MOSAICO DEL NILO
Oltre due milioni di tessere
l mosaico, uno dei più grandi e importanti mosaici ellenistici conosciuti, costituisce una grande carta geografica dell’Egitto in veduta prospettica, in cui è raffigurato il Nilo durante l’inondazione, nel suo percorso dall’Alto Egitto, ai confini con l’Etiopia (in alto), fino alla costa mediterranea (in basso). La sua datazione è stata a lungo discussa, ma ormai sembra accertato che l’opera debba risalire alla fine del II sec. a.C. Una conferma a questa cronologia proviene dalla sua collocazione originaria. Esso infatti costituiva il pavimento dell’abside di fondo di una grande aula situata nel Foro di Praeneste, in un complesso di edifici costruiti proprio in quel periodo, nell’ambito di una globale risistemazione urbanistica della città. L’aula absidata può essere identificata con un ambiente dedicato al culto di una divinità egiziana, Iside o Serapide, e quindi il soggetto del mosaico non aveva solo una funzione puramente ornamentale, ma probabilmente sottolineava il rapporto con l’Egitto. I contatti fra Praeneste e questo paese, connessi soprattutto alle intense attività commerciali dei prenestini in Oriente, dovettero essere talmente intensi e consistenti da investire anche l’ambito del culto, tanto che, fin dal II sec. a.C., si verifica l’identificazione fra le divinità di Fortuna Primigenia e Iside. Questa grande composizione è attribuibile all’opera di quegli artisti alessandrini ricordati dalle fonti, che sappiamo lavorarono in Italia già dal II sec. a. C., quali per esempio quel Demetrio detto “il Topografo”, cioè pittore di paesaggi, che già nel 165 a. C. si era stabilito a Roma. Il mosaico ha subito nel tempo varie vicissitudini e notevoli restauri: scoperto all’inizio del 1600, fu poi sezionato, staccato e trasportato a Roma. Da qui venne di nuovo trasferito a Palestrina, ma durante questa operazione fu gravemente danneggiato a così, oltre al rifacimento totale di alcune sezioni, si effettuò una ricomposizione inesatta che modificò la collocazione originaria di alcune parti. Nuovamente staccato durante l’ultima guerra per salvarlo dai bombardamenti, venne in seguito restaurato e collocato nella sistemazione attuale. Fortunatamente prima dei restauri seicenteschi furono eseguiti dei disegni del mosaico (conservati in Gran Bretagna), che consentono di conoscere l’aspetto della composizione originaria.
Il grande mosaico policromo costituiva il pavimento dell’abside di fondo di una grande sala, forse dedicata al culto di Iside, situata nel foro di Preneste. Si tratta di uno dei più grandi e importanti mosaici ellenistici conosciuti, databile alla fine del II secolo A. C. realizzato da un artista Alessandrino che ha lavorato a Preneste. Con grande finezza di esecuzione e ricchezza cromatica è rappresentato in modo fantasioso il paesaggio dell’Egitto durante l’inondazione del Nilo: la fantasia dell’artista consente un viaggio immaginario che dall’alto Egitto, popolato da pigmei e animali fantastici, conduce fino al fastoso Egitto romano, affollato ai templi, feste e cerimonie sacre.