Tubalcain
SULLA STORIA E SIGNIFICATO
DI ALCUNI SIMBOLI MASSONICI
NEL QUADRO
DELLA SIMBOLOGIA UNIVERSALE
Si considera comunemente il 25 Giugno 1717 come la data di nascita della Massoneria Moderna, quando Anderson e Desaguliers ridiedero vigore a quattro vecchie Logge londinesi, formando una Gran Loggia che fu contestata per alcuni decenni dalle preesistenti Gran Logge inglesi, scozzesi ed irlandesi.
La Massoneria inglese, pur avendo nel tempo effettuato notevoli ricerche sulle origini dell’antica Massoneria operativa, tende a considerare comunque il 1717 come effettiva data di nascita della Massoneria, o perlomeno del loro specifico modo di considerare la Massoneria.
È uso comune definire la più antica Massoneria come “operativa” e quella più attuale come “speculativa”, considerando la prima come pura organizzazione di mestiere, la seconda come una sorta di evoluzione simbolica della prima, in cui non era più esercitata l’arte del costruire, se non quella della costruzione ideale della società.
Se la definizione della attuale Massoneria si può ritenere relativamente esatta, restringere quella dei nostri antenati ad esclusiva confraternita di mestiere è un errore da lungo tempo corretto sul piano storico come sul piano filosofico, ma che permane nell’opinione di molti fratelli.
La dimostrazione dell’esistenza della concezione speculativa nella Massoneria operativa è lo scopo di questa ricerca.
Prima della creazione della Gran Loggia di Londra la Massoneria aveva già fatto molta strada ed necessario dare alcuni cenni storici oggettivi, senza dimenticare i miti e le leggende collegate alla nascita ed all’esistenza del nostro Ordine, in quanto l’esistenza stessa di tali miti e leggende, al di là della loro veridicità, è un’importante traccia
dell’essenzialità della Massoneria, che, come tutte le istituzioni dell’intelletto umano, comporta connessioni e radici, nascoste o visibili, con tutta la storia dell’evoluzione umana. Organizzazioni di mestiere sono esistite fin dalla più remota antichità, e, in secoli in cui gli aspetti scientifici non erano ancora scissi da quelli mitico-religiosi, è ovvio teorizzare che tali organizzazioni avessero una componente speculativa che organizzava analogicamente l’arte specifica con i suoi aspetti metafisici corrispondenti.
Una vasta bibliografia, soprattutto nel campo antropologico, etnologico, mitologico etc., sviluppatasi in modo particolare dopo la pubblicazione del Ramo d’oro di Fraser, opera fondamentale nel campo etnologico, potrebbe darci le pietre miliari di questa ricerca, le cui basi sono stupefacentemente simili in ogni tempo ed in ogni luogo, senza peraltro dimenticare che uniformità non significa affatto unicità, e che gli attuali aspetti residui di questa organizzazione ontologica del cosmo, in relazione a quella della società umana, rappresentano piuttosto una degenerazione che una evoluzione.
Basti, nel limitato ambito di questa ricerca, citare le attribuzioni mitiche che si ritrovano, sin dalla più lontana antichità, all’arte del fabbro, che appariva misteriosa e soggetta a sospettoso timore per le società umane agli inizi dell’età del bronzo.
Vulcano, che appare miticamente zoppo, non è l’archetipo di questo mitologhema, ma piuttosto una sua tarda rappresentazione. Alcuni etnologi, alla fine del XIX° secolo, notarono come in alcune società primitive l’arte dei metalli era considerata così preziosa, da un punto di vista sociale, da render difficile ai suoi artefici l’allontanarsi dalla tribù attraverso la recisione di un tendine del tallone, e ciò produsse notevole attenzione fra gli antropologi ed i mitologi, per le interconnessioni analogiche con i miti dell’antichità.
Il fabbro era, per i suddetti motivi, intangibile, portatore di mana e soggetto a tabù, attivo e passivo, da parte del gruppo sociale, esclusa, naturalmente, la pratica della recisione rituale del tendine del piede sinistro. Tracce di questa stessa menomazione fisica rituale, indotta traumaticamente, la ritroviamo in molte saghe ed epiche antiche di diversissima origine geografica e storica (Giacobbe, Sigfrido, Achille, Giasone, le Roi pecheur dei miti graalici, lo stesso Vulcano citato, Teseo, etc..) così come lo zoppicamento rituale
danzante, (i sacerdoti dei Dattili del Monte Ida e dell’Egeo, i Cureti ed i Salii romani, i Coribanti, le danze ioniche e falische, etc.) che potrebbero essere anche origine del particolare “passo” massonico in grado di Apprendista.
