Il significato di Silenzio in Massoneria
In Massoneria abbiamo appreso che il silenzio sia e vada imposto all’Apprendista, per agevolare la sua assimilazione dei principi e dei costumi che ci distinguono. Un apprendimento lento e graduale attuato nell’osservazione e nell’ascolto di Tavole e scambio di opinioni dei Fratelli più anziani.
Per ogni Libero Muratore il silenzio consiste nell’astenersi dal parlare inutilmente, per il semplice piacere narcisistico di sentire la propria voce o di manifestare la propria presenza, anche quando si è coscienti di non essere in grado di aggiungere alcunché di rilevante alla trattazione corrente. Occorre però aggiungere che si tratta del silenzio del cuore, consistente nel far tacere le passioni ed i giochi esasperati dell’immaginazione, nonché il pensiero foriero di utilità o costruttività nei confronti degli eventi, delle cose e degli esseri. Anche questo è un aspetto compreso nell’esclusione dei metalli dal Tempio, requisito indispensabile per l’instaurazione della sacralità rituale, ovvero per la consacrazione dello stesso Tempio.
Cos’è dunque il silenzio? Una semplice condizione ambientale che possiamo creare e mantenere? Oppure si tratta di una condizione surreale, simile a quella descritta da certi professionisti subacquei arrivati a descrivere stati d’animo sperimentati nel silenzio assoluto degli abissi? Quegli stati d’animo particolari definiti in successione con termini come timore, paura, sgomento, quiete, calma, distensione, contemplazione, riflessione e meditazione, per culminare in esaltazione, una condizione simile alla beatitudine se non addirittura alla felicità?
Un antico proverbio cita che “A forza di tenere aperta la bocca, si sono chiuse le orecchie”, un detto che nasconde una profonda verità.
La parola è il mezzo ordinario di comunicazione fra gli esseri umani, è il veicolo d’ogni affetto che sottintende la relazione analitica. Proprio perché esprime e provoca questi affetti la parola, certe parole, acquistano in particolari circostanze significati particolari. Un valido psicanalista, Nacht, ammonisce che “come la parola unisce accomunando gli uomini, per l’inconscio dell’individuo può diventare quanto separa più profondamente”.
Nell’analisi psicoanalitica si è constatato che il silenzio non implica assenza di comunicazione, in quanto può originare un tipo primordiale, preverbale di comunicazione. Perché un paziente sotto esame possa arrivare al silenzio, occorre che lo psichiatra lo anticipi in questa condizione, perché bisogna instaurare un rapporto funzionale tra i due, affinché si percepisca l’altro come parte, seppur separata, della propria personalità, addirittura della propria coscienza.
Ho voluto esporre questo accostamento perché credo che quanti si siano posti sulla “strada del ritorno”, abbiano necessariamente organizzato sedute psicoanalitiche per sé stessi. All’inizio si è avuta la sensazione di ignorare del tutto l’altro racchiuso in noi, la parte che imponeva comportamenti e ritmi che non ci erano congeniali, che ci ponevano in uno stato di disagio. Si crea dapprima il silenzio, che origina sensazioni particolari, paragonabili allo stato di sonno, di inerzia, simile forse allo stato di morte. Si è bersagliati ed oppressi dalla necessità di uscirne, per cui il pensiero corre presto al desiderio della rinascita. Ma rinascita implica aver prima subito la morte, o perlomeno la perdita della coscienza, ovvero il decesso psicologico. È proprio la psiche che rifiuta la morte.
Eppure l’intera natura è caratterizzata dalla rinascita, dal morire pressoché quotidiano, come quotidiano è il rinnovarsi delle cellule del corpo fisico. È però psicologicamente che occorre essere disposti al mutamento, sempre che non si voglia isterilire, vegetare, invecchiare anzitempo o vivere comatosamente. Il mutamento psicologico è molto più importante di quello fisico, tant’è che suicida è colui che si uccide perché non sa morire psicologicamente per poi ricostituirsi su basi rinnovate.
