SOLSTIZIO DI INVERNO
Per Solstizio
s’indicano i 2 movimenti dell’anno, nei quali il sole viene a trovarsi nella
declinazione massima (estate) e minima (in inverno).
Solstizio deriva dal latino “solis statio” poiché il sole pare arrestare il
proprio movimento di declinazione.
Nel Solstizio d’inverno i raggi solari sono perpendicolari al Tropico del
Capricorno.
La calotta polare artica si trova nell’ombra, mentre quella antartica è
completamente in luce. Nel nostro emisfero il giorno ha la minima durata. Il sole
è più basso e più debole, ma già da ora comincia a crescere giorno dopo giorno,
fino il giorno del massimo trionfo del solstizio d’estate.
In questo giorno tutto ci richiama alla morte. Il Capricorno corrisponde alla
x° fatica d’Ercole la discesa all’Ade. Tutti i grandi uomini hanno visitato il
regno dei morti da Ulisse a Dante. Anche il profano muore nel Gabinetto di
Riflessione, la sua tomba, per poter iniziare la sua trasmutazione e ricevere
la luce iniziatica.
Ma se il solstizio d’inverno corrisponde al regno dei morti, è anche la “porta
degli dei” dove si celebra la risalita al cielo, la rinascita.
Nel solstizio d’inverno si festeggia San Giovanni Evangelista che ritenuto
donatore di luce, rappresenta il perfetto iniziato.
In quanto donatore di luce, viene considerato patrono dei fabbricanti di
candele, dei teologi, degli gnostici, dei templari e dei rosa-croce.
Ma San Giovanni Evangelista è importante soprattutto perché ci ha lasciato col
prologo del suo vangelo, un meraviglioso monumento esoterico che noi usiamo
aprire prima di iniziare i nostri architettonici lavori.
Desidero dedicare questa festa solstiziale ad una fondamentale virtù: l’umiltà.
Perche?
Perché ritengo che nel solstizio d’inverno, il maestoso sole, cedendo alle
tenebre per soddisfare l’armonia della natura, pur nella consapevolezza che
risorgerà con rinnovato vigore, compie una grande prova di umiltà.
E’ quello che dobbiamo imparare un po’ tutti, c’è un tempo per ridere ed uno
per piangere, uno per stare ritti ed uno per piegarsi.
Dobbiamo avere sempre presente che siamo stati creati dal fango, che siamo
polvere e polvere torneremo.
Umiltà da humus vuol dire, schiacciare la superbia e sapersi piegare
docilmente.
Significa saper scendere dal piedistallo della boria e della presunzione dove
spesso saliamo per celare e/o giustificare le nostre incapacità.
Spesso, molto spesso, le nostre azioni non sono volte a bandire le scorie di
profanità, ma ricalcano, più o meno palesemente i vizi profani.
Spesso, molto spesso, riscontriamo fratelli che anche dopo tanti anni di
militanza massonica, non sono riusciti a scrollarsi di dosso la presunzione di
sentirsi “uomini di pregio” a tutti i costi. Questi fratelli non sono mai
divenuti uomini veri né tanto meno massoni.
Solamente quando siamo pronti ad ascoltare la voce degli altri, a far nostre le
esperienze di chi sta davanti a noi, a non perdere l’occasione di stare zitti,
saremo diventati umili, e solo in tale momento, cadranno le scorie profane
(boria, esibizionismo, presunzione, prevaricazione ed altro ancora) e saremo
pronti a relazionarci col mondo esterno, per dare ma anche per ricevere.
Solo allora finiremo di imporre e far tollerare agli altri le nostre
sciocchezze profuse come saggezze.
Solo allora la via della conoscenza, del progresso e della libertà sarà agevole
e giammai per rimanere ritti, passeremo dall’umiltà alla viltà.
TAVOLA SCOLPITADAL FR.·. R.M.