Esiste un’etica nella vita intesa
secondo le modalità originali della natura?
(Giuliano Brunello)
Se devo essere sincero non ho accettato con entusiasmo il lavoro assegnatomi: la complessità del tema si adatta meglio ad una persona che abbia una cultura e sensibilità umanistiche ed io, lo sapete bene, sono un tecnico e vengo dal mondo dell’industria.
Tuttavia ho pensato che questa poteva essere considerata un’occasione di riflessione e così mi sono accinto a svolgete questo lavoro che, sotto molti aspetti, potrà essere considerato elementare e di questo Vi domando scusa in partenza.
Vi chiederò quindi di essere tolleranti ed ascoltare quanto andrò a leggere con questo spirito.
Perdonerete le ingenuità e apprezzerete l’impegno.
Come ogni studente scrupoloso sono andato a cercare sul vocabolario il significato di etica. Il Devoto-Oli recita: “dottrina o indagine speculativa intorno al comportamento dell’uomo di fronte ai due concetti del bene e del male”.
Nel dizionario filosofico di Abbagnano l’etica è definita come la scienza del fine a cui la condotta dell’uomo deve essere indirizzata e dei mezzi per conseguire tale fine.
Queste definizioni mi inducono a riflettere che il significato di etica può mutare se riferito all’uomo o alla natura:
-nel 1° caso osservo, interpreto e valuto il comportamento dell’uomo rispetto ai concetti del bene e del male;
-nel 2° caso mi sembra di poter affermare che osservo, interpreto, ma non posso valutare, rispetto ai concetti del bene e del male, la natura nel suo eterno trasformarsi.
La natura può essere intesa come principio di vita e di movimento di tutte le cose esistenti, come ordine e regolarità.
Il termine significa letteralmente – colei che è in procinto di generare – e indica quindi la forza che presiede alla vita, all’esistenza delle cose.
Consentitemi di leggere queste poche righe tratte dalla “Interpretazione della natura” di Diderot per definire meglio il concetto.
“La meraviglia dipende spesso dal fatto che si immaginano molti prodigi là dove ce né uno solo; dal fatto che si immaginano nella natura tanti atti particolari quanti sono i fenomeni, quando invece, forse, essa ha compiuto un unico atto. Sembra anche che, se la natura si fosse trovata nella necessità di compierne parecchi, i differenti risultati di questi atti sarebbero isolati; che vi sarebbero collezioni di fenomeni indipendenti le une dalle altre; e che quella catena generale, di cui la filosofia suppone la continuità, si romperebbe in diversi punti, L’indipendenza assoluta anche di un solo fatto è incompatibile con l’idea di un tutto, e senza l’idea di un tutto non vi sarebbe filosofia.”
Posso dunque io, uomo, valutare le modificazioni della natura, considerare buoni o cattivi i suoi “esperimenti”? Se teniamo presente l’ipotesi darwiniana sul fenomeno della Selezione Natura, si può affermare che la natura non compie alcun esperimento; la natura effettua eventualmente una mutazione di piccoli ma essenziali caratteri ereditari rendendo gli individui della specie più adatti a vincere la lotta per l’esistenza.
Naturalmente si può non concordare sui principi dell’evoluzionismo e ricercare altrove l’interpretazione dei fenomeni della natura, ma mi sento di sottolineare questo termine interpretazione che non diviene mai valutazione rispetto ai concetti del bene e del male.
è per questo che mi sembra improprio parlare di etica della natura.
Il problema può essere affrontato da un’altra angolazione se per Natura intendiamo l’uomo interagente con la realtà naturale; allora certo si può parlare di “esperimenti” e valutarli e sostenere che l’etica, in quanto scienza del fine, deve indirizzare la condotta dell’uomo.
sulle possibili motivazioni morali delle considerazioni ecologiche, ho trovato spunti interessanti in un saggio di Ursula Wolf “I problemi ecologici sono problemi morali ?”
