L’INIZIAZIONE
Fratellanza di mestiere. Officina simbolica. Istituzione morale. Società íniziatica (o società di pensiero?). Esoterismo (o filantropia?). Solidarietà (o complotto?). Segreta, discreta, aperta. Deista, teista, ateista. Di destra, di sinistra o di centro. Nella tradizione o nella storia; il cosmo o la società. Conservatrice, riformatrice, riformista, progressista. Mondana, frivola, ascetica, ermetista, occultista, razionalista. Stiracchiata da una parte e dall’altra, appartenente a Dio o al Diavolo, sinagoga di Satana, tempio della Concordia. “Sono uccello, vedete le mie ali, sono topo, viva i topi.” Ali per volare e corpo da topo: che la Massoneria sia un ibrido, qualcosa di simile a un pipistrello?
E’ troppo poco, dire che le rappresentazioni popolari della Libera Muratoria sono state, nel corso del tempo, confuse e contraddittorie. Se si considerano le obbedienze, se si leggono le regole, gli statuti, le costituzioni, se si studiano convegni e discorsi, ci si accorge che le varie potenze massoniche sembrano seguire obiettivi diversi, e talvolta opposti.
Perché allora tutti quegli uomini si chiamano fratelli? Perché si proclamano usciti dalla stessa tradizione senza tempo, adepti dello stesso Ordine universale? Per merito di quale stravagante botanica, rami così dissimili possono attingere la loro linfa a radici comuni? Parodiando il pastore Anderson: qual è la Massoneria sulla quale tutti i massoni concordano?
La Tradizione
Tentare di rispondere equivarrebbe a dimenticare il carattere transitorio delle istituzioni, la cui storia appartiene al mondo profano, rispetto alla permanenza di una tradizione iniziatica, che sta alla base del campo propriamente esoterico, la sostanza stessa della Massoneria. Occorre, quindi, parlare meno di obbedienze o di riti e piú di “Ordine massonico”, come concetto universale, e opporre quindi l’essenza alle apparenze. Ora, l’essenza dell’Ordine, come abbiamo visto, è la tradizione, e tutti i massoni si rifanno a essa.
“La Massoneria, che non è di alcun tempo, appartiene a tutti i tempi; non essendo di alcuna religione, trova in tutte le religioni le sue grandi verità”, scriveva nel secolo scorso il grande massone americano Pike.
Quale miglior modo di far sentire che cosa sia la Tradizione, con una T maiuscola? Una definizione di Paul Naudon, già citato, ne precisa i contorni: la Tradizione “indica da una parte la fonte della conoscenza, cioè il ‘divino’, in senso metafisico, come lo concepisce il sentimento ‘religioso’, comune a tutti gli uomini, e d’altra parte il suo modo di trasmissione. La prima è immutabile e assoluta. Il secondo è il risultato sintetico della ricerca multimillenaria della conoscenza da parte dell’umanità e delle sue civiltà successive. Essa può continuamente adattarsi, per farsi ìntendere secondo il tempo e gli ambienti, e accrescersi di sedimenti nuovi”.
La conoscenza, in alcune religioni, è oggetto di rivelazione. Certi libri l’Antico e il Nuovo Testamento, il Corano, diventano allora i principali veicoli della Tradizione. Essa riversa, per mezzo della scrittura, sul mondo profano, sull’esterno, ciò che appartiene all’esoterismo. Ma può anche essere oggetto di una ricerca indivíduale, intuitiva, sorretta da riti e da simboli in cui il cuore è in gioco quanto la ragione. Alla conoscenza si giunge allora attraverso l’iniziazione, in particolare l’iniziazione massonica, concepita per provocare una “illuminazione interiore”: tutte le iniziazioni, tutti gli esoterismi hanno uno scopo comune, la rigenerazione dell’uomo, la ricerca della perfezione, la comunione con il princìpio divino. Si tratta, quindi, di un’unica tradizione, di un tronco comune a tutte le credenze.
