L’ingegneria genetica applicata a piante e animali
Per quanto vaste possano essere le applicazioni mediche, farmacologiche ed industriali dell’ingegneria genetica, secondo molti esperti ancora più ampio e profondamente rivoluzionario sarà il suo impatto nei confronti dell’agricoltura e della zootecnia. Non solo, ma le applicazioni in questi settori sembrano essere anche più a portata di mano.
Le biotecnologie non sono necessariamente qualcosa di avveniristico. Pane, vino, aceto, birra, formaggi, sono prodotti biotecnologici antichissimi. In essi minuscole forme di vita quali funghi, batteri e lieviti, lavorano con enzimi, in modo da rendere soffici le pagnotte, trasformare lo zucchero in alcool o per convertire il latte in Fontina, Grana e Gorgonzola.
La differenza sta nel tatto che, mentre questi processi venivano prima governati dal caso e fino al secolo scorso non si sapeva neppure perché avvenissero, oggi sappiamo come mettere al lavoro gli invisibili funghi, i batteri, i lieviti e all’occorrenza sappiamo anche costruirli su misura, intervenendo sui loro geni.
Attraverso la manipolazione genetica si sono ottenute varietà di piante sempre più produttive, più resistenti, più facili da coltivare e da raccogliere, al punto che oggi, in pratica, nessuna delle piante usate in agricoltura è ormai più “naturale”. I risultati ottenuti sul campo sono stati spettacolari e per fare un esempio basti citare che negli Stati Uniti la produzione di granoturco è passata rapidamente da una ad otto tonnellate per ettaro.
La FAO ha appena presentato il rapporto “Agricoltura verso il 2000”, dove risulta che, grazie anche alle biotecnologie e nonostante la crescita della popolazione mondiale, la disponibilità di cibo per ogni abitante è aumentata del 18% rispetto a 20 anni fa, mentre si può ipotizzare che entro il 2010 le persone sottoalimentate caleranno dagli 800 milioni di oggi a 560 milioni.
ALCUNI ESEMPI
Per capire meglio come vengono usate le biotecnologie nel campo alimentare, sarà utile fare alcuni esempi.
In Israele, che possiamo considerare quale terra pilota nel settore e dove vengono investiti da diversi anni molti milioni di dollari nella ricerca, il Prof. Yoel De Malach, uno scienziato nato in Italia, ha avuto una intuizione felicissima: dopo aver scoperto che a 1000 metri sotto il deserto israeliano (ma a quanto pare non solo sotto a quello) esiste un oceano di acqua la quale contiene però troppi sali per poter essere usata direttamente, ha cercato nei suoi laboratori di “insegnare” ad un gran numero di piante a vivere con l’acqua salata, nella convinzione che depurare dai sali quella pompata, sarebbe stato molto più difficile e costoso.
Il risultato è che attualmente si coltivano in pieno deserto olivi, frutta e meloni, mentre se si considera che parallelamente si è “insegnato” anche a diverse varietà di pesc,i quali dentici e orate, a vivere con questo tipo di acqua, si capisce che è stato costruito un giardino al posto di un luogo estremamente inospitale. Inoltre, in questo modo, sono state messe le basi per una collaborazione con i paesi arabi confinanti, contribuendo così alla pace in Medio Oriente.
Ma la ricerca israeliana punta ancora più in alto e vuole produrre vegetali con un alto potere proteico. Se questo riuscirà in larga scala, sarà possibile avere patate o pomodori con il potere nutritivo di una bistecca. Insomma una vera e propria rivoluzione alimentare. Vediamo più da vicino in che modo. Il nostro corpo, per vivere, necessita di proteine e per produrre queste c’è bisogno di molti amminoacidi, tra i quali c’è la Lisina che però è contenuta pochissimo nelle piante.. Si è così scoperto che, se si bombardano coli geni di proteine i semi di piante come le patate o il grano, queste potranno poi produrre Lisina, la quale a sua volta aiuterà il nostro corpo a produrre proteine.