È nel crogiolo del silenzio del Terapeuta, nell’Atanor alchemico, che la parola dell’Io cosciente si scopre come fantasma, proiezione deformante della realtà. Qui si tratta di rendersi interamente disponibili ad accogliere aspetti profondi ed a fondersi con essi. Uno stato di silenzio veramente realizzato stabilisce comunicazione con l’oggetto del silenzio, attraverso il contatto con il proprio Io interiore realizzato a livelli profondi. Questo può essere prodotto e realizzato con tecniche particolari di rilassamento e concentrazione, che producono un primo tangibile vantaggio costituito dalla possibilità di vivere il sogno in stato di veglia, dall’immediatezza della sua produzione, senza particolari elaborazioni e distorsioni, in condizione di vigile concentrazione che consente la pronta comprensione anche dei suoi aspetti più arcani. Ognuno di noi sa certo quanto sia importante approfondire la comprensione della propria personalità. Se pensiamo che nel sogno si vivono aspetti racchiudenti il lato psicotico della personalità normale, si capirà meglio perché parlavo di vantaggio. Comunque questi aspetti, proprio perché sono considerati normali, vengono tenuti dissociati, per cui possono portare a vari stati di disagio. Invece il sogno vissuto in stato di veglia porta ad un’ampia integrazione di questi aspetti, con conseguenti benefici morali e fisiologici.
La comunicazione verbale presuppone la dualità soggetto oggetto. Il bimbo ha potuto apprendere l’uso del linguaggio solo riconoscendo il diverso da sé, entrando così in rapporto con il mondo esterno. Da quel momento si è trovato a sperimentare una molteplicità di desideri, che rappresentano l’inseguimento illusorio dell’oggetto unico identificato sotto apparenze diversificate, in quanto annulla la separazione preesistente. È evidente che la realtà esterna suscita un grande bisogno di possesso che il mondo della molteplicità può solo in parte rinnovare senza mai saziare. Ciò che l’uomo vuole si trova però al di là di queste molteplicità. Egli può trovare riposo solo dall’unione stretta con l’oggetto, tanto da implicare una vera fusione con esso. Così liberato dal bisogno di avere, grazie a quest’unione, trova finalmente la quiete rappacificandosi nella gioia di essere.
È un grande bisogno di unione funzionale, ovviamente diretto ad un ordine di conoscenza squisitamente spirituale, che caratterizza i grandi mistici, i grandi iniziati, i Maestri che conosciamo attraverso la storia e la Tradizione. Per cui l’evangelica necessità del ritorno alla condizione infantile per aver accesso al Regno dei Cieli, acquista l’evidente significato di “fare silenzio, non aver desideri, passando così dalla condizione d’avere a quella di essere”.
Realizzare il silenzio non è né facile né infantile, specie nel corso di questa nostra esistenza, satura di rumori di varia natura, esterna ed interiore. Mentre non è facile la soppressione di quelli esterni, risulta ancor più difficoltosa l’eliminazione degli interni, dovuti a sensazioni, sentimenti e pensieri. Un esempio forse banale ma significativo evidenziante questa difficoltà, è noto a quanti abbiano sperimentato con successo la concentrazione. Ci si accorge dapprima che il ronzio della mosca come lo scricchiolio d’un mobile siano percepiti come il rombo di un cannone. Al contrario piccoli ed insignificanti pensieri ed emozioni acquistano particolarmente grande importanza.
Per conseguire il vero silenzio, che nulla ha da spartire con il silenzio di chi tace perché ha la mente vuota o perché teme di sbagliare, occorre sforzarsi di praticare, di operare ogni giorno. Se parliamo non possiamo udire. Bisogna far tacere le nostre voci, spogliarci dei pregiudizi e trovare la capacità di ascoltare con mente e cuore assolutamente liberi.
Le tecniche di concentrazione sono innumerevoli, ma la più diffusa e certo quella Yoga. Infatti il termine sanscrito Yoga significa unione, non solo con il divino, ma integrazione con sé stessi, col proprio Io interiore, ovvero con la nostra componente spirituale e creativa. Lo Yoga distingue quattro diversi stati di coscienza:
1) Stato di veglia
2) Stato di sogno
3) Stato di sonno profondo
4) Stato Turiya, che è l’unione dei primi tre.
