteo, nella parte centrale dei c.d. “discorsi della montagna” 2) e in quello di Luca, per di più con evidenti differenze nelle due versioni’.
Mt(6,9b-13) – “discorso della montagna” Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno dacci oggi il nostro pane quotidiano rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione.
Lc (11,2b-4) Padre sia santificato il tuo nome venga il tuo regno sia fatta la tua volontà come in cielo COSÌ in terra dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano e perdonaci i nostri peccati perché anche noi perdoniamo i nostri debitori e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male. Perché tuo è il regno e la potenza e la gloria del Padre del Figlio e dello Spi- rito Santo4)
Prima di provare ad analizzare la struttura del Padre Nostro voglio ricordare che i Vangeli sono stati scritti minimo 70 anni dopo la morte di Gesù5) e probabilmente utilizzando informazioni di seconda mano; si parla infatti di una fonte detta “Q”6) da cui gli Evangelisti avrebbero appreso le gesta ed i dialoghi di Gesù. i Vangeli, inoltre, sono stati scritti in greco ellenistico, anche se la lingua che più li ha diffusi è stata il latino; ricordo,tra l’altro, che la santa messa è stata celebrata in latino fino al 1969. La Chiesa cristiana, per diffondere la sua liturgia e il suo catechismo, ha preferito armonizzare le due versioni, tendenzialmente integrando la versione “lucana” con quella “matteana”, eliminando però la parte più esoterica di quest’ultimo, che analizzeremo in seguito. ‘ Ora, sorvolando sull’origine greca dei Vangeli, su cui si potrebbe dissertare a lungo e, soprattutto, sulla funzione che da Shaul di Tarso in poi essi hanno avuto, è comunque generalmente ammesso da studiosi di tutte le scuole esegetiche che il Padre Nostro risalga direttamente da Gesù stesso che lo trasmise ai sui apostoli su loro specifica richiesta7) . Per poter analizzare appieno il Padre Nostro dobbiamo innanzitutto provare ad inserirlo nel contesto storico, sociale e politico in cui è stato concepito. Gesù, o meglio Joshua ben Joseph, nacque a Betlemme, nel regno di Giuda, regno ormai diventato una provincia romana. Sicuramente questa ennesima occupazione straniera portò almeno due importanti novità politiche e filosofiche che se non lo coinvolsero direttamente Gesù, come alcuni sostengono, quantomeno influirono nella formazione culturale ed ideologica di colui che era soltanto un giovane ebreo del suo tempo: – lo scontro teologico e politico tra la setta dei Farisei, allineati in quel periodo con Roma e quella degli Zeloti, sostenitori dell’affrancamento dall’invasore e soprattutto intransigenti assertori dell’ortodossia ebraica, rifugiatisi nell’entroterra da cui partivano per commettere atti che oggi definiremmo di terrorismo; ricordo che in una di queste scorrerie venne pugnalato a morte il rabbino Hannah, gran sacerdote del Tempio di Gerusalemme che, si narra abbia mandato a morte Gesù; – la differente concezione di Dio della cultura greca, portata dai Romani, che si contrapponeva alla tradizione classica ebraica di stretta osservanza: la cultura ebraica già da Mosè e dai Profeti esaltava l’idea di pluralismo (il giudaismo era contrario ad ogni forma di ascetismo), di partecipazione e soprattutto di timore del Signore quale inizio della saggezza. La cultura greca, probabilmente recepita dalla comunità Essena, iniziava a piantare il seme della concezione di un Dio sinonimo di Amore e di quei precetti che verranno poi ripresi dal cristianesimo per i propri sacerdoti e per i propri conventi. La lingua parlata in quei territori e, quindi, anche da Gesù era l’aramaico8) antico, dialetto principale di Gerusalemme e della Giudea, lingua che come l’ebraico prevede anche il genere neutro a differenza del greco e del latino, con evidenti conseguenze interpretative e di traduzione verificatesi quando si tentò di riscrivere le Sacre Scritture ed ì pensieri nelle lingue d’oltremare. Joshua 9) ben Josef10) , detto il Nazireo11), insomma era senz’ombra di dubbio un ebreo ortodosso, come si evince anche dalla lettura dei Vangeli sinottici12), che formò la sua cultura studiando i libri sacri della tradizione ebraica. Era un sostenitore del messianesimo13) e probabilmente fu vicino, se non addirittura aderente, alla corrente più oltranzista degli zeloti. Per tutti questi motivi, il Padre Nostro, che riassume tutta la scienza posseduta da Gesù, non poteva che essere concepito estrapolando brani interi o parzialmente modificati di preghiere ebraiche al tempo conosciute. Se leggiamo il Qaddish, preghiera di intercessione recitata dagli orfani primogeniti durante i funerali del loro padre già nel periodo del secondo tempio e ancora oggi recitata, non possono sfuggire evidenti analogie.
