EDIFICARE TEMPLI ALLA VIRTU’ …

Edificare templi alla virtù e scavare profonde e oscure prigioni al vizio di Athos
Le metafore non andrebbero prese come verità scolpite nella roccia, ma come rappresentazioni da scoprire; sollevando la veste che ne ri-vela (velare due volte) i significati nascosti. Questa penetrazione che può essere fatta con l’intuito (sensibilità mentale), oppure attraverso l’empatia (sensibilità del cuore). Ecco che sensibilizzare l’intelletto e il sentimento sono i primi strumenti che l’aspirante iniziato dovrebbe preoccuparsi di sviluppare. Al massone viene ripetuto di «edificare templi alla virtù e scavare profonde e oscure prigioni al vizio». Lo spirito di questa metafora è l’invito a “lavorare per il benefizio dell’umanità”, scavando profonde prigioni all’ignoranza, ch’è il massimo vizio dell’uomo, antagonista della luce. Lo si fa cominciando con l’illuminare prima la ragione e poi la coscienza con la luce dell’anima. Ma attraverso un processo attivo e trasmutativo (v. trasmutazione dei metalli) non comparabile al sentimento femminino della religione. Da «allievo», mi colpì l’insegnamento sulla cosiddetta tattica adversa. Che significa: non combattere la cattiva abitudine, ma preoccuparsi di sviluppare il suo antagonista. Partendo dal postulato che una mente “viziata” difficilmente può competere col vizio che ne controlla le emozioni. Quel vizio va ignorato, preoccupandosi di sviluppare l’aspetto opposto, perché ingrandendolo, sarà l’antagonista ad oscurarlo, imprigionandolo nelle profondità dell’inconscio (ecco la prigione). Ricordo che quando sentii l’insegnamento orientale «accresci il tuo campione interiore affinché sconfigga il demone che ti sottomette», pensai che di “campioni” forse ne avrei potuto sviluppare più d’uno: e l’esperienza mi dette ragione. I nostri campioni sono le facoltà latenti, che la Massoneria rappresenta sotto forma di attrezzi. Prima da Apprendista introdotto, poi da Compagno d’Arte ed infine da Maestro, ogni massone può trovare le filosofie sempre più raffinate collegate a quei simboli. Ma se le mancasse, quegli strumenti resterebbero i testimoni silenziosi del suo fallimento. Così, invece di un iniziato, rimarrà un praticante. Beninteso l’uomo non è condannato a convivere coi propri vizi, se sarà capace di erigere la propria mente e coscienza al di sopra di essi. La mente, una volta illuminata, diventa una reggia costruita sulla vetta della “montagna dell’Iniziazione” (v. Ars regia) che si erge sulle miserie del mondo. Quando si sentirà pronto, però, l’iniziato discenderà dalla vetta, per diventare una delle guide che indicano agli aspiranti i sentieri che portano alla vetta. 
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