A parte le modalità e le difficoltà di realizzazione, risulta evidente che ad ogni stato di coscienza corrisponde un livello di silenzio. Quanto più si riesce a raggiungere livelli di coscienza profondi, tanto più creativa diventa la condizione di silenzio acquisita. La parola crea comunicazione mentre il silenzio crea comunione. Evidente la differenza.
Lo stato di meditazione può essere definito condizione psico fisiologica di attività passiva e di quiete creativa. Non si tratta di una definizione oscura o contraddittoria, trattandosi di una parte della mente che viene mantenuta sospesa, in attesa passiva del materiale che le perverrà da un’altra parte che, in apparenza, costituisce la componente attiva. Solo apparentemente però, poiché in realtà è proprio l’atteggiamento di attesa che si dimostra in certo qual modo attivo, stimolando l’emergere (passivo) ed il fluire del materiale associativo.
Il vero silenzio ha come base questa contraddizione di opposti, tipica dell’essere umano, perché il semplice rilassamento porta inevitabilmente al sonno. Il voler restare svegli ad ogni costo fa perdurare lo stato cosciente, non consentendo allo stato cosciente stesso di arrivare al silenzio. Il segreto sta nel saper oscillare continuamente tra uno stato di veglia ed uno di sonno, fino a trovare un equilibrio stabile tra le due opposte condizioni. Analizzando lo sviluppo umano, si nota che esso non è altro che un continuo progresso dal sonno. Da quello quasi continuato del neonato si va verso un progressivo risveglio della coscienza, alla crescita dell’Io corrisponde sempre una diminuzione della necessità di dormire.
L’iniziato è anche definito risvegliato, perché ha la capacità quasi mai sfruttata di restare sempre sveglio, anche nel sonno, anche se questa è una condizione essenzialmente diversa dal semplice essere sveglio. È un vero salto di qualità, un vivere contemporaneamente a due livelli diversi. Questa necessità di equilibrio fra due opposti è stata espressa nella Tradizione iniziatica con vari simboli. Uno dei più conosciuti è il Caduceo ermetico, rappresentazione grafica della teoria indù della Kundalini, l’energia sessuale che, destata con opportuni esercizi, risale lungo la colonna vertebrale lungo due opposti canali che si incrociano nei centri sottili, appunto come il caduceo.
Altro simbolo è costituito dall’Androgino ermetico, dal Rebis di Basilio Valentino, in cui natura maschile e femminile, positivo e negativo, materiale e spirituale, sono perfettamente bilanciati.
Vi è un ulteriore simbolo, forse ancor più semplice e noto. In questo gli opposti sono graficamente rappresentati da due segmenti che si incrociano, uno orizzontale esprimente la passività ed il materialismo (squadra) e l’altro verticale esprimente l’attività e la spiritualità (compasso). Si tratta del simbolo della croce, dai molteplici aspetti e significati, comunque ben noto a tutte le scuole iniziatiche.
La psiche può essere paragonata alla superficie dell’acqua di uno stagno. Quando non è agitata si ha uno stato di quiete e di silenzio interiore, il raggio della coscienza la può attraversare ed illuminare in profondità. Al formarsi di un’onda il movimento superficiale può formare un’immagine riflessa, che può diventare chiara e riconoscibile. Quanto più si riesce a raggiungere uno stato di silenzio interiore, tanto maggiore sarà la limpidezza e la possibilità di identificazione e di riconoscimento dell’Io, anche se ovviamente talune reazioni restano determinate da stimoli esterni.