Ai segni esteriori delle prove iniziatiche, (come, ad esempio, la circoncisione, il tatuaggio, la deformazione cranica, etc.) era connessa una valenza magica, un segno o marchio di potere. Questa componente di sovrannaturalità connessa al segno iniziatico di mestiere, di cui esamineremo più profondamente gli aspetti, fu trasmessa dall’arte del fabbro a quella del muratore, forse per l’ affinità “misterica” che agli occhi del volgo potevano avere queste due arti.
La più antica testimonianza di questo passaggio di simbologia la ritroviamo in un libretto di alchimia del XIV° secolo, appartenente all’ Archivio di Stato di Firenze e che fu collazionato, all’atto del suo ritrovamento, da Gino Testi ed Arturo Reghini. Questo libretto ha la caratteristica di riportare solo incisioni grafiche su lamine di piombo ed il suo maggior interesse, nel nostro ambito, consiste nel fatto che in una di queste iscrizioni ritroviamo Tubalcain, che nel mito biblico è il prototipo del fabbro, con in mano gli strumenti dell’arte muratoria, squadra e compasso.
Tubalcain fa parte anche del patrimonio mitologico della Massoneria inglese perlomeno dal XVII° secolo ed tuttora una parola di passo massonica. Questo passaggio analogico fra differenti contesti iniziatici connessi al mestiere ha forse origine da quello esistente fra la cosiddetta “solidificazione” delle varie tecniche costruttive ed i primitivi “tabù” rituali ad esso connessi.
Da un punto di vista cultuale è noto che nell’ambito religioso vi è tendenza alla conservazione di elementi cultuali arcaici. La primitiva arte edificativa era basata sull’impiego del legno, ma già le più antiche prescrizioni imponevano l’erezioni di altari solo con zolle di terra.
Le regole levitiche dell’ Antico Testamento permisero (Deuterenomio,XVII°,5-6) la costruzione in pietra solo in particolari casi, come l’erezione di altari, specificando però che le pietre “non dovevano esser toccate da ferro”. Quando Israele cessò il nomadismo, cessò anche l’ interdizione dell’uso dei metalli, escluso quella rituale, per cui il Tempio di Gerusalemme, che aveva necessità di pietre squadrate, fu precostruito con pietre tagliate altrove.
Comunque il Tempio aveva numerosi accessori in metallo fra cui il famoso “mare” di bronzo. Risulta evidente quindi il compromesso e la variazione cultuale attraverso i tempi, in cui al culto privato del “Pater familiae” espresso con semplicità di mezzi e con materiali transeunti si sostituisce il culto pubblico.
Avendo questo una nozione involuta dello spazio-tempo in termini di “eternità” e “statiticità” e non di “ciclicità” e quindi ” provvisorietà”, come nel mitico tempo tradizionale, solidifica gradualmente i mezzi tradizionali del costruire, dalla terra e dal legno alla pietra e da queste ai metalli.
L’ arte metallica di Tubalcain viene così attraverso i tempi ammessa a quella edificatoria ed il suo simbolismo a quello dei costruttori.
Sarebbe comunque interessante stabilire una comparazione torica fra due caratteristiche costanti della mentalità profana nei confronti dell’iniziazione di mestiere, che si ritramanda, con le stesse motivazioni profonde, attraverso i secoli .
La diffidenza, sia della massa sia delle sue organizzazioni cultuali, sociali, culturali e politiche nei confronti dell’Artista sembra quasi un archetipo, e si accompagna ad una incomprensione (quasi un odio) per il “segreto” che questi afferma e tramanda.
Fondamentalmente l’artigiano, cominciando dallo scheggiatore di selci dell’ età della pietra, ha carattere di “individualità” e “libertà” che gli provengano dalle sue particolari qualificazioni di abilità, dal non aver necessità di collaborazione sociale diretta nell’esercizio del suo lavoro, dalla caratteristica solitudine nel suo impiego; dal libero contrattare della sua propria opera che, dal punto di vista del gruppo dei cacciatori, ad esempio, o dei coltivatori, assume caratteri di sfruttamento dell’unico lavoro considerato tale, quello in comune; che, d’altro canto, è quello che forma e costruisce effettivamente la comunità.
