Cambiamenti climatici
Di Gianmichele Galassi
Esistono ancora gli scettici ed i negazionisti? Un tema di grande attualità ed importanza per il futuro di tutto il genere umano e dell’intero pianeta: un argomento su cui si deve fare chiarezza attraverso il dialogo e la seria informazione. Come in numerosi altri casi, in ambito ambientale, sono ormai necessarie scelte repentine atte a risolvere i problemi, prima che sia troppo tardi: sviluppo economico e sostenibilità ambientale devono crescere, parallelamente ad una diffusa consapevolezza delle enormi implicazioni prospettate dagli esperti.
I n ambito accademico quando si parla con un collega che si occupa di un diverso settore scientifico – e capita di frequente – siamo assolutamente consapevoli che la sua opinione debba essere prevalente. Benché possa capitare di avere una propria idea in materia, ben sappiamo di non avere la preparazione necessaria a dibattere con chi si occupa per mestiere di quella materia, soprattutto a quel livello. Naturalmente, il collega si comporta allo stesso modo: è comprensibile come sia una questione di buon senso, quando si lavora in squadra per una ricerca scientifica, ognuno è consapevole dei propri limiti dettati dalla particolare specializzazione del proprio campo di studio… In definitiva, il paradigma della scienza moderna – ed il comune buon senso – sentenziano che le affermazioni della comunità scientifica internazionale in un determinato settore di ricerca sono ben più ricche di significato rispetto all’opinione di coloro che per vivere si occupano di tutt’altro mestiere. Detto ciò, mi chiedo perché nessuno discuta con il proprio reumatologo, mentre quando si tratta di clima si sente in dovere di rifiutare categoricamente le evidenze scientifiche ormai dimostrate e ritenute accertate, quali ad esempio: l’esistenza di un riscaldamento globale del pianeta di origine antropica, ossia umana, oppure la crescente presenza di CO2 nell’atmosfera. D’altra parte, la causa maggiore di questo diffuso fraintendimento sembra essere responsabilità di politici e media che, come riporta Naomi Orekes su un vecchio numero di Science (vol.306, 2004, p.1686), “spesso asseriscono che la scienza climatica è altamente incerta”. Soprattutto negli Stati Uniti, fino alla svolta operata dal presidente Obama, molti utilizzavano questo argomento al fine di impedire misure drastiche per la riduzione dei gas serra a favore delle grandi multinazionali. Il 31 gennaio 2007 usciva un articolo intitolato “Pressioni sui climatologi statunitensi riguardo i cambiamenti climatici”(US climate scientists pressured on climate change)su “New Scientist” che denunciava appunto come molti scienziati del settore, circa 150, avessero subito pressioni politiche ripetute affinché si adeguassero allo scetticismo sul cambiamento climatico dell’amministrazione Bush: “Quasi la metà di tutti gli intervistati hanno percepito o personalmente sperimentato pressioni per eliminare le parole «cambiamenti climatici», «riscaldamento globale» o altri termini simili da una varietà di (loro) comunicazioni” (Francesca Grifo, membro del gruppo di controllo Union of Concerned Scientists).L’articolo prosegue…“Rick Piltz, un ex scienziato del governo degli Stati Uniti, ha detto al comitato (House Oversight and Government Reform Committee)che l’ex funzionario della Casa Bianca Phil Cooney ha avuto un ruolo attivo nel mettere in dubbio le conseguenze del cambiamento climatico globale. Piltz ha detto che si era dimesso nel 2005 come risultato della pressione a minimizzare i risultati sul riscaldamento globale. Cooney, che era un lobbista per l’American Petroleum Institute, prima di diventare capo dello staff presso il Consiglio sulla Qualità Ambientale della Casa Bianca (White House Council on Environmental Quality), anche lui dimissionario nel 2005, ha continuato a lavorare per il gigante petrolifero Exxon Mobil, che è stato recentemente accusato dispendere 16 milioni di dollari per sostenere gli scettici.” Questo, qualora fosse verità, è solo un esempio, ma ve ne sono molti altri, di ciò che alcuni uomini sono capaci di fare a scapito dell’intero genere umano per arricchirsi o per mantenere una posizione di potere… Definizione del problema Innanzitutto, per cominciare si rende necessaria una prima distinzione fra “Tempo Meteorologico” che indica le condizioni atmosferiche in un dato momento e in un certo luogo, e “Clima” che, invece, rappresenta l’insieme delle condizioni meteorologico-ambientali che caratterizzano una regione geografica in un lungo periodo -di solito 20/30 anni- e vengono definite in termini di indici statistici di sintesi. Già da qui è evidente come la semplice osservazione di un unico luogo non possa in alcun modo rappresentare ciò che accade globalmente sul pianeta, in più si comprende come, per esaminare e trarre conclusioni dagli innumerevoli dati disponibili, siano necessarie competenze assai elevate in vari settori scientifici, compreso quello della modellistica ed analisi statistica. Tutto questo a conferma di quanto detto in apertura…Il dibattito e le soluzioni Negli ultimi anni, seppur faticosamente, la comunità scientifica più accreditata sul clima e settori affini ha cominciato a levare sempre più forte la propria voce: ad oggi, numerose le review che lo confermano, tutti gli scienziati più autorevoli sono unanimemente concordi nell’attribuire il mutamento