BENE E PROGRESSO DELL’UMANITA’

Bene e progresso dell’umanità
Vorrei fare una premessa che in realtà è una confessione: con queste riflessioni ho inteso avviare l’adozione di un metodo per me nuovo per l’elaborazione del mio pensiero. Si tratta di riflessioni espresse a viva voce, in solitudine, al cospetto della natura che tanto amo, su un argomento predefinito, con una scarna scaletta di aspetti da considerare: unica traccia priva di un vero ordine stabilito per avviare, trattare e concludere quel certo mio pensiero. Teste unico un registratore, dotato di una cassetta il cui contenuto intendo poi trasformare in scritto. L’antefatto è di pochi giorni orsono, allorché ho avuto modo di visitare una Loggia torinese su invito di un Fratello della mia stessa Loggia. Quel Fratello vi aveva da tempo programmato la lettura di una sua Tavola, ma preferiva non presentarsi da solo. Mi sono subito trovato confrontato con un’officina un pò particolare. Sono preparato a questo tipo di confronto, poiché un triennio di attività ispettiva mi hanno insegnato qualcosa sulla natura diversificata delle Logge, per cui non mi sono stupito troppo. Però mi era seduto accanto un Fratello Compagno della mia Loggia, che mi aveva accompagnato in quella visita, il quale manifestava ben poco velatamente il proprio disagio di fronte alla superficialità con cui veniva applicato il Rituale, sia di apertura che poi di conduzione come infine di chiusura dei Lavori. Non erano entrati nel Tempio insieme, guidati dal Maestro delle Cerimonie, per cui non avevano effettuato la squadratura di consacrazione, ritrovandosi direttamente all’interno, ove avevano liberamente preso posto tra le Colonne. Ci avevano colpito soprattutto la scarsa solennità degli interventi rituali dei Dignitari, la mancata accensione del Testimone, la sommaria sistemazione delle Luci sull’Ara da parte del 1° Sorvegliante (che mai aveva abbandonato il proprio maglietto, non inginocchiandosi affatto nel compiere il proprio Dovere) ed altri particolari ancora, che vorrei pietosamente coprire col velo della Tolleranza. Al tutto era seguita poi la scompostezza dei Fratelli, l’assenza pressoché totale di disciplina in occasione degli interventi (troppo raramente contrastata dal M.V. in carica), e la mancata applicazione delle più elementari regole nell’apporto al Tronco della Vedova ed al sacco delle Proposte tacite. Ancora e soltanto in nome della Tolleranza sono comunque riuscito nell’intento di tenere per me ogni commento. Sono quegli aspetti rituali che nella mia Loggia abbiamo curato a fondo sin dalla sua fondazione, portando coralmente tutti i Fratelli all’attuale livello speculativo dei nostri modesti Lavori architettonici. Un livello che, comunque, ci consente di lasciare metalli e passioni al di fuori del Tempio, conseguendo compatti un’armonia pressoché perfetta, instaurando quindi quella che noi amiamo definire la giusta atmosfera. La sola condizione che, a mio giudizio, possa implicare l’efficace e reciproco sfruttamento della cultura, ma soprattutto delle magiche potenzialità energetiche rese disponibili unicamente nelle giuste Tornate muratorie. Si tratta ovviamente di anomalie sostanziali, superficialità comprese, che per nostra buona sorte non ci contraddistinguono affatto, e noi siamo orgogliosi. e felici di essere riusciti a saldamente distinguerci dallo spirito che può animare una qualsivoglia tipica società bocciofila. Il mio Fratello di Loggia aveva parlato prevalentemente del concetto di libertà, della distinzione tra spirito e materia, opposti complementari, e sullo scopo della Massoneria, con riferimento a quanto concentrato su quanto recita il Rituale riguardo ai Lavori dedicati al Bene ed al Progresso dell’Umanità. Al termine della Tavola si erano succeduti alcuni interventi, pochi centrati e molti fuori tema, seppure a questo in qualche modo marginalmente connessi. Si era infatti arrivati a parlare unicamente del fine della Massoneria. I Fratelli erano visibilmente influenzati dai risultati di un dibattito tenutosi alla televisione il sabato sera precedente, sull’ormai consunto tema della trasparenza delle Logge. Vi erano intervenuti, oltre al Gran Maestro del G.O.I. Avv. Virgilio Gaito, il Gran Maestro Franchi della Gran Loggia di Palazzo Vitelleschi ed il Prof. Di Bernardo, Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia, l’unica ancora riconosciuta formalmente dalla Gran Loggia Madre inglese. C’era anche l’onnipresente Mons. Bettazzi, vescovo di Ivrea. Tanto per cambiare un magistrato vi aveva ribadito l’importanza della disponibilità dei nostri elenchi degli iscritti. In fondo l’unica associazione italiana costretta ad esibire questa riservatissima informazione è proprio la nostra. Nessun’altra associazione è stata ed è assoggettata a tale umiliante imposizione, che viola le più elementari regole della riservatezza. Ma, a quanto pare, noi siamo ancora e sempre