Il Pavimento a Scacchi
come immagine del Labirinto
UNA IPOTESI DI LAVORO
Valle del Simeto – anno V_L_ 6005
“Egli sa [ Dio onnipotente, n.d.r.] che non ho scritto le mie osservazioni né
per amore di una lode umana, né per il desiderio di una ricompensa
gelosia, che non ho passato sotto silenzio nessuna cosa, riservandola per me
solo, ma per accrescere l’onore e la gloria del Suo Nome ho voluto venire
incontro alle necessità e aiutare il progresso di un gran numero di uomini”
Nihil sub sole novi!
In questi pensieri, dunque, non vi può essere nulla di nuovo… Essi sono un
rosario di cose eterne.
Se in questo rosario si trovano rose non mie, non sono state rubate, sono
venute da sé e qui riportate per forza analogica e non volutamente. Non ho
avuto nessuna preoccupazione per i pensieri già detti da altri, e ciò perché
non esiste in questi scritti alcuna vanità individuale”.
I costruttori medievali con le loro opere grandiose – le Cattedrali –
hanno dato prova di conoscenze che vanno ben oltre il periodo storico a
cui appartennero.
E’ evidente che questo sapere non era appannaggio di tutti membri
delle Fratrie, bensì di pochi, i quali frammentavano tali conoscenze
impartendole a diversi soggetti: i capomastri. Infatti nei cantieri
esistevano diverse specializzazioni: dai lapicidi agli scalpellini, dai
falegnami ai carpentieri, dai muratori veri e propri ai vetrai, etc.
Le conoscenza che questi ‘pochi’ – che per comodità d’ora innanzi
chiameremo Maestri Architetti1 – detenevano, non era solo di carattere
tecnico, materiale, ma solidamente spirituale.
Noi crediamo che questa sapientia sia stata tramandata, scritta –
consapevolmente – nelle sacre Cattedrali, veri e propri libri di pietra
immensi3, da loro realizzate.
E forse la massoneria4 moderna – pur inconsapevolmente – la
conserva ancora tra le pieghe della sua simbologia e dei suoi rituali.
“[…]è stato Agostino a tener viva la definizione classica di architetto. La distinzione
da lui operata tra semplice artigiano e architetto vero e proprio, il quale applica con
consapevolezza principi scientifici, ricorre in almeno tre suoi diversi trattati, studiati e
ammirati per tutto il medioevo. Se questa definizione permetteva l’applicazione
medievale del termine ‘architetto’ anche al semplice artigiano, non c’è dubbio che solo
lo ‘scienziato’ che padroneggiava le arti liberali aveva davvero diritto al titolo”. O. VON
SIMSON, La cattedrale gotica. Il concetto medievale di ordine, Bologna 1988, p. 43.
Che per il suo carattere di segretezza chiameremo esoterico.
Immensi sia dal punto di vista architettonico che per gli insegnamenti simbolici.
Nonostante lo svilimento modernista operato da varie ‘primavere’.
“… i contadini dello spirito da sempre
seminano dogmi, ma ogni qualvolta la
terra si inaridisce sempre di nuovo
l’aratro del dubbio porterà fertilità e
ricchezza alla terra della conoscenza”.
E. FRANZ, Noumenologia
“In una società profana, le lettere del libro sacro sono
talmente disperse che il libro diventa inintelligibile. Invece nella
cattedrale tutto è ordinato per consentirci di vedere, leggere,
comprendere. In questo mondo armonioso, ogni cosa si trova al
proprio posto, ogni stato dell’essere è collocato in base al giusto
valore sulla scala che conduce dalla terra al cielo. La lettera nuova,
la pietra inedita, è il pellegrino che entra nel santuario con il
desiderio di conoscenza. A sua volta, egli penetra nel cuore del
Libro, lo completa con la propria coscienza”.
La visione di una Cattedrale gotica6 lascia lo spettatore senza fiato,
e non tanto per la sua maestosità quanto per il suo verticalismo7: uno
slancio, forse una fuga, dalla terra verso il cielo.