Così recita:
“Sia innalzato e santificato il nome del Signore, nel mondo da lui creato secondo la sua volontà. i Faccia regnare il suo regno nella vostra vita e nei vostri giorni, e nella vita di tutta la stirpe d’Israele, ora e sempre, e dite: Amen. | Benedetto il nome del Signore, sulla terra e nell’eternità. | Sia benedetto, lodato, onorato, esaltato, magnificato in Nome del Santo, sia egli benedetto, oltre ogni benedizione e ogni canto, oltre ogni lode e ogni consolazione che si pronunciano in questo mondo, e dite: Amen. Siano ricevute le preghiere e le suppliche di tutto il popolo di Israele, davanti al loro padre he è nei cieli, “° e dite: Amen. Benedetto il nome di Dio, ora e sempre – una grande pace del cielo e la vita sia su di noi, e su tutto Israele, e dite: Amen. Ogni aiuto mi viene da Dio che fece la terra e i cieli, Colui che fa la pace nei cieli, su di noi faccia la pace e su tutto Israele, e dite: Amen”14)
Albero della vita con le 10 Sefiroth e le 22 lettere ebraiche,
così come rappresentato nel Sefer Yetzirah.
I differenti colori delle linee rappresentano i tre gruppi di caratteri:
* rosso – le 3 lettere “madri” * blu – le 7 lettere “doppie” * verde – le 12 lettere “semplici
.” Oltre a questa possiamo trovare innumerevoli altri riferi menti nella Torah15) e nel Talmud 16). Da quanto emerso possiamo affermare che il Padre Nostro, come riportato dagli evangelisti, risalendo ai primi anni del cristianesimo, suggella il passaggio da una religione all’altra. Ma cosa voleva trasmetterci realmente Gesù quando ha elaborato questa preghiera consegnata poi gli Apostoli? Una chiave di lettura ci viene data dalla Kabbalah, tradizione iniziatica conosciuta già molto tempo prima dell’avvento di Gesù17) e sicuramente conosciuta da uno studioso delle antiche scritture. Analizzando la sua struttura, i simboli e le formule contenute nei vari versetti possiamo definire questa preghiera come un metodo che ci fornisce un insieme di applicazioni pratiche per sviluppare e aumentare la nostra natura psicospirituale e, successivamente, riuscendo a vibrare all’unisono con il mondo che ci circonda, raggiungere quella scintilla divina che alberga in ciascuno di noi, il sé spirituale cabalistico appunto. Questo metodo, di cui il Padre Nostre comprende le tre fasi canoniche ed essenziali, ovvero l’invocazione, la richiesta e ed il ringraziamento finale è definito rituale magico: – l’invocazione è contenuta nella prima parte: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il Tuo Nome; venga il Tuo regno; sia fatta la Tua volontà, come in cielo così in terra”; – la richiesta, che concretizza l’oggetto del rito magico è racchiusa nei versi “Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, -il ringraziamento (o comunione) è l’ultima parte dove si dice “e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen”. Si richiede cioè di raggiungere e mantenere quella condizione di purezza (kadosh prtiw in ebraico) che ci consente di essere in comunione con la divinità. Non incorrere in tentazioni significa avere il dominio della propria natura inferiore e quindi essere in grado di controllare quei pensieri ed emozioni forieri di energie negative che ci legano al mondo materiale.