L’asocialità e la diversità dell’Artista , (Tubalcain era figlio di Caino) era ancor più messa in evidenza dalla troppa familiarità con una materia considerata al tempo stesso “sacra” ed “esecrata”, psicologicamente portatrice di “mana” e quindi di “tabù” sociale e cultuale. E’ stato notato dai paleontologi come la mancanza di affumicazione nelle caverne preistoriche dotate di affreschi ne possa comprovare l’uso rituale e non
domestico da parte dei contemporanei e, nel contempo, come l’attività cultuale e rituale abbia sempre avuto un aspetto interiore e nascosto, nelle caverne, nelle cripte, nelle radune solitarie nei boschi, di fronte a quella pubblico ed esteriore..
L’ esecrazione della pietra e dei metalli nella religione primitiva ne prova ancor più la separazione originaria fra la sua cultura di fronte a quella cosiddetta “magica”. Lo scavare degli artigiani fra le vene minerali, per rintracciare selci adatte, e più tardi metalli, ne connotava il carattere infero e ctonico, quasi una domestichezza con il mondo delle ombre e del “fuoco segreto” e nel contempo quello di detentori dei “tesori” del mondo sotterraneo, di cui sono i temuti custodi.
Tutte le leggende affermano la pericolosità connessa ai tesori nascosti e alle influenze sottili dei loro guardiani (che sono entità psichiche da cui guardarsi) senza le necessarie qualificazioni.
In termini più attuali, la diffidenza nei confronti dell’iniziazione artigiana è di per se un archetipo psicologico di ogni tempo e paese, sfruttato in Occidente sia dalla religione cattolica, contraria al contesto iniziatico per logici motivi di concorrenza metafisica e cultuale, sia, per diversi motivi, dalle sette protestanti.
La notevole diffusione della Massoneria nei paesi anglosassoni riformati non deve trarci in inganno, in quanto l’Ordine ha dovuto per questo pagare lo scotto di un appoggio totale alla casta politica dominante, assumendo deteriori caratteri conservatori che sono la parodia e nel contempo l’esatto contrario della mentalità tradizionale.
Più o meno gli stessi motivi stanno alla base per l’odio per il “segreto” che caratterizza qualsiasi organismo sociale di massa. Innanzitutto è necessario distinguere che vi è una netta differenza fra i termini “segreto” e “Mistero”.
Il “Mistero” è stato accettato socialmente e politicamente sin dall’età classica, in quanto ad un certo punto della storia è stato cooptato dalla casta dominante e gestito attraverso l’ intermediazione della casta ecclesiastica . L’apertura dei Misteri Eleusini a tutti gli uomini liberi (ne erano esclusi solo gli schiavi e le donne) fu un avvenimento determinante nella storia dell’ umanità, secondo solo a quello della religione cristiana, che apriva definitivamente a tutti l’accesso ai Misteri.
Questa democratizzazione del piano metafisico, apparentemente liberatoria, rappresenta in realtà una vera involuzione del principio misterico. In origine il Mistero, come reintegratore nell’uomo delle qualità divine o comunque superumane, era aperto a TUTTI coloro che avessero delle qualificazioni individuali atti a riceverlo, indipendentemente dalle condizioni sociali in cui si trovassero. L’attuazione tradizionale era quindi effettiva ed operante in quanto vi era affinità fra iniziatori ed iniziati.
L’apertura politica dei Misteri Eleusini rendeva questa attuazione solo virtuale in quanto non richiedeva più delle qualificazioni individuali, ma una sorta di fideismo collettivo, selezionato fra l’altro da una condizione sociale o biologica, determinata dai pregiudizi politici dominanti. Con l’avvento del Cristianesimo si introduce un’altra illusoria apertura collettivistica. Chiunque, per solo mezzo della fede in una verità rivelata, poteva accedere ai Misteri. Questi non sono più, però, un superamento ed un’illuminazione indotti da un’ascesi e da un intelletto qualificato alla loro gnosi, ma una inaccessibile incomprensibilità da accettare attraverso un’umiltà indotta più dalla realtà dei fatti che da un’atteggiamento interiore.
D’altro canto, è inconfutabile che una nozione posta alla “portata di tutti” non possa che essere una volgarizzazione portata al livello dell’ intelligenza minima. L’inganno progressista “dell’innalzamento del livello medio di cultura” ha prodotto danni incalcolabili, producendo strumenti utili non alla comunità in senso generale, ma alla casta dominante, massificando e quindi annullando le qualità e qualificazioni individuali. Ciò ha prodotto la scomparsa di civilissime espressioni di cultura, come quella contadina ad esempio, che di ogni umilissimo oggetto della natura e con strumenti semplicissimi aveva il genio di produrre manufatti di nessun costo sociale e soprattutto individuale.
