POTERE, MORALITA’ E CORRUZIONE

“Potere, Moralità e Corruzione”

(G.T.)

          La moralità, collocata cosi, in mezzo fra il potere e la corruzione sembra essere già condannata in partenza, compressa e premuta fra due macigni molto più potenti di lei.

          Riflettendoci bene la moralità riesce ad emergere solo per merito dei poveri e dei diseredati, di quella sterminata schiera di poveri in canna che muoiono di inedia e che, non avendo la possibilità di accedere al potere, non possono nemmeno corrompere perché la loro corruzione non vale niente, non la compra nessuno.

          La filosofia e la religione ci hanno detto da tempo, a cominciare da Aristotele e da Gesù (ma anche in altre esperienze religiose), che la morale, cioè la filosofia della pratica dei comportamenti umani è ancorata a valori fondamentali ed essenziali quali l’uguaglianza e la libertà che, chiaramente, contraddicono gli opposti disvalori del potere esorbitante, della violenza e dell’inganno.

          Sicché non c’è comportamento morale che possa contraddire i principi di uguaglianza e libertà.

          Ora i valori di uguaglianza e libertà non sono stati inventati né da Aristotele, né da Gesù. Essi trovano fondamento nella stessa natura umana e non c’è bisogno di essere cristiano o buddista o senza fede per credere ad essi.

          Il mondo è fatto necessariamente da uomini uguali e liberi. Altrimenti non sarebbe tale.

          E il pre-potere è la negazione della uguaglianza e della libertà (badate bene che dico pre-potere, non potere, cioè lo straripamento del potere, non il “potere” legale dello Stato, dei genitori, degli educatori, dei sovraordinati).

          La nostra tradizione politico-economica, specie quella più moderna, ci ha talmente abituati alta pratica del potere (leggasi pre-potere) da fargli perdere o passare sotto

I prave attentato che esso reca a principi fondamentali di vita come l’uguaglianza e la libertà

          Dunque si tratta di una grave alterazione a principi strettamente legati alla natura umana che fanno, in definitiva, saltare gli equilibri della civile convivenza.

          La Moralità di cui si sta parlando non è ovviamente quella dei moralisti, né si misura in centimetri di lunghezza delle minigonne. La morale designa infatti ogni dottrina o riflessione speculativa intorno al comportamento pratico dell’uomo, suggerisce o impone gli atteggiamenti da tenersi di fronte a fattispecie concrete che si verificano nella quotidianità, sia privata, sia familiare, e nelle piccole e grandi aggregazioni civili, Stato compreso.

          La Morale di cui parliamo è una religione laica che affonda le sue radici nella natura umana e trova nella uguaglianza e nella libertà i valori congeniali alla creatura umana, quali che siano le opinioni intorno alla sua derivazione e collocazione nel cosmo e sulla missione in terra dell’Uomo.

          La Libertà viene vista in genere nella sua faccia più evidente, che è quella attiva, che ci consente cioè di realizzare la nostra volontà con un potere di scelta fra più soluzioni possibili.

         Ma detta libertà attiva non deve sfuggire la sua interfaccia che è la responsabilità.  

          L’esercizio delta propria libertà non può offendere o danneggiare i diritti o gli interessi altrui.

          In definitiva non ci può essere libertà senza responsabilità e non si può essere responsabili di ciò che non sia stato liberamente voluto.

          Il rapporto fra libertà e potere è normale quando il potere rispetta la libertà, ma il potere della nostra tavola che noi abbiamo chiamato pre-potere è, invece, l’invadenza del potere oltre il giusto, il lecito e il consentito: è l’asservimento altrui al proprio interesse per fini propri o di gruppo, fini quasi sempre economici, mondani, temporali. –

          Perciò il contrasto con la moralità è insanabile, sia perché il pre-potere non rispetta la libertà, sia perché non tollera nemmeno le responsabilità.

          Ma il potere, quando esorbita dai limiti del “legale”, vulnera profondamente anche l’altro principio fondamentale della convivenza civile e dell’umano consorzio: l’Uguaglianza.

          Questa, come sappiamo, è una regola costituzionale “naturale» sancita ed accettata dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e dalle Costituzioni di tutti gli stati moderni.

          Naturalmente uguaglianza vuoI dire che a situazioni identiche deve corrispondere identico trattamento. Non vuoi dire che lo stesso bene va distribuito a tutti nella identica misura.

          Il lattante avrà bisogno di cibo in misura minore dell’adulto; al malato e all’anziano occorrerà più assistenza che ai sano e al giovane; alcune categorie sociali hanno bisogno di protezione in misura diversa da altre che si proteggono da se stesse o che corrono minori rischi.

          Questa regola della interpretazione razionale e logica della uguaglianza è stata ed è largamente accettata sul piano costituzionale-giuridico e su quello politico delle moderne democrazie.

          Purtroppo esistono targhe sacche di uomini e popoli che non hanno la possibilità di accedere al minimo vitale di risorse e ricchezze del globo e che quindi limitano e compromettono fortemente questo concetto di uguaglianza.

          Come possiamo contrastare questa ingiustizia noi massoni e scozzesi?

          Facendosi paladini delle classi meno provvedute economicamente ed intellettualmente, aprendo alle coscienze una nuova fase dei rapporti umani che consenta di guardare in maniera nuova al problema dell’uguaglianza, scalzando dalle fondamenta l’esorbitanza del “potere”, che ha sempre trovato buon gioco nella ignoranza della gente comune.

          Nella storia dell’umanità il potere è stato quasi sempre ad appannaggio di pochi; anche oggi è in buona parte così perché all’aumento della cultura ha fatto riscontro l’affinamento delle tecniche di impossessamento e di esercizio del potere.

Insomma nel passato l’assenta uguaglianza è stata più un concetto ch9 una realtà, più una ipotesi che un riscontro obiettivo.

          Il nostro compito di massoni illuminati è quello di perseguire una “Nuova Uguaglianza” risvegliando le coscienze degli uomini di buona volontà, che non intendono più dare deleghe in bianco, che sono in grado di esprimere giudizi congrui e logici su ogni fatto, che desiderano partecipare direttamente alla gestione del Potere, che sanno volere, capire e decidere sui nuovi orizzonti finora esclusi dalle loro possibilità di intervento.

          Solo cosi potremo annullare il binomio potere-corruzione e far trionfare la moralità.

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