I Templari
Il 18 marzo 1314, all’isola degli Ebrei, a Parigi, muore sul rogo Jacques de Molay, il 23° ed ultimo Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri del Tempio. Si conclude così il piano di Filippo il Bello e del suo Ministro Guglielmo de Nogaret, iniziato sette anni prima e diretto alla soppressione dell’Ordine con la complicità e la connivenza del Papa Clemente V, il guascone Bertrand de Got.
I Templari, che diversi privilegi papali hanno sciolto dalla giurisdizione dei Vescovi e dei sovrani, hanno, in breve, accumulato ricchezze, egemonia e prestigio, tali da renderli invisi a molti vescovi e, specialmente, all’autorità regia. Ma essi, posti direttamente sotto la tutela papale, non possono essere perseguiti senza il suo assenso, così, i ministri del re, secondo Peter Partner, si mettono energicamente ad esercitare la massima pressione sul Papa, facendogli capire che se mancasse di agire con la necessaria prontezza e determinazione contro l’Ordine dei Templari incorrerebbe lui stesso nel forte sospetto di favoreggiamento e appoggio all’eresia. Una tale minaccia, fatta nel cuore del regno di Francia, non è fatta a vuoto, dato che Clemente V, eletto papa per influenza del re di Francia, per debolezza fisica e politica non ha intrapreso la via per Roma, ma ha posto la sua residenza ad Avignone.
Due sono le motivazioni principali che determinano l’azione del re: impadronirsi delle immense ricchezze templari e consolidare il suo prestigio sovrano sia sui vassalli laici ed ecclesiastici che sulla stessa Chiesa – non dimentichiamo Anagni -, poiché il re si ritiene il rappresentante di Dio sulla terra e i suoi ministri, a loro volta, si considerano gli esecutori dell’opera e della volontà di Dio.
Pure due, su 123, sono i principali capi d’accusa contro i Templari: eresia e pratica di riti degradanti e blasfemi.
L’eresia, ritenuta un pericolo permanente ed acuto per l’intera comunità ecclesiastica, rappresenta l’estrema ratio, in quanto l’accusa non dà diritto a conoscere né gli accusatori e né i testimoni d’accusa, né dà diritto ad essere difesi da un patrocinatore; l’accusa, inoltre, non è tenuta a dimostrare la colpevolezza; è, invece, tenuta a provare l’innocenza la difesa, che, purtroppo, non può produrla e lo scioglimento dell’Ordine, allora, diventa inevitabile, a meno che non intervenga l’autorità papale, che potrebbe, in questo caso, agire solo a suo estremo rischio e pericolo, mentre il sovrano non rischia nulla, in quanto sono i suoi ministri, specie il famigerato Guglielmo de Nogaret, a tramare ogni cosa.
Tacciare d’infamia i Templari è lo scopo dell’accusa di pratica di riti degradanti e blasfemi, quali: negare tre volte Cristo come figlio di Dio; sputare tre volte sulla croce; promettere di soddisfare i propri desideri sessuali con altri fratelli; il novizio baciare il fratello tegolatore in bocca, sull’ombelico, sull’ano e sulla spina dorsale; adorare un idolo pagano, denominato Baphomet.
I Templari non sono accusati di magia, sebbene la sua pratica si
svolga nella clandestinità e nella segretezza che possono comportare l’accusa
di cospirazione e di complotto politico, perché la magia pur essendo giudicata
un crimine, non è ritenuta un attacco all’intero popolo di Dio e, quindi, non
equiparata all’eresia, a parte il fatto che i maghi sono considerati degli
ignoranti non degni d’importanza, anche se molti, compreso lo stesso de
Nogaret, sono ossessionati dalla paura delle pratiche magiche.
E’ da ritenere che, anziché formulare contro i Templari altre accuse più
fondate e più reali ma non proponibili apertamente, sia stata quella di eresia
riservata solo al potere religioso per rovinare avversari ritenuti tanto più
temibili quanto più difficili da colpire con i mezzi ordinari.