Al suo interno notiamo vere e proprie pareti di vetro, colorate con
una maestria ancor oggi difficilmente raggiunta; si rimane come
ammaliati dalla intensità della luce: intensità intesa non come quantità
bensì come qualità.
“[le vetrate, ndr] sia strutturalmente che esteticamente esse
non sono delle aperture praticate nelle pareti per consentire alla
luce di entrare, ma pareti trasparenti. Se il verticalismo gotico
sembra ribaltare il movimento di gravità, la finestra a vetrate
colorate, dal canto suo, per analogo paradosso estetico, nega in
apparenza la impenetrabilità della materia, traendo la sua esistenza
visiva da un’energia che la trascende. La luce, che di solito è
nascosta dalla materia, appare come suo principio attivo; e la
C. JACQ, Il segreto della cattedrale, Milano 1999, p. 121.
Il termine ‘gotico’ “è stato coniato nel Rinascimento e usato, ad esempio da architetti
come il Filerete e Antonio Manetti nei loro trattati, per esprimere un giudizio negativo
su un’arte ritenuta barbarica. Per loro, e per Vasari, l’aggettivo gotico era un
dispregiativo (potrebbe avere lo stesso peso dell’attuale ‘vandalico’, richiamando le
invasioni avvenute nel medioevo) con cui indicare ciò che non era in sintonia con la
tradizione antica”, R. MARINI, Architettura Gotica. Luce e struttura
Questo avviene grazie all’impiego dell’arco a sesto acuto, perché in tal modo le spinte
laterali sono minori; così ciò che si vede all’interno non è tutto quello che regge la
chiesa, all’esterno, gli archi rampanti, consentono di sostenere i carichi degli archi
interni. Per similitudine potremmo affermare che in ambito iniziatico – ma anche in
quello sociale – senza il supporto, il sostegno dei Fratelli, il massone non potrà
assurgere a grandi altezze senza il pericolo – certo – di una rovinosa caduta.
materia è esteticamente reale solo perché è partecipe della qualità
luminosa della luce e viene da essa definita”.
Allora la Cattedrale rappresenta non la materia inerte, ma un
corpo vivo, vivificato dalla luce – che pur penetrando dall’alto –
contenuta in essa.
“[…] la luce è il più nobile dei fenomeni naturali, il meno
materiale, l’approssimazione maggiore alla forma pura. […] La luce,
inoltre, è il principio creativo presente in tutte le cose, attivo in
massimo grado nelle sfere celesti, da cui deriva la facoltà di
sviluppare la crescita di tutti gli organismi qui sulla terra, e in
minimo grado nelle sostanze terrene. Ma essa vi è comunque
presente, perché, come chiede S. Bonaventura, metalli e pietre
preziose non cominciano forse a brillare se li lucidiamo, le lastre
trasparenti delle finestre non sono fatte di sabbia e cenere, il fuoco
non è alimentato dal nero carbone e la qualità luminosa delle cose
non è prova dell’esistenza di luce in esse? Per gli autori medievali la
luce è principio d’ordine e di valore. Il valore intrinseco di un oggetto
è determinato dal grado di partecipazione che esso ha alla luce”.
Un altro aspetto non trascurabile è la funzione pedagogica della
Cattedrale:
“Veri e propri libri di pietra e di vetro, le cattedrali supplirono
all’analfabetismo di massa sottoponendo ai fedeli la summa del
sapere del tempo sotto forma diimmagini. […] Così gli scultori e i
maestri vetrai le tradussero in un linguaggio a tutti accessibile,
illustrando la storia sacra, la ricchezza di forme vegetali e animali
della natura, miracolo della Creazione, la presenza dell’uomo sulla
terra, nella laboriosa attesa del Giudizio Universale”.