Un terzo esempio riguarda il pomodoro, una delle piante maggiormente coltivate in Israele ed in tutto il mondo. L’ostacolo più grosso per la crescita di questa specie a diverse temperature è la presenza dei semi, per la produzione dei quali la pianta deve essere impollinata, operazione che avviene solo in determinate condizioni ambientali. Ebbene, nei laboratori di Tel Aviv sono stati modificati i geni delle piante di pomodoro in modo da far scomparire i semi. Analogo procedimento è stato messo a punto per i peperoni e l’uva.
Nel frattempo, dall’altra parte del mondo, un giovane ricercatore americano ha individuato il gene che produce la tela del ragno. Lo ha isolato, lo ha inserito in una soluzione batterica ed ha ottenuto le proteine che compongono la tela stessa. La scoperta è molto interessante e si è già iniziato a produrre artificialmente un filamento con il quale fare tendini, legamenti e fili di sutura fino a 40 volte più sottili di quelli attuali.
Nei paesi ricchi, dove c’è una sovrapproduzione alimentare, le possibili applicazioni delle biotecnologie sono fondamentalmente quelle tese a migliorare la qualità degli alimenti e degli altri beni di consumo. Presto arriveranno sulle nostre tavole fragole con sostanze protettive nei confronti del cancro, bistecche con meno grassi, pomodori che non marciscono, carne e latte più digeribili.
Nei paesi del terzo inondo, invece, il problema sarà quello di incrementare la quantità degli alimenti prodotti ed a questo proposito si sta cercando di aumentare la resa e la velocità di crescita delle piante. Risulta quindi evidente che con il progresso delle biotecnologie si potrà, se ci sarà la volontà di farlo veramente, contribuire all’arresto del crescente divario tra i paesi industrializzati e quelli del terzo mondo.
LE BIOTECNOLOGIE IN ZOOTECNIA
La produzione di animali transgenici, cioè contenenti nelle cellule della linea germinale un patrimonio genetico modificato, è una delle più promettenti applicazioni commerciali delle nuove biotecnologie.
Ne è un esempio un articolo de “II Giornale” del 17/1/96 che titolava così: “MAIALI CON FEGATO UMANO – Un allevamento segreto di suini transgenici per produrre organi compatibili con quelli dell’uomo”.
L’articolo proseguiva informando che nel nostro paese verranno creati maiali trattati con geni umani, in modo da avere organi compatibili con quelli dell’uomo. Il loro cuore risulterebbe già compatibile con il sangue umano e si punta a creare un fegato in tutto e per tutto simile al nostro. Ma, in quale modo si può rendere più umano un maiale? Si procede alla fecondazione dell’ovulo del maiale in vitro, innestando geni umani con le normali procedure dell’ingegneria genetica.
Occorreranno poi diverse generazioni di animali trattati geneticamente per rendere i loro organi il più possibile simili a quelli dell’uomo, ma il procedimento sembra abbastanza veloce: si è ipotizzato che ci vorranno 3-4 anni prima di pensare ad un trapianto di fegato dal maiale all’uomo.
Esiste un’altra applicazione interessante dell’ingegneria genetica applicata nel settore degli animali: quella che serve ad estrarre albumina dal latte delle capre. In un certo numero di queste bestie è stato modificato il gene della siero-albumina in modo che, per ottenere questa rara proteina, basterà mungere l’animale.
L’esperimento vale tanto oro quanto pesa la capra ed infatti, mentre oggi la produzione di 1 grammo di albumina con i metodi tradizionali costa circa 10.000 lire, se pensiamo che in un anno la capra fornisce circa 1.000 litri di latte e da ogni litro si possono estrarre circa 10 grammi di albumina, significa che l’animale può rendere fino a 100 milioni l’anno.