I Misteri, nei mutati tempi, hanno potuto esser inglobati nella visione collettivistica della società perché l’iniziazione sacerdotale, che da privata era divenuta collettiva, divenne affine ed alleata, quindi, del potere temporale. Il “Segreto” altresì, essendo espressione specificatamente e squisitamente individuale, e per sua natura inesprimibile ed ineffabile, ha potuto mantenere integra la sua valenza metafisica.
Dobbiamo qui notare come l’ iniziazione cavalleresca, pur libera ed “errante” nei suoi voti sacrificali, abbia dovuto soccombere alla sua successiva sottomissione al potere civile ed ecclesiastico, la cui unione
è sempre stata nefasta sia in termini sociali che in termini metafisici. La primitiva iniziazione sacerdotale è decaduta in un concetto sacramentale derivante da grazia e fede, e non da ciò che rende specifica l’ iniziazione stessa, cioé a qualificazione personale e l’acquisizione per ascesi e gnosi, (o conoscenza) assieme.
Fra le iniziazioni artigianali, quella massonica è l’unica che sia rimasta sul piano storico.
.Questa permanenza è certamente dovuta alla sua essenziale “franchigia”, alla sua concezione che dopo il Grande Architetto dell’Universo l’uomo è il solo signore di se stesso e nessuno può ledere la sua individuale libertà e dignità.
Ma per ottenere questa liberazione l’uomo ha necessità di un “Segreto” che è sempre stato l’oggetto di una inutile quanto livida e meschina investigazione da parte di ogni tipo di organizzazione sociale, che nella sua progressiva ed insaziabile fame di un potere sempre più assoluto non comprende e non consente spazi non controllabili e sfruttabili.
Anche nella sua versione più materiale e banale di riservatezza ed intimità questo “Segreto” viene sempre più oppresso e negato. Caratteristico questo della nostra attuale società, che impone sempre di più il “fare insieme” contro la volontà , considerata eccentrica e asociale, di chi sta e vuole stare da solo; o quantomeno vuole scegliersi le sue limitate amicizie secondo criteri personali ed individuali e non secondo la casualità collettivistica.
L’odio per il “Segreto” diviene così, da necessario strumento del potere, mentalità collettiva di massa che deride e nega ciò che non può capire. Tuttavia, essendo la natura stessa di questo “Segreto” intangibile, l’organismo élitario (se così oggi si può dire) che da esso deriva, permane, nonostante la pesante opposizione dei tempi e degli uomini.
Questa breve digressione nelle ere più antiche era necessaria per far notare come il mito rappresenti comunque una realtà, storica o simbolica che sia, la cui evoluzione ne rende a volte incomprensibile, in termini attuali, l’origine.
Così è per la mitica tradizione massonica delle sue antichissime origini e connessioni, la cui “improbabilità” necessita comunque di un approfondimento storico ancora non effettuato. Possiamo comunque intravedere, con oggettività scientifica, le origini più recenti della Massoneria nel Medioevo, in cui fra le corporazioni di mestiere più estese ed importanti vi era quella dei costruttori. La più famosa di queste organizzazioni, e la prima di cui si abbia una storiografia precisa, fu quella dei Maestri Comacini, sulle cui costruzioni vediamo la stessa simbologia degli attuali Templi massonici, e, in essa, una valenza metafisica certamente più sentita ed amata di quella dei nostri tempi. Lo studio e la meditazione su tali valenze, sempre vive ed attuali, può donare al Massone il sentimento vivo dell’unione, attraverso i secoli, con chi prima di noi ha operato e pensato, per la propria realizzazione interiore e conseguentemente per quella di tutta l’umanità.
Per far parte di tali compagnie, costituite in “Ordini” era necessario possedere specifici requisiti, fisici e morali, e sottoscrivere a precisi impegni giuridico-finanziari, come a tassativi obblighi disciplinari. Molte di tali compagnie di capimastri ed operai erano dirette, dal IX° al XIII° secolo da architetti provenienti da Ordini religiosi, per lo più benedettini, cluniacensi e cistercensi, e che erano perciò “Maestri” in quanto possessori dell’Arte, e “Venerabili” per la loro veste sacerdotale.
In tale periodo l’improvvisa fioritura dello stile gotico, travolse ogni precedente concezione architettonica di tipo romanico. Ciò comportò una stupefacente necessità di calcolo geometrico-matematico di cui, comunque, non è rimasto traccia nei testi dell’epoca e che è ancor oggi un’ irrisolto problema storico e tecnico.