Un fatto sbalordisce! All’indomani del loro arresto in massa, il 13 ottobre 1307, quasi tutti i Templari e lo stesso de Molay, sottoposti alle più feroci torture, si dichiarano colpevoli di tutti i crimini addebitati.
Anche se diversi muoiono prima di poter confessare e qualcuno dichiari di essere disposto ad uccidere Dio, pur di fare cessare quei tormenti, non è possibile convincersi che uomini simili, abituati ad ogni sorta di privazioni si dichiarino colpevoli con l’unica prospettiva del carcere e della segregazione a vita, anche se qualcuno voglia giustificarli adducendo che essi sono fiaccati non dai supplizi, ma dal senso di umiliazione e di degradazione della loro condizione. Il discorso, però, non cambia, perché essi sanno che rinnegare, in seguito, le colpe ammesse significa morte certa, come si verifica per il de Molay.
A questo punto potrebbe essere naturale credere che il mito abbia
trasformato i Templari da monaci ignoranti in maghi-eroi della libertà e della
conoscenza e precursori del moderno esoterismo, che periodicamente risolleva la
caccia alle streghe di esecrata memoria.
A salvarli da una tale ignominia interviene, forse, una celebrazione immortale
del loro segreto iniziatico, un fiore all’occhiello della letteratura mondiale,
la Divina Commedia, iniziata proprio – un caso? – nel 1307 e completata a
soppressione avvenuta dell’Ordine. In essa è condensato il sincretismo
filosofico-iniziatico di tutte le culture sviluppatesi attorno al Mediterraneo
(egiziana, persiana, essenica, araba, celtica, gnostica e, naturalmente,
cristiana), che i Templari, avendole assimilate, elaborano in funzione di un
Cristianesimo universale, gettando un ponte supertradizionale, in cui trovi
posto anche il misticismo orientale per una realizzazione dell’uomo nella sua
unità e totalità, così come si era realizzato il Cristo cosmico col ritorno all’Eguale,
e diventano pionieri e banditori d’un esoterismo che, ispirato all’immensa ed
infinita magnificenza del Cosmo, si libra in cieli senza confini,
contravvenendo, molto probabilmente all’intento per il quale l’Ordine era stato
fondato.
La mirabile opera di Dante si conclude, dopo la mistica preghiera alla Vergine di Bernardo di Chiaravalle, con la piena esaltazione dell’uomo in Dio, dopo essersi liberato, attraverso il lungo processo magico-alchemico, da tutti gli impedimenti delle passioni, dalle prevenzioni dogmatiche e dai vincoli di qualsiasi genere.
Lo stesso Baphomet, un idoletto-talismano dalla forma bestiale, cornuta, alata ed ermafrodita, che è da interpretare “immersione nella scienza o battesimo nella sapienza” dal greco bathus e methus, ha il potere d’infiammare l’iniziato alla libera meditazione e alla libera intuizione di Dio e del cosmo, dopo aver abbattuto le barriere delle passioni e della ragione, e di ricostruire se stesso senza limiti di sorta, ricercando Dio nella parte più intima di noi.
Nel Museo di Vienna esiste una medaglia con l’effigie di Dante e con la scritta, sul retro: F.S.K.I.P.F.T., che René Guénon interpreta: Fidei Sanctae (il grado più alto della Scala Mistica e origine delle varie scienze e delle varie arti) Kadosh (principe), Imperialis Principatus, Frater Templarius. L’associazione della Fede Santa, è un terz’ordine di filiazione templare. La struttura dell’Ordine templare, infatti, si articola: al vertice i Cavalieri, poi i sergenti e gli scudieri, i preti, infine i fratelli di mestiere e i fratelli rurali (artigiani e servitori), tutti residenti nelle Commende. Accanto ai veri fratelli templari, quasi con gli stessi privilegi, vi sono persone d’entrambi i sessi, i fratelli associati, che possono indossare l’abito templare sul punto di morte. Questo giustifica l’appellativo di Frater Templarius attribuito a Dante.
