GIUSTIZIA MASSONICA
La Giustizia Profana spesso ritiene che il dolore di una punizione possa risarcire e pareggiare il dolore subito dalla società e dalle vittime di un reato. A talune latitudini (per esempio negli Usa, come in Iran, o in Cina) si ritiene ad esempio, con la pena di morte, che una vita possa risarcire un’altra vita. In realtà non si ottiene mai un pareggio, ma il doppio delle morti, o il doppio del dolore. La Giustizia Massonica deve invece assolutamente puntare al pareggio: pareggio che non sempre può essere dato dal semplice bilanciamento di torti e ragioni, da colpa ed espiazione (chi è quel fratello che può gioire della condanna di un altro fratello, anche se da esso ritiene di aver subito un torto). I veri elementi di questo pareggio dovrebbero essere semmai il pentimento ed il perdono, la consapevolezza dell’errore e la tolleranza nel biasimarlo. Il risultato finale del giudizio massonico: il ripristino dell’Armonica Equità in ciascuna comunità di fratelli. Se la Giustizia Profana “ricuce”, quella Massonica “rammenda”: deve avere cioè la capacità di ricostruire finemente la trama ed il tessuto della convivenza e dell’armonia fra fratelli, trama che deve alla fine comprendere sempre sia l’accusato che l’accusatore, portandoli ad una sintesi di reciproca comprensione. E quando non ci si riesce, fallisce la Giustizia Massonica, ma falliscono anche i principi letti e riletti nei rituali e nelle costituzioni dell’Ordine. Ed il danno grava su tutta la comunità massonica. La Giustizia di Salomone è severa, ma non sottostà freddamente solo alla Legge, il giudizio del Re-Giudice ricorre anche alla sfera emotiva per risolvere le dispute ed applicare le pene. Esemplare il caso della disputa del bambino fra le due madri. Ancor più significativa l’attenuazione delle sofferenze degli assassini condannati ad una morte lenta e crudele per l’uccisione di Hiram, morte che alla fine lo stesso Salomone renderà più rapida e meno atroce. La deterrenza principale dai reati non può essere la pena anche più estrema (si è già visto che non funziona), bensì la prevenzione del crimine stesso. Prevenzione morale, culturale, sociale, instillata fin dai primi gradi della scuola (pubblica ed il più possibile laica nei suoi programmi d’insegnamento).
Ma la principale più contingente prevenzione non può che essere il ripristino dell’Equità sociale fra le persone: perché solo vivendo in una società Equa, i cittadini saranno portati a fare di tutto per salvaguardarla.
Ma può anche essere vero il contrario: solo giungendo al massimo grado dell’Iniquità, le stesse persone saranno prima o poi costrette a battersi per riaffermare la Giustizia sociale. Anche principi straordinari come la Giustizia e l’Equità incisi solennemente nel marmo dei più antichi templi e palazzi di giustizia, non sono in definitiva esenti dall’ambiguità di quasi tutte le espressioni umane.
Anche Giustizia ed Equità sottostanno alla relatività dei tempi in cui vengono declinate. Noi stessi, fin dai primi passi della vita massonica, abbiamo promesso (in realtà giurato) di rispettare la costituzione delle stato e le leggi che da esse derivano, ovvero ciò che determina la Giustizia e l’Equità delle nostre relazioni sociali; un giuramento fatto certo con sincera convinzione e senza riserve mentali, nei confronti però di una costituzione sostanzialmente laica.
Ci riterremo vincolati al medesimo giuramento se la costituzione mutasse, ad esempio in senso teocratico, introducendo pene e castighi di tipo medievale (come la Sharia)? Credo di no, perché in tal caso nella coscienza di ogni massone si risveglierebbe il senso innato di Giustizia (Giustizia laica) che il percorso iniziatico ha forgiato passo per passo nel nostro animo. Di questo sono sicuro. E forse anche oggi stesso il nostro Giuramento dovrebbe spingerci a ribellarci all’Ingiustizia del presente, per amore di una società più Equa, più tollerante. Più vivibile. Più Fraterna.
Il concetto di Giustizia, tradizionalmente inteso, comprende e sintetizza tutti gli altri concetti quali quelli – a noi tanto cari e familiari – di Libertà, di Uguaglianza, di Fratellanza, di Solidarietà, di Tolleranza, di Verità, di Saggezza, ecc. i quali, se correttamente intesi, si può dire costituiscano gli ingredienti dell’Uomo con la U maiuscola e per ciò quest’Uomo è giusto e perfetto.
La Massoneria è un Ordine: rappresenta all’iniziato i misteri del microcosmo e del macrocosmo affinché egli li penetri, prenda coscienza della realtà, della Verità, vi si adegui e si rettifichi per divenire retta azione, retta volontà; per divenire, cioè, uomo giusto, bilanciato, perfetto e quindi saggio e virtuoso.
A condizione, quindi, che la Libera Muratoria possa disporre di uomini “giusti” si potrà realizzare la Giustizia massonica che consiste innanzi tutto e sopra tutto nel porre uomini giusti ai posti giusti sia nel contesto massonico che in quello profano, dato che solo utilizzando il mezzo umano si può pervenire al bene della Patria e dell’Umanità. Appare ora evidente che l’uomo “giusto” colui il quale ha preso coscienza del Vero e conosce quindi le leggi dell’equilibrio interiore e cosmico, cioè universale, non potrà esprimere che giudizi basati sulla Verità, sull’Equità, sul Giusto Mezzo, vagliando le cause determinanti lo squilibrio interiore ed esteriore e non tanto valutandone gli effetti la cui importanza è sempre secondaria.
La Libera Muratoria, ben sapendo che pur tendendo ad un tale stato di grazia è umanamente impossibile pervenire alla perfezione – ce lo dice lasciando incompleta la quarta parete del Tempio – bandisce il principio che l’uomo, anche colui il quale sia pervenuto ad un elevato stato di realizzazione, possa da solo fare giustizia, cioè ristabilire un equilibrio che più non sussista. Perciò affida sempre l’amministrazione della Giustizia ad una pluralità (giurì, commissioni di disciplina, Tribunali, Suprema Corte, ecc.) presupponendo che essa, meglio di un singolo, sappia trovare il Giusto Mezzo, che è l’equilibrio, e pronunciare la giusta sentenza.
La responsabilità di azioni e omissioni si trasferisce così su un piano morale che purtroppo resta spesso indifferente alla giustizia profana, che si ferma invece alla indagine sui comportamenti formali, limitandosi ad accertare, quando occorra, soltanto l’elemento psicologico ma non “etico” di una determinata condotta.
Sappiamo bene, cari Fratelli, che l’equilibrio, l’armonia e l’ordine si reggono sulla dualità per l’;azione dei contrari che vicendevolmente si integrano, si reggono, si sorreggono e si correggono; possiamo definire “giusto”, quindi, tutto ciò che, provenendo da detti contrari od opposti, serve a mantenere tale equilibrio e che è “ingiusto”; tutto ciò che può determinare uno squilibrio.
Facendo sintesi si può ripetere una notissima asserzione di Hume: “ Il fine della giustizia è di procurare la felicità e la sicurezza conservando l’ordine della società!.
TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. G. T.