Tali conoscenze, trasmesse oralmente ed esotericamente, erano indispensabili per il nuovo impulso costruttivo della società civile e religiosa. La necessaria concentrazione di uomini, mezzi, conoscenze per le grandi costruzioni fecero dell’Arte edificatoria una potente organizzazione internazionale e le comportarono franchige e privilegi, tanto che i suoi artefici furono chiamati “Franchi o “Liberi” muratori, con dei diritti inconsueti di relativa indipendenza dalle caste dominanti.
Verso la fine del XIII° secolo i laici si erano ormai resi tecnicamente indipendenti dagli architetti religiosi, e questo comportò un’ulteriore affrancamento di fatto, anche se l’ortodossia religiosa e l’obbedienza
alle leggi dello stato rappresentavano (e rappresentano tutt’oggi) alcuni fra gli obblighi fondamentali per un Libero Muratore. Una sopravvivenza attuale della dipendenza dalle gerarchie ecclesiastiche si perpetua ancora nella Massoneria inglese, in cui l’Oratore (o Jachin) è sempre un pastore, anglicano o comunque riformato..
L’affrancamento parziale dell’Ordine fu forse l’origine diretta della “tegolatura”, che permetteva di controllare i membri di ogni paese e provenienza, sia per la salvaguardia dei segreti di mestiere che per quella politica delle stesse franchige ottenute.
Il “Segreto” massonico, era dunque articolato su vari livelli. Il primo, di motivazione eminentemente pragmatistica, consisteva nella trasmissione graduale, élitaria, ed orale (già quindi, nella metodica, eminentemente esoterica) dei segreti dell’Arte operativa. Il secondo, di motivazione corporativa, consisteva nella trasmissione di segni e parole di “passo” che permettessero di poter riconoscere un membro dell’Ordine ed il suo grado immediatamente, quantunque per il resto fosse molto spesso uno straniero sconosciuto.
Il terzo, di carattere squisitamente iniziatico, consisteva nell’analogia dell’atto fisico del costruire con quello metafisico, compartecipando così alla cosmogonia o creazione e costruzione dell’ universo secondo i piani divini del Grande Architetto dell’Universo. La cosciente operatività contemporanea del lavoro su questi tre diversi livelli o piani dell’essere costituiva la Maestria Massonica, il cui raggiungimento “operativo” sul piano fisico della costruzione non era comunque segno di raggiungimento “speculativo” sui piani superiori.
Comunque, nonostante i livelli diversi di comprensione che ognuno può raggiungere secondo i suoi “talenti” personali, il segreto massonico, che veniva gradualmente svelato dai Maestri agli Operai, gli accumunava fraternamente tutti, facendoli compagni nei comuni lavori.
L’ammissione dell’ Apprendista nella compagnia o “Loggia” costituiva una cerimonia solenne ed una vera iniziazione, secondo canoni oggi scientificamente determinati. L’Apprendista giurava sulla Bibbia di non rivelare i segreti dell’Arte ad alcuno che non appartenesse ai Liberi Muratori, l’obbedienza ed il rispetto ai suoi superiori, il rispetto delle leggi e delle finalità etiche dell’associazione. Segni, toccamenti, parole di passo, colloqui tegolatori si sono mantenuti pressoché integralmente, e venivano insegnati e rammentati in particolari riunioni, perlomeno mensili.
Il luogo di tali riunioni era una baracca appoggiata al corpo di fabbrica, quando questa già esistesse, e che veniva denominata “Loggia”. Nella assoluta mancanza del corpo di fabbrica, le riunioni venivano tenute all’aperto, ed il luogo della riunione veniva marcato da una corta tesa, che delimitava un’area rettangolare, con un’apertura ad occidente. Ai due lati sedevano i Sorveglianti, che lasciavano passare gli Operai solo dopo la “tegolatura” . Essendo le tornate tenute dopo la fine nei lavori, circa due ore prima del tramonto del Sole ( Vespero ) il M.V. sedeva ad Oriente, per poter osservare in piena luce le “Colonne” dei Compagni e degli Apprendisti. Questa primitiva e semplice tornata massonica potrebbe contrastare con l’attuale senso della riservatezza che si attribuisce tradizionalmente alla Massoneria. E’ da notare, fra l’altro, che il termine “Loggia” come elemento architettonico ha sempre significato di spazio coperto verticalmente solo da un lato o, al massimo, da tre.
Le Logge antiche rimasteci hanno questa precisa caratteristica. La Loggia dei Maestri Comacini a Gubbio, ad esempio, la Loggia Rucellai e quella dei Lanzi a Firenze, e tante altre testimonianze di questo importante “spazio” della storia dell’uomo.