Ma d’altra parte le biotecnologie sono il motore di un giro di affari incalcolabile, tanto che i prodotti sono coperti da brevetti e possiamo affermare che esiste già una vera e propria industria nel settore della genetica.
Con la tecnologia del DNA ricombinante, si possono produrre una serie di proteine che interessano la farmacologia veterinaria. Si tratta per lo più di ormoni, come quello bovino della crescita che può incrementare l’efficacia di conversione del cibo di carpe e la produzione di latte. Nei moderni allevamenti si possono trovare mucche che producono in un giorno più di 100 litri di latte, tacchini grossi come vitelli e galline che depongono inun anno più di 300 uova a testa.
E nel campo della zootecnia si sta già usando un altro sistema di riproduzione ampiamente sperimentato con le piante. Si tratta della clonazione, una tecnica con la quale, durante la fecondazione artificiale in vitro, vengono asportate alcune cellule dall’embrione, per dar vita ad altrettante cellule, tutte identiche tra loro, che porteranno ad individui adulti talmente eguali da sembrare tante fotocopie.
LE OMBRE
In questo panorama così interessante e promettente, non mancano le possibili ombre. La modifica mirata del patrimonio genetico delle piante e degli animali di laboratorio, o di microrganismi usati in campo agricolo, solleva la problematica della diffusione nell’ambiente di organismi muovi, il cui effetto potrebbe essere dannoso e comunque non previsto. Nessuno 50 anni fa, pensava che sarebbero rimaste tracce di DDT persino sui ghiacci dell’Artico o nel guscio delle uova dei rapaci.
Se si aggiunge a questo il fatto che, come dicevamo prima, queste scoperte diventeranno oggetto di mercato e quindi potranno anche cadere nelle mani di persone senza scrupoli, si capisce quanto sia delicata la materia.
Facciamo un ulteriore esempio. In un posto della California il Sig. Joe Cannon ha fatto ibernare la testa della defunta moglie Terry ed ha lasciato scritto di voler a sua volta essere ibernato nella speranza che gli scienziati del domani possano loro ridare la vita e permettere così di ritrovarsi nuovamente giovani insieme. Fin qui la cosa potrebbe suscitare solo curiosità, o al massimo tenerezza per l’amore di questa persona verso là moglie, invece la cosa è più inquietante.
Nella fondazione americana Alcor, che tiene questi individui morti e ibernati, in attesa di un nuovo corpo, il Prof. Moudragou ha tranquillamente dichiarato che intende manipolare il DNA delle cellule per produrre una copia identica degli individui. Al di là che ciò sia seriamente possibile, questo la dice lunga sul punto al quale siamo arrivati e ai pericoli che stiamo correndo.
L’attualità della bioetica è evidente: questa scienza avanza di continuo e gli ambiti dl ricerca sempre più vasti, fanno sì che a tutti i livelli si senta il bisogno di pensare eticamente sia le decisioni da prendere, sia il ruolo di coloro che tali soluzioni devono attuare, con la convinzione comunque che la scelta etica è un diritto-dovere di ogni persona.
Chi inventò la ruota non poteva certo immaginare che questa sarebbe servita poi a costruire i carri armati e quindi, come tutti i prodotti della scienza, le biotecnologie saranno buone o cattive a seconda dell’uso che se ne saprà fare.
Tuttavia, è giusto che gli scienziati di oggi, i quali almeno a parole dicono di essere consci del pericolo, debbano porsi continuamente una domanda: dove si deve fermare la manipolazione del patrimonio genetico di piante ed animali? Molti di noi, quando si dichiarano “figli della Vedova”, intendono dire con questo di essere i figli della Grande Madre Natura.
E’ quindi molto importante avere dentro di noi la consapevolezza che la scienza moderna, che pure deve andare avanti perché solo così potrà aiutare l’intera umanità, non può e non deve avere il dominio sulla Natura, nel senso che nessuno deve impadronirsi del vivente.
TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. M. L.
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