Psicologia massonica e psicologia profana
Nella Massoneria coesistono due anime profondamente diverse: quella razionalistailluminista e quella esoterica-iniziatica. È soprattutto nella seconda che si può intravvedere una psicologia massonica. Essa mira ad una trasformazione, ad una metamorfosi profonda dell’uomo, grazie ad un processo alchemico che, a parere del sottoscritto, non si lascia ridurre alle varie forme di psicologia profana.
Un semplice colpo d’occhio alla letteratura massonica permette di constatare immediatamente che le opere concernenti la psicologia del nostro ordine portano quasi tutte sulla psicologia del profondo o dell’inconscio. Già il giorno dell’iniziazione, l’imminente apprendista, nel gabinetto di riflessione, legge l’acronimo «vitriol» che, come imparerà presto, significa: «Ispeziona l’interno della tua natura, correggendo i tuoi difetti e liberandoti dal superfluo, dopo aver appreso a padroneggiare vizi e passioni, perseverando nel tuo cammino, potrai infine trovare la pietra nascosta dei saggi con la quale costruire il tuo tempio interiore.»
La filosofia dell’inconscio
L’origine della filosofia dell’inconscio non è propriamente filosofica, ma è piuttosto la risultante del metodo impiegato per la cura di particolari malattie nervose. Infatti ci si è resi conto che gravi disturbi funzionali non erano provocati da lesioni organiche ma piuttosto da conflitti inconsci. Di qui la necessità di indagare e di interpretare i processi psichici che si svolgono sotto il livello della coscienza, senza che l’individuo se ne renda conto, in quella regione o zona della psiche che è detta inconscio. Così è nata la filosofia dell’inconscio, chiamata anche psicologia del profondo, che ammette l’esistenza di una realtà inconscia autonoma nei confronti della coscienza, tale anzi da determinare spesso la stessa attività cosciente. È capovolta, in questo modo, la posizione che la psicologia tradizionale assegnava alla coscienza ed all’inconscio: non la coscienza che controlla, guida, armonizza gli istinti, smorzandone gli aspetti negativi e indirizzandoli verso la razionalità, bensì gli impulsi irrazionali che si impongono con una forte carica per cui il presupposto causale di molti atti coscienti è un processo psichico inconscio. Tale inconscio risulta così una energia dinamica e non più il semplice ricettacolo di percezioni, di idee, di stati d’animo dimenticati o caduti sotto la soglia della consapevolezza: piuttosto esso svolge una parte predominante nella vita dell’individuo perché è presente nella psiche con le sue tendenze istintive che esigono soddisfazione.
Questa filosofia pertanto si pone il compito di esplorare la personalità dell’uomo fino negli strati più profondi e di interpretare i contenuti e le manifestazioni dell’attività cosciente, ricercando e analizzando i loro rapporti con l’inconscio, riconoscendo una stretta connessione ed un rapporto reciproco tra fenomeni psichici e fatti funzionali degli organi corporei.
Accenni più o meno chiari all’esistenza dell’inconscio si trovano anche in diverse dottrine antiche e nelle filosofie di Leibniz, Herbart Schopenhauer e Bergson. Prima di Freud la psicologia classica riconosceva l’esistenza di stati o di comportamenti dove la chiara coscienza è assente. Essa distingueva due livelli di coscienza: l’inconscio primitivo, inglobante l’insieme dei comportamenti ereditari assicurante gli adattamenti vitali elementari come gli atti riflessi e gli istinti e il preconscio includente tutto ciò che non è colto dalla coscienza trasparente, ma resta comunque suscettibile di esserlo ( per esempio un sentimento inconscio) in modo che ciò che risulta debolmente cosciente o confusamente percepito come gli stati di semi-coscienza del sonno o il lavoro sotterraneo delle idee possa, attraverso lo sforzo della volontà, essere pienamente recuperato. Per Freud, al contrario, la coscienza non costituisce più la forma fondamentale ed essenziale dell’apparato psichico ma al sistema coscienza-preconscio si aggiunge un inconscio profondo che possiede dei contenuti, dei meccanismi ed un’energia specifica che condiziona tutta la vita psichica facendo dell’uomo una specie di fantoccio governato dall’inconscio.
La concezione dell’uomo che emerge dalla psicoanalisi freudiana e junghiana agli occhi dell’antropologia massonica appare quantomeno fuorviante.
Alla richiesta di dar brevemente conto della nuova scienza che egli stesso aveva fondato, Freud risponde associando il proprio nome a quelli di Copernico e Darwin. La portata storica di quel nuovo sapere che con L’interpretazione dei sogni apre il XX secolo consisterebbe, secondo il suo fondatore, in una profonda ferita inferta al narcisismo dell’uomo.
Dopo la mortificazione cosmologica perpetrata da Copernico, il quale ha svelato all’umanità che la terra non era al centro dell’universo, dopo la ferita biologica inflitta dal sapere darwiniano che scalzava definitivamente l’uomo dal suo privilegio imparentandolo alla specie animale, era ora la volta di una mortificazione psicologica. La psicoanalisi, infatti, smascherava un’altra illusione dell’umanità, quella secondo cui l’uomo sarebbe sovrano in casa propria. «Ma la terza e più scottante mortificazione, la megalomania dell’uomo è destinata a subirla da parte dell’odierna indagine psicologica, la quale ha l’intenzione di dimostrare all’Io che non solo egli non è padrone in casa propria, ma deve fare assegnamento su scarse notizie riguardo a quello che avviene inconsciamente nella sua psiche» (Introduzione alla psicoanalisi, Opere, vol. VIII, p. 446).
Antropologia massonica
La concezione dell’uomo che emerge dalla psicoanalisi freudiana e junghiana, agli occhi dell’antropologia massonica, appare quantomeno riduttiva. Essa colloca la vera forza motrice dell’uomo sul piano dell’inconscio subpersonale e istintivo, in Freud essenzialmente nella libido. Nega l’esistenza, nell’uomo, di un superiore principio cosciente, autonomo e sovrano, perché al suo posto pone qualcosa di esteriore, il cosiddetto super-lo, che sarebbe una costruzione sociale e il prodotto dell’assunzione di forme inibitorie create dall’ambiente o dalla società. Ciò equivale a dire che la psicanalisi nega nell’uomo ciò che lo rende veramente tale, e cioè la libera volontà di autodeterminarsi e di elevarsi spiritualmente. Senza di essa l’uomo degenera in un tipo umano nevrotico, spiritualmente inconsistente. È ben possibile che il successo della psicanalisi sia dovuto alla grande diffusione che nell’epoca moderna ha proprio un tipo umano del genere. In fin dei conti la psicoanalisi propende per una capitolazione più o meno esplicita di tutto ciò che è vera personalità. La possibile esistenza di una coscienza superiore, opposta alla miserabile immagine di un io calpestato dall’inconscio e da istanze inibitorie, luminosa anziché torbida e deprimente, ad essa sembra solo un’illusione, un miraggio.
TAVOLA SCOLPTA DAL FR.’. D. B.