Per comprendere lo iato originario fra riservatezza e spazio aperto è necessario portarsi idealmente nelle condizioni sociali e politiche del Medioevo.
Il “Capitolo” chiuso come riunione riservata era concesso solo al potere politico ed a quello ecclesiastico. Ne alle confraternite laiche, ne tantomeno ai privati era permesse riunioni private. La “Loggia” nella storia civile era centro di convegno privato, ma comunque sempre esposto al pubblico, e soprattutto all’occhio del potere.
Nei primitivi rituali la cerimonia consisteva soltanto nel giuramento sulla Bibbia e sulla trasmissione “da bocca ad orecchio”, (bisbigliata) delle parole di passo. Gli insegnamenti operativi venivano impartiti sul cantiere e solo l’insegnamento esoterico più riservato veniva trasmesso, in segreto, nella cosiddetta “Camera di Mezzo”, chiusa da ogni lato.
Il simbolismo attribuito nei secoli seguenti a questa dizione ha un notevole valore iniziatico, anche per gli innumeri riferimenti ad analoghe simbologie in ogni tempo e luogo, (nel più importante testo gnostico valentiniano del III° secolo, la “Pistis Sophia”, viene nominato il “Luogo” o “Camera” di Mezzo).
La “Camera di Mezzo”, come loghema ormai universale, nasce nell’ambito massonico per il fatto che nel corpo di fabbrica, per lo più grande opera civile o religiosa, non vi erano spazi chiusi, se non la rimessa degli attrezzi tecnici comuni, di grande valore per quei tempi, e che per motivi di maggior sicurezza veniva situata all’interno delle costruzioni, costituendone l’unico spazio veramente privato e chiuso.
D’altro canto anche le valenze metafisiche più specifiche o esoteriche non esulavano, ne lo avrebbero potuto, dall’ortodossia civile o religiosa dei loro tempi, in quanto non era ancora completamente avvenuta la dicotomia occidentale fra “exoterismo”ed “esoterismo”. Anche il simbolismo espresso dalle raffigurazioni interne od esterne delle cattedrali veniva rigidamente imposto e controllato dagli ecclesiastici, e lasciava solo spazi marginali alla fantasia dei costruttori.
Importanti ricerche di autori specializzati, fra cui possiamo indicare Schneider e Charbonnau-Lassay, hanno stabilito che l’arte del simbolismo religioso era di assoluta pertinenza degli ecclesiastici e che la fantasia dei Liberi Muratori doveva limitarsi alle “marche” sulle pietre da costruzione od ai ritratti degli operai che si notano spesso all’esterno delle grandi cattedrali.
I simboli di pertinenza specifica dei Maestri dell’Arte erano perlopiù gli strumenti del mestiere, squadra e compasso, archipenzolo, livella e cazzuola per gli architetti e gli edificatori; maglietto, scalpello e squadra per i tagliatori di pietra, ascia per i carpentieri, utensile simbolico usato in quanto una buona parte delle costruzioni civili era ancora in legno, e, d’altro canto, anche le grandi edificazioni avevano necessità di strutture di sostegno e sovrastrutture lignee.
Anche nel tardo medioevo e nel XVI° e XVII° secolo sopravviveva il simbolo dell’ascia, come, ad esempio, negli stemmi dei Massoni di varie città inglesi, e nell’Arte fiorentina (XIII° sec.) dei Maestri di Pietra e di Legname. Attualmente il simbolo dell’ascia in Massoneria permane solo nel Quadro di Loggia in grado di Compagno, in cui la pietra cubica cuspidata o piramidale è sormontata dall’ascia piantata alla sommità, e nel grado Scozzese di Ascia Reale del Libano.
Inoltre, la secolare frequentazione fra laici e religiosi nel contesto massonico avrà certamente influito sullo sviluppo del pensiero simbolico, determinando ulteriormente l’importanza della semiologia nella formazione e nello sviluppo dell’intelletto e nella ricerca degli aspetti fisici e metafisici dell’ universo. Attualmente la chiesa cattolica, fin dal 1965, ha dichiarato di aver abbandonato la simbologia nella decorazione delle chiese, con la stupefacente motivazione “di aver perduto le chiavi del simbolismo”.
Se non vi fosse, da parte della chiesa romana, un’evidente prevenzione nei confronti della Massoneria, forse questa potrebbe rifornirgli quelle chiavi ormai perdute, perché le ha più gelosamente custodite e conservate fino ad oggi.
