IL QUADRATO E IL CERCHIO

 
Vorrei fermare la vostra attenzione su due forme geometriche elementari e sul loro valore espressivo: il quadrato ed il cerchio, forme tra loro antitetiche ed i cui significati, solo apparentemente banali, inducono a riflessioni assai più profonde della loro superficiale evidenza. Il quadrato e il rettangolo, il quadrangolo insomma, è da sempre il modello geometrico cui si ispira il tracciato della casa, della piazza, del tempio e della città. In definitiva è la forma primaria scelta per ogni costruzione a servizio dell’uomo, delle sue esigenze terrene, della sua vita quotidiana. Al contrario, al cerchio si ispira l’ambiente funerario; la tomba, infatti, a cominciare dalla preistoria è di forma circolare, vedi le tholos dei periodo miceneo, i tumuli etruschi, i mausolei romani e bizantini, l’Augusteo, la mole di Adriano a Castel Sant’Angelo, la chiesa-tomba di S. Costanza, sempre a Roma, quella di Teodorico a Ravenna fino al mausoleo di Napoleone agli Invalidi di Parigi. E persino il Santo Sepolcro a Gerusalemme. Quindi il cerchio o il cilindro, che ne deriva, o la cupola, anch’essa generata dal cerchio, è la tipologia destinata alla vita ultraterrena. Perciò il quadrato o il cubo, che è l’equivalente di esso nello spazio, sembra ispirare finalità profane; mentre il cerchio ed i suoi derivati finalità religiose, sacre, metafisiche. Quale è dunque la ragione di queste scelte fra due modelli alternativi: l’uno, il quadrato, per la vita terrena, l’altro, il cerchio, per la morte o per finalità ultraterrene? In un ambiente caratterizzato da pareti rettilinee e da spigoli ortogonali la lettura, la comprensione dello spazio, della realtà, è immediata e di facile acquisizione. Diciamo che quello spazio è posseduto, è misurato, è facilmente acquisito dai nostri sensi. Quello spazio è dunque scandito, è razionale. Al contrario, in un ambiente cilindrico, non esiste un punto fermo, è tutto un “continuum”; la parete scorre all’infinito. Nel cerchio, infatti, non vi è né principio né fine; tutto ha una illimitata continuità. La dimensione, la comprensione dello spazio ci sfugge, è annullata. Ed annullandosi le categorie dello spazio e del tempo si recupera il senso dell’eterno, del sacro. Ecco, dunque, perché al quadrato e quindi al cubo si connette il concetto di profano, di terreno, di spazio sensoriale; mentre al cerchio, invece, quello religioso, sacro, extrasensoriale, metafisico. Per meglio capire quanto si è detto, vorrei condurvi ad un’ulteriore riflessione circa l’accezione religiosa e metafisica che attiene al cerchio. Per costruirlo, difatti, si ha bisogno di un centro. E la circonferenza, che ne è generata, altro non è che la proiezione, l’espansione all’esterno del centro. Ebbene, il significato esoterico del centro (e il centro in assoluto è Dio) è fin troppo evidente. Quello spazio generato dal centro non può che essere religioso. Così, per un uomo corretto, integro nella sua rettitudine, fermo nei propri principi e nei propri sentimenti, per un uomo ideale, insomma, si usa il termine “tetragono”, che etimologicamente significa “quadrato”. Il quadrato, dunque, è associato all’uomo per le sue qualità, per il suo stile di vita, per il suo comportamento soprattutto morale. Le considerazioni sinora dedicate ai significati esoterici del quadrato e del cerchio costituiscono le premesse essenziali per arrivare a capire il significato vero e profondo dei due simboli primari della Massoneria, gli emblemi araldici con i quali si manifesta ed è conosciuta dal mondo profano: la squadra ed il compasso. Cioè i due strumenti muratori che sono generatori del quadrato e del cerchio. I significati correnti per i due simboli puntano sulla rettitudine per la squadra (che ha in sé l’angolo retto) e sulla differente angolazione del compasso, che indica una graduale apertura del pensiero sul penetrare la realtà. Ma anche a questi livelli riduttivi, la squadra conserva il suo riferimento ad una sfera pratica in quanto la rettitudine si esercita nel quotidiano, mentre l’apertura dei pensiero coinvolge una attività dello spirito, quindi una crescita metafisica. E se si è precisato che la squadra ed il compasso sono simboli per antonomasia della Massoneria, ne consegue per essi un valore primario fra tutti i simboli che adornano il Tempio e nel rituale che si esercita. Si ispira alla squadra la posizione ad angolo retto dei “passi” e della “marcia”, delle luci dei tre candelabri, la squadratura nella deambulazione in Loggia e la posizione “all’ordine” dei tre gradi massonici. Persino il passaggio “dalla perpendicolare alla livella”, nella promozione da Apprendista a Compagno, fa riferimento alla squadra. Tutti questi esempi sottendono significati di operosità, di disciplina e di progressione nella rettitudine. E basti pensare che il gioiello del M:.V:. è la squadra e che nel suo grembiule appare il segno del Tau che è formato da una doppia squadra. Ed a me piace ipotizzare che il riferimento, oltre che alla rettitudine, dote che il “primus interpares” possiede al massimo grado, si indirizzi soprattutto alla sua operosità come guida nei lavori di L:., quindi ad una sua attività pratica di esercizio di governo, riconducibile, pertanto alle prerogative dei quadrato e del cubo.   