L’ERRORE È UNA FORZA?
Da che l’uomo è al mondo, ha sempre cercato la verità. Il dubbio, l’interrogativo, è la Caratteristica dell’uomo e dimostra, come ben vide il Dewey, il suo stato di precarietà, ma il bisogno di scoprire la verità attesta la sua sete d’Iddio, la sua origine di figlio di Dio, la sua ansia e la necessità di ritornare aDio.
Non basta essere nel precario, nell’instabile, nell’incerto, per volere la sicurezza, il certo: si potrebbe essere nel dubbio ed essere paghi di stare nel dubbio: chi, qual forza ci spinge a scervellarci, a torturare le nostre facoltà; chi è che non ci lascia star quieti, a bearci della nostra ignoranza e limitatezza, a oziare nei nostri piaceri vani, se non il richiamo prepotente del divino ch’è in noi, al divino che vive in tutto l’universo e che è eterno nel suo e nostro Creatore? Così, affannato viaggiatore alla volta dell’essere, l’uomo alza la vela della sua barca a navigare, da secoli, nei più ignoti e difficili mari; e se uno vi fa naufragio o si ferma, l’altro gli subentra, raccogliendo la sua eredità € portando oltre la sua bandiera. Così la civiltà, il progresso, sono il frutto di tale navigazione esauriente, come non esauriente (abbiamo visto) sarà di ogni sentenza umana, correndo quindi il lieto rischio di non chiudere mai il problema e pertanto di arzigogolare in eterno, com’è loro speranza e necessita della filosofia, in quanto essi non accettano per tali le sole verità diremo definitive, dettate dalla Rivelazione. Vediamo allora di rispondere brevemente noi stessi a tali dilemmi: il mondo è nato dalla materia e l’uomo è nato dal mondo, è arrivato ad affermare padre Thediard de Chardier, scienziato e teologo: ergo, l’uomo è nato dalla materia. E la materia da chi, da che è nata? La cellula primitiva, chi ha formata? Di questa energia cosmica, che continuamente si sviluppa, nasce e muore e continuamente rinasce e si trasforma, chi è stato l’autore, chi l’ordinatore, chi il governatore delle leggi alle quali essa ubbidisce? La mente universale che regge i mondi, l’intelligenza che in essa si manifesta, non può essere minore dei mondi creati e di quelli che verranno creati. Essa è perciò superiore a quella di tutti gli uomini sommati assieme e più potente di loro, anche perché vede nel futuro.
Ora questo Autore ha creato, fra l’altro, l’uomo: perché doveva creare proprio questa speciale creatura che, dotata di una particella della intelligenza che anima il creato, avrebbe osato sfidarlo?
La mia risposta è semplice: perché soltanto l’uomo sarebbe stato capace di compartecipare, di collaborare alla creazione di Dio. L’uomo è il concreatore della divinità nella trasformazione dell’universo: dico l’uomo, la specie, che sopravvive nei millenni al singolo e che pertanto può operare fin che sarà al mondo o vi sarà il mondo.
Una considerazione fa, come si suol dire, il punto della situazione: perché luomo muore? dopo 80 o 700 anni (ciò non importa), l’individuo muore. La risposta è semplice: perché, in quanto materia, esso deve ubbidire alle leggi della natura, per cui tutto si trasforma, generando nuova energia per il creato, e tutto rinasce, per riavere giovinezza (l’eterna giovinezza del mondo); e tutto passa, per far posto agli altri, ad altro. Come materia l’uomo non può che assoggettarsi a taledestino: è sull’altra componente, l’anima, il soffio di Dio, che i pareri si dividono Se si ritiene che l’anima sia immortale, perché Dio cosi l’ha creata e pur partecipando di Dio come intelligenza non è parte di Dio, perché è nata ad un certo momento per sempre essere, tutto è spiegato; se, all’opposto, non SI crede alla sua esistenza, identificandola nell’istinto, nella coscienza, nella sensazione, nei fermenti di vita che ci animano, nella stessa ragione, ossia nelle facoltà in esercizio, allora si pone il problema dei perché del culto dei morti (nessun altro essere dei creato onora i propri morti), di questa speranza di unirci per sempre al nostri cari oltre la tomba, delle « forze spirituali » che vigilano il nostro destino (vedo un gobbo, corro a giuocare al lotto e vinco centinaia di migliaia di lire: è sempre un caso che « quel » giorno – e non un altro giorno o un giorno qualunque – in cui ho visto un segno propizio della fortuna, io abbia avuto effettivamente fortuna; è sempre il caso che fa nascere con la camicia uomini ai quali tutto va sempre bene, affari e salute, è sempre il caso che guida una pallottola a colpire in fronte chi ti sia accanto in trincea e non te, che sei a trenta centimetri da lui; è il caso che ti fa passare un attimo – millesimo di secondo, ma basta! – prima dello schianto? Io propendo per il destino, fissato dall’Onnipotente e reso nella volontà Sua dalle forze spirituali che comandano alla nostra vita, compresa la vincita a totocalcio o alle corse dei cavalli o il « sogno dei numeri buoni», che mi permettono di fare una scorpacciata di milioni al lotto e che o mi sono stati « portati » da un’anima pia o che rappresentano una proiezione nel futuro, alla stregua stessa dei profeti, della mia sensibilità, del mio intendere e quindi della mia spiritualità).
Lo spirito, qualora fosse svincolato dalla prigionia della materia, vedrebbe l’Eterno e potrebbe tutto ciò che Dio gli permette di volere. Esso non è solo immortale, ma è nella verità; esso è potenza che nessuna forza materiale può vincere: l’impeto stesso della massa del mare arretrerebbe di fronte al comando della bacchetta di Mosè.
Tutto ciò si postula accettando l’esistenza dell’anima e tutto ciò non si può negare anche se non si accetta tale verità, perché non si potrebbe altrimenti spiegare l’essenza della realtà, del singolo vivente corpo-anima, o della realtà morte (corpo senz’anima) e quindi della Vita libera dalla materia.
TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. B. C.