il comodo capro espiatorio dei mali e degli acciacchi di questa povera Italia, fenomeno mafioso compreso. L’impressione generale espressa nella Tornata era stata che l’unico Gran Maestro all’altezza della situazione, in grado cioè di portare nel dibattito argomenti validi a sostegno e tutela dell’Istituzione, non fosse stato affatto il nostro avv. Gaito, che aveva purtroppo palesato eccessiva morbidezza ed un evidente imbarazzo; solo il Dott. Franchi vi aveva validamente sostenuto la correttezza massonica di fronte alle leggi, ed il notevole apporto dato nel corso dei secoli al progresso dei popoli ed alla loro libertà. Meschino l’atteggiamento e l’intervento del prof. Di Bernardo, limitatosi ad orgogliosamente arroccarsi dietro il riconoscimento inglese alla sua organizzazione, che assolutamente nulla aveva a che fare con il tema del dibattito. Allorché ho avvertito tra i Fratelli un certo raffreddamento ambientale, ho deciso di intervenire nel dibattito della Tornata. Ho subito tentato di evidenziare lo scopo fondamentale, forse unico, della Libera Muratoria, o meglio della Massoneria. Secondo il mio personale punto di vista, tale scopo non può che essere focalizzato nella costruzione del Tempio interiore, ovvero nel miglioramento del singolo individuo. Ritengo che se si riuscisse a migliorare preliminarmente l’elemento Uomo, l’essere più evoluto tra tutte le creature, espandendone la coscienza e migliorandone l’etica comportamentale e di pensiero, avremmo sicuramente risolto il problema, assicurandoci il successo anche nei confronti del succitato fine dichiarato dell’Istituzione: per l’appunto il Bene ed il Progresso dell’Umanità intera. Ritengo si tratti di mettere semplicemente in pratica, con rigida coerenza, gli insegnamenti acquisiti nel Tempio attraverso l’assidua frequenza ai Lavori. Non è certo frequentando solo saltuariamente i Lavori che si può acquisire e far proprio il profondo messaggio massonico. É così che saremo in grado di sperare d’aver davvero compreso le significanze celate dietro l’iniziazione virtuale, è così che l’iniziazione può diventare reale ed effettiva, è così che si può sperare di poter rafforzarci tanto da poi portare al di fuori del Tempio, con noi ed in noi, almeno l’essenza della nostra plurisecolare Tradizione. Una Tradizione che comprende quanto di meglio l’essere umano sia stato in grado di elaborare e di mettere a disposizione per l’ottimizzazione dell’evoluzione delle umane genti. Una Tradizione formata dai principi promulgati dalla Gnostica, dalla civiltà e dalla religione egizia, dal pensiero di Platone e di Pitagora, dal buddismo e dalle grandi filosofie orientali, dallo zoroastrismo, dallo stesso cristianesimo, dall’ermetismo, dalla Cabala, dall’Alchimia, e dallo Spirito che ha animato gli Ordini cavallereschi nonché i grandi movimenti di pensiero, antichi, medioevali, rinascimentali e risorgimentali. É tutto concentrato e disponibile in quanto i Massoni amano definire “Tradizione”, e che noi, per semplicità, riassumiamo nel trinomio inciso sulle nostre Are: “Libertà, Uguaglianza e Fratellanza”, il tutto sublimato dalla “Tolleranza”. Credo sia superfluo soffermarsi sulla definizione data da Voltaire sulla libertà. Opportuno invece spendere alcune parole su quel qualcosa che alla Libertà è saldamente connesso: ovviamente mi riferisco al Libero Arbitrio. Questa espressione del pensiero scolastico cristiano sta ad indicare indipendenza, autonomia dalle necessità esterne ed interiori: per cui, secondo San Tommaso d’Aquino, la Volontà ed il Libero Arbitrio appartengono alla stessa potenza, ma mentre la prima si rivolge al fine, il secondo si riferisce ai mezzi od ai beni particolari desiderabili rispetto al fine stesso. Più semplicemente noi siamo usi interpretare il Libero Arbitrio come potere in virtù del quale l’essere cosciente può scegliere tra due azioni contrarie, senza essere determinato da alcuna necessità. Significa insomma volontà e possibilità di scelta, per esempio tra sinistra e destra, tra alto e basso, tra bianco e nero, ed anche tra bene e male. Come è ragionevole pensare che possa essere il Libero Arbitrio del Massone, che si autodefinisce uomo libero e di buoni costumi? Se noi immaginiamo l’uomo collocato al centro di un cerchio, rappresentante la libertà d’azione, penso che l’esemplare involuto disponga di tutti i 360° che lo circondano, ovvero che sia libero di fare tutto quanto l’essere umano è in grado di fare, compreso i cosiddetti crimini, senza limitazione alcuna. Il tipico iniziato Massone non può certo considerarsi involuto, al contrario direi. Egli deve rispettare le regole che gli vengono imposte dalla Tradizione, dagli Antichi Doveri, da Costituzione e Regolamenti, nonché dall’interpretazione speculativa dei simboli. Sono tutte limitazioni che condizionano il suo pensiero, le sue scelte comportamentali, il linguaggio, in una parola l’Etica vitale. Quale