Sul concetto di “Elite” Come sopra così sotto? |
Nel parlare e nel ragionare di Massoneria non si può fare a meno – prima o poi – di affrontare anche questo tema, che nel corso degli anni pare essere divenuto in parte un tabù e in parte un concetto considerato dai più oramai desueto. Ma siccome non dobbiamo avere paura delle parole e delle idee, anzi con esse dobbiamo come nostro dovere confrontarci, penso che anche su questo tema vada espletato un tentativo di chiarificazione, ponendosi principalmente queste due domande : – Massoneria è sinonimo di elite? – E se si, di quale tipo di elite stiamo parlando? A mio avviso, fuor da ogni tipo di ogni possibile ipocrisia, sin dal principio si deve operare una distinzione nei due aspetti principali che la Libera Muratoria pare aver assunto nel tempo ovvero quello interno, fondamentalmente esoterico, e quello – per cosi dire essoterico – che dovrebbe interagire con la società esterna e che quindi abbisogna di mezzi «profani» (politici, finanziari, mediatici) per trovare un qualche tipo di compimento. E dire altrettanto chiaramente che siamo considerati molto di più per questo ultimo aspetto – anche e soprattutto nelle sue implicazioni non del tutto positive – che per il precedente. Il primo caso è concettualmente senz’altro più difficile da approcciare, ma sostenuto da una vasta propedeutica che a partire dai testi fondamentali (rituali, costituzioni, regolamenti, ecc.) e sviluppatosi in decine e decine di opere e di interpretazioni dovrebbe condurre il singolo attraverso vari stadi iniziatici a possedere quel tanto di consapevolezza del funzionamento della “macchina universale e umana” da permettergli di vivere nella maniera la più saggia possibile e di essere, per questo, esempio con la sua stessa condotta agli altri. Nel secondo caso, sfortunatamente, esistono ben pochi riferimenti, se non un richiamo alla beneficenza e al mutuo soccorso tra confratelli – sempre, è bene ricordarlo,nel rispetto della moralità, delle leggi e dell’ordinamento democratico -, ma in definitiva non viene indicato nessun preciso modus operandi dell’istituzione nei confronti della realtà esterna. E quindi è ben facile concordare che questo ultimo aspetto ha risentito in maniera decisiva sia dei tempi che dell’interpretazione dei singoli che in vari periodi si sono succeduti, non solo alla guida dei maggiori raggruppamenti massonici, ma anche nelle singole logge. Quindi – volendo semplificare – si può parlare di eventuale elite spirituale e di eventuale elite sociale, intendendo con questo termine la parte che deve – o dovrebbe – interagire con la società “esterna”. La loggia – primo e fondamentale nucleo della massoneria – è immagine dell’universo, i suoi componenti sono rappresentazione simbolica di tutti gli altri uomini e essi assieme tentano di compiere all’interno di un nucleo ristretto quello che al di fuori pare essere una chimera, una comunità che nella sua diversità possa ritrovarsi sotto il trinomio Libertà-Uguaglianza-Fratellanza, usando la tolleranza (che è in primo delle idee) come legante tra i vari componenti, che dovrebbero essere – ma questo purtroppo raramente si verifica – di varia estrazione, nascita, censo, condizione sociale, idee politiche e anche religiose, tanto che non dovrebbero avere nella società profana la possibilità altrimenti di incontrarsi, confrontarsi e apprendere l’uno dall’altro. Al suo interno tale comunità non è religiosa nel senso confessionale, ma animata da un grande sentimento tendente alla sacralità e che si ritrova attorno al Grande Architetto dell’Universo assunto come simbolo della “logica illogicità” della necessità umana di un Ente Supremo – la religione in cui tutti gli uomini concordano – , con ciò non escludendo le personali e particolari convinzioni in materia. Ma essendo, appunto, immagine dell’Universo non si può pensare che possa essere statica, essa avrà momenti di espansione e contrazione, vivrà periodi di agitazione e di calma in un continuo divenire nel quale i suoi componenti trovandosi ad interagire nel tempo e nello spazio dovranno trovare la miglior maniera di coesistere e contemporaneamente lavorare al proprio e altrui miglioramento. Ed è qui che viene un primo e fondamentale interrogativo… se tutto questo fosse