di Adolfo Giancotti
Una delle sculture più comuni che sono emerse, e continuano ad emergere dalle ricerche archeologiche dell’antico Egitto, è quella che rappresenta Iside seduta, che tiene in grembo il figlioletto Horo. Al profano, tali statue, piccole o grandi, suggerirebbero immediatamente l’idea di una delle tante raffigurazioni cristiane della Madonna col Bambino Gesù, tanta è la somiglianza, sia nelle forme che nel concetto ispiratore. Molti studiosi dell’arte sostengono infatti che le immagini cristiane siano state ispirate, inizialmente, dalle raffigurazioni egizie, tanto più quando si ricordi il grande contributo che fu dato allo sviluppo del pensiero cristiano dei primi secoli, da Alessandria d’Egitto. La divinizzazione dei Faraoni indusse anche molti scultori egizi a rappresentarli assieme alle loro mogli col figlioletto in braccio, come ad esempio nella bellissima statua di Anknespepi, moglie di Pepis I, destinato a rimanere sul trono per il più lungo regno che la storia ricordi, ossia più di 90 anni. Bellissima pure la scena familiare che rappresenta il Faraone Akhenaten, famoso per il suo tentativo di riforma religiosa, assieme alla moglie, la non meno famosa Nefertiti, che fa giocare sulle ginocchia due delle sue figliolette.
Tutta questa introduzione per indicare subito che, per il massone, la cui filosofia si ispira alle grandi tradizioni culturali dei tempi antichissimi, la figura della mamma non potrà essere né quella che si motiva da un semplice legame naturale, né, tanto meno, quella dettata da una qualsiasi forma di mammismo di tipo mediterraneo e canzonettistico. Ovviamente non si nega che per il massone, come per ogni essere umano dotato da retti sentimenti, la figura della mamma sia, anche ed innanzi tutto, quella della genitrice alla quale si deve non soltanto la vita, ma tutte quelle cure che hanno accompagnato i primi passi dell’esistenza e che ad essa, siano collegate, in primissimo luogo, tutti quei sentimenti per cui la figura della mamma è quello che è per ogni figlio, degno di tale nome.
Ma c’è qualcosa di più per il massone.
Per lui la figura della madre diventa oltre ciò che la mamma è normalmente per gli altri: il ‘‘simbolo’’ vivente, si potrebbe dire il mistero incarnato, della comunicazione della vita. Come nel mistero della risurrezione di Hiram, che simboleggia, per il massone, il trionfo della vita sulla morte ad opera dell’amore dei Compagni che sono andati alla sua ricerca, così la figura della mamma che dona la vita è il simbolo di quella comunicazione vitale che ha agito in lui, manifestandosi nell’amore materno. Nella figura della madre il massone vede e venera, oltre che la donna cui deve di essere al mondo, anche il simbolo della propria nascita, dalle tenebre del mondo profano al mondo della luce iniziatica. Come la mamma Io ha messo al mondo, lo ha curato ed assistito fino alla maturità, così la Fratellanza iniziatica lo ha fatto nascere alla luce e, attraverso i vari Gradi della scala, lo ha condotto alla pienezza della vita massonica. Per il massone la mamma e dunque qualcosa di più di quanto essa sia per gli altri uomini, anche di quelli che si dimostrano i migliori figli. Essa è, oltre naturalmente tutto il resto, “un simbolo”.
Poiché la parola “simbolo” indica etimologicamente un segno che porta in sé una realtà nascosta difficilmente esprimibile in modo razionale” (come dice il dizionario) così, si può affermare che per il massone la figura della madre è, anche il “simbolo” del dono della vita e della luce. E, come dalla madre il massone ha avuto vita e luce nel mondo profano, così tale dono di vita e di luce diventano per lui, nella figura della madre, il simbolo, il “signum visibile” di quella realtà invisibile alla quale è stato iniziato. È bene insistere sul fatto che tutto ciò nulla toglie a che il massone nutra per la madre quei sentimenti naturali che tutti gli uomini retti hanno per la propria madre e che vanno, anche in lui, aumentando e spiritualizzandosi col passare degli anni, tanto per chi ha la fortuna di conservare una madre vivente quanto, e forse ancor più, per chi non può che coltivarne il ricordo.
Ma, il fatto che la figura della madre assurga per il massone a simbolo di realtà, di vita e di luce, aggiunge ai sentimenti naturali un elemento nuovo di particolare rilevanza spirituale, un elemento che si potrebbe chiamare di “venerazione ‘‘ per le realtà spirituali che il simbolo comporta.
E come il valore del simbolo non sta nella maggiore o minore perfezione artistica del suo disegno, nella perfezione od imperfezione con cui è tracciato, ma nel messaggio ineffabile che esso comunica, così per il massone la figura della mamma, anche quando egli ne riscontrasse difetti ed imperfezioni, rimane pur sempre meritevole del massimo affetto e della più riconoscente venerazione per quello che ella rappresenta, per il messaggio d’amore, di vita e di luce che essa trasmette, oltre ai valori puramente umani e naturali comuni a tutti gli uomini.
La “figura” della madre è per il massone qualcosa di più che una “figura”; essa è una “figura simbolo”, ossia convoglia come si è detto, un messaggio spirituale che si assomma, esaltandoli, ai sentimenti naturali.
(Hiram 1986 n°3)