settore di quel cerchio resta disponibile per lui? Secondo me al vero Massone restano pochissimi gradi, non più di cinque forse e, al limite, una semplice linea. Questo mio Massone ideale non ha più alcuna possibilità di scelta: è proprio l’assenza di spazi di manovra che lo rende grande, rappresentando così l’archetipo, il modello esemplare dell’Uomo che ha raggiunto la massima evoluzione, la completa e totale espansione della coscienza. A quell’Uomo non potrà che essere consentito di rappresentare l’essere sociale, il cittadino ideale, il migliore dei lavoratori e dei padri di famiglia, assolutamente incapace di concepire il male e l’illecito. Ecco il mio campione di membro dell’imminente società dell’Acquario, una società finalmente degna della scintilla divina che è in lei da sempre, ovvero di quell’Umanità evoluta che rappresenta il vero traguardo finale della Libera Muratoria Universale. Il Fr. Joseph Fort NEWTON, nel suo volume “A Treasury of Masonic Thoughts”, ovvero “Un tesoro dei pensieri massonici”, contiene un messaggio intitolato “Quando un uomo è Massone” che sottopongo alla vostra attenzione: “Un uomo è vero Massone: quando riesce a guardare i fiumi, le colline, l’orizzonte lontano, con il senso profondo della propria piccolezza, nell’immenso schema delle cose, e cionondimeno avere Fede, Speranza e Coraggio; quando sa che nell’intimo del cuore ogni uomo è tanto nobile, spregevole, divino, diabolico, solo quanto lo è lui stesso; quando ama i fiori, e va a caccia solo se sprovvisto di armi; quando il fremito d’una gioia a lungo dimenticata l’assale, allorché ode il riso di un bimbo; quando scopre il bene in ogni Fede che afferra le realtà superiori, additando significati maestosi alla vita; quando il suo sguardo penetra in una pozzanghera ai margini della strada, e sa scorgere qualcosa di sublime oltre la melma; quando ha tenuto fede a sé stesso, al suo prossimo, al suo Dio: nella mano una spada per il male, nel cuore la strofetta di una canzone; felice di vivere e mai timoroso di morire. In quell’Uomo, non importa se ricco o povero, bello o brutto, dotto od ignorante, famoso od oscuro, la Massoneria ha operato il suo dolce ministero. Quell’uomo ha scoperto l’unico vero segreto della Massoneria, il segreto che Essa cerca da sempre di dispensare al mondo intero”. A questo punto mi piace ancora citare alcuni dei principi elencati in una bella pergamena che fa parte del patrimonio della mia Loggia. É intitolata “Gli Antichi Doveri”, ed è uno dei presenti ricevuti dai Fratelli di varie Logge maremmane, con cui in passato abbiamo spesso lavorato:   Dio è la saggezza eterna, immutabile, intelligente. Tu l’onorerai con la pratica delle tue Virtù. Fai il bene per il solo amore del bene. La tua anima è immortale. Non fare cosa che possa degradarla. Guardati dal contaminare la tua memoria. Fai agli altri ciò che vorresti che gli altri facessero a te. Onora i tuoi genitori. Rispetta gli anziani, istruisci la gioventù, proteggi l’infanzia. Ama la tua patria, ed obbedisci alle sue leggi, adoperandoti per il loro perfezionamento. Fuggi le false amicizie, ama i buoni, compatisci i deboli, evita i cattivi. Non odiare mai nessuno. Parla fermamente con i grandi, sinceramente con gli amici, dolcemente con gli inferiori, teneramente con i poveri. Non giudicare con leggerezza le azioni umane: loda poco e biasima ancor meno. Pensa che per ben giudicare gli uomini occorre scandagliarne il cuore e scrutarne le intenzioni. Cerca la Verità, rispetta le credenze e le Fedi sincere. Rispetta la donna, e non abusare mai della sua debolezza. Sii per tuo figlio un protettore fedele: fa che fino a dieci anni ti creda, che sino a venti ti ami, che sino alla morte ti rispetti. Sino a dieci anni sii per lui Maestro, sino a venti il Padre, sino alla morte l’Amico. Sforzati di conoscere gli uomini per imparare a conoscere te stesso”.   Circa quindici anni fa avevo tradotto in tedesco questi doveri che avevo incluso in una pergamena in gotico di circa un metro quadro. Beh, cari Fratelli. Ho avuto poi la soddisfazione di vederla appesa nella mia Loggia di Monaco, decorata con una splendida e preziosa cornice offerta da un caro Fratello specializzato in questo, essendo fornitore dei più prestigiosi musei d’Europa, compresi il Vaticano, Palazzo Pitti e la Galleria degli Uffizi. Noi abbiamo goduto della bellezza di questi principi. Per sintetizzarne profondità e dolcezza, penso sia opportuno riesumare un vecchio pensiero che ho in mente da sempre: vero Massone è l’Uomo che sa osservare dentro di sé ed intorno a sé. Egli potrà essere in grado di capire d’aver forse portato a termine “la grande Opera”, di aver cioè completata la squadratura della sua pietra, semplicemente ammirando il fascino magico della natura che lo circonda: “dalla imponente maestosità di una vetta allo splendore di una stella, dal dolce scorrere delle acque di un ruscello di montagna al