Fin qui abbiamo analizzato18) la parte exoterica del Padre Nostro, ma è andando a studiare l’ultimo versetto di Luca, che rappresenta la parte esoterica, ci appare tutta la sua potenza: “Poiché è a Te che appartengono il Regno, la Potenza e la Gloria nei secoli dei secoli” Ma cosa sono questi mondi dello spazio spirituale, che Gesù chiama “i cieli” se non l’insieme delle dieci sefiroth 19) che danno origine all’Albero Sefirotico20) o Albero della Vita 21)?Riportando, infatti, i versi della preghiera nell’Albero Sefirotico possiamo trovare delle evidenti analogie: Il Regno corrisponde alla sefira Malkut (n°721), la realizzazione del regno di Dio. E qui che si trova la nostra terra, il mondo materiale, unico percepibile senza un intervento superiore. La Potenza è la sefira lesod (702’n1) che si estrinseca nella purezza, vero fondamento di ogni cosa. In ebraico lesod significa proprio “fondamento”. La sefirah Hod {ni1) sarà poi la Gloria, infatti essa è la luce che brilla dello splendore della conoscenza. L’ultima frase del Padre Nostro quindi significherà “Poiché è a Te che appartengono i tre mondi che sono il punto di arrivo della luce che è partita da Keter (937 ) per arrivare a Malkut (n77719)”. Ora, sapendo che mentre sul piano fisico l’inizio di tutto’parte dal basso, nel piano spirituale, dove i processi si svolgono al l’opposto, la crescita partirà dall’alto, il triangolo formato dalle ultime tre sefirot non sarà altro che la ripetizione del triangolo iniziale composto da Keter (2òà48), Hokmah (niò7) e Binah (ghòk) e riscontrabile nel versetto “Sia santificato il tuo Nome, venga il Tuo Regno, sia fatta la tua Volontà”. Questo significa che la creazione del mondo invisibile e spirituale (il triangolo superiore dell’albero .sefirotico (composto da Kether, Hokmah e Binah) si contrappone al mondo fisico rappresentato dalla concretizzazione, dalla formazione e dalla realizzazione. Il versetto “nei secoli dei secoli...” corrisponderà alla sefira Netzach (axn), il cui significato in ebraico è eternità. La sefirah Tiferet (nlkon) è riscontrabile nel versetto “dacci oggi il nostro pane quotidiano” perché, utilizzando la simbologia delle sefirot che le vede ognuna collegata ad un pianeta, è collegata al Sole, da cui l’uomo riceve il suo nutrimento non solo materiale.
Note
1)”Chiamati “sinottici” a causa della loro ‘comune visione’ che deriva dal materiale condiviso e da numerose concordanze.
2) Matteo, 5-7
3) Di seguito la versione ufficiale adottata della CEI.
4) Cronache 29,11-13. 11- Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore e la maestà, perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo.
5) C.d. Vangeli Sinottici: Marco, scritto a Roma dopo il 70; Matteo Scritto successivamente in Siria o in Egitto; Luca scritto in ambiente ellenistico. Vangelo Gnostico: Giovanni accettato dalla Chiesa suc cessivamente è sicuramente stato scritto in greco dopo l’anno 100.
6) Vd. Teoria “delle due fonti”.
7) Signore insegnaci la tua preghiera.
8) Al tempo di Gesù in Giudea venivano parlati ben 7 dialetti diversi, distinti ma tra loro intellegibili.
9) Aramaico fg (Yeshua), in greco ‘Inoo0sG (l18s0ds) ed in latino lesus. In ebraico Yeshu’a è l’abbreviativo di Yehoshua, Giosuè: nome molto comune all’epoca, che vuol dire “Dio salva”. Yehoshua era probabilmente uno dei 5 nomi più diffusi in Palestina nel secolo.