Inserita nella Tradizione, e non potendosene staccare, salvo perdere qualsiasi portata iniziatica e quindi la sua anima, la Massoneria è, a somiglianza di quella Tradizione, senza confini, né dì tempo, né di luogo. Cosí la Tradizione fonda “l’eternità” della Massoneria. Il massone crede nell’unità fondamentale dell’umanità.
Da qui nasce l’universalismo massonico, le cui manifestazioni mondane sono la tolleranza, l’aiuto reciproco, la solidarietà, il senso profondo, la coscienza di essere allo stesso tempo un essere carnale e precario e una pietra del Tempio: un operaio nel cantiere del mondo. Alcuni riti simboleggiano quest’idea con la “catena d’unione”. Per esempio, in occasione delle esequie di massone: un fratello è partito per l’Oriente Eterno, ma la catena si riforma immediatamente, il muro si rinsalda. Il defunto ha soltanto lasciato il suo involucro profano. Il suo cuore di iniziato appartiene alla loggia: come essa, egli immortale.
Ogni Massoneria si riallaccia così all’assoluto. L’iniziato apprende l’arte di pensare, che è un mezzo, ma ricerca soprattutto la verità: questo è il fine ultimo del suo pensiero, la trascendenza della sua arte. Si persegue sí l’unità degli uomini, ma anche il loro inserimento nel cosmo, per arrivare addirittura, secondo il concetto ermetista già espresso, all’identità con il cosmo. E’ noto che, per l’Ermetismo e per molti dei massoni, vi è una analogia tra l’uomo e l’universo, tra tutte le parti dell’uomo e l’universo. In breve, tra il microcosmo e Il macrocosmo. Ne risulta che, collocati entrambi sotto il segno di quell’unità, tessuti insieme nella vasta trama delle corrispondenze universali, la materia e lo spirito non possono opporsi, non piú di quanto lo possano fare “l’operativo” e lo “speculativo”. Tutto si riflette, rieccheggia, si fa eco. Nel pensiero moderno, si dice che ogni azione, in un punto qualsiasi di un sistema, si ripercuote in tutto il sistema: non vi è nulla di insignificante. Se vi si presta attenzione, tutto ha un senso, ovunque. Ogni loggia contribuisce, ogni fratello può contribuire alla grande opera di costruzione del Tempio, al compito di perfezionare gli uomini.
Uno spazio simbolico
Laboratorio delle società, ma anche specchio dell’universo, la loggia è lo spazio simbolico, una parentesi nella vita sociale, in cui si opera e si manifesta il nostro inserimento nel cosmo. Lo si vede nell’orientamento stesso dell’officina: in linea di massima, come nelle antiche cattedrali, il seggio del Venerabile è a levante. Costui simboleggia, così, una delle tre “luci secondarie” della loggia: le altre due sono la Luna, rappresentata dal Primo Sorvegliante, che siede a occidente, e il Sole, rappresentato dal Secondo Sorvegliante, che siede a meridione. Molto al di sopra di queste “luci secondarie”, le “grandi luci massoniche” sono gli alimenti stessi dell’íniziazione. Sono rappresentate, sull’altare della loggia, dalla squadra, dal compasso e, soprattutto, dal volume della Legge Sacra, nei Paesi cristíani, in genere, la Bibbia. Questo vale per la Massoneria tradizionale: il Grande Oriente in Francia e i suoi corrispondenti all’estero ritengono ormai obbligatoria soltanto la presenza della squadra e del compasso.
Alcuni dei “passi massonici” (cioè i modi di spostarsi nella loggia, che differiscono secondo il grado) corrispondono al movimento degli astri. Infine, in linea di principio, il soffitto deve rappresentare una volta stellata, simbolo dell’universalità, della trascendenza dell’ordine e anche, per alcuni, dell’incompiutezza del Tempio. Cosí, la loggia, sempre illuminata artificialmente, completamente isolata dal mondo Profano. diventa un’immagine del cosmo, mentre la sua simbologia la riallaccia alla tradizione. La loggia è il luogo geometrico in cui si incontrano il tempo e lo spazio, la tradizione e il cosmo.