morbido volo di una rondine, dal rapido scorrere di una nuvola per un attimo oscurante il disco del sole al laborioso e metodico errare di un’ape da fiore in fiore, dalla incomparabile dolcezza del sibilo del vento alle carezzevoli note di una melodia, ritrovandosi all’improvviso, in modo naturale e spontaneo, con lo stesso sguardo pervaso da curiosità e da commosso stupore che soli possono illuminare l’occhio innocente di un fanciullo”. Ebbene, le cose stanno proprio in quei termini. Attraverso la reale comprensione del messaggio massonico, ciascuno di noi può ambire a gustare tale istante di beatitudine, che resta riservato a quanti hanno saputo tagliare quel certo traguardo evolutivo. Per avere successo tra le traversie e le dure asperità della vita, è sufficiente vivere la vita di ogni giorno, ma in totale coerenza con il messaggio esoterico che ci viene dal Tempio: è vivere in piena sintonia con i padri che ci hanno trasmesso la Tradizione. La Tradizione che illumina la strada da percorrere, un’eredità che ci consente di seguire la stessa via iniziatica che quei nostri Padri hanno sperimentato ed a noi indicato. Occorre ora considerare il fatto, deducibile dalle migliori filosofie, che i confini tra bene e male non rientrano certo nelle intenzioni dell’Essere Supremo. Mai Egli ha tracciato quei confini, che sono esclusivo parto (od aborto) umano. Possiamo sostenere che si possa arrivare alla massima evoluzione spirituale soltanto attraverso l’acquisizione della Conoscenza. E la Conoscenza è raggiungibile solo attraverso l’esperienza, proprio come il fanciullo che deve studiare, sbagliare e riflettere per poter aspirare alla piena maturità. Nessun essere umano ha tanto tempo a disposizione per accumulare tanta e tale esperienza, almeno nel corso di una vita normale, seppur particolarmente longeva. Ma essendo inequivocabilmente destinato, costretto dal destino all’evoluzione, la perfezione del disegno divino non poteva che prevedere per lui l’accumulo di molteplici esperienze, il che implica necessariamente l’accettazione da parte della ragione almeno del principio della reincarnazione, se non addirittura della metempsicosi. Non mi riesce di accettare l’insegnamento secondo il quale ci si deve comportare bene, evitando ogni peccato, il che implica già di per sé una notevole buona sorte fin dalla nascita, con conseguente esclusione della parità tra tutte le creature, sia di condizione che di opportunità. Il che è già di per sé un paradosso. Al termine di quest’unica ed irripetibile esperienza terrena io sarei soggetto al giudizio definitivo ed inappellabile di un Tribunale divino. Lì sarebbero soppesati i dettagli di meriti e colpe acquisiti, che porterebbero poi al giudizio finale di colpevolezza od assoluzione. Sarei quindi condannato alla dannazione eterna dell’Inferno, alla meditazione di espiazione del Purgatorio, oppure premiato con le ineffabili gioie del Paradiso. Un pò troppo semplice, a mio giudizio, ma soprattutto indegno dell’assoluta perfezione del G.A.D.U.. Il tutto odora di ricatto, anche perché le regole, come i dogmi, sono da sempre dettate da uomini, solo ed ancora semplici uomini, che si arrogano però il diritto di orgogliosamente autodichiararsi unici rappresentanti ed interpreti della volontà dell’essere Supremo. Ci sono uomini che uccidono o che rubano, in modo innaturale poiché quasi mai per necessità, per il semplice piacere di trasgredire le regole, le leggi. Quanti sono coloro che sfruttano il potere, raggiunto sempre con l’uso dell’inganno e della violenza, per scatenare faide, guerre, e coercizzare il prossimo per poi fagocitarlo, magari adducendo alibi razziali o di casta. Chissà, forse è vero quanto penso: avrò senz’altro commesso anch’io tali crimini, ma non in questa mia vita. Importante è che io abbia compresa, cioè che sia riuscito a far mia la relativa lezione, ovvero è essenziale che ora non riesca più nemmeno a pensare di commetterli ancora. Resta un fatto fondamentale: oggi è proprio la mia coscienza ad impedirmelo. Ritengo che il concetto di Tolleranza, fatto nostro dai nostri padri, sia stato originato proprio da un’indagine introspettiva, tesa alla valutazione della nostra reale natura. Si dice che “non muove foglia che Dio non voglia”, si dice anche che il caso non esista, e che tutto proceda, in noi ed intorno a noi, secondo un preciso e perfetto disegno superiore: un immenso e perfetto mosaico di cui noi non siamo che un minuscolo tassello. Per cui credo che chi commette un crimine, possa farlo perché doveva farlo e perché la sua coscienza involuta glie lo consentiva: al contrario invece chi quel crimine lo subisce non viene che assoggettato al trauma di cui abbisogna, anche nel caso più estremo. Visto così risulta evidente che il male, in quanto tale, non esiste affatto, non ha senso: tutto non può che essere giusto e perfetto, poiché tutto è compreso nella perfezione del Creatore. Lo