tentato nella società profana, quali sarebbero i risultati? La risposta non può altro che essere, al pari della domanda, retorica. Semplicemente, al di là delle dichiarazioni d’intenti, ciò non sarebbe possibile e purtroppo i recenti e recentissimi avvenimenti di cronaca non possono che confermarlo, mentre pur se faticosamente e tra mille difficoltà la Massoneria e i suoi ideali, il suo progetto e il suo cantiere sono da secoli aperti e attivi. Non si può non essere d’accordo con il Fichte quando sostiene che: “Il più grande mistero dei Liberi Muratori è che essi continuino da secoli ad esistere”. Ma è un mistero che può essere, se non svelato, quanto meno indagato, e a mio avviso il perché di questo risiede nella la forza del libero pensiero, dell’ideale di miglioramento, nella speranza di poter costruire un futuro migliore e di trovare persone con le quali si possa condividere (perciò Fratelli) tutto questo. Forse nella scintilla divina che alberga in tutti gli uomini e che lega quelli tra di loro che questa scintilla ricercano. E la forza dell’Uomo che aspira al suo miglioramento. Ma detto questo si pone, sempre, il problema di qualcuno che per ruolo o illusione in buona fede o meno si pone il dilemma di come poi interagire con “l’esterno” e quindi per questo suo ruolo o idea si arrischia a «profanizzare» gli aspetti iniziatici dell’Istituzione con lo scopo – sempre incerto – di portare in questa maniera in un contesto più ampio gli ideali Libero Muratori e dovendosi muovere per questo in una linea di confine che è sempre a rischio. Dopo la vicenda P2 (ma si potrebbe risalire sin all’inizio del secolo con lo scandalo della Banca Romana) tutti sappiamo e conosciamo in Italia quali sono i rischi e le implicazioni di questo tipo di comportamenti. La Massoneria ne paga ancora e fortemente il prezzo, come organismo complessivo, come singole Comunioni e come singoli Fratelli. Tutti conosciamo, o dovremmo conoscerne, la genesi e l’humus dove quel progetto pseudo-sinarchico che al di là dei singoli protagonisti – alcuni forse davvero in buona fede – è stato prima generato e poi distrutto da poteri politici e finanziari ai quali la Massoneria ha offerto improvvidamente asilo e credo tutti si dovrebbe concordare che quella – visti i risultati – non fosse la strada giusta da seguire. Il potere, il denaro, la politica, inevitabilmente corrompono il pensiero puro e l’ideale e quindi fra le due cose non può esservi compatibilità organica a meno di snaturare la stessa Massoneria. Né si può pensare che la attuale società possa sopportare il solo sospetto che esista una organizzazione di qualsiasi natura che nell’ombra operi e diriga le sorti degli stati e delle istituzioni democratiche, sociali ed economiche. Questo semplicemente non sarebbe tollerato e i Massoni e la Massoneria, ciclicamente e per lo più incolpevolmente, ne pagano lo scotto maggiore non riuscendo a volte nemmeno a sapere essa stessa cosa debba essere fino a ritrovarsi nell’immaginario collettivo in forma di mostro polimorfo al quale buttare addosso la croce di qualsiasi malafatta o malaffare compiuto magari davvero da altri “raggruppamenti” che invece hanno davvero questo fine. Altra cosa è, logicamente, quella della dimensione di impegno nel campo della beneficenza rivolta a sollevare e aiutare chi si trova in stato di necessità, cosa che è non solo meritoria in senso Massonico, ma che dovrebbe essere patrimonio di tutta l’umanità. In questo campo ci troviamo per lo più nella condizione, alle volte frustrante, di chi versa una goccia nel mare, ma dobbiamo sapere che anche quella goccia contiene tutto il mare e quindi non scoraggiarsi di fronte alla vastità del male che ci circonda e alla pochezza del bene che possiamo fare. Quindi, ritornando alla domanda iniziale penso si possa dire che la risposta è in gran parte nei fatti: ricordando la famosa e forse abusata massima che «Massoni lo si nasce e non lo si diventa» si può tracciare una prima linea di demarcazione tra chi possiede in sé certe predisposizioni e chi invece no e quindi dire che nella propria individualità ognuno troverà la maggiore tranquillità e giustificazione al suo impegno massonico, ma procedendo nella “piramide” e considerando anche che (siccome lo si nasce) ognuno vivrà la sua