Del Silenzio
Valle del Simeto – anno V.’._L.’._ 6005
.
“Egli sa [ Dio onnipotente, n.d.r.] che non ho scritto le mie osservazioni né per amore di una lode umana, né per il desiderio di una ricompensa temporale, che non ho nascosto nulla di prezioso o di raro per malizia o gelosia, che non ho passato sotto silenzio nessuna cosa, riservandola per me solo, ma per accrescere l’onore e la gloria del Suo Nome ho voluto venire incontro alle necessità e aiutare il progresso di un gran numero di uomini”.
TEOFILO, Traité de divers arts (sec. XII)
Nihil sub sole novi!
In questi pensieri, dunque, non vi può essere nulla di nuovo… Essi sono un rosario di cose eterne.
Se in questo rosario si trovano rose non mie, non sono state rubate, sono venute da sé e qui riportate per forza analogica e non volutamente. Non ho avuto nessuna preoccupazione per i pensieri già detti da altri, e ciò perché non esiste in questi scritti alcuna vanità individuale”.
(ARA, Massime di scienza iniziatica)
Se c’è una consegna in Massoneria impopolare, subìta, sopportata, tale consegna è quella del Silenzio. Ciò dovuto anche al fatto che spesso viene mal spiegata, o peggio, quando è data con fumosi giri di parole, farciti di altisonanti citazioni dai soliti malati di magistrismo.
Certo, ci rendiamo conto che parlare del Silenzio può sembrare un paradosso, in quanto parlare e silenzio appaiono come opposti. Ma come certamente sappiamo – o, almeno, dovremmo sapere – tutte le coppie di opposti non si escludono a vicenda poiché sono complementari. E’ questala legge del binario che porta all’Unità.
“Un giorno, preso dallo scoramento, chiesi al mio Maestro: ‘Maestro, quant’è lunga la Via?’. E questi a me: ‘La Via non ha misura, non è soggetta né allo spazio né al tempo, non ha un passato o un futuro. La si realizza hic et nunc, nel presente perpetuo’”.
G.G., UR. La storia
Il Silenzio è in assoluto, il primo insegnamento1 dato all’Apprendista – spesso inconsapevolmente – dell’operatività massonica.
Ma cos’è ‘silenzio’?
Innanzitutto silenzio2 è cosa diversa da tacere3.
La differenza che caratterizza sileo e taceo sta nell’opposizione tra la coscienza del silenzio come realtà in atto o che si crea (sileo = positivo) e la constatazione del silenzio cioè assenza di qualcosa che da esso è negata (taceo = negativo)4.
Quindi ‘tacere’, è zittirsi, arrestarsi muti. E’ il silenzio delle passioni, che devonsi far tacere; è il silenzio delle preoccupazioni materiali; è quello materiale – l’assenza di parole e di rumore – destinato a favorire il silenzio interiore5. Quest’ultimo è ‘silere’, è entrare nella stanza segreta del nostro essere, porsi nel suo centro – nel suo cuore – divenendo partecipi della sua ineffabile realtà (aspetto positivo).
“Tre modi vi sono di silenzio
Il primo è di parole, il secondo di desideri, e il terzo di pensieri.
Il primo è perfetto, più perfetto è il secondo, e perfettissimo il terzo.
Nel primo, di parole, si raggiunge la virtù.
Nel secondo, di desideri, si ottiene la quiete.
Nel terzo, di pensieri, il raccoglimento interiore.
Non parlando, non desiderando e non pensando, si arriva al vero silenzio interiore.
In esso Dio parla con l’anima, si comunica.
Le insegna nel suo più intimo la più perfetta e alta sapienza”6.
Già la fase del ‘taceo’7 presenta varie difficoltà in quanto, essendo la mente terrorizzata dal silenzio – poiché questo, in un certo qual modo, è la sua ‘morte’ – tenderà agguati, si ribellerà con tutte le sue forze coinvolgendo anche il corpo fisico. Ma la costanza, la perseveranza, avrà certamente la meglio sulla mente.
Ma torniamo all’aspetto che più ci riguarda, poiché è facile scivolare a disquisire sulle svariate tecniche di controllo della mente e del pensiero, certamente interessanti ma che esulano – al momento – dal presente lavoro.
Come si diceva nell’incipit del presente scritto, per molti massoni, e di conseguenza – purtroppo – per gli stessi Apprendisti, il Silenzio è considerato una prassi ordinaria, e spesso imposizione. In realtà esso rappresenta un privilegio, in quanto a differenza degli altri, l’Apprendista non assumendo in Loggia nessun obbligo, si pone in una posizione di attesa nello spazio sacro del Tempio (fisico e interiore), per ascoltare in sé la verità che solo il silenzio può dire.
“L’Apprendista può restare muto, ma non per questo in silenzio. Potrebbe distrarsi, seguire concatenazioni mentali infinite e profane. Mentre ascolta i fratelli, potrebbe formulare risposte. Potrebbe pensare ‘Ah!, se potessi parlare! Gli direi così e così; perché di questo argomento io si che me ne intendo’. Ma se pensasse risposte, giudizi valutazioni, approvazioni o disapprovazioni, l’Apprendista avrebbe sprecato il suo silenzio. Sarebbe un silenzio impaziente, iroso, logorante. Invece l’Apprendista si arricchisce nel silenzio, se riesce ad ottenere un calmo silenzio interiore”8.
E così il Silenzio, da azione mentale, diventa uno status interiore, un punto sacro e immutabile, attraverso il quale si potrà vedere dall’interno l’essenza stessa della realtà.
Non viene detto, appunto, osservare il silenzio?