Abituarsi a tollerare l’immobilità ed il silenzio costituisce un modo di liberarsi dall’impiego ripetitivo dei movimenti, del linguaggio e del pensiero, diventando così più genuini e liberi. Il senso di continuità della coscienza è tenacemente legata alla continuità del pensiero, per cui ci sentiamo costretti ad una continua agitazione mentale tale da garantirla. I pensieri affluiscono alla mente senza sosta, in modo disordinato, ed anche se ci sforziamo di ordinarli in modo logico, restiamo sempre schiavi del pensiero. In realtà noi non pensiamo ma siamo pensati. Per porre rimedio a questo stato di cose dobbiamo imporci di inserirci in questo vuoto. È allora che cominceremo a sperimentare il vero silenzio. Con ripetuti tentativi si riuscirà ad ampliare questo spazio e acquisiremo esperienze davvero interessanti. Talune condizioni di tipo mistico ed iniziatico sono ben diverse anche se simili, nella sostanza, ad analoghe manifestazioni psicotiche.
Realizzando di fatto la condizione di silenzio profondo, si può raggiungere uno stato di regressione controllata, che permette una fusione con la cosa contemplata, sia essa un oggetto, un pensiero od un simbolo. È un sistema completamente diverso da quello scientifico, conduce alla conoscenza e presuppone l’osservazione della cosa da parte di un soggetto totalmente distaccato, mai un fondersi tra i due. Un rapporto fusionale consente la penetrazione dentro l’oggetto, un guardarlo dall’interno. Per cui conoscere il fiore è essere il fiore, fiorire come il fiore, godere tanto del calore solare quanto dell’umidità della pioggia. Se ciò avviene, il fiore ci parla, ci rivela i suoi segreti, le sue gioie e le sue pene. Allo stesso modo si possono comprendere tutti i segreti dell’universo, che includono tutti i segreti dell’Io, quel mio Io che ho ricercato ed inseguito poiché ho scisso me stesso in una dualità, inseguitore ed inseguito, l’oggetto e la sua ombra..
La realizzazione di un simile stato di consapevolezza richiede il mantenimento di buona parte di sé stessi in condizione di immobilità spettatrice. Una singolare utopia sarebbe trasformata così in stato di forza dell’Io, tale da consentire di tacere senza dormire, consentendoci di trasformarci da normali individui separati in corpo ed anima, materia e spirito, in un tutt’uno con l’universo.
Non è cosa facile il conseguimento del silenzio sfruttandone i vantaggi, esattamente come è complesso il diventare veri Massoni. Le vie tracciate dai saggi che ci hanno preceduti nella via iniziatica, che hanno lasciato tracce per noi della loro Fede, non sono facili da percorrere. Non potrebbe essere altrimenti, in quanto diversamente non potremmo veramente acquisire merito alcuno per smaltire parte del fardello karmico di cui siamo gravati. Cosa ci distinguerebbe dal resto dell’umanità se così non fosse? Che significato potrebbe avere l’iniziazione?
Riflettiamo su questa differenziazione, su queste difficoltà, sulle enormi soddisfazioni che ci sono però riservate qualora vedessimo realizzati attraverso i nostri sforzi i nostri supremi ideali. Senza dubbio persone amiche, ed ancor più esseri che si amano, realizzando uno stato di silenzio possono raggiungere una comprensione reciproca, un’armonia, una condizione di piacere e di benessere ineguagliabile, incomprensibile da parte di chi non lo abbia mai potuto sperimentare. Appartenendo ad un ordine iniziatico prima o poi lo si sperimenta. In quel silenzio la distinzione tra me e te è annullata, ogni cosa diventa unica con noi stessi, come una voce interiore per cui la mia voce diventa la tua, e la tua è la mia voce: è la Comunione.
La Catena viene così realizzata come sublime esaltazione del silenzio. È la Catena d’Amore, l’unione che origina la Fede comune, da cui scaturisce la Forza dà volontà e perseveranza per conseguire le finalità che sono nostre dall’iniziazione. Una Forza che non svanisce allo scioglimento della Catena perché resta in noi, per aumentare le nostre energie che ci consentiranno di vivere in simbiosi con ideali e principi muratori il messaggio di vera Libertà, Uguaglianza e Fraternità. Le virtù fondamentali per la costituzione di un mondo migliore rappresentato dal Tempio dell’Umanità.
A .’.G.’.D.’.G.’.A.’.D.’.U.’.