Anche se il massone crede in una legge universale, in un Principio organizzativo simboleggiato per molti dal G.A.D.U., egli pensa anche che il Principio sia tuttora in azione tra di noi: piove nel Tempio, rimasto allo stato di cantiere dopo la morte di Hiram. Cioè il mondo non è compiuto, è in creazione perpetua. L’uomo è perfettibile, l’umanità in divenire. L’iniziazione ha per scopo questo compimento, questo perfezionamento, al quale la Massoneria modernista sovrappone, come mezzo per giungervi, i suoi interventi nel mondo profano, il suo desiderio di migliorare le condizioni di vita.
In questo senso si spiegano l’ottimismo, il volontarismo e, sotto certi riguardi, l’esistenzialismo massonico: il massone rifiuta di ammettere la necessità del male, rifiuta di convalidare lo stato del mondo, la situazione degli uomini; essi possono, devono migliorare.
Tutto ciò è dimostrato dalle colonne simboliche delle logge, che sono tre, o almeno tre sono nominate. Si chiamano Forza, Saggezza, Bellezza. Il Tempio poggia su di esse. Ma è sostenuto anche da una quarta colonna, questa volta ideale. Questa quarta colonna, naturalmente invisibile, è il lavoro dell’uomo, la sua intelligenza, la sua volontà creativa, la sua fratellanza, in pratica, questa colonna è la loggia e, in genere, tutto l’Ordine massonico. In tale colonna di carne si fonderà, un giorno, tutta l’umanità, finalmente riunita; il genere umano sarà massone e sarà la fine del cantiere, la nascita della perfezione nel mondo. Il massone è una pietra viva. In lui, con lui si opera il passaggio dalla costruzíone materiale all’edificazione spirituale.
Ma non si fa nulla senza lavoro, soprattutto quando si parla di costruire. La Massoneria si vota a un compimento spirituale, ma mediante un mestiere. Da qui, i costanti riferimenti alla Massoneria operativa. Che si tratti di costruire una cattedrale o di costruire un uomo, tempio di pietra o tempio interiore, non si costruisce a casaccio e ovunque. Solo con l’appoggio di tutti i simboli esoterici della tradizione, ma solo quando è anche armato degli strumenti del mestiere, ispirato dalle sue tecniche, il candidato si può far iniziare.
L’iniziazione è una pratica indívíduale, interiore, soggettiva. Il suo esoterísmo, il suo segreto, vengono dal fatto che non si può veramente descrivere. Tuttavia, accanto all’intuizione, trova posto anche la ragione.
Le tappe dell’iniziazione
Seguiamo i primi passi di un candidato. Egli bussa alla porta del Tempio. E’ ancora un profano, una “pietra grezza”. Verrà iniziato al grado di Apprendista, primo grado della Massoneria “azzurra” o “simbolica”.
Inizia spogliandosi idealmente della vecchia personalità, per rinascere in un nuovo stato, più alto. Questo è il cosiddetto rito di passaggio, comune alle iniziazioni di tutti i tempi. Nella Massoneria, questa meditazione si svolge nella solitudine del “gabinetto di riflessione”, oscuro e nudo. Nella loggia in qualche modo legata allo Scozzesismo o da esso derivata, il candidato subirà la purificazione con i quattro elementi ai quali abbiamo già accennato, mentre la sigla V.I.T.R.I.O.L., scritta sul muro, lo invita a scendere in sé stesso: “Visita l’interno della Terra e, rettificando, troverai la pietra nascosta”.
I fratelli vengono a prenderlo. Il candidato si ritrova, allora, come in bilico fra due situazioni, sulla stretta passerella che separa il “vecchio uomo” dalla sua rinascita spirituale: infatti, egli porta una benda sugli occhi, ultimo vestigio delle vecchie tenebre. Guidato per mano dai fratelli, fa il suo ingresso nella cerchia armoniosa della nuova famiglia, che si è liberamente scelto. Perché, “se la storia divide, l’iniziazione unisce”.
