I punti di riunione
di Giuseppe Cacopardi Saggista
Non so quali domande abbia evocato, e quali riflessioni indotto, sapere che la loggia si è riunita nel punto X, Y, Z. Col tempo, ciascuno ha capito che il significante “punto” ha più di un significato, sotteso all’aggettivo; qualcuno ha anche intuito quasi la rarefazione della materialità se non la trasmutazione dal fisico al metafisico. Se il punto geografico è connesso alla topografia di un luogo abitato, le cose cambiano col punto geometrico: esso non è più “ciò che non ha parti” di Euclide, ma è divenuto un “oggetto” come la retta e il piano, definizione nata dalle speculazioni matematiche seguite alla crisi dell’evidenza geometrica. Questa è valida per la geometria euclidea, limitata alla misurazione di modeste zone di territorio e al calcolo delle loro superfici; quando si passò a vaste aree di territorio non pianeggiante ma accidentato da monti e valli, da mari e profondità marine e poi all’intero globo terracqueo furono necessarie altre geometrie, non euclidee. Le cui particolarità esemplifico dicendo che se la somma degli angoli di un triangolo euclideo è 180, è minore per la geometria iperbolica, e mag-
giore per l’ellittica: la comprensione di questa e altre particolarità richiede applicazione di conoscenze teoriche e filosofiche non facili per tutti; che divengono escludenti con la geodesia, oggi implicata anche nei calcoli per il lancio e le orbite dei satelliti artificiali e per i viaggi delle sonde spaziali. A noi però del punto geodetico può bastare ciò che è limitato alla Terra, rilevabile col riferimento al piano orizzontale di una livella a bolla e alla direzione della Stella Polare; le geodetiche-linee di minima resistenza rappresentanti la distanza più breve fra due punti di una superficie curva sono necessarie anche per comprendere la (teoria della) relatività. Credo però che fra di noi, in senso esoterico, coi diversi aggettivi si vogliano introdurre concetti metaforico-allegorici indicanti differenze operative: nel punto geografico si compiono lavori preparatori e di servizio al cantiere, nel punto geometrico si realizzano i piani particolari, nel punto geodetico si studiano e preparano i progetti e le operazioni esecutive per ubicare la costruzione “universale” da erigere per il bene e il progresso dell’Umanità. Nel punto geografico non occorrono geometrie, negli altri si opera con geometrie diverse, l’euclidea per i particolari, le non euclidee per le vaste superfici; qui è insostituibile il calcolo delle geodetiche per la stabilità dello spazio e nel tempo delle grandi opere progettate dai terricoli riferendoci alla Stella Polare dello spazio extraterrestre. Se esso è detto finito o infinito, la diversità può essere dovuta al punto di vista dell’osservatore, se interno o esterno a ciò che viene osservato. Comunque, le due geometrie sono funzionali alle necessità diverse del nostro “territorio” di ricerca e conoscenza, valutando anche – con e per la relatività che ci avvolge e coinvolge – che ciò che non vediamo neppure con gli occhi della mente può esistere o esiste ugualmente, celato dalla capacità visiva su cui interferiscono la rifrazione atmosferica e la curvatura dello spazio-tempo. Forse sul nostro cercare e operare influiscono energie anche umane ancora ignote o non rilevabili coi mezzi che oggi possediamo, con noi e su noi operanti. Parrebbe che più ci limita la nostra finitezza, più siamo spinti, “gettati” (Heidegger) verso una dimensione non euclidea che non comprendiamo ma a cui non possiamo resistere o sottrarci: abbiamo bisogno di qualcosa fuori di noi per capire chi siamo? Mi piace credere che per il punto geodetico dove ci riuniamo passino le linee geodetiche emananti dal contatto binario di ciascuno dei cinque punti della Mae-stria, che hanno reso possibile – nonostante le resistenze della nostra non euclidea corporeità e personalità – l’instaurarsi della Fraternità. L’ascesa da formule mute a parlanti sussidi esoterici può aversi con l’ampliamento operativo della “geodeticità”; allo scopo propongo di mettere insieme il punto geodetico coi cinque punti della Maestria, in un grafico psicagogico. Esso sarebbe disegnato con la stella pitagorica iscritta nel pentagono; da ciascun doppio vertice sorgono linee che armonicamente intersecate riproducono al centro un piccolo pentagono inverso con un cerchio puntato (eco del punto geodetico esterno alla figura). Il modello è il mandala buddhista: le sue implicazioni religiose o archetipali secondo Jung ciascuno può condividere e seguire o no. In questo disegno, tecnicamente Yantra, le figure del fiore di loto e delle divinità (il tutto colorato con vivaci colori) sono sostituite da linee rette, angolate, curve, intersecate o no; esterno al disegno un punto raggiante quale Stella Polare: questo insieme può essere usato per pause di concentrazione e meditazione con cui introiettare la spiritualità dell’elevazione a Maestro. Il complesso, costellazione-simbolo operativo dei Maestri, denominabile Aquilone, adoperato a fine psicagogico, tende a indurre un comportamento quasi automatico, involontario, di vero Maestro: se lo scopo trasmutasse in fine conseguito, sarà A.G.D.G.A.D.U.