“Ma per conoscere il potere del Verbo bisogna immergersi nel Silenzio, nel Vuoto, nell’esperienza del Nulla creatore, da cui ogni parola sgorga. Dal Silenzio la parola riceve la sua linfa e il suo segreto vigore. In ciò è implicito il senso di un ‘risparmio della parola’ e di una economia in funzione spirituale dei suoni. Tacere è saper nascondere i segreti, è padroneggiare la parola.
Chi parla molto, secondo tale concezione, sciupa il potere del verbo, lo diluisce fino a renderlo insignificante, improduttivo”9.
L’altro aspetto del Silenzio è Ascoltare. Questa è una funzione considerata naturale, in quanto, non sembra presentare alcuna difficoltà. Acquisendola sin dall’infanzia, la si ritiene un fatto scontato come respirare o camminare, ed è forse a causa dell’automatismo dell’udito che l’uomo s’è distratto dalla funzione dell’ascolto. E in vero,
10 comunemente, si tiene in alta considerazione la parola, la retorica e l’eloquenza: l’arte della comunicazione. Di contro, non riconoscendo all’ascoltare alcuno sforzo, chiunque sembrerebbe in grado di farlo. Zenone spiegava argutamente a suoi discepoli che l’ascoltare è più importante che parlare, e per dimostrarlo faceva notare che Zeus aveva dato all’uomo una sola bocca e ben due orecchie… Saper ascoltare, dunque, non è una capacità innata: è un’arte che richiede sensibilità e curiosità intellettuale, si fonda sulla livella (equilibrio) e sul regolo (misura), nutrendosi del desiderio di imparare.
Ascoltare è accogliere.
“In una loggia dove si pratica bene l’arte reale, è bello notare un intervallo dopo le parole di un fratello. Un intervallo in cui finalmente si valuta quel che si è inteso, e si prepara con calma il proprio eventuale contributo. Perché prima c’era il silenzio d’accoglienza, il silenzio che fa posto agli altri”10.
Val la pena ricordare che il discepolo prediletto, Giovanni, nell’Ultima Cena, china la testa sul petto del suo Maestro, per ascoltarne il cuore e non la parola.
Bisogna tacere o dire cose migliori del silenzio. Questo insegnava Pitagora ai suoi discepoli, ed è questa la regola che fa di un Apprendista un futuro costruttore di cattedrali.
NOTE
1 Insegnamento che oltre a parole è dato – o dovrebbe esser dato – dal comportamento del Maestro: dal suo contegno nel Tempio, dalla sobrietà dei suoi gesti e dalla cautela con cui misura le parole. In tal modo, il Maestro dà l’esempio, dà dei segni: in-segna, appunto.
2 Lat. sileo 8 silere.
3 Lat. taceo 8 tacere
4 Per un approfondimento v. L. HEILMANN, Silere-tacere. Nota lessicale, in “Quaderni dell’Istituto di Glottologia”, Bologna I 1955, pp. 3-14.
5 E’ bene precisare che, sebbene il silenzio interiore può essere agevolato dal supporto di quello esteriore, non significa che esso sia totalmente dipendente da quest’ultimo
6 “Triplex silentii genus est. Primum verborum, secundum desideriorum, tertium cogitationum. Primum est perfectum, perfectius secundum, perfectissimum tertium. Primo quod est verborum acquiritur virtus, secundo quod est desideriorum obtinetur quies, tertio quod est cogitationum interior recollectio.Non loquendo non desiderando non cogitando pervenitur ad verum et perfectum silentium mysticum, in quo deus loquitur cum anima, ipsi se communicat eamque docet in maxime intimo fundo suo perfectissimam maximeque sublimem sapientiam. Ad internam hanc solitudinem et silentium mysticum vocat eam ac perducit, quando dicit ad ipsam se velle loqui sola in secretissimo atque intimo cordis. Hoc silentium mysticum ingrediendum tibi est, si audire cupis suavem, interiorem ac divinam vocem. Non sufficit fugere mundum ut hoc thesaurum acquiras nec renunciare desideriis nec omni desiderio et cogitatione. Conquiesce in mystico hoc silentio et aperi portam, et Deus se tibi conmmunicet, tecum se uniat, teque in se transformet”. MIGUEL DE MOLINOS (1628-1696), Manducatio spiritualis.
7 Che non è passività, inerzia o abbandono, ma azione cosciente derivata da una azione-non azione (wu wei della dottrina ch’an, zen), cioè da un atto di volontà che non dev’essere imposizione.
8 M. MARADEI, Iniziazione e segreto massonico. Problematiche e prospettive per il terzo millennio, Foggia 1997, pp. 28-29.
9 SAT, Mantra. La potenza dei suoni, Carmagnola 1983, p. 22.
10 M. MARADEI, op.cit., Foggia 1997, p. 29.
TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. GIOVANNI GIGLIATO
BIBLIOGRAFIA MINIMA
BOUCHER J., La simbologia massonica, Roma 1975;
CENTRO STUDI ESOTERICI, Esercizi di meditazione. Le basi dell’alchimia spirituale, Scandiano 1991;
GREGORAT C., La musica come mistero del suono, Firenze 1988;
HEILMANN L., Silere-tacere. Nota lessicale, in “Quaderni dell’Istituto di Glottologia”, Bologna I 1955;
MAINGUY I., Simbologia Massonica del terzo millennio, Roma 2004;
MARADEI M., Iniziazione e segreto massonico. Problematiche e prospettive per il terzo millennio, Foggia 1997;
PANUNZIO S., Contemplazione e simbolo. Summa iniziatica orientaleoccidentale, vol. I e II, Roma 1975;
PORCIATTI U.G., Simbologia massonica. Massoneria azzurra, Roma s.d.
SAT, Mantra. La potenza dei suoni, Carmagnola 1983.