Il simbolo in massoneria
Dalla notte dei tempi, da quando l’uomo ha levato gli occhi al cielo scorgendo l’immensità dell’Universo, tre interrogativi accompagnano la sua esistenza: “Chi sono. Da dove vengo, Dove vado”. Per trovare risposte ha indagato la Natura, raggiungendo livelli di conoscenza sempre più profondi, ha supposto dimensioni trascendenti, declinandole attraverso le diverse culture, ha cercato una finalità nella vita e un destino al di là di essa. Con l’evolvere delle civiltà, del livello di conoscenza e delle capacità tecniche nacque l’architettura. Si fece strada l’idea dell’Universo come realizzazione di un modello intelligibile, pensato da un “Grande Architetto” più o meno identificabile con la “sua” creatura. Da centinaia di anni uomini “liberi e di buoni costumi” fanno riferimento all’architettura, riunendosi nei templi massonici per confrontarsi sulle grandi domande esistenziali. Si definiscono Liberi Muratori e utilizzano riti, simboli, allegorie e miti mutuati dalle antiche gilde muratorie, i cui membri avevano portato il cielo sulla terra costruendo cattedrali, mentre miglioravano se stessi nella ricerca di una regola interiore che avesse valenza universale. Non a caso “Ciò che è in alto è analogo a ciò che è in basso” è il motto che la Libera Muratoria ha fatto proprio, riprendendolo dalla tradizione ermetica. Il Libero Muratore conduce il proprio percorso lungo le impervie strade di una ricerca che non avrà mai fine. Ma ogni individuo è un universo unico, diverso dagli altri, pertanto ogni massone procede verso la Verità seguendo un itinerario autonomo, ampliando il proprio orizzonte attraverso il confronto con gli altri e nutrendosi di altre esperienze, con lo scopo di “edificare Templi alla Virtù e lavorare per il bene della Patria e dell’Umanità”. E poiché il massone usa come strumento il pensiero, e le buone idee comportano buone azioni, la tradizione muratoria prevede che alle conquiste intellettuali faccia seguito una pratica attuazione. In questo incessante lavoro il simbolo ha importanza centrale. La mente umana è simbolica per eccellenza, ha la capacità di cogliere una pluralità di significati partendo dai significanti. Attraverso il simbolo la Libera Muratoria riesce a perpetuare nel tempo i suoi principi senza cristallizzarsi in una dottrina, senza irrigidirsi in dogmi, senza chiudersi in una sistematica o in un decalogo comportamentale. Il simbolo genera sensazioni immediate, è percettivo, suscita considerazioni, emozioni, concetti; da solo può illuminare, aprire orizzonti, indicare nuove strade. La lettura del simbolo è individuale e mai definitiva. Nel lavoro latomistico sollecita l’intuizione di chi indaga, ne amplia gli orizzonti conoscitivi ed esistenziali, ne esalta la perspicacia. Il simbolo “parla”, fornisce improvvise assonanze e repentine “folgorazioni” da utilizzare come nuovi punti di partenza per procedere oltre. Sul piano operativo massonico il significante può assumere diverse sembianze: un’immagine, un gesto, un oggetto, ma anche un suono o una pietra. Il massone stesso può essere un simbolo, anche in funzione del ruolo che ricopre nel tempio. Sono simboli i paramenti indossati, i gesti rituali, gli arredi, e poi la Bibbia, sulla quale poggiano squadra e compasso, simboli a loro volta. Lo stesso tempio massonico è un simbolo, colmo di altri simboli, come le grandi opere dell’arte e dell’architettura, in primis le grandi cattedrali del Medioevo, “libri di pietra” della Tradizione. Anche il linguaggio scritto e parlato ha le valenze del simbolo. Il linguaggio rituale, in particolare, sollecita la capacità di trascendere l’immediata interpretazione letterale di un discorso per giungere a percezioni di più ampio respiro, in cui i vocaboli esprimano invece di definire, sollecitino visioni piuttosto che raccontare, aggiungendo una funzione simbolica a quella semantica e sintattica. Essere massoni significa quindi riuscire a comprendere le potenzialità del simbolo e del linguaggio come simbolo, significa porsi in grado di utilizzarle, per aprire nuovi spazi alla mente, rendendola più ricettiva, significa riuscire a dilatare le funzioni del linguaggio per guardarvi attraverso, scorgendo gli orizzonti più ampi che non sarebbe possibile scorgere altrimenti. Grazie al simbolo si mantiene viva la parola, il dibattito, la ricerca. Il simbolo è libera lettura e sforzo comune nella ricerca di condivisione e confronto. E’ il filo di Arianna che sorregge l’iniziato in quel percorso in interiora terrae che lo porterà a sconfiggere il proprio Minotauro; è il canto che apre le porte degli Inferi a Orfeo, in cerca della propria Euridice; è Virgilio che guida Dante nel suo viaggio all’Inferno fino ad uscire“… a rivederle stelle”.
TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. LUCIANO ROMOLI
Dalla rivista “OFFICINAE