esperienza in maniera non coincidente con l’altro, possiamo vedere come già nelle Logge sia necessario un continuo e paziente lavoro interno di levigatura con il quale si riesce in gran parte, ma con grande e continuo impegno, a armonizzare le personalità e le finalità formanti e indirizzanti il gruppo se pur sostenuti, come detto, da un ordinamento interno sperimentato e canonizzato. E questa è la prima e forse unica forma – non potendo associare al singolo tale definizione – di elite spirituale che possiamo riconoscere. Poi nasce la giusta esigenza per le Logge di federarsi e quindi di cominciare a demandare sempre maggiori responsabilità pratiche ad organismi esterni ad esse che possono ad alcuni apparire così come “postazioni di potere” e “poltrone da occupare e difendere”, e qui senza voler entrare in polemica con nessuno si cominciano ad incontrare concetti che come il numero, la visibilità e la rappresentatività con le istituzioni esterne iniziano ad avvicinarsi alla linea di confine e quindi potenzialmente a “profanizzare” il cammino Massonico. Non perché qualcuno abbia una predisposizione a questo, anzi tolti pochi e isolati casi così non è mai stato, ma perché questo rientra nell’ordine delle cose e nella imperfezione della natura umana. Ed è qui che si comincia a delineare una prima forma di elite potenzialmente “deviante” dai principi massonici. Siccome il potere, o l’illusione di questo, inevitabilmente corrompe l’animo umano alcuni possono pensare di prendere attrezzi non adatti al lavoro e di cominciare ad edificare in aree lo stesso non adatte, con prevedibili e sperimentati risultati. Volendo essere pessimisti si potrebbe arrivare a citare la famosa sentenza per cui «La maggioranza degli uomini è cattiva» ovvero che più è folto il gruppo, più le sue pulsioni negative saranno forti e non controllabili , ma senza voler raggiungere questi apici di disincantato e profano cinismo che non ci appartengono, non si può fare a meno di notare, per esperienza credo comune a tutti, come a partire dal singolo per passare alle logge, e via via per arrivare alle adunate simil oceaniche si riscontra un progressiva difficoltà nel seguire la via dell’esoterismo e dell’ideale puro che pare inquinarsi proporzionalmente ed esponenzialmente al crescere degli interessi e del numero di variabili coinvolte. E questo può portare al pericolo di ottenere una specularità a rovescio, ovvero una condizione ove i dis-valori esterni vadano a sostituire i fondanti valori interni che a mio avviso al contrario devono essere custoditi in maniera intransigente in primis dai nuclei fondamentali dell’Istituzione, ovvero le Logge che debbono avere consapevolezza e disponibilità piena delle loro prerogative. Purtroppo ancora, e probabilmente per molto, molto tempo, l’umanità non è pronta per ricevere consapevolmente la pura luce dei principi Massonici e sarebbe solo illusione pensare che ciò allo stato dei fatti sia possibile o peggio di poterlo imporre, troppe condizioni devono maturare perché solo una piccola parte di questo sia possibile. Ciò non toglie che, come da sempre accade, dei Fratelli possano fungere da esempio, traino e stimolo per la collettività. Di dimostrazioni ne abbiamo a iosa (si può cominciare con lo scorrere la pagina de i “Massoni famosi” , e magari perché non aggiungere a questi un capitolo di storie di Massoni “non famosi”?), ma essi non fanno di certo parte di un piano organico, sono solo stati prova vivente e tangibile di come si possa lavorare al bene e al progresso dell’umanità partendo da se stessi e da certi principii; dalla base e non dall’apice, essendo anche pronti, come Hiram, al sacrificio in nome di ciò in cui credevano. A noi come semplici e modesti Massoni credo che spetti il solo compito di preservare quello che ci è pervenuto e di cui siamo momentanei e transitori custodi nella miglior maniera possibile. E di – se ci è possibile -, sin dalle piccole cose, contribuire e dare testimonianza in qualche maniera del flusso di progressivo ordinamento del caos, e qui e solo qui (forse) possiamo sperare di rappresentare a modo nostro un’elite. TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. STEFANO CAPPELLETTI Stefano Cappelletti |
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