climatico in atto alla mano dell’uomo, inoltre tale impronta ecologica sembra aver, sempre più, dimensioni ragguardevoli che rendono assai preoccupati gli esperti. Del resto, il clima globale è il fattore maggiormente responsabile della sopravvivenza della vita: lo studio della lunga storia del nostro pianeta ha evidenziato come i mutamenti climatici siano stati i principali responsabili delle varie fasi attraversate dallo sviluppo evolutivo della vita. Ed ecco espressa l’argomentazione principale degli scettici che, però, risulta facilmente confutabile in quanto tali mutamenti climatici necessitano di enormi cataclismi (migliaia di esplosioni vulcaniche, caduta di un meteorite gigantesco etc.) o di un tempo assai lungo, parliamo in termini di secoli o addirittura millenni ,mentre quelli a cui stiamo assistendo, sono altrettanto statisticamente significativi, ma si sono verificati in pochi decenni senza alcun fattore naturale così evidente o aggravante. Esistono cicli di lunghissimo periodo che affettano l’orbita terrestre attorno al Sole che a sua volta può incrementare o diminuire la propria attività, esistono fenomeni chimici, meteorologici e di varia natura che influenzano il delicato equilibrio climatico, ma -seppur congiuntamente- non si reputa abbiano un effetto così eclatante nel breve-medio periodo. A questo tema è poi legato indissolubilmente quello energetico, anch’esso di valenza macroscopica: i combustibili fossili non sono inesauribili, le alternative sono moltissime, ma la strada per un impiego di massa che sia economicamente vantaggioso è ancora lunga. Dovremmo perciò destinare più risorse alla scoperta di fonti alternative come l’idrogeno che potrebbero rivelarsi essenziali per il prossimo futuro in quanto non inquinanti. Purtroppo altre fonti alternative, già in parte prodotte ed utilizzate, come le biomasse (etanolo etc.) sembrano rivelarsi ultimamente non così ecologiche: l’impatto ambientale è accresciuto da due fattori principali, il primo è la resa di questi combustibili che producono comunque CO2 in alte quantità, il secondo è la necessità di enormi coltivazioni che sovente vanno a sostituire zone boschive e ricche di vegetazione come accaduto in Amazzonia. Infatti, se prima della “rivoluzione industriale” si stima che nell’atmosfera vi fossero 280 parti per milioni (ppm) di anidride carbonica, oggi il livello ha superato le 375ppm; questa concentrazione crescente produce il cosiddetto “effetto serra” ovvero impedisce alle radiazioni solari di disperdersi nello spazio aumentando la temperatura media del pianeta. Le ultime notizie affermano che città come New York, Londra, Shangai, Venezia potrebbero ben presto finire sott’acqua per lo scioglimento dei ghiacci: immaginate la catastrofe a livello mondiale… Nel settecento, quando nacque la Massoneria moderna, il principale problema che affliggeva la società era la diffusa ignoranza mista ad analfabetismo: chi non sapeva leggere e scrivere credeva spesso a ciò che gli veniva detto, mentre per gli alfabeti le fonti del sapere erano sovente costituite esclusivamente da letture religiose o fogli e phamplet politici (‘600 inglese e ‘700 francese); questa era la fonte dei dissidi sociali di maggiore violenza e delle campagne religiose di inquisizione. Perciò la Massoneria concentrò la propria opera a favore del dialogo fra persone di ceto, credo e razza diverse e verso la diffusione della cultura: celebre lo stimolo di Ramsay nel 1736 a favore della creazione di un’Enciclopedia. Da queste brevi considerazioni, forse noi Massoni dovremmo chiederci quali sono i maggiori problemi che affliggono la società odierna nelle sua globalità… per questo motivo ho voluto introdurre il tema del clima che contiene in sé anche quello dell’inquinamento e delle risorse, vuoi energetiche vuoi idriche vuoi alimentari, a loro volta collegate all’enorme problema dell’esponenziale crescita demografica. Insomma, un insieme di fattori di forte preoccupazione per tutta la comunità scientifica che da anni leva il proprio grido disperato di allarme che purtroppo viene raramente amplificato dai media, ormai controllati da grandi aziende o finanziati e conniventi con gli interessi dell’economia piuttosto che dell’informazione. In conclusione dovremmo imparare a vivere nei limiti del nostro pianeta alimentando le nostre necessità in modo pulito e sostenibile: la speranza è che, in un futuro lontano, il XXI sarà ricordato come il secolo in cui l’umanità ha rischiato la catastrofe energetico-ambientale o, addirittura, l’estinzione. Come già premesso, non sono un esperto del settore, ma leggendo numerosi articoli scientifici di una certa autorevolezza, lo scenario che si prospetta è alquanto grave: la preoccupazione maggiore è che alcune delle attività umane imputate come causa di tale riscaldamento sembrano produrre al contempo elementi attenuanti il fenomeno stesso; in tal caso, l’interruzione immediata potrebbe condurre a fenomeni assai estremi nel brevissimo periodo. Tutto ciò per concludere, ricordando quanto sia preziosa la natura e, insostituibili per la vita, i suoi elementi: questi dovrebbero essere universalmente riconosciuti come i veri e irrinunciabili tesori per l’Umanità: arte, economia, benessere sebbene apprezzabili non sono affatto comparabili con l’acqua che beviamo, l’aria che respiriamo e la terra che coltiviamo per mangiare.
DALLA RIVISTA “HIRAM” n. 2016/1