ammetto: la legge karmatica mi affascina, forse perché rientra maggiormente nella logica della perfezione divina. Per cui l’ho fatta mia, e me ne compiaccio, pur intendendo considerarmi cristiano, od almeno cristico. E credo anche che tale intenda rimanere, poiché non sarei certo venuto al mondo in questo nostro occidente se la mia possibile evoluzione avesse implicato l’adozione della religione buddista. Il Creatore non commette questi errori, anzi: Egli non sbaglia mai. Mai! Da quando la Gran Maestranza ha deciso di rendere sempre più trasparente la nostra Istituzione, ci siamo trovati ancor più immersi nell’occhio del ciclone in cui la pubblica opinione ci aveva relegati da oltre un decennio. Ne abbiamo davvero combinate di tutti i colori, come nessun’altra Obbedienza si è mai sognato di fare: infatti abbiamo modificato Costituzione e Regolamenti, si è soppresso il tradizionale giuramento sostituito da un insignificante e poco rituale promessa solenne. Nelle intenzioni tale azione a largo raggio avrebbe dovuto attenuare l’astio e la conflittualità dominanti nel mondo profano, contro la Massoneria, e solo contro essa. Abbiamo consegnato alla Magistratura i nostri elenchi, dapprima a riscontro di precisi mandati che avevano sconvolto le nostre sedi, poi su specifica richiesta, oggi spontaneamente e, qualcuno (come Di Bernardo), addirittura aggiornando sistematicamente, ogni anno, le liste precedenti. I piedilista si sono ridotti drasticamente, e varie Logge sono state demolite. Recentemente si è arrivati alla soppressione del termine Massoneria, ritenuto inviso alla profanità e forse simbolo delle persecuzioni subite, sostituito nei Rituali da “Libera Muratoria”. Abbiamo visto soppresse parti del Rituale, come la corretta squadratura del Tempio all’apertura dei Lavori, eliminando così sempre più il legame profondo con le nostre radici alchemiche ed ermetiche. Sono state scambiate le posizioni del Sole e della Luna, nonché della Forza e della Bellezza, altre nostre plurisecolari eredità alchemiche rituali. Il tutto appare considerato dai riformatori alla stregua di inutili od insignificanti particolari di natura puramente scenica: pura e semplice teatralità, insomma. Nel paese in cui ho goduto del privilegio di conoscere la nostra Istituzione, la Germania, oggi sostenitrice della costituzione di una Gran Loggia europea indipendente dalla Gran Loggia Madre inglese, avevo avuto modo di discutere ripetutamente ed a fondo sul fenomeno P2 e sulle conseguenti pesanti persecuzioni inflitte alla Massoneria italiana. Tale situazione era stata giustificata dal fatto che la nostra nazione ospita da venti secoli un certo potere politico e materialista che, a dispetto delle intenzioni sonoramente strombazzate, con la spiritualità ha sempre avuto e tuttora ha ben poco a che fare. La storia ci illumina parecchio al riguardo. Parlo evidentemente del Potere Temporale della Chiesa di Roma. La Chiesa di Pietro resta imperante, e forse restano ancora lontani i tempi dell’istituzione della Chiesa di Giovanni, rappresentante l’interesse per la pura spiritualità. Sono stati e sono soltanto gli interessi materialistici di quello stato particolare che hanno ostacolato, se non addirittura impedito, l’espansione della libertà e della vera cultura del nostro popolo. Ricordo di aver sostenuto nella mia Loggia madre che se la Germania avesse provato a tenersi in casa per un paio di secoli quel potere temporale, molto probabilmente i miei cari Fratelli tedeschi sarebbero oggi meglio in grado di interpretare il fenomeno massonico italiano. Al riguardo disponiamo dell’esempio storico strettamente collegato alla fine di uno di quegli Ordini Cavallereschi, i cui principi dichiariamo essere compresi nei nostri: parlo ovviamente dell’Ordo Templi. Un Ordine soppresso per volontà di un Re avido e fortemente indebitato, proprio con i Templari, a quel tempo anche veri banchieri d’Europa: Filippo IV di Francia, detto il Bello. Questi, per cancellare il suo debito, aveva soppresso i suoi creditori. Aveva raggiunto il suo scopo anticipando il decesso di ben due Pontefici, Bonifacio VIII e Benedetto XI, sostituiti dal fedele suddito Bertrand de Goth, al tempo cardinale arcivescovo di Bordeaux, eletto Papa con il nome di Clemente V al termine del lungo Conclave di Perugia del 1305. Un Papa che non avrebbe mai occupato la sede naturale di Roma, avendo trasferito l’intera corte pontificia ad Avignone. Egli non tardava ad emettere contro i Templari una Bolla di scomunica, di soppressione e soprattutto di confisca dei beni: l’apoteosi dell’Ordine era raggiunta allorché il suo ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay, già spietatamente torturato, veniva arso sul rogo a Parigi, il 19 marzo 1314. Alla morte di Clemente V, avvenuta 41 giorni soltanto dopo quel rogo, e rimasta avvolta nel mistero come quella dei suoi due predecessori, veniva eletto a suo successore