A questo punto bisognerà sciogliere una contraddizione, che è solo apparente. Perché mai il Tempio ed il nostro Tempio si ispira al tracciato dei quadrato o del rettangolo mentre è il cerchio che esprime la forma elettiva del sacro? Altra volta ho precisato che in antico il culto si esercitava all’aperto, che l’ara, cioè l’altare, era all’esterno in adiacenza alla scalinata del tempio e che questo era considerato l’abitazione della divinità e quindi si ispira al modello della casa. Va, infatti, ricordato che la cella, che custodiva il simulacro dei Dio, si designava col termine “naos” da nao che significa “abitare”, io “abito”. Ma, sapete quale era il significato originario della parola “Tempio”? Oggi lo usiamo per definire l’edificio sacro costruito, ma in antico “Templum” designava quel cerchio, cioè quello spazio di cielo, che l’augure tracciava col “lituo” nell’aria, ottenendo il consenso divino, cioè la rivelazione in quello spazio così designato. Quindi il Tempio altro non è che la proiezione in terra del “Templum” celeste. Ed ancora oggi l’etimo del verbo contemplare, cioè guardare in cielo, conferma quell’antico rituale. Potremmo dire che passando dalla sfera del divino a quella umana, alla realizzazione terrestre, il cerchio si mutava in quadrato o rettangolo. Altrettanto potrebbe dirsi del Tempio massonico, per il quale, oltre al modello salomonico, vale l’incidenza e la preminenza di finalità operative, che lo vincola all’attività umana del lavoro, dell’operosità. E, pertanto, sinonimo di Tempio è Loggia, Officina. Rimane comunque canonica la forma circolare al Tempio e valgono gli esempi del Pantheon o dei cosiddetti Templi di Vesta, ove, come tutti sanno si custodiva non il simulacro della Divinità ma il fuoco sacro, ipostasi evidente del divino.   E per il compasso? Vorrei ricordare che questo strumento è considerato l’attributo del Grande Architetto dell’Universo. Si è già detto del significato di sacro e profano del centro generatore del cerchio ed implicitamente del compasso che ne è lo strumento. Dante, nel 19° canto del Paradiso, citando il Grande Architetto dell’Universo, parla di Dio come “colui che volse il sesto (cioè il compasso) allo stremo del mondo e dentro ad esso distinse tanto occulto e manifesto”. La congiunzione del quadrato con il cerchio esprime sempre una correlazione del cielo con la terra, una jerogamia del cosmo. Ed il “mandala” tibetano, simbolo, appunto, del cosmo è formato dal cerchio, il cielo, che avvolge un quadrato, la terra. Altrettanto è per la Mecca, dove il cubo nero della Ka-aba si erge in uno spazio circolare bianco. Una semisfera, la cupola, con significato di cielo, sovrasta il presbiterio cubico nelle chiese cristiane. Le estensioni simboliche del cerchio, che, opposto alla staticità immanente e cristallizzata del quadrato, definita nello spazio, esprime invece fluidità, dinamismo continuo, illimitato ed invariabile; può rappresentare oltre al cielo, il tempo e la trascendenza. Ed ovviamente tutti i significati derivanti dal quadrato e dal cerchio sono trasferibili, come già si è visto, agli strumenti generatori delle forme suddette, cioè la squadra ed il compasso. Quando il compasso si coniuga con la squadra, sovrapponendosi, al libro sacro, aperto al versetto di Giovanni “in principio erat verbum”, formula magico-religiosa di creazione, è come se quel suggello impegni il Cielo (compasso) e la Terra (squadra) a determinare una nuova creazione del mondo, a promuovere, cioè, un nuovo ordine, un evento dello spirito che ci ponga in armonia col Cosmo. Lo spazio ed il tempo ne vengono rigenerati, perdono così ogni connotazione naturale, cade ogni barriera fisica. Per cui le dimensioni del tempo diventano infinite, come recita il catechismo dell’Apprendista, e perciò nel Tempio si identificano, si assommano tutti i Templi. L’Oriente non ha più alcun condizionamento geografico ed il tempo non ha più il codice storico dell’orologio, così la pienezza di luce solare non è più correlata a condizionamenti atmosferici. Avviene, quindi, una rottura di livelli, una trasmutazione dal fisico al metafisico, dal profano al sacro. Gli stessi strumenti dell’arte muratoria, l’abbigliamento, il tipo di lavoro, si elevano da oggetti a simboli. L’attività non è più materiale, ma spirituale; il Tempio incompiuto, per il quale si approntano mattoni e si squadrano pietre grezze, è diventato quello interiore che cresce di livello col nostro progressivo affinamento. E a ben riflettere sulle diverse posizioni fra la squadra e il compasso nel rituale dei tre gradi massonici, si noterà agevolmente la progressione fra i lavori in Camera di Apprendista, nei quali la squadra si sovrappone al compasso ad individuare ancora una prevalenza operativa della materia sullo spirito, per arrivare, infine, alla Camera di Maestro, nella quale, come recita il rituale “il compasso è finalmente sovrapposto alla squadra”, dopo aver salito, si badi bene, una scala curva formata da cinque scalini, che, ovviamente, hanno il profilo a squadro. L’inciso “finalmente” vuol significare una meta raggiunta, cioè la preminenza speculativa del pensiero sull’azione, il dominio della spiritualità sulla brutalità della materia, il superamento delle passioni, il predominio della saggezza sugli istinti, del razionale sull’irrazionale. Ma più che uno stadio conclusivo è una nuova soglia di perfezione, che informerà l’ulteriore comportamento in ascesi dell’uomo iniziatico.   Insomma, i due simboli dominano ed informano la vita del libero muratore; egli vive, così, “fra la squadra e il compasso”.
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