Cavaliere Kadosh, oggi, è il titolo dei massoni scozzesi del 30°
grado, alla cui iniziazione vengono abbattute le colonne col preciso
significato di liberazione assoluta del proprio io razionale e spirituale alla
conquista dell’Assoluto. Molto significativo!
Dante, dunque, un associato templare e, quindi, ammesso al loro segreto
filosofico-iniziatico? Questo spiega il perché, giunto nell’Empireo, si fa
accompagnare da San Bernardo ispiratore e tutore dei Templari. Ma questo non
fuga la legittimazione di qualche dubbio.
E’ impensabile, infatti, che il 12 giugno 1118, in Gerusalemme,
nove pii cavalieri con a capo Ugo de Payns costituiscano il primo nucleo del
futuro Ordine monastico-cavalleresco con l’unico intento di proteggere lungo il
viaggio i pellegrini che si recano a visitare i Luoghi Santi, senza l’appoggio
e la tutela di una grande personalità, quale l’abate di Chiaravalle, che
possiede un’autorità immensa negli ambienti ecclesiastici e colti del tempo e,
forse è l’esponente di un Ordine occulto, il Priorato di Sion. Egli ha, di
certo, un ruolo determinante nella nascita e sullo sviluppo del nuovo Ordine.
All’inizio sono solo nove a prendere questa iniziativa e per nove anni servono
in veste secolare. Il re Baldovino II, in un primo tempo, accorda loro una
piccola abitazione in un’ala del suo palazzo, vicino al vecchio Tempio di
Salomone, da cui prendono il nome, specie dopo che, nel 1120, il re trasferisce
la sua residenza reale nella Torre di David e lascia il suo palazzo all’Ordine,
dove s’installa la Casa Madre.
Baldovino II, non disponendo d’un esercito regolare, ma, secondo i
tempi, di baroni non sempre pronti ed efficienti, cerca di sfruttare la nascente
Congregazione, che bisogna fornire di mezzi adeguati. Così, nell’autunno del
1127, invia in Europa Ugo de Payns col preciso scopo di reclutare altri
cavalieri ed ottenere l’autorizzazione del Papa, Onorio II.
E’, probabilmente, durante questa missione che Ugo de Payns consolidi gli
accordi e rinnovi le direttive con l’abate di Chiaravalle, anche se non
esistono tracce di precedenti contatti. Il piccolo abate, infatti, ormai famoso
(a venticinque anni, nel 1115, fonda l’abbazia di Clairvaux, in Champagne), non
si lascia sfuggire l’occasione di coordinare e indirizzare lo sviluppo della
nuova milizia del Tempio e, l’anno successivo, nel 1128, al Concilio di Troyes,
indetto ad hoc, s’incarica di redigere la Regola del nuovo Ordine sulla scorta
di quella benedettina, superando, col prestigio della sua spiritualità, non
poche difficoltà d’ordine religioso, dato che al clero è vietato spargere
sangue, e riuscendo a combinare insieme il soldato che uccide e il monaco che
prega.
“I cavalieri di Cristo, egli dice, combattono le battaglie del loro Signore senza correre rischi, senza in alcun modo sentire di aver peccato nell’uccidere il nemico… Egli è lo strumento di Dio per la punizione dei malfattori e per la difesa dei giusti. Quando egli uccide non commette omicidio, ma maleficio, e può essere considerato il carnefice autorizzato di Cristo contro i malvagi”. Così, l’autorizzazione papale è immediata per un Ordine fornito di siffatte credenziali e la Champagne diventa il trampolino di lancio e la culla dei Templari in Occidente.
San Bernardo, un iniziato, come tutti i monaci benedettini, è un appassionato cultore della tradizione celtica, la cui casta sacerdotale, i famosi Druidi, detentrice d’una conoscenza esoterica molto profonda, esprime un culto particolare alla Vergine-Madre (la Demetra greca) molto tempo prima dell’avvento del Cristianesimo. E’ proprio lui, infatti, il promotore del culto mariano in Occidente e pone il nascente Ordine sotto la protezione della Vergine. Si spiega così il perché sarà la Vergine-Madre a squarciare a Dante l’ultimo velo della visione mistica di Dio nella triplice dimensione.