Il candidato, che continua a non vedere, attraversa una serie di prove simboliche, poi la benda cade. Rinasce “nella carne e nello spirito”. Egli abbandona, fa voto di abbandonare, pregiudizi, odi e rifiuti. E viene accolto, fratello tra i fratelli.
Il primo shock è retiníco, è un’illuminazione vera e propria. Dopo la notte piú fonda, ecco la luce totale che acceca. L’illuminazione è in realtà un’allegoria: quella dell’insegnamento massonico, come viene svelato dalle tre, o due, “grandi luci” cui abbiamo gia accennato. Le luci, secondo molti commentatori, significano soprattutto, per la squadra e il compasso, la misura e la rettitudine morali, esse stesse ispirate, per la Massoneria tradizionale, dal volume della Legge Sacra. Ma, come per qualsiasi simbolo, vi sono molte interpretazioní. Di essenza divina o filosofica, la luce rimane, in Massoneria, un tema essenziale, un segno fondatore. Non si dice forse che i massoni sono i ‘Figli della luce”?
L’Apprendista si mette all’opera. Cinto da un grembiale di pelle bianca, simbolo di innocenza, si mette a lavorare alla “pietra grezza”, la natura umana non ancora affinata, nella speranza che un giorno la “pietra cubica”, l’uomo ideale, uscirà dalle sue mani. Ciò significa che ancora non sa niente. Deve continuare a purificarsi, a perfezionare l’illuminazione interna che lo ha colpito la sera della sua iniziazione. Segnaliamo che ogni grado, in questo caso lo scalpello e il mazzuolo, strumenti del tagliatore di pietra, ha i suoi attrezzi simbolici, come ha i suoi segreti, le sue insegne e i suoi “passi”.
Compagni e maestri
A tempo debito, l’Apprendista diventa Compagno. Malgrado le apparenze, questo è il grado piú importante: la Massoneria operativa aveva un solo maestro dell’opera e non, come la Massoneria moderna, un’intera categoria, una scala di “maestri”. All’inizio dell’epoca “di transizione”, il grado di Compagno d’Arte diventò il titolo supremo dei massoni.
Il Compagno è, infatti, il vero costruttore. Spogliatosi delle vestigia del passato, egli comincia a ricostruirsi, a ristrutturare la sua personalità. Quando conosce bene sé stesso, quando è in pieno possesso dei suoi mezzi, delle sue tecniche iniziatiche, può passare al grado di maestro.
Solo nel XVII secolo la maestranza apparve come categoria massonica, cioè qualcosa di diverso dal padrone solitario: il maestro d’opera delle logge operative. Il maestro del mestiere era in effetti un vero capo. Nell’officina moderna, la persona che incarna quella figura è piuttosto il Maestro Venerabile della loggia, cioè il suo presidente, e non la “classe” dei maestri, tutti uguali, che, a loro volta, si pongono sotto la tutela di un Venerabile.
L’iniziazione al grado di maestro è fondata sulla leggenda di Hiram e non sulle usanze della professione: mettendosì al posto del maestro Hiram, il Compagno d’Arte rivive la sua emblematica vicenda, prima di resuscitare in modo simbolico. Tutta la cerimonia di iniziázione evoca, in tal modo, il ciclo perpetuo delle morti e delle rinascite su cui si fonda l’eternità massonica.
Terzo e ultimo livello dell’iniziazione, il titolo di maestro è tuttavia il contrario di un punto di arrivo: l’iniziazione richiede una vita. Dopo la meditazione dell’Apprendista e il lavoro del Compagno, ciò che costítuisce l’operatività del maestro è la ricerca, l’approfondimento. La sua meditazione termina solo con l’iniziazione suprema, il “passaggio all’Oriente Eterno”. La morte.