L’attuale patrimonio simbolico della Massoneria, che avendo conservato integralmente quello delle sue origini storiche, ed avendo poi assorbito quello di svariatissime tradizioni esoteriche nel XV°, XVI°, XVII° secolo, studiandone e commentandone l’essenza negli ultimi due secoli, è di una complessità e di una vastità che non ha uguali. Si potrebbe affermare, con giusta motivazione, che la Massoneria sia l’unica organizzazione contemporanea che sia tramite, ed in realtà unisca, le età più antiche con quella attuale e con quella futura, in quanto ha conservato in se una gnosi che fu rifiutata e distrutta dal positivismo e dal materialismo del XIX° secolo. Nel contempo è l’unica che abbia nel contempo, quei termini di ragione laica e tolleranza civile e religiosa trasmessele dal secolo dei lumi.
Questi saranno i germi ideali di una organizzazione sociale futura, non compromessa intimamente, per sua natura e vocazione, da ideologie politico-sociali al loro tramonto e che, basandosi sull’evoluzione etica e spirituale dell’uomo come indispensabile propedeutica a quella sociale, abbia quindi un futuro e lungo cammino da percorrere assieme all’umanità.
Nell’attuale Massoneria permangono purtroppo sorpassati atteggiamenti ottocenteschi di rifiuto dell’esoterismo e del simbolismo, perché visti da un’angolatura di sospettoso antimisticismo tipica dell’anticlericalismo alla Podrecca e retaggio di tempi passati. Ancor peggio, da una visione cosiddetta “operativa”, (ma in realtà banalmente affaristica) che ha i suoi reali motivi di opposizione verso chi persegue l’etica esoterica ed iniziatica della Massoneria e che non potrà, conseguentemente e coerentemente, che denunciare e combattere certe degenerazioni dell’Ordine.
Un’altra falsa credenza, a volte accreditata nell’ambito massonico, è quella della valenza conservatrice o anche reazionaria dell’esoterismo. Per quanto non si possa provare con pieno rigore la partecipazione massonica alla Rivoluzione francese, si può comunque affermare che i personaggi principali di tale grandissimo momento evolutivo della storia umana hanno tratto proprio dalla loro formazione esoterica le motivazioni fondamentali dell’idea che si trasforma in atto, del piano ideale che diventa azione e storia, del mito e dell’utopia che diventano realtà.
I limiti di questa ricerca non permettono purtroppo l’analisi approfondita di quanto sopra espresso, ma si può forse enunciare il paradigma (di fronte alle accuse di “rivoluzione” o “conservazione” che ci provengono da vari ed opposti punti di vista) che la Massoneria, essendo nella sua essenzialità un importante fattore di evoluzione umana globale, è nel contempo rivoluzionaria e conservatrice.
Rivoluzionaria quando la società necessita di un fattore evolutivo traumatico, conservatrice quando le conseguenze di questo trauma danneggiano l’equilibrio evolutivo e producano nuova oppressione.
Il trinomio che rappresenta al mondo profano la Massoneria è quello espresso da Libertà – Uguaglianza – Fratellanza ed il suo apparire sul piano storico è la vera data di nascita della attuale Massoneria.
La Massoneria inglese constesta il trinomio inscritto nel Tempio, affermando, forse con ragione, che non è un simbolo; ma è comunque la voce oracolare che dai simboli ci perviene, dogma massonico né rivelato né imposto, ma scaturito dal pensiero, dal sacrificio e dalla sofferenza secolare dei popoli, il necessario tramite attuale all’arcaicità dei simboli che ci circondano.
L’analisi e lo studio del simbolismo, essenzialità della Massoneria ed obbligo costituzionale per il Massone, non presenta in se particolari difficoltà, anche per l’enorme bibliografia esistente.
La difficoltà reale di tali fini consiste nella realizzazione di una mentalità tradizionale, che si basa su presupposti più olistici i e meno specializzati di quella odierna. Nei suoi rituali d’iniziazione, la Massoneria offre più volte al candidato la possibilità di ritirarsi, la libera scelta di morire al mondo profano e di rinascere in un’ istituzione che ha le sue leggi, le sue finalità, oppure di rinunciare ad essa.
Il Maestro Venerabile, ponendo la spada sulla testa e sulle spalle del candidato, e battendovi sopra con il maglietto i colpi rituali, afferma simbolicamente il ternario e risveglia virtualmente le facoltà dormienti del neofita. Gli dona inoltre ogni potenzialità di integrazione della sua razionalità attuale all intelletto tradizionale, per la realizzazione di una sua più completa e vera umanità.
Quando un profano chiede la Luce Massonica, qualunque siano le sue personali opinioni e conoscenze, ammette di essere al buio della profanità,affermando sapere niente della Luce della Libera Muratoria.