alla cattedra di Pietro il Papa Giovanni XXII. Questi, libero da ogni codarda sudditanza al Re francese (anche perché deceduto, sempre in quello stesso anno, a causa di un misterioso incidente a cavallo), ancora nella sede pontificia di Avignone si vedeva costretto ad istituire addirittura un processo canonico contro il suo predecessore. Un processo che avrebbe poi inesorabilmente condannato Clemente V. Ebbene, la storia insegna che i francesi avevano impiegato meno di un secolo per liberarsi di quello che stava diventando un insopportabile incomodo: la sede pontificia tornava quindi a Roma. Essi avevano presto compreso l’enorme influenza, nella loro stessa indipendente sovranità, implicata in quella scomoda e deleteria convivenza. Noi il Vaticano continuiamo ad averlo in casa, volenti o nolenti che si possa essere. Che cosa possiamo allora pretendere dalla profanità da esso condizionata? Vorrei a questo punto citare l’esempio costituito da un certo sacerdote, che era stato accettato a presenziare ad una Tornata bianca della mia Loggia madre, la In Treue fest N° 508 all’Oriente di München. In Germania ci si ritrova ogni settimana, ma si lavora ritualmente una sola volta al mese, poiché la casa massonica dispone di un solo Tempio per otto o dieci diverse Logge. Fuori dal Tempio i fratelli si siedono comodamente attorno ad un tavolo su cui. Ovviamente, non manca mai un buon bicchiere di birra. Inoltre un ottimo ristorante è disponibile per quanti intendano rifocillarsi, anche perché ci si ritrova intorno alle 19,30. Al termine del pasto, secondo l’uso locale sempre sostanzioso ma frugale, il M.V. regge il maglietto e dirige i lavori non rituali. Un leggìo viene collocato davanti all’Oratore di turno, e si legge la Tavola programmata. Quando i contenuti non sono strettamente massonici, i profani sono ammessi a presenziare: un’ottima occasione abilmente sfruttata per effettuare l’unica forma di tegolatura “per contatto collettivo diretto” ammessa da quell’Obbedienza. Ogni Tavola viene regolarmente discussa e commentata dai Fratelli della Loggia. Al termine di quella Tornata al sacerdote veniva richiesto di esternare le proprie sensazioni, le sue impressioni, sia sulla serata che, più in generale, sulla nostra Istituzione. Quel sacerdote, uno scalabriniano, già cameriere segreto di Papa Paolo VI, rispondeva asserendo di essere stato particolarmente colpito da due diversi aspetti emersi nel corso della serata:   il Massone ricerca la Verità, mentre la Chiesa se ne dichiara portatrice divina, tanto da imporla al fedele attraverso i dogmi, la Massoneria tende all’elevazione dell’uomo riconoscendone la perfettibilità.   Qualcuno di noi aveva replicato che la Chiesa di Roma, almeno apparentemente, non si era mai opposta all’elevazione dell’uomo. La replica era stata molto semplice. “Come no: la diffusione della cultura, per esempio, ha sempre infastidito enormemente la Chiesa”. Si pensi soltanto a quando, all’inizio del 500, dopo il sensazionale successo incontrato dalla pubblicazione della prima edizione della Sacra Bibbia, diffusa nel 1461 dalla stamperia di Magonza di Johann Gensfleisch von Gütenberg, la Chiesa si fece promotrice per la fondazione di una analoga stamperia in Milano. Aveva a quel tempo pensato di sostituirla alla paziente opera dei monaci amanuensi, soprattutto benedettini, che manualmente ed artisticamente, avevano fino a quel momento provveduto a conservare, restaurare e ricopiare tutte le scritture antiche tramandate nei secoli. Quei monaci prediligevano infatti ben altre attività, implicite nel loro motto “Ora et Labora”, quali l’architettura e l’agricoltura. Pochi anni di attività avevano convinto il Vaticano a sopprimere quella tipografia, vista l’ampia diffusione delle opere edite, il che aveva inevitabilmente implicato la diffusione della cultura, anche nei campi in cui la Chiesa intendeva mantenere il monopolio assoluto. Non solo, ma aveva subito messo all’indice la maggior parte delle opere edite. Le conseguenze di quella novità erano comunque state fin troppo palesi: in Svizzera ed in Germania, ove l’attività di stampa e diffusione non era stata interrotta, sorgevano infatti possenti movimenti anticlericali, scatenati da monaci come Zwinglio, Calvino e Martin Lutero, prevalentemente osteggianti i grandi fasti della corte romana, dando origine ai grandi movimenti della controriforma protestante nordica. La gente era stata finalmente informata da una fonte diversa dalla consueta, quella clericale. Aveva potuto leggere, pensare, ragionare e criticare, specie l’interpretazione di certe scritture, da sempre riservata alla Chiesa: un privilegio che il Vaticano materialista non intendeva concedere ad alcuno, specie se laico, onde mantenerne il controllo. Una tendenza mantenuta almeno fino al tempo dei nostri nonni. Cosa possiamo fare noi, Massoni, per affrontare al meglio questa purtroppo persistente situazione? Batterci