Bisogna innanzitutto ricordare che, le piante delle Cattedrali
medievali richiamavano la croce latina e che, anche quando si preferì
una pianta rettangolare, si provvide in seguito ad aggiungere i due
bracci del transett
Ogni Cattedrale inoltre, aveva una cripta – una grotta – che di solito
era posta sotto lo chevet (capocroce). L’altare era posto ad est cosicché il
fedele, provenendo da ovest – dove tramonta il sole, dalle tenebre –
andava là dove sorge la luce, ad illuminarsi. E nel punto d’intersezione
della navata col transetto era tracciato sul suolo il labirinto.
Quest’ultimo rappresenta forse il più famoso mistero della cattedrale:
era la raffigurazione del pellegrinaggio a Gerusalemme, ma anche – e
non solo – simbolo dell’iniziazione, della via iniziatica e alchemica.
“Nelle cattedrali gotiche, come quella di Chartres, il labirinto è
posto nell’asse della navata orientata verso il levar del sole nel
giorno santo che ha dato il nome all’edificio. Se consideriamo la
pianta della cattedrale come una rappresentazione del Cristo in
croce, è situato a livello delle cosce, governate dal sagittario segno
del viaggio e dei pellegrini”.
Nella cultura occidentale il simbolo del labirinto è stato legato a
pratiche religiose. E’ presente in tutto il bacino mediterraneo e nella
Mesopotamia, nelle sue varie forme: a spirale o nella sua variante a
meandro angolato.
L’etimologia – soprattutto dopo la decifrazione del ‘lineare B’ – fa
derivare il vocabolo da ‘laura’, ‘labiro’, ‘labirinde’, tutti termini che
rimandano al concetto di miniera e dei suoi cunicoli. E’ singolare che
Virgilio, nel IV libro dell’Eneide, riporta che sull’antro della Sibilla
Cumana era raffigurato il labirinto cretese. La caverna e il labirinto sono
sempre stati accomunati in tutti i riti di passaggio da uno stato ad un
altro – iniziazioni -, forse perché tali cambiamenti si effettuavano
nell’oscurità.
Il labirinto come simbolo dell’iniziazione dunque. Come
superamento di ‘prove’ fino al raggiungimento del centro ed affrontare la
prova finale: l’uccisione del Minotauro.
“[…] se il Minotauro è il disvalore della personalità, i rami
ciechi del dedalo sono l’errare incosciente del ‘Matto’ dei tarocchi e i
giri viziosi il fardello degli affanni. L’unico percorso esatto è quello
che conduce al centro, è la via del ‘filo d’Arianna’, del giusto fine,
supportato da forte volere ed esatta cognizione”.12 Ricordiamo che le cattedrali gotiche erano anche nomate cattedrali di luce, per
loro grandi vetrate, che alleggerendo la costruzione stessa, la illuminavano.
Partizione interna delle chiese in senso longitudinale, delimitata da colonnati.
Tre scritture di tipo sillabico sono nate e si sono sviluppate nell’isola di Creta, nelle
Cicladi Le prime due, la scrittura geroglifica e la ‘lineare A’ non sono state ancora
decifrate, mentre la terza, la ‘lineare B’, è stata oggetto della geniale decifrazione di
Michael Ventris.
La caverna è anche associata al simbolo, precipuamente iniziatico, della morterinascita,
un regressus ad uterum.
Certo, visto dall’esterno, dall’alto, la struttura del labirinto può
farci sorridere, non è poi così complesso! Ma dimentichiamo che chi si
trova all’interno lo scopre a poco a poco, passo dopo passo, poiché
ignorandone la complessità ne ha una visione confusa. Quindi esso è
inganno, malizia, ma anche esercizio per la logica: estenderla fino ai
limiti del possibile e forse più oltre – superare il mundus, come Ulisse e
Gilgamesh – su cui poggia il pensiero.
“Il tracciato di un labirinto deve essere percorso per intero
prima di raggiungere la meta ed è da qui che si riparte per
percorrere il cammino inverso. Ad esempio, seguendo il tracciato del
labirinto disegnato sul pavimento della cattedrale di Chartres, più di
una volta ci si avvicina al centro fino a lambirlo per poi trovarsi
all’estrema periferia e di qui riprende la strada verso la meta”.
“Il labirinto dal punto di vista simbolico è una figura che
richiama il viaggio, il cammino attraverso le difficoltà della vita.