Ma vi è anche un altro “maestro” un maestro collettivo, senza il quale l’iniziazione sarebbe impossibile.
Universale, eterno, infallibile, quel “maestro” è la loggia, cellula fonditrice dell’Ordine. Fra di loro, i massoni non cessano mai di interrogarsi, di confrontarsi senza violenza, di affrontarsi senza durezza. Essendo tutti iniziati, sono uguali e solidali. Ognuno scopre nel prossimo “un altro sé stesso” e, dialogando con gli altri, si rivolge, in realtà, al più profondo di sé stesso. La loggia è un gioco di specchi, una camera dell’eco. L’Ordine massonico tesse l’immensa rete delle corrispondenze. Pertanto, il massone che viaggia viene ricevuto come un fratello in qualsiasi loggia del mondo, sempre che si riconosca il suo stato massonico…
Una simbolistica universale
I massoni concordano anche su altre cose? Sul sistema simbolico, certo. Il linguaggio simbolico e, per essenza, universale, quindi unificante. Comune a tutti i massoni, li aiuta anche a difendersi, a isolarsi dal profano: il Tempio è l’antidoto di Babele. Il simbolo, inoltre, non è mai tradito, per una ragione molto semplice: è polisegnico, plurale. Non avendo definizione ufficiale, ognuno può leggerlo a suo piacimento. Pertanto, raramente le dispute massoniche sono nate da quella fluida sintassi che è costituita dal codice o repertorio della simbolistica massonica.
Linguaggio essenzialmente visivo, inaccessibile al profano, quindi molto fastidioso per la gente comune, il simbolo massonico costituisce la trama stessa e il veicolo necessario dell’iniziazione. Dal momento che questa fa appello al cuore quanto alla ragione, all’intuito piuttosto che alla logica, come potrebbe non trovare un linguaggio in ciò che funziona a sua immagine: il simbolo, per l’appunto. Il simbolo che mai impone, ma sempre risveglia, non detta gli atti, ma illumina i pensieri, non insegna un sapere, ma suggerisce un’intuizione. Esso si occupa meno del presente che del possibile, svela orientamenti e virtualità, speranze.
I simboli del lavoro (squadra, compasso, maglietto, livella, cazzuola, pietra grezza e cubica, e tanti altri … ), i simboli di origine biblica o religiosa (le colonne, il delta luminoso, la stella fiammeggiante, la lettera G … ), i simboli alchímistici o ermetici (il sale, lo zolfo, il mercurio…), e poi cento altri: ognuno ha un proprio posto nelle logge e una propria funzione rituale. L’officina massonica e uno spazio integralmente simbolico. Nulla può isolarla meglio dal profano. Nulla concorre meglio al suo segreto.
Un ordine segreto
La Massoneria non è, nel diritto, una società segreta. Almeno nelle democrazíe liberali. Per esempio, le obbedienze francesi sono associazioni sottoposte al regime della legge del 1901. In compenso, l’Ordine tiene molto alla sua segretezza. E una conseguenza della sua storia e soprattutto della sua tradizione iniziatica.
Abbiamo visto che i segreti del mestiere, tecnici (segreto professionale) o corporativi (parola d’ordine, segno di riconoscimento) già esistevano ai tempi dei massoni operativi. In certi momenti caldi dell’avventura massonica mantenere il segreto sull’esistenza delle logge era questione di vita o di morte. L’abitudine alla segretezza si è mantenuta sotto forme essenzialmente simboliche.
Per esempio, un “tegolatore” e un “copritore” sono incaricati di sorvegliare la porta dell’officina, uno all’esterno, l’altro all’interno, e di tenerne fuori gli intrusi. I segreti della Massoneria operativa e leggendaria sono, anch’essi, diventati simbolici. Per esempio, ognuno dei gradi possiede, tra i propri segreti, Una “parola” (vocabolo sacro o “parola di passo”), esattamente come Hiram aveva dato una parola segreta a ogni categoria dei suoi operai.