davvero per il Bene ed il Progresso dell’Umanità? É questo il nostro scopo, il nostro unico obiettivo? Siamo certi che questo non possa essere una sorta di scimmiottatura della donchisciottesca battaglia contro i mulini a vento? Fratelli, come si può sottovalutare il fatto che questa ambiziosa finalità ci induce sovente, se ripetutamente oggetto dei nostri dibattiti, a porci la consueta domanda: cosa possiamo fare? Ogni Loggia si ritrova dimensionalmente limitata, ed oggi lo è più che mai. I segni di ripresa sono soltanto sporadici, poco diffusi ed ancor meno sentiti. Sebbene ispirati ed animati dalle migliori intenzioni, ammesso e non concesso che noi si sia davvero evoluti, restiamo purtroppo piccoli, quasi privi di voce in capitolo. Come possiamo sperare nel successo di un’ipotetica azione frontale, anche se promossa per quel più che encomiabile fine. Non abbiamo certo la forza per influenzare od almeno condizionare la politica e le scelte di una nazione. All’inizio del secolo avevamo tale forza, poiché ben un terzo dei parlamentari era costituito da Fratelli: ebbene, che cosa siamo riusciti a fare? Abbiamo diviso la Massoneria italiana in GOI e Piazza del Gesù sulla storica questione delle scuole. Una smembramento micidiale, per il quale siamo tuttora pesantemente e penosamente penalizzati. Anche nella ridicola, assurda ipotesi, che fossimo in grado di trasformarci in tanti predicatori, come pensare di usare i moderni mezzi di informazione, o di scendere addirittura nelle piazze, per istigare le masse verso quello che definiamo il Bene? Potere e denaro, come noto, vanno a braccetto, e rappresentano l’opposizione alla spiritualità: come possiamo quindi sperare di convincere i politici a lasciare le loro ambite poltrone per dedicarsi all’effettivo benessere della popolazione? Dobbiamo quindi limitarci ad illuderci, a sognare? Io resto convinto che, come Istituzione, noi si possa fare assolutamente nulla! Per cui ritengo inutile, dispersivo e controproducente il solo parlarne, almeno secondo le modalità consuete adottate di norma per affrontare l’argomento sia in Gran Loggia che nelle nostre logge, poiché conduce alla consapevolezza della nostra incapacità, inesorabile motivo di frustrazione che ritengo ingiustificata. Come affrontare, come risolvere allora il compito affidatoci dai nostri padri? Intendo tentare di focalizzare una possibile soluzione che credo essere alla nostra portata. Essa è compresa nel nostro Rituale, ma viene sistematicamente sottovalutata, se non addirittura snobbata, specie nel corso dei nostri poco architettonici Lavori. Forse potremmo semplicemente concentrarci sul nostro personale miglioramento, almeno qui, in quello che definiamo Tempio e che troppo spesso tempio non è affatto, proprio grazie alla nostra superficialità. Le più elementari regole da osservare per ovviare a tale stato di fatto sono:   prima di accedervi facciamo insieme un minuto di meditazione, il solo modo per escludere dall’animo nostro l’influsso malefico dei metalli e delle passioni; accediamo poi al Tempio con la solennità che la nostra natura purificata impone; nel Tempio, con la parola spoglia d’ogni retorica od anche tramite il più semplice silenzio, elargiamo al Fratello che ci è accanto il meglio di quanto disponiamo; assorbiamo quanto il Fratello ci sa dare; arricchiamo la nostra coscienza ignorando in assoluto le deleterie vie del vizio per adottare quelle della vera Virtù; eliminiamo dal disponibile quanto può risultare nocivo a noi ed al nostro prossimo, nel pieno rispetto della citata sentenza voltairiana.   Ricordo che sia mio nonno che mio padre, nella loro semplicità, ripetevano continuamente quella che giudicavano costituire la massima ed imperdonabile incoerenza clericale: essa era semplicemente riassunta nel proverbiale “predicare bene e razzolare male”. Noi Massoni non possiamo, non dobbiamo incorrere in quel paradossale errore. Eppure lo si commette, eccome, e troppo spesso purtroppo. Abbiamo almeno il coraggio di ammetterlo, Fratelli. Al termine delle nostre Tornate, condotte applicando non bovinamente ma integralmente, con effettiva partecipazione e consapevolezza, quanto recitato dal Rituale, portiamo in noi la Forza, la Bellezza e la Sapienza nel mondo profano in cui operiamo. Se ci si ritrova delusi, scoraggiati, deboli come prima di accedere al Tempio se non di più ancora, certo abbiamo sbagliato noi, e sarà pertanto salutare rifletterci, a fondo davvero. Ogni nostra azione o parola, condotta o spesa nella nostra famiglia, tra quanti ci sono vicini, conoscenti, amici e famigliari, nello stesso ambiente in cui operiamo, sia poi veramente ispirata soltanto alla piena, assoluta e disinteressata coerenza, nemmeno pensata, semplicemente e naturalmente applicata ed attivata: la coerenza all’essenza delle Regole che abbiamo appreso nel Tempio, ed all’Etica che ne deriva. Dimostriamo con l’esempio come