10) Gli ebrei non avevano i cognomi, ma si identificavano indicando il nome del padre. ll padre di Gesù, Giuseppe,si chiamava Yosef ben Heli. Dunque Gesù si chiamava Yehoshua ben Yosef : Giosuè figlio di Yosef.
11) Col termine Nazirei, dall’aramaico naziràh che significa “osser vante”, erano definiti coloro che facevano voto di astinenza, tenendo i capelli intonsi fino alla durata del loro voto. Giovanni Battista era un nazireo.
12) Lo fa in Marco, in Matteo e anche in Luca laddove quasi con termini equivalenti gli evangelisti descrivono il famoso episodio: “allora avvicinatosi uno degli scribi che aveva udito la loro discussione, visto che aveva ben risposto, gli domandò: qualè il primo di tutti i comandamenti? Gesù rispose: il primo è: ascolta, Israele, il Signore Dio nostro e l’unico Signore, e tu amerai il Signore Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, e con tutte le tue forze. Il secondo è questo: Ama il prossimo come te stesso. Non cè altro comandamento più grande di questo” – questa risposta rivela una duplice radice nella tradizione ebraica: lo Shema Israel, preghiera base del monoteismo e la Legge d’amore, fondamentale della vita morale. Inoltre cita in modo quasi uguale il discorso che il rabbino Hillel, influente all’epoca di Gesù, pronunciò per spiegare ad un profano l’essenziale della Torah.
13) Mashiah (Unto) tradotto in greco Cristos è il destinatario delle profezie bibliche sulla restaurazione del Regno di Davide, il Messia tanto atteso dal popolo ebraico.
14) ‘Traduzione di Edmondo Fleg.
15) Torah: in ebraico: nrAn. Nella letteratura rabbinica la parola “Torah” denota sia i primi cinque libri biblici, la Torah Shebichtav (nina wa5na, “Torah che è scritta”), sia la Torah Orale, Torah Shebe’al Peh (nin wav”? on, “Torah che è detta”), La Torah Orale comprende le interpretazioni e ampliamenti che, secondo la tradizione rabbinica, sono stati trasmessi di generazione in generazione e sono ora codificati e inclusi nel Talmud (n’7n171) e nel Midrash (78) )
16) Talmud: La Mishnah (nw2n) e la Ghemara (1nIx) insieme sono chiamate Talmud.
17) Vi sono delle indicazioni che suggeriscono la formazione dei principi fondamentali della Kabbalah intorno al VI secolo A.C, anche se è molto difficile determinarne l’inizio preciso a causa dell’aspetto orale della tradizione cabalistica. Le prime scritture relative al mondo della Kabbalah, inteso come sistema di interpretazione della Torah (primi cinque libri dell’Antico Testamento) e dei successivi testi considerati sacri, risalgono al Il sec, Dopo Cristo grazie ai commentari di Rabbi Simeon ben Yohai.
18) È stato volutamente tralasciato, un maggior approfondimento esegetico sui testi greci che però ritengo fondamentale
19) Il termineebraico sephirah (plurale sephiroth) significa semplicemente “enumerazione”, “sequenza numerica”, con riferimento molto concreto alle dieci dita delle mani. Il nome di ogni sefirah esprime una qualità, un attributo di Dio: Kether, la corona – Hokmah, la saggezza – Binah, l’intelligenza – Hesed, la misericordia – Geburah, la forza – Tiferet, la bellezza – Netzach, la vittoria – Hod, la gloria – /esod, la potenza (il fondamento) – Malkut, il regno (che rispecchia e condensa tutte le altre sefirot)
20) Le dieci potenze, o Forze operative della divinità, individuate nell’albero sephirotico, agiscono nel quadro di una struttura dinamica, in cui le singole potenze si influenzano a vicenda e ognuna delle quali, grazie alle altre, può agire anche verso l’esterno
21) Etz haHa’yim vy nn”o in ebraico. (Genesi 2,9)
TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’ . Vincenzo Peponi