Chiaramente, come ogni cosa in Massoneria, tali formulazioni del segreto possono avere, allo stesso tempo, un senso pratico e simbolico. Cosí, “tegolatore” e “copritore” non sono semplici vigili. Servono anche da transizione, da punto di passaggio obbligato, da cerniera tra lo spazio profano e la loggia, spazio iniziatico, chiuso e fragile, che non potrebbe essere esposto alla luce del giorno senza deteriorarsi. Perfino in una potenza massonica cosí aperta come il Grande Oriente di Francia, gli scambi con l’esterno sono oggetto di sistemi rigorosi che si riassumono in due configurazioni simmetriche: la “tornata bianca aperta”, in cui un iniziato si esprime davanti a una assemblea di profani, ai quali possono, naturalmente, aggregarsi dei massoni, e la “tornata bianca chiusa”, in cui un profano si rivolge invece esclusivamente agli iniziati.
Occorre, a questo punto, fare una distinzione fra i segreti di origine storica o leggendaria (che servono a riconoscersi tra massoni) e il segreto, il vero segreto massonico, l’unico che è inerente, sotto il profilo filosofico, all’iniziazione stessa, a parte ogni considerazione o storica o aneddotica. E segreta l’illuminazione interiore, che difficilmente potrebbe esprimersi in parole. Segreta è l’ascesi massonica, tesa verso la perfezione dell’umano, l’approccio spirituale che il profano non può veramente afferrare nella sua essenza, perché avviene dentro l’uomo.
Sarà una delusione per i cacciatori di misteri, ma l’autentico segreto dei massoni è soltanto interiore: se non viene manifestato è perché non è trasmissibile. Poiché non viene celato volontariamente, ma è per essenza invisibile, non potrebbe mai essere carpito. In quanto al segreto del rituale, invece, se ne trova la spiegazione nei libri.
Con l’avvento di sistemi politici pluralistici, l’odio contro i massoni si è placato. I Figli della Vedova non ispirano più atroci libelli. Non mangiano più i bambini, non terrorizzano le giovinette. Satana li ha cancellati dalle sue liste. Ma anche qui il giudizio va meditato. Nell’Europa occidentale, le persecuzioni naziste hanno reso nefandi e vergognosi atteggiamenti come l’antisemitismo e l’antimassonismo, ma occorre ricordare che vi è una cosa che non sparirà mai e che ricompare sempre nei momenti di crisi: la ricerca di un capro espiatorio. Lo si tiene semplicemente in serbo nel caso tornasse utile. “E’ sempre fecondo”, scrisse Brecht, “il ventre dal quale è uscita la bestia immonda. ”
In compenso, molte cose vengono rimproverate al funzionamento della istituzione massonica o di alcune potenze massoniche. Si trovano invecchiate le consuetudini, le scenografie, vi si vede una specie di teatro polveroso. Alcuni parlano di scouts metafisici, di preti senza chiesa o di culto senza religione.
Si rimprovera alle obbedienze, soprattutto a quelle “regolari”, il loro carattere elitario, il loro reclutamento borghese, lo sfruttamento delle “amicizie” e di essere, per molti versi, ancorate nella “socíetà” piuttsto che radicate nelle “rnasse”.
In breve, ritroviamo, in molte critiche attuali, l’eco ovattata delle antiche prese In giro, quando i ‘Figli de la luce” venivano canzonati.
Ci riferiamo soprattutto alla questione del reclutamento e a quella delle donne. Quanto al resto, ci troviamo per lo piú di fronte a generalizazioni affrettate, a pregiudizi. Frutto, soprattutto, di scarsa conoscenza dal momento che si tratta di un mondo chiuso.
La Massoneria è fuori moda, è superata? E se, pretendono certuni, il modernismo fosse oggi al lavoro, nelle logge, allo stesso titolo dell’ascesi o della tradizione? Si dice che la Massoneria abbia inventato la dinamica di gruppo e che si sia sostituita, in molti casi, alla psicanalisi. Sono certamente nozioni che fanno inorridire la Massoneria detta “regolare”, chiusa nei suoi dogmi, ma che comunque affascinano i modernisti.