si sia veri portatori di quei nobili princìpi tra noi tanto dibattuti. L’esempio è sempre stato contaminante, nella fattispecie lo sarà beneficamente, costruttivamente. Questa dovrebbe essere la nostra predominante azione filantropica. Non sarà affatto necessario citare la nostra Istituzione, sarà anzi inutile, superfluo, e forse controproducente il farlo. Il nostro prossimo non potrà che essere colpito dall’estrema correttezza e dal rispetto verso tutto e tutti che ci contraddistingue e che ci anima, con cui operiamo e ci esprimiamo. Trasformiamoci, Fratelli miei, in operatori della Libertà: contro ogni forma di coercizione e contro la prevaricazione dei diritti umani. Evidenziamo a quanti ci sono vicini, o che semplicemente ci passano accanto, ovvero al mondo intero, la gratificazione che è in noi, consapevoli della nostra comune condizione di Uomini veramente liberi e di buoni costumi. Sarà solo così che potremo portare a buon fine il compito sublime che la Tradizione ci ha assegnato. Ed è solo così che possiamo sperare di trasformare in reale l’iniziazione virtuale che abbiamo ricercato e ricevuto. Solo in questo modo possiamo pensare di davvero contribuire al Bene ed al Progresso dell’Umanità. Inutile continuare a perdere tempo dilungandoci in peripatetiche elucubrazioni, tese ad individuare improbabili strade d’azione. Presto o tardi non riusciremmo ad evitare di ritrovarci immersi, affogati nell’oceano delle inutili umane utopie. Non importa se si giura o se si promette solennemente. Un aspetto che non può influenzare certo l’avversione naturale né dei profani, politici o magistrati compresi, che non ci conoscono perché conoscerci non possono, né della Chiesa di Pietro, di cui comunque restiamo naturali concorrenti. Non ci debbono toccare i sorrisetti ironici elargiti nei nostri confronti da un qualsiasi Mons. Bettazzi, come avvenuto nel corso di quella trasmissione televisiva. Noi sappiamo bene di non essere portatori di Verità, e ne andiamo anche fieri. La nostra non può e non vuole essere una religione: la nostra è pura e semplice Fede nell’Uomo. A noi interessa poco la salvezza dell’anima, la cosiddetta Piramide superiore; noi aspiriamo soltanto alla promozione ed al conseguimento della vera evoluzione dell’Umanità vivente in questo nostro bistrattato pianeta. Sarà invece importante che, comunque si giuri o si prometta, lo si faccia su quelli che costituiscono i nostri ideali migliori, non limitandone mai il riferimento né all’Istituzione né a quelli che sono la sua Costituzione ed i suoi Regolamenti, che pur rispettiamo profondamente. Spirito e materia debbono convivere, altrimenti si negherebbe la nostra stessa natura. Noi siamo tutti portatori di questi opposti che all’inizio ho definito complementari. Non dimentichiamo l’antica regola del necessario bilanciamento per trovare il giusto compromesso. Guardiamo al buon agricoltore che vincola l’alberello cresciuto storto sul lato opposto, un vincolo che scioglierà solo quando sarà certo che sia giunto il tempo giusto per farlo. Allora l’albero assumerà la posizione verticale che prima gli mancava, ergendosi diritto verso il cielo, pronto a darci i suoi frutti migliori. Come possiamo anche solo pensare di opporci al materialismo diffuso in quel mondo profano in cui viviamo ed operiamo, se non riusciamo almeno ad imporre nei nostri cuori, in questo nostro Tempio, l’armonia e la spiritualità, che qui deve regnare incontrastata sovrana. Ciascun massone troverà poi il proprio naturale e personale punto di equilibrio, di compromesso, tra le due opposte nature Il mondo intero ci assilla con il predominio assoluto di ogni espressione materialistica sulla spiritualità. Ma noi non apparteniamo più al mondo animale, che pure, sotto determinati ma precisi aspetti, ci sovrasta, restando migliore del nostro. Infatti, a differenza dell’uomo, ben pochi sono gli animali che uccidono senza la necessità di farlo, ovvero per sopravvivere. In questo Tempio dobbiamo imitare a nostro beneficio l’azione dell’agricoltore. Parliamone di questa spiritualità, parliamo di quelli che sono i veri valori dell’uomo, parliamo della nostra natura di esseri più evoluti del Creato, parliamo anche del Grande Architetto dell’Universo cui dedichiamo i nostri Lavori, parliamo della natura che ci circonda e delle creature, magari ricordando quei famosi versi del Metastasio che mi sono molto cari, che mi auguro piacciano pure a Voi tutti: “Ovunque il guardo io giro immenso Iddio Ti vedo. Nell’opre Tue T’ammiro; Ti riconosco in me”. Sarà solo così che noi riusciremo a far sì che tutti i nostri Fratelli raggiungano il loro proprio equilibrio, la condizione ideale di compromesso che rende l’Uomo perfettibile degno di definirsi portatore dell’originale scintilla divina che è in Lui.

TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’.  Chissotti, Riccardo

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