Da ciò si dovrebbe trarre delle logiche conseguenze, fra le quali quella di usare la virile coerenza di tentare di capire, attraverso quella simbolica luce , ciò che si è accettato nel buio.
I fari accecanti dell’illusione di un progresso ed un’evoluzione continua, insita fatalmente nella storia e non nell’uomo, impediscono, a volte, di scorgere l’esile luce del lume eterno dei Rosacroce, che non si spegne ai venti incostanti del contingente, poiché si pone al di sopra della cronaca e della storia. Questa lampada ha illuminato ere oscure, ma forse non più oscure della nostra, che ha estrema necessità di un pensiero diverso, e più rivolto verso l’essenza umana che verso la creazione velleitaria di una società materializzata e disumanizzante.
Il simbolismo e l’esoterismo della nostra istituzione non sono fini a se stessi, vuote esercitazioni per eruditi ed eccentrici, ma fonti e strumenti vivificanti dell’insegnamento massonico.
Quando si varca per la prima volta la soglia del Tempio, pur esser giusto domandarsi se il pensiero esoterico sia uno strumento per pesare i sugheri, friggere gli elzeviri o alzare le gonne agli angeli, se l’apparato scenico della Loggia non sia il residuo di un teatrino barocco, o la solita calce di menzogna con cui si cerca di imbiancare certi eterni sepolcri.
Se un Massone non ricerca la comprensione e l’uso dei simboli di cui si circonda e di cui si veste, si rende simile un piatto ed ottuso conformista, o ad un colorato pagliaccio in pista, molto meno dignitoso delle stregone di un villaggio africano, che usa con convinzione ed utilità sociale le zampe e le penne di gallina che la sua cultura rituale gli ha trasmesso.
La prima domanda dell’Apprendista ai suoi Maestri deve vertere, al di là ed al di sopra della sua cultura profana, sull’essenza del simbolismo e dei suoi scopi, essendo in questo la specificità dell’organismo al quale appartiene per sempre e il carattere stesso della Massoneria. La risposta, certamente non facile, può anche comportare il riferimento a piani culturali più conosciuti ed accettati, la semiologia, ad esempio, come segnacolo ontologico universale, l’analisi del profondo e dei suoi archetipi, la sociologia e la storia delle religioni, la mitologia, la teologia, tutte le cognizioni, insomma, del comportamento sociale ed individuale dell’umanità.
In ciò vi è una parte della verità che, sia pur irraggiungibile ed inafferrabile, è comunque intuibile e rappresenta la più importante meta interiore dell’ uomo e soprattutto del Massone.
Ma la risposta globale, quella che non può essere indotta dalla cultura, o dal pensiero filosofico o scientifico, è di esclusiva pertinenza soggettiva, anche se i suoi risultati non possano poi che essere oggettivi sui vari livelli a cui la personale qualificazione può portare.
La Massoneria, che vive nel presente perché formata da uomini che non possono che vivere nel presente, conserva e tramanda il suo simbolismo e le sue tradizioni iniziatiche come un tesoro di cui forse non conosce più il valore, in un forziere di cui forse non ha più la chiave, ma che consegnerà integro ad un futuro che forse potrà meglio usufruirne.
Qualcuno ha detto che il simbolismo, come forma di pensiero, è simile a quella che ha prodotto ed apprezzato l’arte. In effetti, si può descrivere minutamente un capolavoro, criticarne lo stile e la tecnica in rapporto ai suoi tempi e secondo la visione estetica dei nostri, misurarne le dimensioni ed i volumi, analizzarne la composizione chimica dei colori etc.
Ma, come in un simbolo, è indescrivibile in un’opera d’arte quel rapporto fra ideatore, idea espressa e spettatore, di cui la forma estetica è soltanto un mezzo e che rimane affidato alla sensibilità , alla vibrazione, all’affinità sottile fra i vari agenti
. Così non si potrà mai razionalizzare e chiarificare, se non con un pensiero e una mentalità tradizionali, quell’identificazione assoluta fra uomo e simbolo visivo, gestuale, verbale, che è una delle tecniche iniziatiche fondamentali dell’esoterismo Massonico.
Questa tecnica, antichissima e futuribile assioma, può portare a quella gnosi in se sufficiente all’analisi fisica e metafisica dell’ universo, all’unificazione con quel Tutto e quell’Uno che è lo scopo ultimo di tutti coloro che perseguono il cammino dell’iniziazione e la sola e vera evoluzione effettiva ogni società.
TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. VITTORIO VANNI