Certo, si potrebbe dire, quello massone è un modo singolarmente egoistico, traviato, di concepire l’inziazione. Perché, se per uno “psicotico” si tratta, ristrutturando la propria personalità, di salvarsi nella società, per i massoni si tratta innanzitutto di salvare il mondo: e non lo si può fare ritirandosi nel proprio tempio interiore.
La Massoneria, laboratorio delle società
La Massoneria moderna ha in realtà altre vedute, altri slanci. Perchè tanti contestatori del 1968 hanno bussato alle porte delle logge moderniste? Perché pensavano di trovarvi il prolungamento della loro ricerca, un altro mezzo, forse, per cambiare il mondo. Forse avevano riconosciuto in quelle logge, lo stesso rifiuto del dogma, la stessa ricerca di nuovi spazi di libertà che erano alla base della loro contestazione.
La Massoneria modernista intende veramente essere un laboratorio della società. Per farlo ha ottimi punti a suo favore: nell’èra degli scambi, è planetaria. Vi si incontrano uomini di ogni professione, di ogni condizione. Le sue cellule sono autonome, le province vi sono rappresentate come le metropoli, lo spirito di tolleranza impedisce ogni rottura, l’inserimento nella tradizione evita gli eccessi del neopositivismo moderno. In un certo senso, in essa si ritrova la pluridisciplinarietà senza la tecnocrazia, l’ecumenismo senza il dogma. Inoltre, la ricerca quotidiana viene sorretta da una ricerca essenziale.
E opportuno, ad esempio, ricordare che in Francia, come altrove, in nome di una certa filosofia della vita, la contraccezione fu lanciata da una “confraternita” di medici massoni, che i testi legislativi sulla “pillola” furono talvolta preparati nelle logge, e che la campagna per il controllo delle nascite fù, in parte, assicurata dai massoni di talune obbedienze.
I massoni furono tra i primi a desiderare il progresso sociale, lo sviluppo delle scienze, ma anche qualche cosa d’altro. Hanno pensato che la ragione dialettica da sola non sarebbe bastata a ricostruire il Tempio, che sarebbe stato necessario anche un alimento spirituale.
L’ermetísmo, in cui si è largamente immessa la Massoneria moderna, faceva inorridire i positivisti dell’Ottocento. Senza essere affatto portati al supernormale o anche alla metafisica, si dovrà constatare che la ricerca moderna segue nuove strade e si allontana sempre di piú da quelle tracciate da una cieca fiducia nella scienza pura. La nozione di unità della materia, l’idea che il mondo possa essere rinchiuso in un’unica formula, la scoperta che la vita è scaturita dall’inorganico e che diventa sempre piú complessa, sono ragioni che confermano l’idea massonica che nel mondo tutto è legato, intrecciato, e non vi è nulla di compiuto.
Il relativismo di Eínstein, l’indeterminismo della fisica quantistica hanno messo in rilievo l’impotenza della scienza ad afferrare tutto, ad assicurare, in qualche modo, la fine della propria ricerca.
Il fisico Bohr, dopo Einstein, considera l’universo come un “tutto” e si preoccupa delle relazioni tra spirito e materia. Il suo collega Capra assimila la teoria quantistica al Tao dell’antica Cina. Molti studiosi, infine, si interessano alle vie intuitive della ricerca. E allora, di colpo, lungi dall’essere sorpassata, la Massoneria pare ringiovanire di giorno in giorno.
E poi, poco importa ai massoni: per loro, l'”organizzazione” non potrà mai morire. Anche se dovessero restare solamente venti “fratelli” in tutto il mondo, per essi il Tempio della perfezíone umana non cesserebbe mai di edificarsi. L’Ordine, proclamano, comprenderà, un giorno, tutto il genere umano, senza alcuna distinzione.