Si tratta infatti di un simbolo profondamente radicato nella
coscienza umana: dal ‘viaggio iniziatico’, tipico dei popoli primitivi,
al ‘cammino della salvezza’ dei Cristiani, attraversando una serie di
miti e metafore quali la ‘discesa agli inferi’, la ‘peregrinazione
impedita’ e la ‘ricerca della conoscenza’.
Percorrendo la figura dal suo ingresso fino al centro
incontriamo, nella tipologia classica, sette volute sinistrose e sette
destrorse; un percorso che predispone ad abbandonare la materialità
terrena.
Al centro del percorso labirintico ci attende la nostra parte
buia e, come Teseo uccise il Minotauro per tornare finalmente alla
luce, così questo cammino ci offre la possibilità di ‘uccidere’ la
nostra bestia interiore”.
Ora, tralasciando volontariamente tutti i significati, le valenze
mistiche e religiose, gli insegnamenti salvifici e quant’altro inerente al
campo precipuo della fede, si traccerà – molto superficialmente, quasi in
punta di matita – una similitudine con il Tempio della Loggia massonica.
Soventemente per pigrizia intellettuale – quando non è ignoranza
crassa et supina – si identifica il Tempio con la Loggia. Occorre quindi
precisare – qualora ce ne fosse ancora bisogno – che il Tempio è parte
della Loggia; è un luogo sacro ove si celebrano misteri, ove si officiano
riti iniziatici e trasmutatori, dove si lavora ‘Alla Gloria Del Grande
Architetto Dell’Universo’.
La porta del Tempio è situata ad ovest, mentre al lato opposto – ad
est – è situato lo scanno del Maestro Venerabile il quale “illumina la
loggia con la propria scienza muratoria”; anche in questo caso
l’iniziando – o l’iniziato – provenendo da ovest si ritrovava ad avere di
fronte la sorgente di luce per essere da questa illuminato.
Notiamo che la posizione dell’Oratore e del Segretario forma una
specie di transetto; la navata è qui delimitata dalle colonne (o
colonnati?) degli Apprendisti e dai Compagni, mentre il labirinto è
rappresentato dal pavimento a scacchi. La cripta (la caverna) non
essendo più possibile situarla sotto lo chevet, viene spostata nei pressi
del Tempio: il Gabinetto di Riflessione.
“La lega di Gerusalemme [il labirinto, ndr] della collegiata di San Quentin,
costruita nel XIII secolo, è descritta da un cronista dell’epoca come «fatta di
due specie di mattonelle (bianche e nere), con giri e rigiri, rispettose a tal
punto della proporzione e dell’ingegno che essa serviva spesso per esercitare
gli spiriti dei curiosi, quando era permesso camminare in quella chiesa»”.
Labirinto di Saint Quentin Per ovvi motivi logistici.
Evidentemente, tutto ciò è bisognevole di una disamina molto più
approfondita che richiederebbe tempo e spazio non indifferenti, ma che
per il momento – e solo per il momento – esula dal nostro lavoro.
Questa breve, ma necessaria, istantanea è propedeutica al tema
che stiamo qui per affrontare.
“Nell’iniziazione dei costruttori, l’impiantito ‘a mosaico’, a
riquadri neri e bianchi, richiama la dualità del nostro mondo che
spesso sconfina nel conflitto e che l’iniziato, in quanto terzo
termine, deve conciliare”.
Il significato più immediato del pavimento a scacchi è la
contrapposizione del bianco e il nero, rappresentazione naturale d’ogni
coppia d’opposti: la luce e le tenebre, il giorno e la notte, il male e il
bene, etc.
“Tenebre e Luce sono intrecciate sul Pavimento a Mosaico;
esse sono tessute insieme, se consideriamo le file delle piastrelle”.
Se il pavimento a scacchi rappresentasse solo la dualità, il binario,
le varie coppie d’opposti – bene-male, giorno-notte, etc. – basterebbe
mettere insieme solo due ‘caselle’, due quadrati: l’uno bianco e l’altro
nero. Il fatto che ce ne siano molti, ci indica invece che si tratta di un
cammino labirintico verso la ricerca del centro.