Nell’arco della sua esistenza il Cristianesimo, con gli attacchi delle Chiese gnostiche, affronta e subisce diversi attacchi e scismi. Nel 1054, esce umiliato dallo Scisma d’oriente e, inoltre, è in corso la tendenza al Particolarismo col rifiuto dell’Universalismo, di cui, invece, è convinto assertore san Bernardo, fondatore anche dell’abbazia di Citeaux, la romana Cistercium, da cui nascono i Cistercensi.
E’ probabile che questo accanito ricercatore ed elaboratore di
tradizioni primordiali, inclusa quella ebraica, volendo riportare il
Cristianesimo alle più antiche tradizioni, intenda imprimere lo stesso spirito
al nuovo Ordine, al quale, come stemma, conferisce un antichissimo simbolo
celtico, una quercia spezzata. E’ pure probabile che anche Ugo de Payns,
conoscendo, già, l’abate, sia un iniziato, oltre che colto, intelligente ed
accorto, altrimenti non sarebbe incaricato da Baldovino II per la missione europea.
E’ proprio questo, infatti, il periodo in cui l’aristocrazia feudale riesce ad
esprimere la propria visione eroica della vita autocelebrando la propria
funzione e il proprio ideale cavalleresco, consistente nella prodezza (abilità
nell’esercizio delle armi, coraggio e sprezzo del pericolo), nella sete di
gloria, nel senso dell’onore, della liberalità, della magnanimità, della
lealtà, della generosità verso i vinti, della cortesia, della misura, della
fedeltà al signore e della difesa della religione, convinta che la vera nobiltà
è quella intima dell’animo, in cui non manca il gusto per l’avventura, una
prova squisitamente individuale, finalizzata all’autoaffermazione e al
perfezionamento, proprio dei cavalieri monaci dediti alla queste (ricerca) del
Santo Graal, legata al patrimonio mitico-folklorico delle popolazioni celtiche.
Sui Templari e sul loro segreto iniziatico sono stati versati fiumi d’inchiostro, non sempre a proposito e scientificamente: non esistono loro documenti, i loro reperti (quali? Testi sacri autentici di cui erano venuti in possesso? Le tavole qumraniche? ) non sono stati mai trovati; le loro biblioteche vengono saccheggiate; i loro tesori scompaiono non si sa dove, si possono fare solo congetture; lo stesso Baphomet non esiste più; il loro segreto filosofico-iniziatico, trasmesso oralmente, è irrecuperabile, anche se molti Templari sfuggono alla cattura.
Tutto, oggi, sui Templari è metastorico. Che un giorno possa essere sanata qualche lacuna, non è facile, perché è improbabile che esistano documenti che li riguardino.Il re e i suoi ministri non possono lasciare tracce dei loro misfatti, né possono permettere che altri le raccolgano. Non è possibile, neppure, che gli archivi vaticani nascondano documenti templari ed è tutto da provare che siano seppelliti nella Cappella di Rosslyn, in Scozia, come sostengono C. Knight e R. Lomas. E’ probabile, invece, che i Templari scampati all’arresto abbiano distrutto ogni cosa. L’unica vera ed autentica grande prova del loro segreto filosofico-iniziatico e dei loro obiettivi è e rimane la Divina Commedia nella sua struttura (dalla discesa al centro della Terra, nel buio totale, al pieno dispiegamento dell’essere nella rigenerazione, dal micro al macrocosmo), nel suo insegnamento, nella sua articolazione, nel suo traguardo e nel suo risultato. Egli li conosce attraverso i Fedeli d’Amore e diventa loro adepto, uniformandosi alla concezione d’una religiosità ecumenica e planetaria in un momento in cui è in atto la separazione netta ed irreversibile tra il sacro e il profano, tra il potere sacerdotale e quello civile.