L’autrice indica tre tipi di motivazioni:
1° l’etica ecologica si fonda semplicemente sul nostro interesse
2° la natura ha di per sé un valore assoluto
3° l’etica ecologica è implicita nella morale interpersonale
La prima e più semplice spiegazione non avrebbe alcun carattere morale, intendendo per morale il rispetto degli altri, in quanto corrisponde unicamente al nostro interesse.
La seconda tende ad un’idea morale ampliata secondo la quale non sono solo gli uomini a possedere diritti morali, ma anche la natura sia essa intesa come singole cose naturali o come ecosistema nel suo complesso.
La terza posizione si colloca fra la prima, troppo minimale, e la seconda, troppo “forte” e potrebbe formularsi così: la natura non ha propri diritti morali ipotesi su cui sarebbe difficile trovare un accordo; d’altra parte non può esistere solo l’interesse di chi vive qui ed ora. C’è la preoccupazione legittima per il bene del futuro genere umano e tale preoccupazione è più che sufficiente come motivazione morale.
Mi sembra di poter sostenere che questa ultima posizione sia condivisibile in quanto definisce un fine, salvaguardare il futuro genere umano, che può indirizzare la condotta dell’uomo.
Certamente si tratta di rivedere la scala dei valori che per secoli ha visto l’uomo come centro del creato per considerarlo un compagno di viaggio con altre creature.
Si tratta di eliminare il pensiero di scissione fra uomo e ambiente per far nascere un senso di co-appartenenza e affinità con gli altri esseri viventi; si tratta di vedere l’uomo non come il padrone del mondo ma piuttosto come un suo custode a cui spetta una gestione più oculata delle risorse e una valutazione più accurata delle sue azioni e del loro effetto sull’ambiente.
sicuramente è impossibile vivere senza violare in qualche modo la natura e ogni alterazione dell’equilibrio naturale potrebbe avere ripercussioni negative, dobbiamo quindi accettare una certa misura di pericolo. D’altra parte se l’uomo non fosse mai intervenuto sull’ambiente probabilmente saremmo ancora all’età della pietra.
E’ vero anche che oggi la scienza e la tecnica progrediscono così velocemente da non concedere, talvolta, il tempo di valutare le implicazioni delle nuove conquiste. Molti sono i casi che richiederebbero più approfondite riflessioni e tuttavia il cammino della ricerca non si può arrestare.
Non essendo ideologica nella sua struttura, la scienza può servire i fini più nobili come i più dannosi. è tuttavia opinione condivisa che lo scienziato non può rimanere estraneo alle conseguenze sociali del suo lavoro e che la scienza non può essere separata dalla morale.
Mi sembra però corretto sottolineare che difficilmente lo scienziato può controllare le applicazioni delle sue scoperte, e quindi sono la scienza e la tecnologia che devono trasformarsi da eticamente libere e eticamente responsabili o è la politica che deve assumersi l’onere di scelte mirate al bene della società?
Non ho mai dimenticato la risposta data da uno psicologo, esperto in tecniche della comunicazione, ad una domanda con la quale si esprimevano dubbi di ordine morale sull’applicazione di tali tecniche che in qualche misura potevano consentire di manipolare il prossimo “Con un coltello posso tagliare il pane o uccidere una persona; per questo posso dire che il coltello è in sé buono o cattivo? ”
è il momento delle conclusioni; ho cercato di chiarire a me stesso il significato di etica, di natura, di rapporto fra etica e natura, fra etica e scienza.
Mi resta un’ultima domanda: qual è il rapporto fra l’etica e l’uomo?
Consentitemi di lasciare in sospeso tale domanda, che richiederebbe capacità speculative che non ho.
Posso rispondere con il cuore più che con la mente: un uomo, che uomo sarebbe mai se non indirizzasse i suoi pensieri e le sue azioni con la coscienza del bene e del male?
Vi ringrazio dell’attenzione che cosi benevolmente avete voluto prestarmi; certamente avete perdonato le ingenuità e apprezzato l’impegno.