Non è un caso che il candidus, dopo l’uscita dalla caverna-cripta (il
Gabinetto di Riflessione), affronti le prove-viaggi ‘deambulando’ sul (e in
senso simbolico, nel) pavimento a scacchi.
L’alternarsi del bianco e del nero è simile al cammino dentro il
labirinto: l’avvicinarsi verso il centro, esserne quasi ad un passo e
l’allontanarsene per poi riavvicinarsi fino a raggiungerlo.
Qui, in questo luogo, al centro del mondo e, allo stesso tempo,
fuori dal mondo, dopo aver ingaggiato e vinto la lotta contro il
Se prestiamo un minimo d’attenzione, noteremo che camminare
sul pavimento a scacchi diventa difficoltoso: ogni ‘casella’ è circondata
da altre dell’altro colore; bisogna forse muoversi in diagonale? Ma così
facendo si passerà sulle caselle di un solo colore tralasciando le altre. E
questo non è il modo di superare la dualità.
Se per uscire dal labirinto il segreto sta nel non staccare mai una
mano dalla parete appena si è entrati, nel pavimento a scacchi esiste
una linea chiamata, e non a caso, a tutt’oggi – nel gergo degli operativi –
‘via di fuga’: “Un cammino che passa fra due colonne e finisce al centro
della croce”.
Che poi è il centro di noi stessi.
Sarebbe curioso scoprire se il Minotauro ha il nostro stesso viso…
Ma questa è un’altra storia…
“L’immagine del labirinto ci si offre dunque come emblema
dell’intero lavoro dell’Opera, con le sue maggiori difficoltà: quello
della strada da seguire per raggiungere il centro, – nel quale si
scatena il duro duello delle due nature, – l’altra quella della strada
che l’Artista deve seguire per uscirne. A questo punto ha bisogno
del filo d’Arianna se non vuole vagare tra i meandri dell’opera senza
riuscire a scoprire l’uscita”.
La parte più difficile sta proprio nell’uscire dal labirinto, nel portare
‘fuori’ l’occultum lapidem. Poiché una delle trappole del labirinto è quello
di sentirsi soddisfatti, appagati del ‘risultato’ raggiunto e rimanerne
imprigionati.
Finché l’iniziato non riesce a trasmutarsi, malgrado abbia
compiuto ‘avanzamenti’ nel cammino massonico – riti compresi –
passerà da una casella all’altra a cercare la parola perduta che,
inconsapevole, ha tra le mani.
“Le linee divisorie non appaiono agli occhi dei profani: essi non
vedono che le lastre bianche e nere e, seguendo la via ‘larga’, la ‘via
exoterica’, passano alternativamente dal bianco al nero: Essi hanno
allora, a destra e a sinistra, davanti e dietro, un colore opposto a
quello della piastrella su cui si trovano: vengono così mostrate le
molteplici opposizioni che si formano sotto i loro passi.
L’iniziato, al contrario, segue la ‘via esoterica’, la ‘via stretta’,
‘più sottile del filo del rasoio’, passa tra il bianco e il nero, che non
ostacolano il suo cammino. La strettezza dela via indica con
sufficiente chiarezza di per se stessa che tale cammino non può
essere quello del profano”.
“La via di mezzo cerca anzitutto di risvegliare l’essere cosciente
che dorme nell’Automa, quindi di mettergli in mano le due chiavi
del regno: la padronanza dei suoi tre stati inferiori e la loro
sottomissione alla sua Coscienza spirituale. L’una non deve essere
acquisita a scapito dell’altra[…]”.
“La soddisfazione è la compensazione di un desiderio, di un dolore o di un rimorso:
è sempre l’attenuazione di una tensione”,
In ambito massonico lo vediamo, purtroppo spesso: gradi, cariche, incarichi e
prebende varie.
TAVOLASCOLPITA DAL FR.’. GIOVANNI GIGLIUTO