Si sta affacciando l’Umanesimo, l’evo moderno, una civiltà tesa a svilupparsi in senso quasi esclusivamente umano e terreno, privilegiando l’applicazione alla riflessione, la sperimentazione alla ricerca interiore. L’Umanesimo e il Rinascimento danno avvio alla cultura laica, all’affermazione di un’antropologia laica, separata dalla sfera del sacro. Il Medio Evo, lungi dall’essere un periodo di decadenza, è, al contrario, l’ultimo sussulto di un mondo straordinario, capace di evocare tutta la ricchezza della tradizione primordiale, in cui l’uomo, considerato il simbolo dell’esistenza universale, è capace di liberare le sue forze intuitive per trascendere la dimensione contingente e reintegrarsi nello stato di perfezione universale.
Non è importante scoprire se Bernardo di Chiaravalle e Ugo de Payns, uniti dallo stesso intento, abbiano intrapreso, di comune accordo – peraltro più che possibile -, la ricerca, affondando l’indagine in due punti strategici, la Francia e la Palestina per, poi, unificare le loro scoperte e proporle all’umanità, imprimendole una svolta decisiva, sulla scia della tradizione primordiale di Thule, di Iperborea, di Mû, di Agartha, di Atlantide, che richiamano le vicissitudini geologiche del nostro pianeta. E’ importante, invece, esaminare i risvolti di quel connubio e il traguardo.
E’ innegabile che la loro ricerca abbia esito felice e che essi approdino a diversi segreti iniziatici, forse definitivamente scomparsi o ben occultati. E’, pure, innegabile che essi si accingano, anche, a dare una svolta all’assetto sociale dell’umanità intera, che Dante eredita e testimonia nella sua concezione politica.
Il Vangelo secondo Matteo che narra la nascita di Cristo e la visitazione dei Re Magi, i quali offrono oro, incenso e mirra, riconoscendo nel Cristo il potere temporale – oro -, il potere sacerdotale – incenso – e quello spirituale – mirra -, schiude una ideazione profonda di origini mitiche. Matteo non dice donde arrivano i Re Magi. Che essi nella sua mente personifichino i capi dell’Agartha degli Indù; Mahânga, Mahâtma e Brahâmatma e che siano guidati da una stella fiammeggiante – il Pentalfa pitagorico?
Qui, poco importa, semmai si vuole insinuare una pulce nell’orecchio, lasciando ad altri l’approfondimento. Qui è interessante riconoscere la rielaborazione dantesca e il suo anelito, sulla scorta templare, ad un Cristianesimo universale in cui l’umanità trovi il suo totale dispiegamento tridimensionale di corpo, anima e spirito e la sua piena realizzazione attraverso la guida oculata del potere regale, del potere sacerdotale e del potere spirituale: il Demiurgo, la Vergine-Madre che schiude il mistero primo della vita, HI-HO (Lei – Lui), l’impronunziabile degli Ebrei.
La storia subisce un influsso diverso, l’umanità, nonostante tutto, sta per imboccare una strada diversa, in cui i valori terreni hanno il sopravvento, e i Templari, che agiscono e operano per un contesto ormai irriconoscibile e inconcepibile per loro, delusi, si rassegnano alla sconfitta e alla scomparsa, portando con loro tutti i segreti di cui sono in possesso. Non si spiega altrimenti la loro retata senza combattere e non si spiega diversamente la ritrattazione dello stesso Jacques de Molay.
Ma l’anelito all’eternità non muore mai e, così, negli Ordini iniziatici, lo stato umano viene, prima, indirizzato alla pienezza dell’espansione e, poi, alla realizzazione integrale operata attraverso il solve et coagula. E’ negli Ordini iniziatici che i Templari vivono eterni, anche se non sempre a proposito. Mi riferisco al giuramento che i Massoni del Rito scozzese antico ed accettato prestano al 30° grado, il Cavaliere Kadosh, e che tanto nuoce ad un’eventuale normalizzazione dei rapporti tra Chiesa di Roma e Massoneria
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TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’.FRANCO FERRARA